17.

20 11 13
                                    

Sono ore interminabili quelle che sono passate con l'ansia che mi fa palpitare il cuore ancora di più, il silenzio è regnato per qualche istante e lo sguardo omicida, ogni volta che si gira, Cameron mi lancia neanche fossi un cane da caccia. Sono nervosa e le mie gambe si stanno muovendo da sole in maniera del tutto incontrollata, sposto lo sguardo altrove sbuffando col naso : cosa si fa in questi casi oltre che piangere ?

" Mi spiegate voi due cosa avete? " mi guarda dallo specchietto retrovisore e io smetto di guardarlo " Ragazzi " Peter continua a parlare chiaramente insospettito dal nostro comportamento. Si facesse i cazzi suoi che non è il momento.

" Chiedi a lui" indico Cameron "E' lui che è maledettamente bipolare" affermo decisa senza battere ciglio. So che è un comportamento inadeguato al momento ma è l'unica cosa che mi rende così.

" Io sono farmi i  fatti miei, ma sei tu che non riesci a farti i tuoi" contrae la mascella e so che vorrebbe prendere a pugni la prima cosa che gli capita tra le mani, lo capisco da come stringe i punti uno dentro l'altro senza neppure rendersene conto.

" Vaffanculo Cam, stavo cercando di aiutarti!" sbotto infuriata alzando le braccia in aria. E si, tutto davanti gli occhi di Peter, il quale guarda sbigottito con gli occhi socchiusi e le orecchie tanto vicine da non perdersi nemmeno una virgola. Ed ecco che vorrei fare un omicidio, ma evito. In carcere ci andremo in due, ma io con gusto.

" Aiutarmi? Davvero? " sbotta ridendo a crepapelle " Stai veramente facendo la morale a me, dentro questa macchina, quando la causa per cui siamo quì sei tu?" continua diventando rosso dalla rabbia sganciando un basso colpo contro di me.

" La causa sono io?" sbotto ridendo nervosamente " Ma cerca di smetterla coglione. La causa di tutto sei solo tu" continuo senza battere ciglio.

" Mi spiegate di cosa state parlando?" guardo Cameron con un certo astio il quale sta ricambiando lo stesso sguardo sostenendo la mascella contratta. Scuote la testa uscendo dallo stato di trance e mi guarda confuso, come se si fosse accorto di quello che ha appena detto e non sa cosa dire per uscirne integro.

Che poi io perderò sicuramente il mio lavoro e la mia professione, ma lui marcirà in galera. Perchè giuro che da lì non lo farò uscire.

" Siamo arrivati, mio padre ci sta aspettando" dice Cameron con voce rude, graffiata. Apre lo sportello ed esce infuriato cercando di non sbatterla essendo la macchina di Peter. Abbiamo deciso di utilizzare quella di lui perchè è una prassi, la "più sicura".

Non so cosa dire. Non so se guardare verso lo specchietto oppure aprire anch'io e uscire correndo fuori. Faccio la scelta più sensata che abbia mai fatto in vita mia : scendo dall'auto e percorro il viale sotto gli sguardi attenti dei miei colleghi, non saluto e neanche guardo. Mi limito solo a camminare velocemente arrivando così, in poco tempo, all'interno della portineria. Penso che se dovessi incontrare Cameron, adesso, lo prenderei a pieni schiaffi in faccia. Questa volta faccio le scale, uno ad uno lentamente, da goffa quale sono. L'ultimo gradino che porta al terzo piano lo faccio con qualche sospiro in meno, non perchè io sia stanca di aver fatto parecchie scale ma perchè ho paura che qualcuno, in particolar modo Peter, possa ricordarsi guardando in faccia il padre di Cameron. Alzo una mano per bussare alla porta ma noto che è socchiusa, sicuramente saranno già arrivati e mi avranno dato per dispersa.

" Eccola!" dice allegro Richard " Che bella sorpresa, ho appena conosciuto  Peter" sorride e mi stringe in un caldo abbraccio che ricambio. Ingoio il groppo alla gola che mi si è formato e sorrido allontanandomi spostando lo sguardo interamente su di Cameron. Sta smanettando sul suo cellulare da quando sono entrata senza degnarmi di uno sguardo, facendo quello che spesso fa : ignorare la gente " grazie" mi sussurra all'orecchio.

emptystreetsWhere stories live. Discover now