7 Sotterranei

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La nebbia fitta ricopriva la maggior parte della città. L'indomani, reduce da nozioni e dettagli approssimativi sulla razza di predatori nascosta al mondo umano, Denise aveva preso una giornata libera dal lavoro e aveva deciso di affrontare l'inaffrontabile a modo suo. Riscaldata da una tuta nera per lo jogging, uscì presto di casa approfittando dell'atmosfera fredda e grigiastra di quella mattina, ma questa volta aveva una meta ben precisa: il Lago Merced. Mentre correva e ascoltava l'ultimo album del suo gruppo preferito, costeggiando le acque lungo il sentiero, non faceva altro che ripensare a ciò che Norma le aveva spiegato: gli eventi l'avrebbero costretta a fermarsi e reagire.

Dopo circa mezz'ora arrivò a destinazione, oltrepassò un sentiero tra la vegetazione scendendo lungo un pontile di massiccio legno galleggiante che riportava a un basso edificio color ocra sulla sponda opposta. Arrivata all'estremità della passerella stava per tornare indietro quando intravide qualcuno nei pressi dell'edificio. Socchiuse gli occhi cercando di mettere a fuoco. Era una ragazza. A un primo sguardo appariva innocua, anche se aveva un'asta di ferro lunga e appuntita tra le mani, con cui stava cercando di fare leva nella fessura di un tombino. Indossava vestiti scuri, pantaloni di pelle, giacca da motociclista e stivaletti rigorosamente neri. Un cappello da pescatore grigio scuro le nascondeva gran parte dei capelli e grandi occhiali da sole le coprivano il viso. "Perché dovrebbe aprire un tombino?", si domandò. Fece qualche altro passo in avanti, scrutandola con maggiore attenzione. Era giovane, forse aveva la sua stessa età, l'istinto le diceva che se tutto era vero, lei c'entrava di sicuro con quella storia.

«Evviva» esclamò la ragazza mentre la copertura del pozzo fognario si stappava come una bottiglia di champagne.

Denise voleva restare lì ancora un po' per capire se le sue sensazioni erano giuste, quando un movimento della siepe dietro la ragazza attirò la sua attenzione.

«Non è possibile!» esclamò quando vide che a pochi metri era appostato il suo aggressore; questa volta indossava degli stracci scuri che lasciavano le braccia scoperte. Per una manciata di secondi le sue pupille diverse sembrarono fissarla con aria minacciosa.

«Merda!» Scattò subito in avanti.

Il mostro balzò alle spalle della ragazza afferrandola e strattonandola mentre lei strillava dimenandosi. Denise li raggiunse e quando fu abbastanza vicina, il mostro le mostrò i suoi canini sporgenti in un sogghigno malevolo.

«Se mi dai quel che voglio non le farò del male» l'avvertì minacciandola.

Denise si avvicinò a passo lento, ma in preda al panico. «Ti prego, lasciala stare».

«Metti le mani dove posso vederle! Avanti, o le buco il cervello.»

«Lasciami, figlio di puttana!» gridò la ragazza ribellandosi con tutta la forza che aveva. La creatura la teneva ferma con una sola mano mentre trasformava l'altra nello stesso ago appuntito in cui si era già imbattuta.

La vittima si voltò, spalancò gli occhi vedendo l'ago penderle sul collo e, terrorizzata, gli pestò un piede.

Denise approfittò di quell'attimo di distrazione per gettarsi su di loro, caddero tutti e tre e il mostro perse il controllo lasciando la presa sulla ragazza che riuscì ad alzarsi. Denise era ancora a terra quando la creatura l'assalì cercando di infilzarla con il suo ago appuntito.

Ecco che tornava ancora una volta, quel formicolio forte proveniente dallo stomaco che fu interrotto quando lui le strinse una mano al collo.

«Questa volta non mi freghi» sbraitò.

Denise gli diede un calcio nelle parti basse, fu abbastanza forte da farlo rotolare alla sua sinistra. Era sconvolta, però la sconosciuta l'aiutò a alzarsi.

Empowerment, Blank Slate SagaWhere stories live. Discover now