Su Carlo.

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Carlo di anni ne ha quaranta.

È bello, ha il fascino dell’uomo maturo, o almeno così gli dicono.

Capelli brizzolati, barba corta e curata, occhi scuri e profondi.

Si allena di tanto in tanto, più per mantenere una certa immagine che altro. Effettivamente ha un bel fisico. Muscoloso, ma senza essere eccessivo.

Si è diplomato al liceo classico, e poi ha fatto lettere all’università. Percorso lineare.

Anche lui ha sempre amato le parole, e tutto ciò che intorno alle parole sta. Ha sempre amato il modo in cui ci sia sempre una parola, per tutto.
Basta saperla trovare.

Complice quello che si potrebbe definire un caso fortunato, ma che qualcuno potrebbe vedere come il perfetto allinearsi delle cose, quando tutto sembra combaciare (evento raro, che non si verifica quasi mai, ma che quando accade dà origine a quella che viene definita “perfezione”) per vivere fa lo scrittore.

O almeno, ci prova.

Ha scritto un libro che ha avuto un discreto successo, quella cosa di amare le parole gli si è rivelata utile.

Adesso dovrebbe scriverne un altro, a giudicare dal contratto che ha firmato con il suo editore.

Prima viveva a Milano, è nato e cresciuto lì. Ed era lì quando il suo libro ha avuto quel discreto successo, cosa che gli aveva permesso di vivere per qualche tempo assaporando quella che alcuni definiscono notorietà.

Amava la vita mondana, amava circondarsi di persone che gli piaceva definire amici, anche se poi di amici veri, nel senso più stretto del termine, ne poteva contare tre o quattro.

Amava le feste, amava andare in palestra, amava vestirsi bene e lasciare il segno.

Amava le belle donne, anche se “amare” forse è un termine troppo grande, dovremmo dire che amava circondarsi di belle donne che gli tenessero compagnia, quel tanto che bastava a mandare via quel qualcosa che sentiva dentro, a volte.

"Quel vuoto che non sai, che poi non dici mai". A volte le canzoni sono brave a definire quello a cui noi non sappiamo dare un nome.

Era iniziato come qualcosa di indefinito. Un senso di vuoto, unito ad una punta di insoddisfazione per qualcosa che sembrava mancargli, in quella vita quasi perfetta che si andava costruendo.

Quella vita perfetta che però troppo spesso gli sembrava finta, fatta di personaggi costruiti a pennello, ognuno che recitava la propria parte, senza nessuno che provasse ad essere autentico mai, nemmeno per un minuto.

Anche le belle donne di cui si si circondava erano così. Costruite, bellissime, impeccabili, mai un capello fuori posto, mai un vestito che stonasse. Ridevano alle sue battute, annuivano fingendo interesse per quello che diceva, a volte senza neanche capirlo bene, quello che diceva.

Ma Carlo questo lo aveva capito.

E, in qualche modo, accettato. Non cercava legami duraturi.

O almeno, aveva capito che in quella Milano bene che faceva finta di amare così tanto di legami autentici non ne avrebbe trovati. Ma le belle donne non mancavano, e Carlo era pur sempre un uomo, affascinante per di più, come lo definivano in molte.

Aveva finito piano piano con l'omologarsi a quella vita che in fondo aveva voluto e desiderato fin da quando era piccolo.

Voleva fare lo scrittore, e scrittore era diventato. Più o meno.

Ma, come spesso accade quando si sogna da bambini, non aveva messo in conto gli eventuali aspetti negativi; il ritrovarsi circondato da persone con cui non aveva praticamente niente in comune, il non poter condividere mai qualcosa di vero con nessuno, l'illusione della notorietà, labile come la fiammella di una candela che resta accesa per miracolo.

Claudio continuava ad inseguirla, quella notorietà tanto desiderata quanto effimera, che un giorno trovava spazio per lui e il giorno dopo lasciava il posto ad un altro scrittore esordiente il cui libro era diventato un best seller chissà come.

La inseguiva, senza però sapere più se davvero la volesse oppure no.

Il senso. Ecco cosa mancava. Dov'era il senso di tutto? Scrivere, avere successo, rischiare da un giorno all'altro di finire nel dimenticatoio, da solo, senza nessuno su cui poter contare davvero.
Era questo il senso?

Le giornate passate a scrivere, anche se quel secondo romanzo non gli stava venendo fuori così facile come il primo. Le telefonate del suo agente, la compagnia di qualche conoscente, la palestra, gli aperitivi in centro città, le cene in locali costosi, le serate in discoteca, che si concludevano con Carlo in compagnia di qualche bella di ragazza.
Ragazza che al risveglio, il mattino seguente, veniva puntualmente liquidata senza troppi convenevoli.

Carlo rimaneva a letto e le guardava andare via, una dopo l'altra, e quel sottile senso di vuoto tornava prepotente a farsi strada in lui.

Storia di straordinaria normalità.Where stories live. Discover now