Sullo scrivere i libri.

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- Cosa ci fai qui?

Silenzio.
Giulia si guarda intorno.
Carlo è seduto sul muretto, davanti a lui ci sono un computer e una coperta. Una bottiglia di birra vuota, e una piena, appena avviata. Una borsa frigo, in cui probabilmente ci sono altre birre. O qualcos'altro da bere.
Indossa dei jeans abbastanza attillati da cui si intravedono delle gambe muscolose. Sopra ha una camicia a mezza manica azzurra, i piedi invece sono scalzi. Occhiali da sole scuri appoggiati sulla testa.

- Io sto scrivendo un libro. O almeno dovrei. Ho scoperto questo posto qualche mese fa, e da allora vengo qui tutti i giorni. Aspetto il tramonto. È il momento della giornata che preferisco. Mi piace anche l'alba in realtà, ma quella succede un po' troppo prestino. -

Dà un sorso alla birra e prosegue;
- Quando abitavo a Milano l'alba la vedevo spesso, quando tornavo a casa. Sai com'è, vivevo di notte e dormivo di giorno.

Borioso. Pieno di sé.
Giulia lo guarda appena e gli fa un sorriso forzato, di quelli di circostanza, che si fanno quando chi hai davanti non lo vorresti offendere. Ma vorresti, anche, con tutta te stessa, che stesse zitto.
Si può esprimere tutto questo con un sorriso?

Quell'occhiata appena accennato però, le permette di notare come lo sguardo di lui sia magnetico, di quelli che ti ci perdi dentro, che quando fissi quegli occhi non sai più neanche come ti chiami.
Occhi che sanno guardarti dentro, scrutarti in profondità; occhi che ti fanno sentire nuda.

- Ma adesso ho decisamente cambiato abitudini, e mi sono allineato a quelli che vengono definiti usi normali del giorno e della notte.
Di giorno sto sveglio e di notte cerco di dormire. -
Carlo appoggia la bottiglia di birra accanto a sé, tira fuori il pacchetto di sigarette dal taschino della camicia e ne accende una.
- Capirai quindi, che volendo dormire di notte e stare sveglio di giorno, quella cosa dell'alba mi risulta un tantino scomoda. C'è un po' troppo presto, non credi anche tu?

Silenzio.
- Quindi ho deciso che anche i tramonti mi vanno benissimo.
Silenzio.
- Non sei una che parla molto eh?
Silenzio.

- Sai, scrivere un libro è complicato. Hai un'idea in testa, ti sembra la più forte del mondo, sei sicuro che nessuno ci abbia mai pensato prima. E magari è così. Così inizi a scrivere, di getto, ti lasci trasportare. Ma poi ti incarti. Non sai dove andare a parare, o magari lo sai ma non sai come arrivarci. Così smetti. E poi ricominci. E poi smetti di nuovo. A volte si potrebbe andare avanti così per sempre.

- E poi che succede?
- Allora parli.

Silenzio.

Sorride, Carlo.
- E poi niente, ci provi. Magari ne vieni fuori, o magari no. Magari scrivi una storia bellissima, o magari scrivi una cosa che fa schifo e che non piacerà a nessuno. Però almeno ci provi.
- Anche nella vita è così.
- Così come?
- Così. A volte ci provi, a volte no. A volte viene fuori qualcosa di bellissimo, altre volte, molto più spesso, no.
- Ed è così anche per te?
- No.
- No cosa?
- Non è così. Per me, non è così.
- Perché no?

Giulia sospira.
- Perché io non ci arrivo a provarci.
Io sono quella che si ferma prima, alla partenza. O ancora prima della partenza.
Io non ci provo proprio.

Chissà come le erano uscite quelle parole. A lei, che parla a monosillabi.
Dette a lui poi, che neanche conosce.
Ma quel giorno c'è qualcosa di strano.
Sarà il tramonto.
O il mare.
O le due cose messe insieme.

Sorride.
Però a volte è bello dire le cose ad alta voce. Diventano più vere. Smettono di essere solo dentro di te.

Rimane un attimo incerta, in piedi davanti a Carlo, indecisa se andarsene o sedersi con lui.
Si sente osservata. Sensazione, quella, a cui è poco abituata e che non le piace particolarmente.

Alla fine si siede. Sullo stesso muretto, ma non troppo vicino. Si tiene ad una distanza di sicurezza, o almeno a quella che è per lei una distanza di sicurezza.

Carlo butta la sigaretta, ormai finita, nella bottiglia di birra vuota. La guarda.

Indossa dei jeans di quelli stretti, aderenti, che lasciano intravedere la sua magrezza.
Sopra ha una semplice t-shirt a mezze maniche bianca, così come bianche sono le sneaker ai suoi piedi. Ha uno zaino celeste sulle spalle.
Il vento le scompiglia i capelli, castani e lisci, lunghi fino alle spalle. A volte qualche ciocca le va a finire sul viso e lei, ogni volta, la sposta, cercando di sistemarla dietro alle orecchie.

È una ragazza semplice. E bella.

Ma bella in un modo tutto suo. In un modo che è quasi nascosto, che sembra aver paura di uscire fuori.
È bella come sono belle le cose misteriose, quelle che si svelano poco a poco, quelle che ti devi impegnare per farle emergere.
È bella come chi non sa di esserlo, e anzi, tutto crede di essere, tranne che bella.

Nota autrice e/o me stessa;
Chiedo scusa se a livello di virgolette nei dialoghi la storia dovesse risultare non perfetta, l'editing non è il mio forte, né lo è il modo di scrivere i dialoghi 😅

Storia di straordinaria normalità.Where stories live. Discover now