Capitolo 34 - Due regine

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CONTINUO FLASHBACK

Clarke Griffin's P.O.V

"Clarke.." Sussurrò contro le mie labbra.

"Faremo finire tutto questo insieme, Lexa."

"Non posso." Lei retrocesse, confondendomi.

"Che intendi?"

La australiana mi diede le spalle allontanandosi dalle mie braccia.

Sembrava un po' confusa, quasi persa. Vidi le sue spalle alzarsi e cadere con un respiro profondo, come stesse cercando la forza. "Non posso metterti in mezzo, non più di quanto tu lo sia già. Non dalla mia parte."

"Lexa." Cominciai, ma lei parlò ancora.

"Clarke, tu come agente di polizia hai un'etica professionale, lo so. E so quanto la apprezzi. Potresti pensare il contrario, ma ti ho guardata tutto questo tempo. Vieni da una famiglia con dei principi e dei valori. Non posso essere ancora più egoista e farti andare contro queste cose."

"Non puoi impedirmelo."

"Se ora ti ho detto tutto questo, è perché volevo che sapessi che non ho mai voluto ingannarti e che c'è sempre stato un motivo valido dietro tutto quanto." Lei si girò verso di me, guardandomi intensamente.

"Lasciami fare la cosa giusta almeno una volta."

Quel momento definì un punto cruciale nella nostra storia. Dovevo decidere se seguire una strada sconosciuta, con un futuro incerto o tornare sulla rotta dove tutto sembrava più tranquillo, sicuro e noioso. All'improvviso, una scia di ricordi invase la mia testa sin da quella dannata notte a Mount Vernon, quando avevo detto a Raven che avevo mandato i nostri curriculum al Dipartimento di Polizia di New York. Sin dall'inizio, la mia sete di una vita animata era stato l'impulso per seguire i miei obbiettivi come una professionista. Volevo essere diversa, una persona migliore. Volevo lasciare quella piccola città tranquilla per vivere una vita che mi avrebbe resa felice. Volevo l'emozione, l'adrenalina, volevo sentirmi davvero viva e completa.

"Questo è tutto..." Le sussurrai, e lei aggrottò la fronte.

"Cosa?" Chiese confusa.

In un modo insolito, il destino si era occupato di farmi vedere ciò che stavo perdendo. Non era il mio lavoro; non era stato il dipartimento di polizia e i suoi casi difficili a farmi sentire davvero viva. Mi avevano sfidata, mi avevano istigata ad essere una migliore professionista, ma non mi avevano resa completa. Non come lei.

"Clarke..."

Cosa mi mancava? Sapevo la risposta, lo sapevo sin dal primo momento in cui avevo visto quella donna bellissima e misteriosa che si era seduta vicino a me in quel bar. Oggi avevo potuto capire tutti quei segni. Tutto ciò che mi aveva fatto sentire con la sua presenza. Adesso non c'era più confusione, negazione o incertezza. Lo sapevo, ne ero sicura. Era Lexa ciò che mi mancava. Era lei ad avermi fatta sentire davvero viva. Era il suo sguardo e il suo tocco ciò che mi avevano fatta sentire completa.

"Non posso lasciartelo fare." Dissi avvicinandomi di nuovo a lei.

Lei chiuse gli occhi appena una delle mie mani si mosse verso la parte posteriore del suo collo. Sembrava così sensibile adesso, così esposta e fragile. L'avevo vista completamente, avevo potuto vedere la sua anima.

"Non voglio rovinarti la vita." Lei mormorò cercando di allontanarsi. Appena la australiana mi diede le spalle, la abbracciai unendo il mio corpo al suo in un tentativo di farla restare. Lexa stava respirando profondamente, come se stesse lottando con sé stessa sull'andarsene o meno.

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