69. Slowly climbing up (Part II)

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Harry si sentiva a disagio. Era seduto sul divano all'estremo più lontano possibile da sua sorella, erano passati almeno cinque minuti e Gemma non aveva ancora detto nulla.
Avrebbe voluto che nonna Ash fosse rimasta con loro per avere almeno qualcuno dalla sua parte, ma la nonna si era ritirata in cucina per preparare la cena e li aveva lasciati soli.
Si sentiva a disagio.

«Quindi, sei venuta qui per qualche motivo particolare o...?» tentò, visto che Gemma continuava a fissare il tavolino da caffè.
Era un po' strano vederla così, in realtà. Il suo sguardo sembrava perso e incerto, lontanissimo dalla sua solita espressione di distacco e superiorità. Anche la sua postura era più ingobbita del normale, i capelli castani gli ricadevano lievemente davanti al viso in ciocche liscissime. Sembrava anche più pallida.

Gemma alzò lo sguardo su di lui, evidentemente insicura mentre si tormentava le mani, e mai in tutta la sua vita Harry l'aveva vista così. Non sembrava spaventosa. Sembrava solo... fuori posto.
«Ho- uhm... ho saputo quello che è successo alla tua amica,» iniziò la ragazza, Harry si irrigidì ancora di più. Non voleva parlare di quello. «Volevo solo dirti che... mi dispiace, ecco. E so che hai- hai Ashton e i tuoi amici, quindi non ti mancano persone su cui contare, però... se hai bisogno di qualcosa o- di qualcuno con cui parlare... io ci sono.»

Harry fissò Gemma senza sapere come reagire. Era come se qualcuno avesse invertito tutte le connessioni nel suo cervello, si sentiva come un computer andato in tilt. Che cazzo stava succedendo?

«Lo so che è strano,» riprese Gemma, come se gli avesse letto nel pensiero «È che- ho, uhm, ho iniziato a vedere uno psicologo, circa otto mesi fa, per lavorare sui miei problemi irrisolti, e... ho capito di essermi sempre concentrata solo su me stessa. Su quanto io sono stata male. Non ho mai pensato a te. E non so se c'è ancora una possibilità o se è troppo tardi, ma volevo solo farti sapere che... che vorrei iniziare ad essere davvero tua sorella. Se tu ne vuoi una.»

Harry rimase in silenzio per qualche attimo, cercando di elaborare ciò che Gemma aveva appena detto. «Quindi vuoi solo scaricarti la coscienza.» commentò infine.
«No!» scosse la testa la ragazza, gli occhi sgranati come se fosse davvero sincera «No, non è quello. Non lo faccio per me. Voglio solo... non voglio essere una persona di merda, una sorella di merda. Voglio almeno provare a rimediare e- non lo so, recuperare un rapporto normale con te.»

«Perciò una mattina ti sei svegliata e hai pensato: "Ehi, sai cosa? Rovinare la vita di mio fratello è diventato noioso, credo che ora cercherò di farmi perdonare e dimostrare che in realtà sono una persona decente, magari mi diverto di più".» ironizzò il riccio «Non ho voglia di ascoltare queste stronzate, hai scelto il momento sbagliato per la redenzione.»
Gemma lo guardò in silenzio, le sopracciglia incurvate verso il basso in un'espressione triste. Harry aveva voglia di gridarle contro perché non aveva nessun fottuto diritto di sembrare triste, e non c'era niente a fermarlo, quindi lo fece davvero.

«Sai quanto cazzo mi hai fatto stare male quando ero piccolo? Sai quanto i tuoi comportamenti di merda hanno influito sulla persona che sono adesso? Compari nell'ottanta percento dei miei incubi e pensi di sistemare tutto venendo qui a dire che vuoi "recuperare un rapporto normale"? Non c'è niente da recuperare, non ne abbiamo mai avuto uno. Hai distrutto la possibilità ogni singolo giorno da quando sono nato, mi hai sempre odiato per una cosa su cui non ho avuto il minimo controllo, sei una persona di merda. Lo sei e basta. Perciò non fingere che ti importi di me e torna da dove sei venuta, sto molto meglio quando mi stai lontana.» sbottò, la voce che si alzava e tremolava odiosamente più andava avanti. Si sentiva cadere a pezzi, le parti di lui che aveva cercato di tenere insieme si sgretolavano sotto le sue mani. «Vai via e basta.»

Gemma annuì, lo sguardo basso mentre prendeva la sua borsa. Ma invece di alzarsi e andarsene, estrasse il cellulare dalla borsetta e lo passò a Harry. «Puoi solo... leggere questo, prima che me ne vada? È- è il motivo per cui ho preso in considerazione l'idea di rivolgermi a uno psicologo.»
Harry corrugò la fronte, si sentiva così male che faticava a respirare, ma comunque prese il telefono dalle mani di sua sorella. Quello che non si aspettava era di trovarsi davanti a una chat, e il nome di chi aveva inviato il messaggio che doveva leggere era "Louis Tomlinson".

Never in My Heart || L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora