4. Sopportare

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Give it a try climb up out of your mind
Face all the damage,
the damage you've done
See for yourself all you hold in your mouth
Face your words,
all the words you ever spoke

Your Madness - Carmen Jane


«E dai, forza, almeno stasera!» la voce di Janey assunse una sfumatura quasi petulante.

«Mi spiace. Ho da fare stasera.» mi chinai a raccogliere le buste di caffè, poste sotto il bancone.

Iniziai a lasciar cadere i grani nel recipienti addetto, dietro la macchinetta, mentre la canzone in sottofondo diveniva all'improvviso familiare; doveva essere la millesima volta che la sentivo quella settimana.

«Dio, Samantha! Come sei noiosa... »

Alzai un sopracciglio scrollando le spalle. «Non sono molto per queste cose».

Janey, con quella boccolosa chioma biondo platino, mi colpì col fianco prosperoso. «Non ti piace vivere? O è solo perché non c'è il bel fustone a farti compagnia?»

Deposi la busta lucida, ormai vuota, sul ripiano e iniziai ad accartocciarla.

«Te l'ho già detto, è solo un amico» sollevai una mano per prevenirla «e sì, puoi fare quello che ti pare con lui.»

Mi sorrise, furba, un movimento sgraziato delle labbra piene e cariche di un colore fuxia piuttosto appariscente.

«E allora esci con me e portalo, almeno lo posso conoscere meglio.»

Scossi la testa, cercando di non porre troppa attenzione a quel conoscere meglio che le sue labbra si stavano già pregustando.

Tentò di farmi cambiare idea per le successive ore che mi separavano alla fine del turno. Non avevo idea di come non si fosse ancora stancata di chiedermelo. Me lo aveva chiesto all'infinito nei mesi precedenti e mai avevo accettato.

Una parte di me si vergognava di essere sempre così antipatica nei suoi confronti; ma io non ero lì per rimanere, non era mio interesse creare legami o abituarmi.

Era solo temporaneo, lavoravo perché dovevo. Sia per non dare nell'occhio, sia per passare il tempo, sia per mettere da parte qualcosa. Punto.

Me ne andai dal piccolo bar, con le sue parole che continuavano a seguirmi anche fuori dalla porta, con quel tono cantilenante ma gioviale che, anche per quel giorno, mi fece sentire inadeguata alla vita che mi scorreva intorno.

Me ne andai dal piccolo bar, con le sue parole che continuavano a seguirmi anche fuori dalla porta, con quel tono cantilenante ma gioviale che, anche per quel giorno, mi fece sentire inadeguata alla vita che mi scorreva intorno

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Erano quasi due settimane che io e Emily ci allenavamo con Ivan e dovevo ammettere che era molto stimolante. Molto stancante. E molto frustrante.

Perché lui era dannatamente bravo e non era solo il suo fisico, così prestante nonostante non fosse più alto di William, né la sua agilità che, nella pratica a cui ci sottoponeva sulla spiaggia, aveva dell'incredibile.

Black Moon ~ Il peso della SperanzaWhere stories live. Discover now