16. Desideri Pericolosi: secondo e terzo desiderio

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«Aaah ah aaah ah
A far l'amore comincia tu
Aaah ah aaah ah
A f- a f- a far l'amore comincia tu»

L'equipaggio della Sole Nero era riunito sul ponte esterno a ballare e cantare accompagnati da un festoso brano del millennio precedente.
La possente Nave da battaglia, per l'occasione rinominata "Nuova Grande Madre", navigava per i meravigliosi e splendidi mari caraibici di un Pianeta dell'Impero.

Sul ponte esterno svettava, grande quasi quanto l'albero maestro, un cartellone con su scritto "MARTINI" a caratteri cubitali.
Miki era in piedi, al centro di quella calca indistinta di persone. Sul volto svettava un ghigno soddisfatto spezzato solo da un grosso sigaro stretto fra i denti in una morsa di piacere.

Ballava e rideva. Poi all'improvviso si voltò dando le spalle a tutti gli altri, quasi noncurante della loro presenza. Sempre ridendo con quel sorriso sghembo sulle labbra, sempre muovendosi a ritmo di musica.

"Io sono Michael . Quando giunsi per la prima volta sulla Sole Nero non volevo semplicemente partecipare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire".


 E mentre le risate di gioia accompagnavano i fuochi d'artificio che s'infrangevano al cielo colorando quella notte altrimenti tetra, Michael abbandonò la festa, ignorando la goliardia generale al suo apice dopo l'uscita da una torta gigante di un...

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E mentre le risate di gioia accompagnavano i fuochi d'artificio che s'infrangevano al cielo colorando quella notte altrimenti tetra, Michael abbandonò la festa, ignorando la goliardia generale al suo apice dopo l'uscita da una torta gigante di una soubrette dimenticata; la frenesia del momento, i canti e i balli non lo scuotevano più, ormai ridotti a un flebile eco che rimbombava per i freddi corridoi della Nave.

Si diresse nel suo ufficio, la Sala Comando una volta appartenuta a lei, e si buttò sulla poltrona al centro di essa: la poltrona del Capitano.
Come scoprì solo dopo aver preso il controllo della Flotta, era quello il vero centro di comando dell'astronave, da cui bastava premere un pulsante per condannare a morte l'intero equipaggio.

Ma lui non l'aveva mai usata, preferendo stare là da solo a piangersi addosso.

Si prese la testa fra le mani, massaggiandosi con forza le palpebre. In quel momento non gli andava di far nulla, si sentiva vuoto, esausto.

Da quando Kasumi era morta, non era più lo stesso.

Certo, i primi tempi era stato anche divertente: subito dopo la sua tragica dipartita aveva espresso il desiderio di venir riconosciuto da tutti come il capo della Flotta, ma le cose non vanno mai come sperato... dichiarazioni di guerra, condanne a morte, combattimenti e una Flotta decimata era tutto ciò che gli rimaneva.

Non avrebbe mai pensato che essere Kasumi sarebbe stato così difficile: impegni, obblighi, lavori, assassinii si avvicendavano freneticamente in un vortice di follia che lo aveva completamente inglobato.

Certo, c'erano anche i soldi: tanti tanti soldi, sembravano quasi piovere dal cielo!

Ma i soldi, senza la libertà, non sono che un fugace, effimero senso di soddisfazione destinato ad affogare in una logorante e lenta agonia.

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