68. Slowly climbing up (Part I)

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Settembre scorreva piano, nel turbinio delle foglie che iniziavano a ingiallirsi e cadere, nella brezza che si rinfrescava, nelle giornate ormai più corte. Pioveva spesso, anche se c'era ancora qualche giorno in cui il sole si faceva largo tra le nuvole, spandendo raggi dorati su tutto ciò che toccava.

Era strano pensare a quanto le cose fossero diverse a un anno di distanza: il settembre precedente era stato caratterizzato più che altro dall'entusiasmo di Liam e il suo conto alla rovescia fino al concerto dei No Direction. Adesso, un anno dopo, tutto era cambiato. I No Direction non erano più una band distante dalla loro realtà; Liam stava per diventare ufficialmente un vigile del fuoco; nonna Ashton stava con Calum; Michael e Luke erano diventati più responsabili, insieme ai loro due gatti; e Nora... Nora non c'era più.

Le settimane seguenti al suo funerale erano state le più difficili che Harry avesse mai vissuto, ma sapeva che per Adeena, Joseph e Victoria erano state peggiori. Per questo cercava di non pensare troppo a se stesso, e invece faceva del suo meglio per rendersi utile, anche se non c'era molto che potesse fare. Preparava la cena per Joseph e Adeena ogni volta che ne aveva la possibilità, oppure si occupava delle loro commissioni nella speranza di vedere un minimo accenno di sorriso sui loro volti, un minuscolo segnale che stessero iniziando a guarire. (Le settimane passavano e il segnale non arrivava mai, ma non voleva arrendersi. Non poteva abbandonarli, lo doveva a Nora. Se non era stato abbastanza per aiutare lei, doveva almeno fare del suo meglio per i suoi genitori.)

Aiutare Victoria era ugualmente difficile e spezzava il suo cuore allo stesso modo, soprattutto perché non c'erano faccende o commissioni che la ragazza gli lasciasse. Tutto ciò che poteva fare era stare seduto in silenzio con lei per non lasciarla sola.
A volte guardavano dei film o episodi casuali di qualche serie tv, ma per lo più si sedevano sul davanzale della finestra, in camera di Victoria, e osservavano le vite degli altri andare avanti.

Nonna Ashton aveva provato a convincerli a rivolgersi a uno psicologo o a qualche gruppo di supporto, "potremmo andarci tutti insieme, non sarebbe spaventoso, potrebbe aiutarci", ma Joseph e Adeena non sembravano pronti a una cosa del genere, Victoria non voleva parlare con nessuno, e Harry non sapeva quanto uno psicologo sarebbe stato d'aiuto. L'unico che aveva appoggiato l'idea era stato Liam, ma non voleva andare senza di loro, e così la nonna aveva smesso di parlarne. (Aveva comunque sistemato dépliant di vari gruppi sul mobiletto all'entrata di casa, ma Harry fingeva di non vederli.)

La verità era che cercare di imbottigliare il dolore e ignorare il trauma era più semplice che affrontare la mostruosa realtà di ciò che stavano passando.
Ciò che era impossibile ignorare, invece, era la rabbia così profonda da sembrare inestinguibile.
Harry la sentiva costantemente, come un tarlo che rodeva e consumava il suo stomaco per poi espandersi in tutto il resto del suo corpo. Odiava quella sensazione, e odiava il motivo che la stava causando, e odiava così tanto che alla fine non sembrava esserci spazio per nessun'altra emozione.

L'unica altra cosa forte abbastanza da farsi sentire sopra l'odio e la rabbia era il senso di colpa, molto più soffocante di quanto l'avesse mai provato, così pervasivo da non svanire mai. Senso di colpa per ciò che era successo a Nora, senso di colpa ogni volta che ignorava le chiamate o i messaggi di Louis, senso di colpa perché non stava facendo abbastanza, senso di colpa perché non era mai abbastanza. Non importava quanto si impegnasse, non sarebbe mai stato abbastanza.

«Tesoro?»
Harry si riscosse alla voce di nonna Ashton, sollevandosi dal letto per mettersi seduto e poterla guardare in viso.
La nonna lo osservò per un momento, le sopracciglia corrugate in un'espressione preoccupata come se volesse dire qualcosa, ma poi sembrò cambiare idea e sospirò. «Ti va di venire in cucina? Ho preparato tutto e tra poco Liam dovrebbe arrivare.»
«Sì, arrivo,» annuì il riccio.

Never in My Heart || L.S.Where stories live. Discover now