Capitolo 28 - Premonizioni?

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Alexandra Woods's  P. O. V.

Guardavo fuori dalla finestra della cucina mentre mio marito si avvicinava lentamente alla macchina parcheggiata davanti a casa nostra. Carlos gli si avvicinò rapidamente aprendo la portiera all'uomo, il quale prestava attenzione al suo telefono. Un sorriso di pura euforia nacque sulle mie labbra dato che sapevo chi c'era dall'altra parte della linea. Proprio come mi aspettavo, prevedibile. Appena la macchina si allontanò dalla mansione andai a prendere le mie cose, come le chiavi, il telefono e la borsa. Avevo un impegno molto importante, un proposito e dovevo essere all'altezza. 

"Dove andiamo, signora?"  Chiese Dylan quando uscii di casa. 

"Ho un impegno molto importante. Prenditi il resto della giornata libera." 

"Ma, signora Collins..."  Insistette seguendo i miei passi. Io presi una grande boccata d'aria avvicinandomi coi miei tacchi alla macchina parcheggiata nel garage. La aprì da lontano con le chiavi ed entrai nella mia Ferrari.

"Non posso lasciarla sola, mi pagano per.."

Aprì la mia borsa nera, la quale era piena di banconote e ne presi qualcuna, per poi guardare l'uomo.  "Signor Carter, faccia quello che le chiedo, okay? Qui ha una mancia per godersi la giornata."  Dissi cercando di convincerlo mettendo qualche banconota da cento dollari nella tasca della sua giacca. L'uomo guardò la sua tasca piena di soldi e dopo guardò me.

"Sappia che se mi seguirà la farò licenziare. E non dubiti minimamente che possa farlo."  Dissi con un sorriso cinico prima di entrare in macchina e chiudere la portiera. 

Accesi la macchina sentendo il ruggito della Ferrari quando schiacciai l'acceleratore. Guardai Dylan che aveva una faccia da cane bastonato e mi salutò rapidamente prima che me ne andassi lasciando indietro la mia guardia di sicurezza. Obbedientemente, non mi stava seguendo. Accelerai per le strade di New York fino all'edificio di Clarke. Parcheggiai al posto di sempre, a lato della macchina della donna e andai in ascensore. Suonai il campanello due volte e poco tempo dopo sentì un rumore provenire da dentro. Affrontai la situazione e presi una boccata d'aria che andò direttamente nei miei polmoni, solo per riuscire ad affrontare quegli occhi azzurri. 

"Cosa ci fai qui?"  Quelle furono le sue prime parole quando si accorse che ero lì. 

"Di solito facevi meglio la padrona di casa, Clarke. Non si trattano così gli amici."  Dissi passandole vicino per entrare nell'appartamento. 

Curiosai un po' per la stanza con attenzione per assicurarmi di una cosa. Era sola. Mi girai sui miei tacchi e affrontai la sua espressione seria. Clarke chiuse la porta e incrociò le braccia avvicinandosi a me. 

"Cosa vuoi?"

"Voglio parlare con te."

"Non c'è niente di cui parlare, Lexa."  Il suo tono di voce era secco, quasi affilato, con l'intenzione di fare male. 

"Sì, abbiamo molte cose di cui parlare."

Clarke annuì e si appoggiò alla colonna di cemento dietro di sé, aspettando che io parlassi. Era super sexy, mi faceva sentire male per essere così debole quando si trattava dei miei desideri. La poliziotta indossava un paio di shorts grigi che lasciavano vedere gran parte delle sue cosce, e un top bianco a maniche corte. E per rendere la situazione più complicata, sotto il tessuto vedevo come i suoi capezzoli erano leggermente turgidi. Cazzo! Non indossava il reggiseno. 

"Si può sapere di cosa? Perché vedendo la situazione in cui siamo, non c'è più nessun legame che ci unisce, né sessuale né lavorativo."

"Proprio per questo sono venuta a parlare con te."  Dissi dopo aver fatto un respiro profondo, poggiando la mia borsa sul divano. Clarke aggrottò la fronte, le sue sopracciglia erano unite al centro della sua fronte.

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