CAPITOLO 10 - LEGAMI

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POV MARTINA

Dopo averlo fatto visitare da un loro amico dottore di quella zona, che non avrebbe detto nulla sull'accaduto, ci rassicurò che Jorge stava bene. Salii sulla mia macchina, e avrei dato un passaggio a Diego perché in sei sulla macchina non potevano stare. Salì, e prima di accendere la macchina lo guardai. «Diego, cosa pensi che avrebbero fatto a Jorge quei tipi se voi non foste arrivati?» chiesi un po' preoccupata. «Non lo so, ma siamo sempre in conflitto. Quindi puoi stare tranquilla, perché queste sono cose che succedono quasi quotidianamente qui nel Lexon.» «Perché fate questa vita? Non vi stancano queste cose?» sospirai e accesi la macchina, aspettando una risposta da Diego, ma prima di partire, qualcuno aprì lo sportello del lato passeggero. «Scendi! Vado io con lei.» era Jorge che invitava Diego a prendere l'altra macchina.

Dopo essersi seduto ed aver chiuso lo sportello, misi in moto la macchina. «Credimi. Ho avuto così tanta paura.» «Ti avevo detto di non venire.» il suo tono era un mix tra aspro e amaro. «Lo so. Ma ero così preoccupata che..» «..che devi fare sempre di testa tua! No?» mi urlò «oh beh, perdonami se ero preoccupata per te!» dissi con tono ironico. Un profondo silenzio calò tra di noi per qualche minuto. «Perché eri così preoccupata?» mi chiese tutto ad un tratto, cambiando il suo tono di voce in uno più calmo e pacato. «Beh..P-er-chè siamo amici..» conclusi. «Ho tantissime amiche Martina, ma a nessuna importa così tanto come importa a te.» agghiacciai. «Beh magari non sono delle vere amiche.» risposi in mia difesa. Restò il silenzio per qualche secondo, poi fissò il suo sguardo sulla strada. «Come hai scoperto il magazzino?» «Me lo ha indicato una ragazzina, credo sia tua sorella. Si chiama Helen.» «Cooosa? Hai detto per caso ad Helen che io mi trovavo lì?» - «No, ho finto di non conoscere il quartiere e ho chiesto se c'era qualche posto pericoloso che avrei dovuto evitare. Me l'ha detto automaticamente.» lo vidi sospirare e girare il suo volto a destra guardando fuori dal finestrino. «Non mi va di tornare a casa. Sono le due della notte e si preoccuperebbero.» «Ma si preoccuperebbero ancora di più se non torni.» «No, non dormo a casa quasi mai. Non se ne accorgeranno nemmeno. Solitamente dormo giù nel mio garage che uso come mio appartamento o nel magazzino dei..» si interruppe di colpo. «Dei..?» lo incitai a continuare. «Non importa. Potrei dormire a casa tua?» mi chiese con una sfacciataggine assurda lasciandomi senza parole. «C-cosa?» balbettai «Tranquilla, non voglio approfittare di te.» ridacchiò lui con tono antipatico «voglio solo dormire e riposarmi. Insomma hai una casa così grande che potrei dirlo anche ai miei amici. Mi accontenterò del divano.» ero in totale imbarazzo e non sapevo che rispondere. «ehm, io..» lo sentii sbuffare, ma poco dopo fermai automaticamente la mia macchina sotto casa mia. «E va bene, ma dormirai nella stanza degli ospiti e lontano da me.» «Sta tranquilla.» mi rassicurò, sorridendo, mentre aspettava che io infilassi la chiave nella serratura per aprire.

Posai la mia borsa su una sedia e mi tolsi la leggera giacchetta che avevo messa. «So che non è l'orario adatto, ma.. Hai fame?» chiesi. «Non immagini quanta!» ridacchiò lui gettandosi a peso morto sul divano e poggiandosi le mani sullo stomaco. «La mia pancia brontola silenziosamente già da un bel pezzo.». Risi a quelle parole e presi dei nachos con della salsa messicana e mi avviai vicino al divano. «Allora? Sono di tuo gradimento questi?» chiesi mostrandoglieli, prima di poggiarli sopra il tavolo davanti al divano dove lui era seduto. Spalancò gli occhi e continuò a fissarli. «Nachos?» «Si, è cibo..» «..messicano.» mi interruppe lui. Continuava a fissarlo e non riuscivo a capire cosa ci trovasse di così strano. «Se non ti piace il piccante, ho delle alternative.» alla fine magari non erano di suo gradimento. «Io amo mangiare piccante, io amo mangiare cibo messicano, io amo il Messico.» disse una parola dopo l'altra senza nessuna sosta. «Oh, anch'io amo mangiare piccante.» 

Jorge prese un nachos e portandoselo alla bocca, lo odorò. «Profumo della mia terra.» Sua terra? Che? «Tua terra?» lo vidi annuire e assaggiare quel cibo. Non riuscivo a capire quello che volesse dire e l'unica cosa che riuscii a fare fu alzare un sopracciglio confusa. «Io non sono Argentino. Sono nato e cresciuto in Messico, vivo qui da quando avevo 12 anni.» «Davvero?» ero sorpresa di quello che avevo appena scoperto. Lui annuì. «E cosa vi ha portato a trasferirvi qui?» sospirò, qualche istante dopo rispose. «Mio padre trattava  molto male mia madre, rientrava tutte le sere ubriaco e lei continuava a vivere con quel verme. Forse non aveva il coraggio di lasciarlo. Alla fine, nonostante tutto il male, ha deciso di abbandonarci lui.» «Cosa? Parli sul serio?» «Mia madre lo amava talmente tanto da accettare ogni suo sbaglio. Molto spesso restare aggrappati a qualcosa o qualcuno fa più male che lasciar andare. Prima che le cose si complichino, è meglio allentare la presa. Sarà difficile all'inizio, ma vivrai molto meglio dopo.» disse, prendendo un altro nachos. Io non dissi una parola, lasciai che si sfogasse, ascoltandolo solamente. «Invece forse a volte la vita ti allontana qualcosa, perché noi, da soli, non avremmo avuto il coraggio di lasciarla andare. E così, lui stesso, ha deciso di allontanarsi, abbandonandoci. È sempre stato un cattivo esempio per me, poi una volta arrivati in Argentina mia madre ha saputo svolgere sia il suo ruolo, che quello di padre. Non ci ha mai fatto mancare nulla, lavora sodo per noi ed io a volte sono solo un pessimo figlio.» sospirò, poi continuò.. «Adoravo i nachos. E ricordo che mio padre per convincermi ad andare a scuola senza fare storie, mi prometteva che non appena mi veniva a prendere mi avrebbe portato a mangiarli. Ed io obbedivo.» rise ricordando quel momento e quando sorrideva era come una cura per me. «Si stupiva di come io potessi amare quel cibo piccante già da così piccolo.» «Oh Jorge, ti manca, vero?» «Il cibo piccante? Da impazzire!» ridacchiò lui fingendo di non aver capito a cosa mi riferivo. «Sai benissimo che non mi riferivo a questo.» «Oh beh..» scosse il capo «no, lo odio. Avevo solo 12 anni quando ci ha abbandonati, e sono l'unico che ricorda perfettamente quello che ha dovuto subire mia madre. Mia sorella Helen aveva 6 anni e Daniel solo 4. È solo un bastardo e deve pagare per ciò che ha fatto.» concluse alzandosi in piedi.

Restai ferma immobile per qualche secondo imbarazzata dalla situazione senza sapere cosa dire. «Vorrei abbracciarti.» dissi senza pensarci troppo, alzandomi anch'io e mettendomi di fronte a lui. «Puoi.» rispose sorridendo e guardandomi negli occhi. «Ma mi perdonerai se non profumerò di ciliegio!» ridacchiò, facendo ridere anche me. «Puoi usare la doccia, se vuoi. Il bagno è in fondo a destra. Ho una felpa di mio fratello in camera mia, puoi cambiarti e mettere quella.» «Prima abbracciami.» disse ritornando serio. Mi stava palesemente chiedendo un abbraccio.  Mi avvicinai per abbracciarlo e lui mi avvolse tra le sue braccia, stringendomi a sé. Il mio cuore iniziò a battere fortissimo, tanto che temevo lui potesse accorgersene. E il mio stomaco aveva sprigionato non solo le farfalle, ma l'intero zoo! 

Restammo qualche minuto così stretti, senza dire una parola. Respirando la nostra essenza, poi tossii, ripensando a quello che tutti mi dicevano di lui. Mi allontanai e guardai l'orologio. «Beh, Jorge sono le tre del mattino, io vado a letto perché sono abbastanza stanca. Fai come se fossi a casa tua, a destra in fondo c'è il bagno,  ti lascio la felpa sul mobiletto. Qui c'è la cucina, e vieni..» lo invitai a seguirmi. «..ti mostro la stanza degli ospiti.» «oh, no! Non serve! Mi va benissimo il divano, e poi c'è la TV!» rise lui. «Beh, come vuoi.» scrollai le spalle «Buonanotte allora!» «Martina.» mi richiamò ed io mi voltai. «Io sono una cattiva persona, devi credermi. Quindi, ti prego, non innamorarti di me. Perché io non mi innamoro.» questa frase fu un'ulteriore pugnalata per il mio povero cuore, specie dopo quell'abbraccio. Annuii solamente. «Buonanotte Jorge.»

La mattina seguente quando mi svegliai, trovai solo un messaggio nel mio telefono. Jorge era già andato. "Ti ringrazio per l'ospitalità, ci vediamo."

Sorrisi a quel messaggio, e spostandomi vidi sul tavolo un giglio appena raccolto con un biglietto accanto. "Questo fiore é per te, ma non farti strane idee, non chiedermi che fiore sia perché non ne ho idea." Risi a quell'ultima frase e riposai il giglio sul tavolo.
Mi vestii perché avevo deciso di passare dal mio locale a prendere qualcosa, e dopo essermi vestita e sistemata andai.

Arrivata al locale, entrai e da lontano vidi Jorge e Ruggero discutere. Mi avvicinai senza farmi notare. «Non permetterti più a cercarla. So benissimo che giocherai soltanto con lei. Non te lo permetterò.» diceva Ruggero. «Dici così perché sei innamorato di lei, bamboccio.» lo provocò Jorge. «Può darsi.. quindi non avvicinarti più a lei. «Il problema è che lei non vuole allontanarsi da me. E questo è un bel vantaggio.» ridacchiò Jorge guardandolo con aria di sfida. «Fuori dal mio locale!» ordinò Ruggero indicandogli la porta e gridando.
«Tu non mi dici cosa devo o non devo fare, chiaro?» vidi Jorge avvicinarsi con violenza a Ruggero pronto a sganciargli un pugno, ma fu li che decisi di intervenire correndo verso Jorge e afferrandogli il pugno. «Jorge, ti prego. Controllati!» gridai. «Baciami» mi ordinò Jorge davanti a Ruggero, per poi fissare nuovamente lo sguardo su di lui. «Cosa?!» chiesi stupita di quello che mi aveva appena chiesto. «Fallo e basta!» concluse, continuando a tenere lo sguardo su Ruggero.

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Ecco un nuovissimo capitolo, ecco che sono emersi alcuni segreti di Blanco. Ma c'è ancora molto da scoprire su di lui! Pronte per il prossimo capitolo?

Obbedirà Martina al comando di Jorge?


Innamorata di un bad boy. || LBWo Geschichten leben. Entdecke jetzt