17. La fine del mondo

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Sul tetto di un palazzo un uomo se ne stava appoggiato alla ringhiera; sotto di lui si snodavano le vie intricate della città, dalle strade ampie e grandi ai loro vicoletti bui e nascosti. In lontananza svettavano i grattacieli, i cui vetri parevano di cristallo da come brillavano colpiti dalla luce del sole.

Non un rumore si udiva, non un suono: né il rombo dei motori né il brusio della gente.

La città era morta e lui era l'unico ancora in vita.

Dei passi echeggiarono alle sue spalle ed egli si volse per osservare chi fosse arrivato, stupito della presenza di altri oltre a lui.

-Tutti hanno abbandonato questo pianeta, mi sorprende che sia rimasto ancora qualcuno... - disse.

-Lo so, - lo interruppe l'altra - è la fine del mondo.


 Kasumi guardava l'altro con un mezzo sorriso

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Kasumi guardava l'altro con un mezzo sorriso. Il ragazzo poteva sì e no avere una ventina d'anni, indossava una camicia bianca, stropicciata e fuori dai pantaloni, con sopra una cravatta rossa.
Si soffermò qualche istante sul viso, "bei lineamenti" pensò.
Quindi incrociò le braccia al petto e continuò il suo discorso: - Quando sono scesa su questo pianeta non mi aspettavo di trovare anima viva e invece mi ritrovo te...

-Ah, quindi non sei un'abitante di questa città, - rispose l'altro - immagino tu sia venuta a razziare ciò che la gente ha abbandonato.

-Ni... - rispose l'altra ondeggiando la mano come per dire "quasi". - Più o meno... ma certo che la gente si porta tutto anche se ha le ore contate, non lascia dietro niente di prezioso.

-Avevi forse qualche dubbio?

-No, purtroppo.

Kasumi fece qualche passo avanti, avvicinandosi al parapetto per osservare anch'ella la città.
Quindi mise le braccia incrociate e le posò sulla ringhiera.
-Certo che fa senso vedere una città così grande vuota.

L'altro non rispose.

-Allora, cosa ti ha spinto a rimanere qui?

L'altro non rispose.

-Ok... allora come ti chiami?

-Ha qualche importanza ora che il mondo sta per finire? - chiese il ragazzo un po' spazientito dalle domande e dall'insistenza dell'altra.

-Credo di no...

-Te ne andrai o sei una di quelli che cercano una fine grandioso...

-Me ne andrò, non sono ancora messa così male, e poi devo ancora occuparmi di un paio di cose...

Rimasero qualche minuto ad osservare la desolazione.

-Sai, - iniziò lui - c'era una ragazza che lavorava alla stazione, - indicò col dito un edificio in lontananza con mattoni rossi e un enorme orologio sulla facciata - era davvero simpatica. Augurava il buongiorno a tutti, sorrideva sempre, mi metteva davvero di buon umore...

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