13. Epitaffio ai morti

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Passò qualche minuto.

Jack e il suo misterioso amico stavano fermi a contemplare il nulla, immobili nell'infinito silenzio di quel pacifico luogo che quasi stonava con la loro feroce natura.

-Il cielo oggi è così blu... – mormorò Jack fra un boccata e l'altra, osservando con sguardo sognante la cappa d'oscurità che li avvolgeva.

-Jack, il cielo è grigio. Fa freddo. Come diamine fai a stare con quel leggero tre pezzi? – E gli diede un colpo con la mano sulla sigaretta, che cadde a terra. – E lascia sta cosa!

-No dai! Mi era costata un botto... – biascicò poi qualche parola in una lingua sconosciuta, probabilmente perduta – Mannagg' a culonna, c'aggia sta co stu curnuto. Ma chi me l'ha fatt fa e venì cca? *

*Traduzione: «Mannaggia a me che devo stare con sto gran cog***ne. Ma chi me l'ha fatto fare di venire qua?»

Il viandante intanto lo continuava a guardare mentre parlava da solo con la stessa curiosità con la quale si osserva un cucciolo impacciato che si morde la coda.
-Jack... sei davvero carino quando fai così...

-Ah! – A quelle sue parole questi si lasciò sfuggire un urletto e saltò indietro, in preda al panico: – Vade retro, non sono ric*****e! – E gli mostrò un ciondolo col crocefisso.

-Jack... – iniziò il viaggiatore, cercando di avvicinarsi a lui, ma per ogni passo che facesse l'altro ne faceva il triplo per allontanarsi. – Jack, non intendevo...

-No no, ho capito bene! Stai approfittando del fatto che siamo soli per provarci con me e... – ma non riuscì a finire la frase che una furia azzurra gli atterrò sulle spalle facendolo finire rovinosamente a terra.

-Lui cosa? – chiese la nuova arrivata poggiandogli qualcosa di appuntito al collo.

-Of fo! Fora ansce il fransh.* – borbottò qualcosa di incomprensibile a causa della bocca schiacciata al suolo e piena di terra.

*Traduzione: «Oh no! Ora anche il trans.»

L'altro si portò una mano alla fronte e scosse la testa, realizzando solo in quel momento in che razza di storia fosse finito.

Epitaffio a lei

-Lei è... lei è... – dopo essersi ricomposto e dopo che finalmente si furono tutti chiariti, Jack continuava a ripetere come un disco rotto quelle due parole, tenendo puntato il dito contro la nuova venuta. Aveva gli occhi sgranati, lo sguardo perso, i capelli ritti, e probabilmente anche qualcos'altro di ritto.

-Lei... lei...

-Sì, lei. – proseguì al suo posto l'altro.

-Lei... lei... lei... – poi, all'improvviso, realizzando finalmente chi davvero avesse davanti, rinnovò la stretta sul suo bastone da passeggio: – Tu. TU! – Scattò in avanti e tentò di colpire la donna. Questa però, senza nemmeno muoversi, afferrò con una mano il braccio che usava per tenere stretta l'arma e con l'altra libera lo colpì alla schiena, buttandolo a terra e tenendolo così fermo.

Non sazia di vederlo piagnucolare dal dolore per la torsione innaturale del braccio in cui la sua stretta ferrea lo costringeva a rimanere, gli posò con la grazia di un masso lo stivale sulla schiena, premendo sui reni.
Un ghigno sadico si dipinse sulle labbra rosee della donna, sfigurando quel volto da bambola che aveva.

-Ti piace, verme?

-Miss, la prego – iniziò il misterioso viandante – non lo uccida, ci serve.

Ma la donna fece finta di non sentire le sue parole, continuando a torturare l'affarista.
Questi d'altro canto, se dalla sua bocca inizialmente sfuggivano solo dei mugugni di puro dolore, pian piano iniziarono a virare verso tonalità meno... direi meno dolorose.

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