Ubi Tu Gaius, Ibi Ego...

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[Prima parte della storia conclusa. Seconda parte in stesura]


𝓐𝓭 𝓞𝓵𝓲𝓶𝓹𝓲𝓪

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𝓐𝓭 𝓞𝓵𝓲𝓶𝓹𝓲𝓪

La città degli dei si dispiegava come una coperta trapunta di perle davanti a Sirio, mentre il cielo già si tingeva di nero. Ogni piccola luce delle case degli dei illuminava le strade d'oro e d'argento. Sospesa nell'aria, galleggiando tra le nuvole, Olimpia non era più quella visione oppressiva che era stata per lui all'inizio.

Il giardino era perennemente in fiore, ma il suo profumo dolce non era più stucchevole. La dimora imponente dietro Sirio non lanciava più un'ombra minacciosa.

Sentendo dei passi dietro di lui, Sirio si toccò il collare a forma di serpente attorcigliato intorno alla sua gola sottile. I suoi capelli bianchi gli ricadevano sulle spalle, senza però riuscire a nascondere il luccichio delle centinaia di diamanti che brillavano, incastonati nell'argento freddo del collare.

"Non farlo", disse una voce spezzata dietro Sirio.

Lui si voltò e vide Laran, bellissimo e splendente. I suoi occhi intensamente azzurri erano pieni di tristezza. Sirio avrebbe voluto non affrontarlo, ma sapeva che non poteva evitarlo.

La corona di Laran brillava di oro rosso tra i suoi capelli biondi quando si avvicinò.

Come sembravano diversi, così vicini, come il sole e la luna che si inseguono al tramonto.

Il re degli dei gli prese una mano e la strinse, ma Sirio non poteva vacillare. "Devo farlo, lo sai. Non posso più rimanere qui".

"Non hai bisogno di una regno", disse Laran, stringendogli forte la mano. "Non hai bisogno di una corona. Prendi la mia". Con la mano libera si tolse la tiara e la spinse contro il petto di Sirio, che a malapena poteva trattenere le lacrime. "Puoi condividere la mia, puoi condividere il mio regno. Ti darò tutto e non mi importa ciò che gli altri penseranno, non mi interessa più. Non te ne andare".

Il metallo della corona di Laran era freddo contro il suo petto, traspirava oltre il tessuto della sua tunica. Sirio, però, con la mano libera la respinse gentilmente. La prese con delicatezza e la posò ancora una volta sul capo - oh, così tanto bello, così meritevole!- di Laran.

Dopo tutto quello che avevano passato, dopo il dolore e le bugie, Laran doveva portare quella corona. Era sua e di nessun altro.

"Non posso più scappare. Lo sai", gli disse con un sussurro. "Ho bisogno di affrontare quello che mi aspetta a Sais".

"Se tornerai, Rigel ti ucciderà".

Sirio gli accarezzò una guancia. Voleva baciarlo, ma sapeva che se lo avesse fatto, non se ne sarebbe più andato. "Non è colpa tua. Avrei potuto continuare a resistere, provare a combatterti di più, ma ero stanco di negare quello che siamo".

"Se non lo vuoi negare, non te ne andare. Il tuo posto è con me. Il mio è con te. Non mi lasciare. Ti prego".

Le sue parole erano come miele per le sue orecchie stanche.

Sirio aveva passato tutta la vita a lottare per ottenere ogni briciola di riconoscimento, ogni scarto d'amore che poteva ricevere, ogni parola gentile. E, alla fine, tutto quello che aveva voluto era sempre stato dall'altra parte della linea di guerra. Erano di due specie diverse, di due fazioni diverse, di due nature diverse, ma erano così simili dentro che Sirio continuava a chiedersi se, infondo, non fossero la stessa persona divisa in due corpi.

Ma non poteva scappare da ciò che era. Fece un passo indietro, osservando come gli occhi di Laran non nascondevano più il suo cuore spezzato. Il dio chiuse gli occhi, le ciglia impregnate di lacrime salate.

Sirio, con mani tremanti, si tolse delicatamente il collare di diamanti, quell'oggetto che per tanto tempo era stato un'oppressione e poi una bizzarra protezione, un marchio d'identità e indipendenza quando invece era stato creato per fare di lui uno schiavo.

Lo osservò per l'ultima volta e lo depose nelle mani vuote di Laran.

Quando il dio aprì gli occhi, Sirio non c'era più. Solo il vento era rimasto al suo posto e un'eco lontana che raccontava una storia che, il re sperava, non era ancora finita.

 Solo il vento era rimasto al suo posto e un'eco lontana che raccontava una storia che, il re sperava, non era ancora finita

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𝓝𝓸𝓽𝓮 𝓭𝓮𝓵𝓵'𝓪𝓾𝓽𝓻𝓲𝓬𝓮:

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𝓝𝓸𝓽𝓮 𝓭𝓮𝓵𝓵'𝓪𝓾𝓽𝓻𝓲𝓬𝓮:

Dal 26 gennaio cominciamo questa avventura!

Cosa vi aspetta? Una storia fantasy di guerra e di amore, un viaggio per conquistare due corone e per incontrare il destino.

A presto!


Sul titolo:

Ubi tu Gaius, Ibi Ego Gaia era la formula matrimoniale romana. Significa "dove tu sei Gaio, anche io sarò Gaia". Potremmo tradurlo con "Ovunque tu sia, ci sarò anche io"

I DUE RE  [BL]Where stories live. Discover now