3. Dalle ceneri

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Can you help the hopeless?
Well, I'm begging on my knees
Can you save my bastard soul?
Will you wait for me?

Can you feel my heart - Bring me the Horizon



Non trovavo nulla, continuavo a non trovare nulla, ogni giorno.

Eppure avevo cercato ovunque. Non era internet, il mondo segreto dove trovare le risposte a tutto?

Da tre mesi a quella parte cercavo continuamente informazioni. Qualsiasi straccio di notizia che fosse riconducibile a Black Moon, a Nicholas o a mio padre. Avevo cercato instancabilmente, fino a farmi bruciare le retine e gridare di frustrazione.

E dovevo cancellare la cronologia, le cache, ogni cosa fosse rimasta di rintracciabile.

Ivan mi aveva chiesto di non farlo, ovviamente, ma era anche vero che lui mi aveva chiesto troppe cose. Questa non l'avevo rispettata poiché non era di suo padre che parlavamo, né della sua vita che era stata rovinata.

Lo facevo con prudenza, usando un IP anonimo. William mi aveva aiutata in questo, continuando a sostenere che poteva comunque avere minime possibilità di essere rintracciata e quindi, in alcuni casi, pericoloso. Mi intimava infatti di farlo solo col suo telefono, il motivo specifico non lo sapevo, ma dovevano centrarci le VPN.

Avevo scoperto, sconcertata da tutte queste nozioni per me confusionarie, che William sapeva farci con la tecnologia e il network. Sapeva farci molto, persino troppo.

«Non mangi?»

Mi riscossi alle parole di Ivan, con quel martellante tamburellare che mi perforava i timpani.

«Certo.» ingurgitai uno di tutto ciò che avevo nel piatto, scappando alla sua insinuazione.

Pentendomene subito dopo, quando mi si accartocciò la bocca dello stomaco per la fretta, e mi rimase tutto piantato ad un'altezza imprecisa dietro lo sterno.

«Almeno se fingi, fallo senza strozzarti» ridacchiò.

Si allungò oltre il tavolo che ci separava e mi diede una manata possente sul retro della schiena; ebbi timore che, oltre ad aver sbloccato il cibo, mi avesse fatto partire un polmone.

«Piantala c-che mi ammazzi... » tossicai, le dita strette al bordo del tavolo.

E la sua mano a contatto con il tessuto fine della mia maglia, rimase lì, sospesa, sulla mia schiena.

«Guarda che lo stai facendo benissimo da sola.» la sua voce calda e piena aveva una cadenza seria, quello che non gli si addiceva e che io non ero avvezza a sentire.

Poggiò i gomiti sul bordo del tavolo in legno grezzo per sporgersi verso di me. «Sei magra come un'acciuga, Sam. Anzi, è uno spregio verso le acciughe. Almeno loro sono sostanziose, nonostante siano piccole. Tu che scusa hai?»

Black Moon ~ Il peso della SperanzaWhere stories live. Discover now