8. non piangere Angelo

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Diana's pov

La vita ti da e ti toglie. C'è a chi da tutto, come a tutte quelle celebrità famose, e c'è a chi da niente, come ai ragazzini che osservo mentre giocano al parco, del quartiere. A me la vita mi aveva donato una donna meravigliosa, una donna che sapeva amare, e lo faceva incondizionatamente. Però la vita ha deciso di farmi un torto, mi ha portato via questa fantastica donna, e insieme a lei, mi ha portato via anche il sorriso. Quel sorriso che solo lei mi dava. La vita è in debito con me. Deve darmi una persona che sia almeno un quinto di quello che era lei. La vita ha portato via mia mamma in un soffio, il giorno prima stava giocando con me, il giorno dopo l'ho accompagnata in ospedale, le ho tenuto la mano finchè è entrata nella sala operatoria, e poi non l'ho più rivista. Da quel giorno di dieci anni fa, non ho più rivisto mia mamma. Papà ha iniziato a bere sempre di più, a casa non c'era mai, mi curava la vicina, mi faceva da mangiare e restava con me, finchè non mi addormentavo. A mio padre non glien'è mai importato di me, mi accusa del fatto che sono stata io ad affaticare mamma, quando le chiedevo di giocare alle Barbie con me. Mamma stava già male, aveva un tumore al fegato, e le avevano imposto il riposo assoluto; mi chiedo se l'avessi fatta riposare, magari a quest'ora sarebbe qui con me. Invece io ero testarda, e lei troppo buona. Non mi diceva mai di no. Per lei tutto era bello, le piaceva giocare con me, per questo non rifiutava mai. Mio padre si comportava male con me, ma non mi ha mai toccata, lui mi distruggeva con le parole. Non mi ha mai toccata, perchè sapeva che se le persone avessero visto dei lividi su una bambina, lo avrebbero denunciato. Io speravo, che lui ritornasse ad essere un padre giusto, che mi voleva bene; ma non è mai successo. Sono dieci anni che convivo con un uomo che mi distrugge psicologicamente ogni giorno. Ma me la sono sempre cavata da sola.

Non ho mai chiesto aiuto a nessuno, perchè nessuno sa cosa mi serve realmente.

Nessuno sa, che mi basta anche solo una parola carina, che mio padre sia fiero di me. Mi basta così poco, eppure nessuno non me lo da.

Lui si è rifatto una vita, è andato avanti, e ha dimenticato mia mamma. Ha portato a casa donne su donne, alcune duravano qualche mese, altre qualche giorno, o una notte. Adesso, sta con una donna da due anni. Non è cattiva, anzi è una donna buona, ma neanche lui la sa apprezzare, eppure lei è ancora qui. Come io sono ancora qui; forse stiamo sperando una cosa che non succederà mai, stiamo sperando che lui apprezzi le persone che lo circondano. Lei si chiama Giulia, la cosa che apprezzo più di lei, è che non ha mai cercato di prendere il posto di mia madre, mi vuole bene, come io ne voglio a lei, ma non come una madre, più come un'amica.

Come ogni sera, quando la porta di casa si apre, prego sempre che lui sia sobrio, ma questa sera purtroppo non lo è. Metto la mia solita corazza, che cerca di mascherare il dolore che quell'uomo mi provoca ogni giorno. " Ciao." Lo saluta dolcemente Giulia, ma lui la scansa bruscamente. Lei si avvicina a me, che in questo momento sono seduta sul divano, e si siede affianco a me. " Vai in camera, non devi subire anche oggi." Mi dice cercando di compatirmi.            " Voglio sentire quello che ha da dirmi." Rispondo. Le sue parole, la maggior parte delle volte, mi scivolano addosso. " Ancora qui sei. Non ti sei ancora decisa a portare il tuo culo fuori da questa casa." Bene ha iniziato. Scrollo le spalle. " Guardami quando ti parlo stronza!". Alzo lo sguardo verso di lui, e vedo solo un uomo con tanta merda dentro. " Sai sei un peso per noi, dovresti fare le valigie ed andartene. " Non gli ho mai chiesto un soldo, ogni giorno lavoro come cameriera in un bar, quindi non dovrebbe lamentarsi così tanto. " Piantala di far prendere aria alla bocca, per niente." Dico io. " Sta'zitta brutta stronza." Io gli rido in faccia, come per affrontarlo e mi alzo dal divano. " Che cazzo ridi, maledetta." Io se posso rido ancora più forte, lui non deve vedere quanto mi fa male, lui non deve vedere quanto mi distrugge. Se no lui sa di aver vinto. Mi avvicino sempre di più a lui, lui sembra capire che lo sto fronteggiando e allora lo fa. La sua mano lurida, finisce sulla mia faccia. Giulia sussulta, io mi paralizzo. Giulia si avvicina a me, ma mio padre la scansa brutalmente. " Tua madre si starà rivoltando nella tomba, vedendo com'è cresciuta sua figlia." Dice con tono sprezzante. " Non osare parlare di lei." Dico scandendo le parole una ad una. Stanca di tutta questa merda, lo lascio lì e me ne vado in camera. Mi assicuro di aver chiuso la porta a chiave e mi accascio ai piedi del letto. Fuori la luna splende nel cielo, illumina la notte buia e indica la strada a chi si è perduto. Mia mamma era la luna per me. Il mio punto di riferimento.

Le spalle tremano, i singhiozzi sono sempre più forti e le lacrime sempre più salate. Sono quasi le tre di notte, e le lacrime sembrano non fermarsi. Ma ci sono abituata. E' tutto okay. E' tutto okay, anche quando le gambe tremano più forti, anche quando le braccia e le dita delle mani tremano, anche quando inizio a sudare freddo. E' tutto okay. Anche se sono stanca, vorrei andare a dormire, ma le lacrime non smettono di scendere, ora sono silenziose. Un rumore mi risveglia dai miei pensieri, qualcuno sta entrando dalla mia finestra, dovrei fermarlo, ma non ne ho le forse. Dovrei avere paura, ma non ne ho le forze. Si accorge di me, quando ormai è già entrato, è lo stesso ragazzo dell'altra volta, stesso profumo di menta, stessi occhi marroni. Si avvicina a me cautamente, mi osserva, fa un sospiro e si siede accanto a me. " Non piangere Angelo." Sussurra a bassa voce. Tutto un tratto mi ricordo quando Lucifer, mi ha chiamato Angelo, e si collega tutto. Avevo ragione, ma non so perchè, non me ne importa più. " Avevo ragione". Gli dico, con la voce spezzata dal pianto. " Si. Sei molto astuta." Dice ridacchiando. Le sue gambe scontrano con le mie. Ci guardiamo per minuti interminabili, finchè lui fa il primo passo e mi scaccia le lacrime con il pollice.

"Perchè piangi?" Mi chiede, mentre butta la testa indietro, fino a farla appoggiare sul materasso. " Sto bene." Rispondo io. " Non ti conosco, ma vorrei che tu stessi bene. Ma per stare bene, prima devi renderti conto, che in questo momento non stai bene. Non è sempre un male, non stare bene. Devi saper apprezzare, anche se solo in minima parte, le cose brutte, il male. Io lo apprezzo da tutta la vita. Il male mi ha salvato. " Dice, adesso la mia attenzione non è più su mio padre, ma sul ragazzo affianco a me. " Cosa intendi?" chiedo. " E' meglio che non lo sai. E' meglio che non mi conosci." Dice, questa cosa mi fa rimanere male. Lui mi ha aiutato, anche se è un ladro, non è cattivo. " Io voglio conoscerti." Dico. Lui sospira, si alza da terra, e si avvicina alla finestra. " Non serve conoscere il mio passato, per conoscere il mio presente." Mi dice, ma questa cosa mi manda ancora più in confusione. " Spero di rivederti." Gli dico. " Non lo speri. Stammi bene Diana." Dice con un piede già fuori dalla finestra. " Anche tu Lucifer." Lo osservo, mentre scompare tra le tenebre delle notte, così abile che conosce ogni vicolo del quartiere. Così abile, che mi ha lasciato con mille dubbi, e un sorriso sul viso.

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