Capitolo 9

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Mi ero appena svegliata.
Il mio primo pensiero andò a lui, il primo uomo a cui avevo dato completo accesso alla mia intimità.
Sì, avevo ventitrè anni ed ero vergine.
Ero stata fidanzata prima di allora ma a nessun ragazzo avevo dato così tante libertà sul mio corpo.
Ero scossa.
Non ero sicura di quello che avevo fatto: sapevo che me ne sarei potuta pentire ma avevo deciso comunque di correre il rischio.
Non sapevo nemmeno cosa davvero mi attraesse di quell'uomo. Forse la differenza d'età - sei anni più grande di me -, forse la possessività che aveva sviluppato nei miei confronti e che mi faceva sentire desiderata, forse il fatto che tra noi non c'era nessun sentimento e che, quindi, avremo potuto scopare ancora senza provare niente per l'altro.
No.
Non avremmo scopato ancora.
Avevo ceduto una volta. Basta.

"Non finire da sola stasera. Se vorrai sarò io a provocarti un orgasmo come si deve. Tua la scelta"

Avevo seguito il suo ordine.
Avrei potuto masturbarmi e provocarmi l'orgasmo che lui non mi aveva concesso.
Ma non l'ho fatto.
Forse dentro di me qualcosa sperava che ciò che mi aveva proposto si avverasse.

"Solo questa notte"

Io avevo detto quella frase.
Io avevo preso quella scelta.
E l'avrei rispettata.

Mi alzai dal letto confusa come poche volte lo ero stata.
Entrai in bagno, mi lavai e legai i capelli in uno chignon morbido.
Mi avvicinai allo sgabello dove ero solita tenere la divisa che, puntualmente, lavavo ogni giorno ma, quando la presi in mano, mi accorsi che c'era qualcosa di strano. Non era la solita gonna al ginocchio nera con la maglia dello stesso colore. Non c'era il grembiule bianco da legare dietro alla schiena.
Era un vestito infinitamente corto e terribilmente scollato.
Guardai l'etichetta ancora attaccata: "Costume cameriera sexy".
Mi sentii oltraggiata.
Stava giocando con me?
Di certo non avrei indossato quella porcheria erotica.
Mi avvicinai all'armadio per prendere qualcosa di decente da mettere.
Vuoto.
Era stato svuotato.
Avevo appena fatto la doccia e non avevo niente di pulito da mettere.
Era stato molto previdente.
Fin troppo: aprii il cassetto e non trovai neanche il mio intimo.
Le opzioni erano due: scendere con l'asciugamano o mettere quel costume da sgualdrina senza nulla sotto. In ogni caso, mi sarei sentita nuda.
Voleva giocare? Bene, avrei giocato con lui.
Mi infilai quel pezzo di tessuto abbastanza stretto da mettere in risalto ogni mia singola forma in modo esagerato. La gonna, come avevo presupposto, era terribilmente corta e non mi sarei potuta abbassare senza mostrare tutto a chi fosse passato dietro di me.
Per enfatizzare acora di più la parte che avrei dovuto recitare, mi misi due tacchi altissimi di velluto nero e un rossetto rosso sulle labbra.
Erano passate da poco le sette e mezza.
Alexander - o, per meglio dire, il signor Cooper - sicuramente stava ancora dormendo e io sarei andata a svegliarlo.
Attraversai il corridoio battendo i tacchi sul pavimento a ogni passo, arrivai alla sua porta e bussai.
<<Signor Cooper, è sveglio?>>
Un cigolio improvviso mi fece intuire che si fosse mosso e che le doghe del suo letto avessero fatto altrettanto.
<<C'è qualcosa che non va, Ashley?>>
La sua voce era ancora assonnata ma, anche così, era roca tanto da dimostrarsi imponente.
<<No, sono solo passata a svegliarla>>
<<Cosa? Perchè?>>
Sembrava stupito.
Sentii i suoi passi avvicinarsi alla porta e poi una chiave girare nella serratura.
Spalancò la porta e rimase fermo.
Mi stava analizzando dalla testa ai piedi.
Con i tacchi che avevo messo eravamo alti quasi uguali, eppure, in quel momento, la più alta sembravo io.
Sorrise arricciando leggermente il naso.
<<Vedo che hai trovato la mia sorpresa. Spero tu non sia arrabbiata se ho frugato nel tuo armadio per spostare i tuoi vestiti>>
Mi parlò guardandomi negli occhi, come se fosse certo che il resto avrebbe potuto guardarlo dopo.
<<E, bhe, vedendoti vestita così, presuppongo che tu abbia accettato la mia proposta>>
Poso le mani sui miei fianchi.
Normalmente un comportamento del genere mi avrebbe fatto arrabbiare non poco ma, in quel momento, tutto era concesso.
Abbassò lo sguardo, per ammirare qualcosa di diverso dagli occhi.
Gli portai un dito sotto al mento per alzargli la testa e farmi guardare in faccia. Mi avvicinai spaventosamente alle sue labbra ma non mi lasciai baciare, anzi, mi misi a sorridere soddisfatta.
Lo avevo in pugno.
<<In realtà...>> esitai mordendomi il labbro inferiore <<...no>>
Mi allontanai e mi diressi verso la scala per scendere al piano di sotto.

Voleva giocare? Bene, avrei giocato con lui. Ma con le mie regole.

Il mio capoWhere stories live. Discover now