Capitolo 16

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Il dolore mi accendeva, mentre mi trovavo solo, a vagare nella parte più buia della mia mente, lui mi tendeva una mano e accendeva una piccola fiammella, capace di ardere il mio corpo e di farmi sentire umano

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Il dolore mi accendeva, mentre mi trovavo solo, a vagare nella parte più buia della mia mente, lui mi tendeva una mano e accendeva una piccola fiammella, capace di ardere il mio corpo e di farmi sentire umano.

Ero un mostro, un mostro senza sentimenti, ma quando mettevo in atto le punizioni che io stesso mi auto infliggevo, sentivo l'anima leggera.

Presi la frusta tra le mani, la feci scorrere sui palmi iniziando a sentire l'adrenalina pizzicarmi la pelle delle dita.

Gli occhi brillarono di cupidigia, ero affamato di dolore e sentivo di meritarlo, perché ero un mostro e meritavo solo di soffrire.

Volevo cadere giù nel baratro oscuro, volevo sentire sulla pelle il bruciore che per anni avevo fatto sentire a mio padre.

Dovevo punirmi e alleggerirmi l'animo.

Portavo i segni delle mie scelte sulla carne, ricoperta di ferite fresche e ancestrali, coperta da segni rossi e lividi violacei, ma anche la mia mente me riscontrava traumi.

«Perdonami!» urlai facendo aderire con forza la frusta alla pelle della schiena.

Sentii immediatamente la pelle lacerarsi, il sangue colare e le ferite in fase di guarigione aprirsi nuovamente.

Quel dolore atroce fece contorcere il mio corpo e ridere di gusto la mia anima, quindi continuai e mentre la frusta si scontrava con forza contro la pelle, il volto di mio padre si disegnò nella mia mente offuscando tutto.

In quel momento era come se mi trovassi nella nebbia, si insinuava nelle narici e mi impediva di respirare correttamente.

Sentivo il sudore colare dalla fronte e bagnare il pavimento e il mio respiro, lui rimbombava senza sosta nella gabbia toracica.

Sentivo che di lì a poco il mio corpo sarebbe caduto sfinito sul pavimento, ma neanche in quel momento mi fermai.

Continuai e ricontinuai a ferirmi, fino a sentire il sangue appiccicarsi alle mani impedendomi di tenere salda la frusta tra le dita.

Alzai lo sguardo, dopo l'ultima frustata e mi concentrai sui miei occhi, riflessi nello specchio che avevo davanti.

Erano spenti, non c'era nessun luccichio dentro di essi e quella, era l'ennesima conferma.

Ero un mostro e i mostri meritavano solo di soffrire.

Mi sforzai alzandomi dal pavimento, senza dire una parola, senza emettere neppure un singolo gemito di dolore.

Biascicai con gambe e braccia fino ad arrivare al bagno, dove spogliai il resto del corpo ancora vestito dagli indumenti e mi gettai velocemente nella doccia.

Vedevo l'acqua portarsi via tutto il sangue, ma i ricordi e il dolore non si muovevano.

Erano appiccicati alla mia pelle logora e sfatta e non si sarebbero mai mossi da lì.

Opposites with Similar heartsWhere stories live. Discover now