Il ponte verso il mondo superiore

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Percorrere la familiare Ashland Street non dava a Crowley una buona sensazione quel giorno, perché per lui quella strada del West End era qualcosa di prezioso finché sapeva che ci abitava un uomo che amava. Purtroppo quell'uomo non era più lì, di nuovo.

Ismael, al volante della sua Jeep, o non si accorgeva della cupezza del suo umore o fingeva di non farci caso per non fare domande e dargli modo di sfogarsi. Tamburellò le dita sul volante e rallentò, osservando le case su quel lato della carreggiata.

«Hai detto che era il numero...»

Crowley ci mise qualche secondo a riscuotersi dai suoi malumori e a capire che cosa Ismael gli stesse chiedendo, ma prima che potesse aprire bocca per ripetere il civico aveva già la risposta.

«Ah, eccola!»

«Come fai a sapere che è... no, ritiro la domanda.»

Infatti quando Ismael accostò di fronte al cancellino anche Crowley capì come l'aveva riconosciuta: sul frontone della veranda spiccava un pentacolo di rami d'albero legati insieme, c'era una manciata di pannocchie a testa in giù accanto alla porta e quella che sembrava una bambolina legata al battente. Uno sgradevole brivido percorse la schiena di Crowley mentre Ismael apriva lo sportello.

«Io... è meglio se aspetto qui.»

«Oh, non essere ridicolo, Ginger» lo rimproverò lui, scendendo. «Ti rendi conto che letteralmente tutti quelli che hai fatto entrare in casa tua nell'ultimo anno credono in qualcosa che non è il tuo Dio?»

«Non è la stessa cosa» protestò il tenente, stizzito, e lanciò un'occhiata alla porta. «Questa è... lei è una strega

«Vai a letto col demonio da quando avevi ventitré anni, pensi che parlare a una strega farà qualche differenza quando ci sarà da scegliere tra il paradiso e l'inferno?»

«Le tue argomentazioni non mi aiutano!»

«Non voglio farti sentire meglio. Sto cercando di dirti di cosa dovresti preoccuparti davvero.»

Crowley guardò ancora la casa. Una finestra sul davanti era stata aperta e si vedevano degli oggetti luccicanti penzolare nel rettangolo visibile della stanza.

«Scendi, Ginger, o farai la figura dell'idiota davanti a me» fece Ismael, seccato. «Se la cosa significa qualcosa per te.»

Sbatté lo sportello e si avviò al cancellino. Crowley lo guardò controllare le colonnine, ma non vi trovò un campanello e si avventurò dentro il giardino ingombro di piante. Pur con mille pensieri in testa e qualche tormento nel cuore, si decise a scendere e lo raggiunse quando stava per salire i gradini della veranda.

«Alleluja, Ginger. Hai visto? Non sei stato ancora fulminato.»

«So che non mi capisci, ma avrei preferito che accettassi i miei stati d'animo.»

«C'è differenza tra capriccio e stato d'animo. È perché è la donna della vita di Pepper che non vuoi incontrarla?»

Crowley restò in silenzio, ma qualcosa nella sua espressione doveva averlo tradito, perché mentre bussava Ismael sospirò con aria grave.

«Quanto sei prevedibile.»

Crowley persistette nel suo silenzio, fissando gli occhi sulla bambola appesa al battente. Era una figurina fatta di paglia e foglie di mais secche, ed era sicuro di averne vista una simile in casa di suo cugino Nathaniel e di Florence. Una tradizione contadina a quanto ne sapeva, ma vederla alla porta di una strega iniziava a farlo sentire inquieto.

La porta si aprì e sull'uscio comparve la bassa figura di Krul Tepes, ma Crowley la riconobbe a malapena: non era fisicamente molto diversa, ma l'aveva sempre vista all'apice della ferocia e con quell'espressione tranquilla gli sembrava di stare guardando la gemella buona. Aveva anche smesso i vestiti da gothic lolita e quel giorno indossava un abito senza maniche con la gonna lunga, di colore verde prato, un grembiule da cucina in un tessuto grezzo simile al lino e molte collane fatte di conchiglie, ciondoli di legno dipinti e lacci di alcantara.

La Chiesa dell'AcquaWhere stories live. Discover now