Capitolo 30

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Caleb pov's

Dopo il Rapax è stato complicato trovare qualcosa di cui parlare con Althea, che aveva iniziato a sprigionare un'ombra nera tutt'intorno a sé. L'avevo già notata, quella notte del bacio, quando aveva lasciato la stanza, quest'ultima era tornata a risplendere di colore. In quel momento, pensavo che fosse solo la mia immaginazione.

<<I Rapax sono creature nate dall'odio...alcuni sono stati salvati dagli dei, per poi utilizzarli a loro piacimento.>> il suo sguardo si posa per qualche secondo su di me e quelle ombre spariscono dalla mia vista, risucchiate dentro di lei.

<<Non credo che si possa definire salvezza...vivranno sempre nella consapevolezza che noi gli abbiamo fatto del male, si cibano della paura degli altri, del terrore. Non possono uscire fuori da quelle foreste.>> annuisco appena.

<<Pensi che loro ne siano coscienti? Di quello che si perdono qua fuori?>> le chiedo con una dolcezza che non credevo di possedere.

<<Loro entrano nella testa degli altri, sentono la paura, le emozioni. Sanno cosa c'è qua fuori...quindi sì, ne sono coscienti, ma penso anche che non vorrebbero essere come coloro che gli hanno fatto del male. Pensaci. Tu uccideresti mai qualcuno per il gusto di farlo?>> non avevo mai considerato i Rapax come esseri umani, come qualcosa in più rispetto ai cannibali che sono.

<<Eppure entrambi abbiamo visto la morte e abbiamo ucciso.>> sospira lievemente, percepisco il movimento delle sue spalle, ma non il rumore del suo respiro.

<<E la morte gli sorrise, lui accettò il patto, le strinse la mano e divenne il suo umile servo, per tutto il tempo che lei avrebbe ritenuto necessario.>>

<<È il passo di apertura del nostro codice..>> dico sorpreso.

<<Ed anche la frase che è incisa sotto la statua di Alita Kan...lei non si ritrasformò più in donna perché aveva perso l'unica cosa che tiene i mutaforma attaccati a questo mondo.>> la guardo incredulo.

<<Cosa sarebbe?>>

<<Qualcuno che ti aspetti a casa, pronto a coprirti di amore e sicurezze che il mondo là fuori non sa darti.>> rimango senza parole ed ora sento la spinta a porle quella domanda.

<<Cosa ti hanno fatto alla schiena? Direi che ormai abbiamo superato la bugia di tua sorella no?>>

<<Avevo diciotto anni quando ho ucciso un uomo, quell'uomo...sai, le Alte, la religione, lo Stato, tutti vogliono insegnarti a perdonare, tutti. Eppure nessuno di noi è in grado di farlo. Mio fratello era partito da tre mesi ed io giravo per le strade del mio villaggio, quando dalla locanda fuori le mura mi è arrivato qualcosa- si ferma per qualche secondo -Era un richiamo, lento, flebile, quasi...quasi impercettibile, ed io l'ho seguito, lì c'era un uomo, alto, molto bello e dopo poco ho visto gli occhi e lo stesso sorriso che aveva impresso sul viso quando ha ucciso i miei genitori. L'ho seguito, lentamente, senza farmi scoprire e quando gli sono stata abbastanza vicino gli ho estratto la spada e lui sembrava aver visto un fantasma.- abbassa la testa, mortificata al ricordo -Di lì a poco lo hanno saputo le Alte, mi hanno punita con dodici frustate...e non perché non fossi riuscita a perdonare, bensì perché mi ero macchiata le mani di un sangue non nobile.>>

<<Perché dodici?>> chiedo, sapendo che ogni punizione ha un significato.

<<Perché avevo dodici anni la prima volta che lui era entrato nel mio villaggio ed io dovevo dirlo subito alle Alte...sono un'incantamenti, Caleb...sentivo che le sue intenzioni non erano buone, ma non pensavo che avrebbe fatto una carneficina.>>

<<Avevi dodici anni...eri poco più di una bambina.>> lei annuisce.

<<Eppure i miei genitori, quelli di Li, e buona parte del villaggio si sarebbe potuta salvare se io non avessi messo in dubbio quello che sono..>> mi porto davanti a lei bloccandole la strada.

<<C'erano altre persone che dovevano controllare...Althea, non buttarti addosso colpe che non hai...non so quanto si nasconde sotto a questa pelle martoriata, ma so che ogni centimetro significa qualcosa...ed io voglio percorrerli tutti.>> schiude appena le labbra e guarda la strada davanti a noi.

<<Generale, è meglio andare...altrimenti è inutile che mi hai fatto rischiare la pelle contro il Rapax per una scorciatoia.>> trattengo una risata e lei sorride di nuovo. Riprendiamo a camminare ed ora quella distanza che ci eravamo messi in mezzo non esiste più. Né a livello mentale né a livello fisico.



Dopo appena un chilometro di camminata la vedo alzare la testa di scatto ed annusare l'aria tipo segugio.

<<Cosa stai facendo esattamente?>> si lega i capelli in un codino e si volta verso di me.

<<Annusa...miele, menta, sudore e vino.>> sgrano gli occhi e lei annuisce.

<<Siamo vicini all'accampamento.- sorride e sta per proseguire quando io le blocco una spalla. -Devi continuare a medicarti la ferita, se ti servisse una mano non esitare a chiedere.>>

<<Caleb, quando saremo di nuovo lì, sarò Al...non Althea, non posso chiederti aiuto...non rientrerebbe nel ruolo..- si schiarisce la voce -Bene generale, possiamo andare.- abbassa la voce ed io trattengo una risata, considerando quanto mi sembra ridicola ora su di lei. Mi schiaffeggia appena la spalla -Non ridere...andiamo.>> la seguo poi le blocco di nuovo la spalla, stavolta si volta decisamente confusa ed io guardo quegli occhi cerulei con dolcezza. Le prendo il viso tra le mani e lei abbassa appena lo sguardo imbarazzata, anche se in mezzo a quel sentiero vuoto non potrà vederci anima viva.

Il labbro inferiore si sposta verso gli incisivi che lo stringono appena, facendomi praticamente perdere la testa. Mi sposto leggermente e stavolta faccio toccare le nostre labbra con estrema gentilezza, un movimento ben distante da quello della famosa notte. Lì conoscevo Al come un pezzo di carne, fatto di ossa, muscoli e pelle, che mi accendeva di una passione che non avevo mai conosciuto prima. C'era solo quello, solo la spinta animalesca a farlo mio.

Adesso invece, sotto al desiderio c'è di più. Sotto al mio desiderio c'è Althea, una ragazza, piena di sfaccettature. Una ragazza che prova emozioni. Una persona che mi ha salvato la vita e tenuto testa. Ma è la stessa che si è lasciata guidare lungo tutto l'addestramento, che ha accettato i consigli senza strafottenza e li ha messi in pratica migliorando lentamente, ma con costanza. Porta anche lei una mano sul mio viso e mi concede l'accesso al suo mondo.

Quella passione che bramavo e avevo desiderato dalla prima volta che avevo visto Al, si è ora trasformata in un sentimento più forte e completo, per me completamente nuovo. Sento qualcosa nel petto, come se un filo si fosse annodato ed ora tirasse per uscire.

Si ritrae appena e mi sorride guardandomi negli occhi.

<<Dovremmo andare, prima che faccia buio.- dice con la sua voce morbida, annuisco e lei mi posa un bacio sulla guancia, di una dolcezza innaturale. -Grazie, per quello che hai deciso...non tutti lo avrebbero fatto.>>

<<Ho cercato di capirti, anche se non è stato facile...ho fatto una promessa ad Al quella notte, gli ho promesso che nessuno ti avrebbe fatto del male...praticamente ti ho promesso di proteggerti senza saperlo.>> riprendiamo a camminare a passi lenti, come se volesse far durare quel momento il più a lungo possibile. Sarà l'ultima volta che saremo davvero soli.

<<Nessuno è facile e credo che ci dividiamo in coppie per quello.- schiudo appena le labbra e lei prosegue -Spesso è difficile trovare, da soli, le soluzioni ai problemi...ognuno di noi ha qualcosa da risolvere, dal più piccolo inconveniente al più difficile. Se si è in due uno si appoggia all'altro e così le probabilità di caduta, si abbassano drasticamente.>> e credo che sia adesso, in questo preciso istante, quando queste parole sono uscite dalle sue labbra, ho capito che la mia anima non è rotta come ho sempre creduto. Ora, sono cosciente di cosa voglia dire sentire il battito del cuore nel petto, ed io sento il suo.

La guardia del reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora