Segni indelebili, ma cancellabili.

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Apro gli occhi e fisso il soffitto. Nulla di nuovo il soffitto è sempre lo stesso.

Mi alzo e da coricata mi siedo. Guardo il calendario 09-07. Mancano 8 giorni al mio compleanno. Sono stanca, non che centri con il mio compleanno. Sum cuore, o almeno su quel pezzo di cuore che mi è rimasto, sento una pietra, un macigno, faccio persino quasi fatica a respirare. É come se il cuore ce l'avessi ma non lo sentissi. M ero detta di tornare la Sam d sempre. Con lui camminavo sulle nuvole, vedevo l'arcobaleno di notte, non me la prendovo se era sincero, potevo essere me stessa. Potevo essere ciò che nemmeno io sapevo di essere. Ero incolta di una Sam che non conoscevo.  Ora era tutto come prima,  non sentivo nulla, almeno non in tutto il corpo, ma nel cuore, la mente e lo stomaco si. Quando la paura si faceva grande lo stomaco cominciava ad arricciarsi e a mandare fitte, come se fosse stato calciato comincia a lividare, mostrandoti che forse qualcosa ti fa male, ti spaventa. Il cuore che purtroppo non regge, non vuole saperne di continuare a supportare le mura che gli sono costruite intorno e cede, lasciando a tutti passaggio libero, lasciando a tutti i permesso di calpestarlo. La testa che ormai risponde ai comandi dell'amico cuore, ma non risponde ai comandi dell'armadio nemico corpo, che ti fa trasmettere ciò che non vuoi. Ho sempre evitato l'insicurezza, non mo descriveva. Rendeva tutto debole e insignificante. A cadere inerme, sono sempre stata brava, ma in pubblico mai. Non avrei permesso a nessuno di entrare in me e capirmi, eccetto a chi si era da giorni portato via con se una parte del mio cuore e mi aveva fatta ritornare quella di sempre.

Mi accarezzai le punte dei colori colorati, e pensai. Ci pensai a lungo. Era quella la decisione giusta e così avrei fatto. Tanto nessuno avrebbe capito. In fondo è solo per me. E sta volta avrei comandato io, non il cuore, non la testa e non il corpo, io.

Balzai in piedi e da sotto il letto un po a fatica tirai fuori la valigia. Mi diressi verso l'armadio e spalancai le ante pizzicandomi il mento. Presi prima i jeans, da quelli chiari a quelli scuri, i pantaloncini e le salopette. Tra le mani prima d finire mi passò la salopette che avevo il giorno del campo di fiori di Ash. Il nostro primo incontro. I ricordi cominciarono a fluire rapidi nella mia mente, scossi la testa per continuare a fare ciò che stavo facendo. Le felpe, ne presi poche la bordeaux, nera, verde, grigia... Le maglie e i maglioni. Non volevo sembrare una che pensa solo ai vestiti, cinnica ed egoista, anche perché di tutto ciò non ero nulla, quindi mi fermai a quella quantità di abiti.

Scesi le scale e prima di andare in cucina a fare colazione diedi un'occhiata all'orologio. Entrai in cucina e trovai mia madre a sorseggiare da una tazza del caffè. Afferrai un bicchiere e mi ci versai del latte sicuramente poggiato lì precedentemente da mia madre. Mi presi un paio di boscotti , integrali, mia madre ha la fissa per quelle cose. Quelle cose orribili. Per non parlare delle gallette di riso. Oh mio Dio. Quelle mentre le mangi prima si attaccano alle labbra poi alla lingua e se ri passano per la gola fino allo stomaco sei fortunato. Il gusto della carta, e molto invitanti a guardarle.

"Buongiorno, mamma." dissi baciando la fronte di mia madre.

'Giorno, Sam." ripose sorridendo.

Rielaborai la genialata che avevo avuto in mente di commettere.

"Ti devo dire una cos..." dissimo all'unisono.

Le feci cenno di cominciare.

E lei fece segno di parlare a me.

"No, beh.. Ehm.." comincia tirandomi nervosa il lobo dell'orecchio mentre sorseggiavo un po del mio latte. Poi ci riprovai.

"Non sei incinta vero?!" Chiese lei sporgendosi e sgranando gli occhi.

Per la frase che pronunciò o meglio dire urlò sputaiil latte avevo in bocca e sgranai gli occhi. La guardai e con le braccia feci segno di no.

"No! No, no, no e no." risposi io pulendomi con il dorso della mano le labbra.

Rapimenti di sguardiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora