Capitolo 17 ♡ Cora

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Nell'ultimo periodo, stavo passando molto più tempo in palestra di quanto avessi mai desiderato fare in vita mia. Sembrava che a nessuno importasse, ma quel posto diventava subito umidiccio e le parole delle persone rimbombavano sul muro, venendo amplificate, e a me dava molta noia. Quando sia la squadra di cheerleading che quella di basket avevano gli allenamenti nello stesso pomeriggio sembrava l'inferno fatto a luogo terreno.
I ragazzi e le ragazze che giocavano a basket occupavano metà campo, allenandosi con i tiri al canestro, con i palleggi e qualsiasi cosa facessero per prepararsi ad una futura partita, con il loro allenatore che continuava a fischiare e ad urlare di abbassare le ginocchia.
Le ragazze che facevano parte del gruppo di cheerleading occupavano l'altra metà campo, con le loro casse che sparavano musica a mille per riuscire a contrastare il rumore che facevano gli altri.
Se avessi sentito un'altra scarpa da ginnastica strusciare sul pavimento e produrre quel rumore stridulo che facevano quando qualcuno si muoveva troppo in fretta, mi sarei impiccata seduta stante.
Flora e Nicolò avevano voluto a tutti i costi che li andassi a trovare agli allenamenti. Dicevano che glielo dovevo, visto che ero sempre impegnata o con il lavoro o con la borsa di studio. E avevano totalmente ragione, non c'eravamo visti più di molto dalla festa di Halloween, ma sarebbe bastato uscire a cena per andare all'all you can it giapponese, non c'era alcun motivo perché io mi trovassi lì, seduta su una delle panchine a bordo campo, da sola, circondata da una decina di borracce e altrettanti asciugamani. In teoria, Elia sarebbe dovuto essere con me, per tenermi compagnia mentre gli altri erano impegnati, ma sembrava essersi dileguato nel nulla.
Sotto la guida di Rachele, le cheerleader stavano ripassando la routine che avevano messo a punto per la partita di quel weekend, L'aria intorno a loro sembrava fatta di elettricità pura: erano già scocciate perché gli era toccato dimezzare la loro coreografia a causa della competizione per la borsa di studio e ora sembrava addirittura che qualcuno non si fosse preso la briga di impararsi l'ultimo pezzo della canzone. Una sola scintilla e sarebbe potuto scoppiare il finimondo.
L'altro lato sembrava, invece, molto più tranquillo. Riuscivo a scorgere Nicolò, con la sua casacca blu e i pantaloncini lunghi fin sopra al ginocchio, in fila per avere il suo turno al canestro. Tutti i giocatori di basket sembravano concentrati e pronti a fare del loro meglio. In fondo, quel weekend sarebbe stato veramente importante per loro. Si diceva che si sarebbe presentato un personaggio importante nella scena del basket professionale.
Riportai lo sguardo sulle cheerleader, che in quel momento avevano messo in pausa la canzone. Sembrava che Rachele fosse sul punto di prendere qualcuno a schiaffi, la sua faccia era rossa e teneva i pugni stretti lungo i fianchi.
«Non possiamo presentarci ai regionali in questo modo! Quelli del Liceo Mazzini già pensano che siamo una specie di gruppo di clown, quando ci esibiamo dobbiamo essere perfette!» aveva iniziato ad urlare, scatenando tutta la sua ira su un ragazza che sembrava avere al massimo quattordici anni.
La ragazzina sembrava tremare dalla paura. Era tutta rannicchiata su se stessa e aveva lo sguardo rivolto al pavimento.
«Ha detto che le dispiace e che cercherà di recuperare nei prossimi giorni, non puoi urlarle così» si intromise Flora. Ovviamente doveva sempre intromettersi in queste cose.
Scivolai più indietro sulla panchina, come se allontanandomi da loro avessi potuto far finta di non conoscere Flora. Solo lei poteva pensare che mettersi contro Rachele fosse una buona idea.
«Sono il capitano, certo che posso urlarle! Posso urlare quanto mi pare e piace» sbottò Rachele. Le loro voci, già alte da sole, rimbombavano sulle pareti lasciando che tutta la palestra potesse partecipare a quello spettacolino.
L'allenatore delle squadre di basket si avvicinò il fischietto alle labbra, cercando di riportare l'ordine. «Ragazze! Discutete con toni più amichevoli, stiamo cercando di lavorare anche noi. Se vi sento urlare ancora vi porto dalla vicepreside.»
Flora e Rachele lo guardarono in cagnesco, solamente per pochi secondi, prima di tornare a fulminarsi a vicenda.
«Sarai anche il capitano, ma non sei un dittatore. Dovresti aiutarla invece che urlarle dietro. Dana avrebbe saputo cosa fare, meglio di te» sibilò Flora, le sopracciglia alzate, pronta a sentire cosa Rachele avrebbe replicato a questo smacco. Era un po' un colpo basso, in effetti.
Mi ritornò in mente l'inizio della scuola, quando i pettegolezzi su Dana erano iniziati. La voce si era subito sparsa a macchia d'olio e la decisione di buttarla fuori dalle cheerleader non scioccò nessuno. C'ero anch'io, in palestra, quando la squadra le aveva dato la notizia. Fino a quel momento me lo ero scordato.
Era un martedì, il giorno in cui solo le cheerleader occupavano tutto lo spazio del campo, libere di muoversi meglio. Era il giorno in cui provavano di più, in cui mettevano apposto le posizioni, in cui perfezionavano i salti e le prese.
Tutte le ragazze, con la loro divisa sbrilluccicante, avevano accerchiato Dana, in quello che sembrava un semicerchio della morte. Dana, dal canto suo, sembrava veramente che stesse per morire. Era stata Rachele, al centro del gruppo, a darle la notizia. Si erano tutte riunite, la mattina precedente, e avevano deciso attraverso un voto unanime che sarebbe stato meglio allontanarla dalla squadra. Dopo di che si era autoproclamata nuovo capitano, al posto di Dana, scaturendo non poche lamentele dalle altre ragazze dell'ultimo anno che ambivano a quella posizione da sempre.
Il fatto che Flora stesse dicendo apertamente che avrebbe preferito avere Dana come capitana del gruppo, davanti a tutte le altre, non l'avrebbe messa in buona luce. Già mi avevano squadrato male a me, quando ero arrivata con lei quel pomeriggio.
«Dana non conta un cazzo! Sbaglio o non è più qui? Ci sarà un motivo» ringhiò Rachele, sembrando pronta a sputarle in faccia.
«Flora, ha ragione lei» si intromise un'altra ragazza. Forse il suo nome era Eva, non ne ero sicura, ma era una di quelle che ronzava sempre attorno a Rachele e la venerava come una dea scesa in terra. «Adesso è lei il capitano e sa che cosa è meglio per il bene di tutte.»
Flora sembrava turbata. Sapevo che voleva rispondere qualcosa, sapevo che aveva pronto qualcosa che le avrebbe fatte zittire tutte, ma non disse nulla. Si guardò attorno, come se in quel preciso momento avesse realizzato che nessuno si sarebbe schierato dalla sua parte. Avrebbero lasciato che quella primina soccombesse alle angherie di Rachele, per salvare il proprio posto. Sembravano come un branco di pesci: pronte a sacrificare il più debole per il bene della maggioranza.
«Okay!» fischiò nuovamente il coach prima che le cose potessero peggiorare ancora di più. «Pausa di cinque minuti per tutti, voi due venite qua da me!»
La squadra di basket, che probabilmente fino a quel momento era rimasta ferma dov'era a godersi lo spettacolo, si riversò verso le panchine, dove avevano lasciato le loro borracce. Anche le altre cheerleader si allontanarono mentre Flora e Rachele venivano prese in disparte. L'unica persona che tentò di raggiungerle fu Christian, ma il professore lo scacciò malamente.
Nicolò prese la sua bottiglia d'acqua e si afflosciò di fianco a me, sulla panchina di legno. «Che spettacolo, quasi mi pento di non essermi portato la macchina fotografica dietro.»
Alzai gli occhi al cielo, quello non era certo il momento migliore per far scaturire la sua vena artistica. Flora poteva passare dei guai seri per essersi messa a litigare con Rachele a scuola. Il nostro liceo aveva una tolleranza zero per questo tipo di cose. O almeno, così gli piaceva decantare. Quando qualcuno veniva veramente bullizzato tutti erano pronti a chiudere un occhio, o meglio dire entrambi.
Per fortuna sembrava che la questione si fosse calmata. Flora stava annuendo svogliata al professore, ma almeno non gli stava urlando contro. Tuttavia Rachele sembrava ancora su di giri.
«Adoro quando Flora tiene testa a Rachele» continuò Nicolò.
«Io no. Vorrei che non si cacciasse nei guai perché ha la lingua troppo affilata» replicai io.
Christian mi piombò davanti, comparso dal nulla, bloccandomi la visuale sulla mia migliore amica. Alzai lo sguardo per incontrare la sua faccia, sembrava abbastanza preoccupato. «Sei la ragazza che è stata messa in coppia con Dana, giusto?»
Io annuii, allo stesso tempo nervosa e curiosa di dove volesse andare a parare.
«Possiamo parlare due secondi?»
Nicolò si alzò, fingendosi impegnato a pulirsi i pantaloncini. «Dovrei proprio andare da Diego. Doveva spiegarmi una nuova mossa molto interessante» sentenziò, allontanandosi.
Grazie tante, avrei voluto urlargli dietro. Essere lasciata da sola in compagnia di questo tipo era proprio quello che volevo.
Christian prese il posto di Nicolò, un po' impacciato. Non mi aveva mai dato l'impressione di una persona timida, ma in quel momento sembrava faticare a trovare le parole. Era la prima volta che qualcuno sembrava nervoso all'idea di parlarmi. Solitamente era il contrario. Fatta eccezione per Elia, ma con Elia le cose stavano in modo diverso.
«Volevo parlare di Dana.» Quando lo disse tutto fece più senso: non provava imbarazzo a rivolgermi la parola, provava imbarazzo al pensiero di chiedermi qualcosa sulla sua ex-fidanzata.
Non sapevo quanto bene avrei potuto rispondere alle sue domande. Ero sicura che lui la conoscesse molto meglio di me. «Okay, dimmi.»
«Sto cercando di parlarle da qualche settimana ormai, ma sembra avermi bloccato ovunque. Non riesco a raggiungerla né tramite messaggi né tramite chiamate. Anche con il numero di casa» iniziò a spiegarmi. Non avrei veramente saputo cosa rispondergli. «Ma ho davvero bisogno di parlarle.»
«Vuoi... che glielo dica?» proposi titubante.
Lui scosse la testa. «Se non mi risponde vuol dire che non è ancora pronta per vedermi e non posso certo obbligarla. Vorrei solo che sapesse che, quando sarà il momento, sarò sempre pronto per sapere la sua parte della storia.»
Quella era una delle cose più dolci che avessi mai sentito dire. Il mio cuore si strinse, e quelle frasi non erano nemmeno rivolte a me. Iniziavo a capire cosa la gente trovasse di tanto amabile in lui. Cosa Dana trovasse in lui. Anche se la tacita domanda continuava a rimbombarmi in testa.
«Lei non ti ha mai dato una spiegazione sul perché» lasciai che le ultime parole si dicessero da sole, trascinando quell'ultimo perché.
Un sorriso amaro si fece strada sulle labbra di Christian. Stava guardando Rachele, ancora impegnata in una discussione accesa con il coach che ora aveva una mano sulla fronte, allibito. «Non ci siamo più parlati. Da quando sono usciti i primi pettegolezzi, lei non mi ha più rivolto la parola. All'inizio anch'io ero restio a guardarla in faccia, quando mi passava vicino, ma il bisogno di sentire le sue motivazioni è troppo forte. Sai, vorrei sapere cosa ho sbagliato, cosa le mancava nel nostro rapporto. Dopo tutto quello che è successo penso di amarla ancora.»
Questa, invece, era la cosa più straziante che avessi mai sentito. La sua voce era piena di malinconia, piena di tristezza. Sembrava così sincero e mi faceva male il cuore a sentirlo parlare in quel modo.
«Quindi cosa vuoi che faccia io?»
Christian sembrò esitare per qualche secondo. «Vorrei che tu scoprissi che cosa l'ha spinta a farlo. E che poi me lo riferissi.»
«No, non posso farlo. Sarebbe come pugnalarla alle spalle» mi rifiutai io. L'aveva detto anche lui, poco prima, che Dana gli avrebbe dato spiegazioni solamente una volta che sarebbe stata pronta a farlo.
E poi, lui non sembrava capire quali fossero le implicazioni per me. Ero già troppo immischiata in quella faccenda, anche se non facevo parte di quel triangolo d'amore. Mi sentivo un po' troppo coinvolta per essere una semplice sconosciuta.
«Non lo dirò in giro, resterà qualcosa solamente per me. Te lo giuro. Ho davvero bisogno di saperlo» mi implorò lui, finalmente guardandomi negli occhi.
L'idea che potesse diffondere le motivazioni del tradimento di Dana non mi era nemmeno passata per l'anticamera del cervello, ma ora che lo diceva non potevo fare a meno di chiedermi se fosse stato vero. Chi mi garantiva che non avrebbe sparso altre voci? Chi mi garantiva che non lo stesse facendo in vista di una vendetta personale? Chi mi garantiva che, chiunque fosse stato il ragazzo con cui era stata Dana, sempre che fosse esistito, non avrebbe passato una situazione ancora peggiore di quella che stava vivendo lei?
Non potevo assumermi tutte quelle responsabilità.
Avrei voluto chiedergli ancora tante cose, perché si era messo con Rachele, per esempio. Stava forse cercando di far ingelosire Dana? In tutta onestà, non pensavo che quello fosse stato il piano migliore per avere delle risposte da Dana. Diceva di amarla, anche dopo tutto quello che era successo, e io volevo sapere cosa amasse così tanto di lei, cosa ci fosse di così speciale in lei da riuscire ad oltrepassare il fatto che l'avesse tradito con un altro ragazzo. In realtà una piccola parte di me, conosceva già la risposta a quella domanda, anche se non voleva ancora accorgersene.
Ma non ebbi il tempo di chiedergli nulla, perché l'allenatore sembrava essere riuscito a calmare anche Rachele, che ora se ne stava imbronciata in un angolo, e aveva richiamato in pista tutti i giocatori di basket.
«Ho davvero bisogno che tu mi faccia questo favore. Se lo fai, troverò un modo di ripagarti. Te lo prometto» disse Christian, prima di alzarsi e tornare ad allenarsi.
Io non volevo nessun tipo di ricompensa da parte sua. Qualsiasi cosa mi avesse potuto offrire, non sarebbe valsa la pena di fare quel tipo di interrogatorio a Dana.
Il posto vicino a me non rimase vuoto a lungo. Pochi secondi dopo, Flora si accasciò al mio fianco. Sembrava spossata da quella litigata con Rachele e vibrava ancora di energie negative, anche se non voleva darlo a vedere.
«Ho visto che stavi parlando con Christian. Cosa voleva? Ti stava ricattando in qualche modo da parte della sua fidanzata?» mi bersagliò di domande lei.
«Non proprio. Mi ha chiesto un favore, ma non credo proprio che glielo farò» risposi monocorde io.
Flora alzò un sopracciglio. «Hai finalmente deciso di ribellarti ai tuoi bulli? Non pensavo che avrei mai visto questo giorno.»
La sua voce era più acida del solito, ancora turbata per quello che era successo poco prima. Sapevo che non ce l'aveva direttamente con me e che non me la sarei dovuta prendere, ma qualcosa dentro di me si spostò impercettibilmente. Ero davvero così senza speranze agli occhi dei miei amici?
«Lui non è un mio bullo. Mi ha solo chiesto qualcosa che non posso fare, che non voglio fare, e gli ho detto che non l'avrei fatto, tutto qui» replicai, a mia volta leggermente alterata.
Flora mi guardò storto per qualche secondo, ma subito dopo fu richiamata anche lei per continuare gli allenamenti.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Where stories live. Discover now