Sulle persone e su ciò che immaginiamo di loro.

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Di nuovo al mare.
Di nuovo un fine settembre di qualche tempo prima.

È il periodo che Carlo preferisce.
Questa volta è da solo, con Monica è finita poco dopo quella brevissima toccata e fuga che si erano concessi.

Parcheggia la moto vicinissima al mare, si toglie il casco e si mette la chiave in tasca.
Cammina fino a raggiungere uno dei pochi bar sulla spiaggia ancora aperti, data l'imminente fine della stagione.

Si siede e ordina una birra. Mentre aspetta di essere servito, si accende l'irrinunciabile sigaretta. Certe abitudini sono dure a morire.
E, proprio come aveva fatto tempo prima con Monica, inizia a guardarsi intorno.

C'è poca gente quel giorno.
Poco disturbo.

Il rumore delle onde del mare, che nei mesi di calca estiva sembra quasi scomparire sormontato da urla e schiamazzi di ogni tipo, adesso è più forte. Si prende la sua rivincita.

Carlo ha sempre amato guardare le altre persone e immaginare la loro vita. Lo fanno in tanti.
Ci piace immaginare la vita degli altri. Immaginarla totalmente diversa dalla nostra, o perfettamente uguale.

Una coppia giovane che discute, un'altra un po' più grande tornata proprio adesso da una passeggiata. Lei è al telefono. Sta raccontando a qualcuno cosa ha fatto la sera prima. E ascoltando quella telefonata, non perché vuole origliare, ma la signora sta parlando tanto forte che sei quasi obbligato a sentire, immagina come possa essere stata la serata sua e del marito. Hanno cenato dalla cugina, sembra che si siano divertiti.

Un'altra signora arriva con il cane. È un po' gobba, e ha una faccia arrabbiata. 
Tratta male un venditore ambulante. Lo tratta malissimo. Magari sta sfogando su di lui la rabbia per una vita non andata come avrebbe voluto.

Una signora sola, sdraiata sul lettino a prendere il sole. Sta mangiando qualcosa, forse farà pranzo qua.
Forse non ha nessuno a casa che l'aspetta. O forse sì, ma oggi è una bellissima giornata di sole e ha deciso di godersela tutta, magari lasciando a casa marito e nipoti.

Una famiglia.
Lui, lei e il bimbo. Il bimbo gioca, i genitori provano a rilassarsi, ma il bimbo non vuole giocare da solo. Tra poco andranno a casa per il pranzo. Il bimbo farà il suo riposino pomeridiano e poi torneranno in spiaggia.

Un'altra signora sola, seduta in riva al mare. A volte si alza, fa pochi passi e torna indietro. Magari le hanno detto che l'aria del mare le fa bene. Le hanno consigliato lunghe passeggiate, per schiarire corpo e mente.

Vite diverse che si intrecciano.

Magari il bimbo inizierà a giocare con una bambina, e di conseguenza i genitori dovranno dirsi qualcosa. Quanti anni ha, come si chiama, se e dove va a scuola. Cose da genitori. Magari si trovano simpatici e si danno appuntamento a dopo pranzo. O magari non si sopportano, fanno buon viso a cattivo gioco soltanto perché i bambini sembrano andare così d'accordo. Magari si danno appuntamento per dopo pranzo, per quieto vivere. Ma mentre vanno via, giurano che il pomeriggio cambieranno posto, andranno più lontano, così da non ritrovare quei due genitori così antipatici.
Tanto si sa. I bambini fanno sempre nuove amicizie.

Carlo sorride tra sé. È proprio vero che spesso le storie più interessanti nascono da quello che abbiamo intorno.

Guarda l'ora sul telefono. Al polso ha un bellissimo orologio, ma lo tiene più per abitudine che altro. Quando si dimentica di metterlo, sente come se gli mancasse qualcosa.

Anche se sta iniziando a rendersi conto che a mancargli davvero, forse, non è l'orologio.

È qualcos'altro, qualcosa di indefinito, di immateriale, che non riesce a spiegare con le parole. Lui, che sa che esiste una parola per ogni cosa.

Si alza, paga e decide di fare una passeggiata sul bagnasciuga.

Storia di straordinaria normalità.Where stories live. Discover now