Capitolo 11 ♡ Cora

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Da dietro la porta spuntò la testa di Elia invece che quella di Flora.
«Mia sorella non è ancora tornata» mi salutò. «Spero che ti possa bastare la mia compagnia nel frattempo.»
Gli sorrisi. «Me la farò andare bene.»
Lui allungò un braccio dietro di sé, facendomi segno di entrare. «Sei la benvenuta nella mia dimora, allora.»
Mi accompagnò nella camera al piano di sopra, quella che condivideva con Flora sin dalla loro nascita. La loro casa era una di quelle piccole ville con giardino, ma ai miei occhi sembrava gigantesca.
Metà stanza era occupata da un letto con coperte e cuscini voluminosi, tutti bianchi e dorati, con tanto di mensola di premi e trofei di ballo e cheerleading; l'altra parte era dominata da una larga postazione da gaming, vero gioiello ed amore di Elia.
Avevo passato i migliori pomeriggi della mia infanzia in quella camera ed ogni oggetto mi portava alla memoria un ricordo del passato.
«Allora, questa gara per la borsa di studio sembra andare secondo i piani?» chiese, sedendosi sul bordo del letto. Era sempre così impacciato quando cercava di fare conversazione, sopratutto quando ci ritrovavamo da soli. Teneva le ginocchia dritte, le mani appoggiate sulle gambe e sembrava sul punto di poter saltare fuori dalla proprio pelle se solo mi fossi avvicinata troppo.
Se chiunque altro lo avrebbe preso in giro per quel suo comportamento, io non potevo certamente dire nulla: ero il suo specchio, uguale in ogni movimento.
«Per il momento non potrebbe andare meglio di così, onestamente. Siamo in cima alla classifica e non posso certo lamentarmi.»
«Ma?»
«Ma» iniziai io, trascinando quell'ultima lettera e bloccandomi subito dopo. Mi sedetti di fianco a lui, sbuffando. «Non lo so. Mi sento strana. Dana mi confonde, anche se so che dovrei avere dei sentimenti molto precisi verso di lei.»
«È una brutta persona» concordò lui. «Non eravamo molto felici quando ci hai detto con chi eri finita in squadra. Spero non avessimo ragione a preoccuparci.»
Lo guardai storto. «Vi preoccupavate? Perché?»
Lui si portò le mani al collo, massaggiandoselo a disagio. I suoi occhi marroni non incontrarono i miei quando parlò: «Perché tu sei una brava persona, Cora. Avevamo paura che ti affezionassi a lei, in qualche modo, e che poi lei ti rovinasse la vita. Solo preoccupazioni da migliori amici, non devi farci troppo caso.»
Annuii, ma le sue parole mi avevano scosso nel profondo. I miei amici mi ritenevano troppo stupida per ricordarmi che Dana era una ragazza da cui avrei fatto meglio a restare lontana. E la cosa che faceva più paura era che probabilmente avevano ragione. Era solo che non capivo cosa ci fosse di così male in lei. Sembrava normale.
«Ma immagino ci stessimo sbagliando» continuò lui, interpretando il mio silenzio come qualcosa da dover essere riempito. «Sembra comportarsi bene con te. L'importante è che non ti avvicini troppo a lei.»
«Sì. No. Cioè, si comporta bene con me, ma non così tanto da diventare amiche. Non dovete preoccuparvene.»
Quando arrivò Flora, la nostra conversazione era già finita da tempo.
Era molto in ritardo. Quel giorno aveva allenamento con le altre cheerleader, ma sarebbe dovuta tornare a casa almeno un'ora prima rispetto all'orario in cui si era presentata nella sua stanza. Stavo iniziando a sospettare che si fosse dimenticata che la stessi aspettando.
«Elia! Spero che tu abbia tenuto le mani apposto, con la mia migliore amica» esclamò appena ci vide, ancora fermi, seduti sul letto, troppo in imbarazzo per alzarci e fare qualcos'altro. «Sono troppo giovane per avere un nipotino, vorrei che aspettaste almeno la fine dell'Università per darmi questo tipo di gioie.»
Ridacchiai, raggiungendola nella sua parte di stanza. Anche Elia si alzò, dirigendosi verso la sorella e borbottando qualcosa mentre la oltrepassava per uscire e lasciarci da sole.
Flora gli rivolse un'occhiata shoccata. «Ha appena confessato di volermi uccidere, lo hai sentito?» chiese, portandosi una mano al cuore con finta apprensione. «Devo scrivere il mio testamento prima che prenda fra le mani un coltello e decida di farmi fuori.»
«Non ce n'è alcun bisogno, tanto sanno tutti che lasceresti tutto al tuo unico vero amore» replicai io.
«Ah, giusto. Il curry.»
«Stavo pensando a me, ma okay. Accetterò la sconfitta contro il curry.»
Flora scoppiò a ridere e io le sorrisi, ma dopo pochi secondi tornò subito seria.
«Okay, allora, che cosa ti porta a chiedere consiglio a questa donna piena di saggezza?» domandò, iniziando a cambiarsi. Stava ancora indossando la divisa da cheerleading. La buttò per terra, recuperando un pigiama dal cassettone di fianco al letto.
«Volevo solo stare un po' con te.»
«Tua mamma ti sta dando problemi? Vuoi rimanere a dormire qua?» La sua voce era decisa, nulla a che vedere con quella che usava quando scherzavamo fra di noi. Faceva un po' paura come le persone riuscissero a cambiare umore in quel modo. Prima era tutta contenta, ora, alla sola menzione di mia madre, sembrava essersi catapultata in un altro mondo.
Feci segno di sì con la testa. «Non me la sentivo di rimanere con lei anche stanotte. Lo so, sono una pessima figlia.»
Le spalle di Flora si abbassarono, la testa si inclinò verso destra. «Sei una figlia perfetta, invece. Non ti devi sentire in colpa perché hai bisogno di una pausa. Nessuno ti chiederebbe di fare qualcosa di cui non hai voglia.»
Stese le mani in avanti, facendomi segno di abbracciarla. Così feci e fra le sue braccia mi sentii subito al sicuro. Era più alta di me e la mia faccia arrivava a malapena alle sue spalle, ma non mi faceva sentire piccola e impotente, solamente al sicuro.
«Ti lascerò dormire qua, ma solamente in cambio di una promessa» disse poi, districandosi dall'abbraccio.
«Una promessa?»
Lei annuì con forza, tirando fuori il telefono da una tasca dello zaino. Dopo qualche secondo di ricerca, girò lo schermo per mostrarmi un post di Rachele. Annunciava l'annuale ritrovo a casa sua per Halloween, tutti erano obbligati a partecipare in costume, pena l'essere cacciati via in malo modo. «Andiamo alla festa di Halloween.»
Indietreggiai di qualche passo, come se allontanandomi da quella foto avrei potuto evitare di parteciparvi. «No. Noi non ci andiamo. Posso ricordarti chi è Rachele?»
Flora spense il telefono, lanciandolo sul letto di fianco a lei. «Mi ricordo benissimo chi è. Dovrei ricordarti io chi fa parte della squadra di cheerleading?»
Mi strinsi nelle spalle. «Sembrava te lo fossi scordato. Altrimenti perché mi proporresti di andare?»
«Perché è il nostro ultimo anno di liceo! Non possiamo dire di aver fatto la nostra vita da adolescenti senza essere mai andate ad una festa» piagnucolò lei.
«Tu sei andata a tantissime feste. Ci sei andata anche l'anno scorso, da Rachele, ad Halloween» le ricordai. Lei e i ragazzi andavano spesso alle feste che ogni tanto i nostri compagni organizzavano. Ero io quella che le saltava, più che volentieri. All'inizio usavo la scusa del lavoro e di mia madre per non andare, ma era sempre più evidente che non vi partecipavo perché non erano il posto adatto per me.
Mi ero addentrata solamente una volta ad una festa e non era finita nei migliori dei modi, quindi mi scuserete se avevo deciso di non essere il tipo di persona che ama bere e ballare nel salotto di uno sconosciuto.
«Ma non ci sono mai andata con te! Dai, è praticamente una tradizione! Non puoi saltarla! Almeno una volta, dovresti venire!» continuò lei.
In città non c'era nessuna discoteca, era per questo che i ragazzi del liceo si erano ingegnati con le feste a casa, ispirate dai film. Spesso finivano per andare fuori controllo e c'era sempre qualche vicino che chiamava la polizia. Non potevo immaginare come mi avrebbe dovuto far dispiacere, cinque anni a quella parte, di non essermi presentata vestita da strega sotto il portone di Rachele.
«Sono davvero contenta che tu cerchi di trascinarmi in queste cose, ma dovresti già sapere la mia risposta, oramai.»
«Ma potresti fare un'eccezione. Solamente questa volta, solamente per me» mi supplicò Flora, agganciandosi al mio braccio come un peccatore in cerca di perdono. Aveva tirato fuori gli occhi dolci da cucciolo bastonato e le labbra tremolanti da bambina che stava per scoppiare a piangere.
«Non verrò, è inutile che sfoderi queste armi da ultimo combattimento. Non vincerai, nemmeno se mi pregherai in ginocchio» ridacchiai io.
«Quindi non sei più la mia migliore amica? Non mi vuoi più bene?» Sembrava che stesse veramente per mettersi a piangere da un momento all'altro.
«Flora.»
«Cora» ripeté lei, guardandomi fisso negli occhi.
Alzai gli occhi al cielo. «Fosse l'ultima cosa che faccio, non verrò mai a quella festa. Non voglio ritrovarmi fra le grinfie di Rachele un'altra volta. Andare a casa sua sarebbe come servirmi su un piatto d'argento.»
«Sarà troppo occupata a festeggiare o ad andare dietro a Christian per dare retta a te. Te l'ho detto, no, che Rachele e il suo fidanzato si sono lasciati e ora sta dando la caccia all'ex di Dana?»
No, non me l'aveva detto. Ma qualcosa ero riuscita a capire anch'io. C'era una strana aria di tensione fra Dana, Christian e Rachele e non pensavo fosse data solamente dal fatto che, presuntivamente, Dana avesse tradito il suo fidanzato con uno sconosciuto.
Cercai di continuare con quel discorso, forse il gossip sarebbe riuscito a farle scordare cosa stava cercando di convincermi a fare poco prima. «È la prima volta che sento qualcosa del genere. A Rachele piace Christian?»
«A chi non piace Christian, immagino» disse dubbiosa. «La mia aromanticità non riesce bene a comprendere cosa attragga tutte quelle donne verso di lui, ma immagino ci sia un motivo.»
«Se ti può consolare nemmeno la mia pansessualità lo capisce. Ha solo avuto il dono di un bel faccino e di qualche muscolo» replicai io.
Christian non era mai stato uno di quei ragazzi che faceva colpo sugli altri per il proprio carattere. Praticamente tutte le ragazzine della nostra scuola gli andavano dietro come dei cagnolini scodinzolanti. Chi gli era più vicino diceva che era anche estremamente simpatico e gentile, ma non gli avevo mai parlato quindi non potevo commentare su quello. Ero curiosa di cosa ci vedesse Dana in lui, per uscirci più di tre anni. E anche di cosa non ci vedesse, per tradirlo con qualcun altro. Ma non potevo certo andarle a chiedere una cosa del genere.
Onestamente, qualsiasi spiegazione mi avesse dato, le avrei potuto dare ragione. La monogamia è qualcosa che si sono inventati gli umani, nel mondo animale non esiste nulla del genere, non ai nostri livelli, quanto meno. Questo non lo dico per difenderla, così ciecamente, ma stavo iniziando a chiedermi perché nessuno le avesse dato modo di spiegarsi e fare capire anche a noi cosa l'aveva spinta a fare una cosa del genere. L'avevano solamente etichettata in una scatola e messa nell'angolo più lontano, a distanza chilometrica da chiunque altro.
«Forse se andiamo alla festa potremmo scoprirlo» buttò lì Flora, facendomi un occhiolino. «O forse potremmo scoprire altre cose su altre persone.»
Mi prese un braccio, trascinandomi verso il letto. «Quindi siamo alla ricerca di dramma? È per questo che mi vuoi così tanto trascinare a quella festa?»
Si sdraiò in mezzo si cuscini dorati, facendomi mettere di fianco a lei. «Oh, no. Sto solo dicendo che se verrai, qualcuno potrebbe farti una rivelazione, alla festa.»
La guardai incuriosita, il cuore che, per qualche ragione, stava iniziando a battere sempre più forte. «Una rivelazione? Di che cosa stai parlando, Flora?»
Si alzò leggermente, puntellandosi su un gomito. «Sto solo dicendo che è stato qualcun altro a chiedermi di portarti alla festa. Io sto solo eseguendo degli ordini. Quindi ti converrebbe venire, se non vuoi farmi fare brutta figura.»
Per qualche secondo, il volto di Elia si fece spazio nella mia mente. E per quanto l'idea mi avrebbe dovuto far andare fuori di testa, tutto quello che riuscivo a provare era un forte senso di puro terrore.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Where stories live. Discover now