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"La vita è un'avventura da vivere,
non un problema da risolvere."
[John Keats]

Non so quanto tempo passò quando una mano calda iniziò a scuotermi e mi sentì come un budino, ma quando successe aprì gli occhi di scatto e alcuni ricordi mi tornarono in mente. Viaggio. Amici. Puerto Rico. Jay.
«Finalmente sei sveglia, dormigliona». La voce di Jay era paradisiaca, ma probabilmente il mio cervello era ancora addormentato.
Sospirai e mi stiracchiai come un gatto. «Dove siamo?».
Derick urlò dall'esterno del camper. «Flamenco Beach, ma se non ti muovi troveremo solo gli scheletri dei lamantini!». Mi osservai intorno e solo ora notai di non essere stesa sopra il divano del camper. Era tutt'altro posto, una cabina da nave ed ero stesa sopra un vero e proprio lettino.
Strabuzzai gli occhi. «Ma che-».
Jay sorrise imbarazzato. «Hai dormito per tre ore e quando siamo arrivati al momento dell'imbarco per il traghetto non ho voluto svegliarti. Eri esausta e avevi bisogno di riposare dopo tutte queste ore di viaggio».
«Mi hai portato tu?».
Annuì. «Ti ho presa in braccio e ti ho portato qui per continuare a riposare. Eri così stanca che non ti sei accorta di niente, scusami se mi sono perm-».
Lo fermai alzando una mano. «Non devi scusarti, affatto. Ti ringrazio».
Scesi dal letto e infilai le scarpe da tennis che avevo scelto, per fortuna non avevo indossato le infradito o sarebbe stato scomodo. Perché Derick non mi aveva detto che c'era l'obbligo di prendere il traghetto?
Jay tossì teatralmente. «Non l'ha detto a nessuno in realtà. Lo ha detto solo nel momento in cui ha ordinato a Brad di entrare al terminal per pagare i biglietti». Lo osservai sorpreso. «Lo hai detto ad alta voce».
«Chi ha pagato i biglietti?». Abbassò lo sguardo. «Heron, ovviamente».
Si morse il labbro. «Sei arrabbiata?».
«Perché dovrei?».
Alzò le spalle. «Si sono arrabbiati tutti quando hanno scoperto chi è stato di nuovo a pagare, tranne io-». Alzò lo sguardo. «Io so perché lo fa».
«Io lo capisco, molto, quindi non sono arrabbiata. Mi dispiace aver dormito così tanto e averti involontariamente disturbato». Sospirai.
Alzò le spalle un'altra volta. «Mi piace sapere che riposi. Hai dormito solo cinque ore e qualcosa, tre ore di camper e due di traghetto».
Annuì. «Forza andiamo o Derick ucciderà un lamantino a causa mia».
Ridacchiò e mi prese per mano, uscendo fuori dalla cabina e poi andando in direzione delle scale del traghetto, come se sapesse già bene dove andare. Poco dopo arrivammo sulla terra ferma, dove su un cartello enorme c'era inciso "Culebra", e vicino ad esso i nostri amici. Anche May aveva il viso un po' addormentato e mi sentì meno imbarazzata.
Derick sorrise. «Bene, principessa sul pisello, ora possiamo andare?». Era un sorriso diverso, nervoso.
Sbuffai. «Vaffanculo».
Iniziò a camminare in direzione di solo lui sapeva dove e io lo raggiunsi per parlare, ero curiosa di sapere perché fosse così nervoso. Dietro di me, in fila indiana un po' sparpagliata, c'erano Eryn, Bradford e May, dietro di loro Calum, Jay ed Harriet. Heron era l'ultimo.
«Qualcosa non va?». Alzò le spalle incurante. «Andiamo, hai la faccia di un cane bastonato».
Sospirò. «È per Angel». Ero confusa. «Non mi piace sapere noi qui, a mare e a divertirci con i lamantini, mentre lei è a casa. Da sola. A leggere libri. E sicuramente non libri sui lamantini».
Mi scappò un leggero sorriso. «Lo so, neanche a me piace sinceramente. Io odio vedere la gente che si isola, perché so come ci si sente a stare da soli e non è una bella cosa. Ma so anche che ognuno non uscirà dal proprio bozzo finché non capirà da solo cosa si sta perdendo».
«Ironico che sia tu a dire una cosa del genere». Sbuffò.
Mi irrigidì. «E perché mai?».
Mi fulminò con lo sguardo. «Credi che non si veda che stai ignorando Jay da quando siamo arrivati o pensi che siamo tutti stupidi, lui compreso?».
Alzai le mani in segno di resa e mi fermai. «Dio mio, ma che volete che io faccia? Vi lamentate se sto con lui perché avete paura che io lo illuda e allo stesso modo vi lamentate se lo allontano!». Mi passai le mani tra i capelli e una risata amara mi uscì spontanea. «Cazzo, qualsiasi cosa faccia passo per la cattiva in ogni modo!». Mi sentì osservata e non volevo proprio girarmi, con il rischio di incontrare lo sguardo di Jaymes. Perciò mi allontanai dalla fila che si era creata tra i miei amici e camminai distante da loro, seguendo Derick con lo sguardo per sapere dove andare. Venti minuti e un silenzio di troppo dopo, togliendo la voce della gente che andava e veniva oltre noi, ci trovavamo finalmente in quella spiaggia di cui ci aveva parlato Derick. Era bellissima, probabilmente l'acqua più limpida e blu cobalto che avessi mai visto. Del fondale si riuscivano a vedere solo piccoli scorci in cui non erano presenti le barriere coralline, dove la sabbia creava dei punti di luce.
«Beh, ecco a voi la magnifica Playa Carlos Rosario». Derick sorrise e con le mani scostò un immaginaria tenda, come se fosse in un teatro. Eryn era impaziente di fare l'escursione, quindi ci avvicinammo ad un ragazzo che teneva posato un borsone ai suoi piedi e indossava una tuta da sub. Aveva la nostra età, i capelli ricci bagnati e fermi da una maschera per proteggere gli occhi dall'acqua. Era una bellezza che faceva a pugni con i miei gusti, ma poco importava.
Sorrise e batté il pugno con quello di Derick. «Benvenuti alla Playa Carlos Rosario, cari!».
Sentì May sussurrare a Derick. «Cari?».
Lui annuì. «È il diminutivo di cariño, che significa tesoro».
Il ragazzo dell'escursione continuò a sorridere. «Mi chiamo Tabor e sarò il vostro istruttore di sub o snorkeling. Mi fareste un grande piacere se adesso vi presentaste dicendo ciò che preferite fare tra le due attività».
Derick disse qualcosa di incomprensibile in spagnolo e gli colpì la spalla in modo scherzoso. «Io dico snorkeling, mi tengo leggero stavolta».
Calum alzò le spalle incurante, come sempre. «Calum, sub».
May ci pensò su un attimo prima di rispondere. «May, snorkeling». Ero più che sorpresa, di solito era spericolata.
Bradford, con la sua solita aria severa, fu il prossimo. «Bradford, sub».
Eryn non esitò neanche un millesimo di secondo. «Eryn, sub!». Era proprio entusiasta.
La biondina si girò verso di me e annuì. «Harriet, decisamente sub».
Il pulcino storse il naso e poi rispose. «Heron, snorkeling».
Jay sospirò. «Jaymes, snorkeling». Erano tutti cagasotto o cosa?
Io, proprio come Eryn, non ci persi un secondo. «Idony, sub».
Tabor batté le mani in un applauso e passò le pinne a chi aveva scelto lo snorkeling, mentre la muta da sub compreso di pinne per noi altri. Ci portò in una piccola baita un po' di distante dal resto e ci permise di cambiarci. Al di sotto della tuta avevo comunque il costume, ma era davvero aderente e la paura di mostrare qualche mercanzia al resto della spiaggia era troppa. Una volta indossata, con molta fatica visto il tessuto strano e stretto, non sapevo se indossare subito le pinne o no, quindi mi avvicinai a Tabor per saperne di più.
Sorrise gentilmente. «No, Idony, ti conviene metterle una volta che saremo in barca o non riuscirai a camminare. Sembrerai un pesce fuor d'acqua».
Ridacchiai annuendo. «Perfetto allora, grazie». Mi girai in tempo per non perdermi lo sguardo omicida di Jay al nostro istruttore.
Lo guardava davvero malissimo, mentre passava alcuni dei nostri effetti personali ad Heron, che li metteva in una busta di plastica impermeabile.
«È inutile quello che stai cercando di fare, bimba». La voce di Calum al mio fianco mi fece sobbalzare.
«Di che parli?».
Alzò le spalle. «Di ciò di cui discutevate tu e Derick poco fa. Nessuno può nascondersi dall'amore tanto quanto dal dolore, è inutile provarci».
Sbuffai. «Perché siete tutti saggi quando si tratta della vita degli altri?».
«Perché è più facile sentenziare su cose che non ci riguardano». Sorrise.
Alzai gli occhi al cielo e lo spinsi. «Come va con May?». 
Si tramutò di colpo e sul suo viso passò un emozione negativa. «Non è mai andata peggio di così. Mi ignora, ci prova con altri».
Lo guardai confuso. «È sempre stato così».
«Sì, ma adesso mi comincia a pesare sempre di più. Per quanto io riesca ad essere un gentiluomo, anche io ho i miei limiti e sto perdendo il controllo».
Sbuffai nuovamente. «Non siete voi maschi a dire sempre che "le cose che si mostrano difficili ci attirano di più"? Allora che cosa volete?».
«Difficili, non quasi impossibili, Idony». Sibilò. «Non riesco a starle vicino in quel modo, ma poi sopportare di vederla scivolarmi via dalle mani come sabbia».
Mi sistemai i capelli in un gesto nervoso. «Buttando le briciole Pollicino è riuscito a ritrovare la via di casa, però».
Scoppiò a ridere, ma tutto era fuorché una risata divertita. Era amata, scura, rabbiosa. «Oh Idony, Idony, Idony». Mi prese delicatamente per il mento e unì il suo sguardo al mio. «Quando hai fame le briciole non ti saziano, ti innervosiscono. E sai perché? Perché assaggi un qualcosa che potresti avere per intero, ma che non riesci ad avere».
Inspirai di scatto e voltai la testa con forza, scossa dalla verità assoluta di quelle parole. Lo odiavo perché Calum aveva sempre ragione, ma lo amavo perché per me era come un fratello. Mi strinse fra le braccia e posò il mento sulla mia testa, accarezzandomi la schiena con lentezza.
«Per qualunque cosa, io ci sono, bimba». Posò il naso sui miei capelli, tra l'altro osceni per via della doccia veloce, e si perse ad inspirare ed espirare più volte. «Lo sai, bimba. Sei ancora troppo piccola per capire».
Sbuffai e lo strinsi forte all'altezza della vita, sentendo la sua pelle fresca e morbida accarezzarmi la parte delle braccia spoglia, visto che la muta era a maniche corte, così come per le gambe.
«Okay, ora togliti». Lo spinsi via pizzicandogli il fianco e sobbalzò, con un sorriso smagliante sul volto.
«È tornata la bimba poco affettuosa, che paura!». Strabuzzò gli occhi con fare scherzoso e io gli feci la linguaccia in risposta. Quando camminammo verso la barca, lo sguardo di tutti era su di noi. Derick era ancora nervoso, il pulcino mi guardava indecifrabile, Bradford era severo come sempre, Jay e May erano confusi, forse dall'attimo di tenerezza fra noi due, ed Eryn era il più entusiasta, sorrideva smagliante ed aveva già indossato la maschera per gli occhi e la bombola di ossigeno sulla schiena con l'imbracatura. Tabor mi passò il resto della muta, aiutandomi ad indossare l'ossigeno, e poi andò ad aiutare Harriet nello stesso modo. Calum ci stava pensando da solo, visto il suo solito essere scorbutico con la gente appena conosciuta. Ora, il vero problema, era mettere le pinne senza sembrare un parente alla lontana dei lamantini nella limpida acqua sottostante alla barca in cui ci trovavamo. Mi sedetti sul bordo e tentai di infilarle, ma era una cosa molto complicata per via dell'equilibrio che dovevo tenere per non sbilanciarmi all'indietro e non finire in acqua. Dal canto suo, gli addominali mi facevano male per quello sforzo insolito. Degli addominali ben definiti e già abbronzati entrarono nel mio campo visivo, mentre il proprietario si piegava ad aiutarmi e ad infilare le pinne ai miei piedi.
«Tieniti alla barca, devo usare un po' di forza». Jay mi alzò la gamba fino a toccare la sua spalla, infilando una pinna ai miei piedi, e io strinsi il bordo per non cadere. Fece la stessa cosa con l'altro piede senza problemi e poi si alzò nuovamente.
Mi schiarì la voce imbarazzata. «Grazie Jay».
Sorrise debolmente e mi accarezzò la guancia con il pollice. «Non devi mai ringraziarmi, solsikke. Tra di noi il grazie non esiste».
Inspirai lievemente, sia per la dolce carezza che per le sue dolci parole. Non ero ancora abituata a quel suo modo di trattarmi come se fossi preziosa, ma forse non lo sarei stata mai. Non ti abitui mai alle cose belle dopo una vita di cose brutte. Credi sempre che prima o poi se ne andranno, che non sono sicuramente per te, ma hanno sbagliato tragitto. Cominci anche a pensare che tutte quelle cose brutte te le meriti, anche se non sai il perché: è la via più facile per dare un motivo a tutto quel dolore. Perché il dolore ha bisogno di buoni motivi per essere accettato, per smettere di farlo vibrare e scombussolarti l'anima.
Tabor si accarezzò distrattamente il tessuto della muta che gli avvolgeva le gambe in modo perfetto. Come a tutti d'altronde, era davvero difficile non vedere le forme di tutti quelli che avevano indossato quel tessuto stretto e aderente. Si schiarì la voce e sorrise. «Okay ragazzi, partono prima i sub».
Io, Calum, Harriet, Eryn e Bradford annuimmo, abbassando gli occhialini e preparandoci al tuffo da fare. La barca era alta quanto uno yacht, per cui il volo era abbastanza alto, ma non me ne preoccupavo troppo. Ero abituata a nuotare, mio padre mi aveva insegnato tutto sul nuoto e spesso facevamo le  immersioni anche in acque profonde o grotte.
Bradford si avvicinò al bordo della barca, scavalcò la bassa battagliola in argento e si tuffò di testa, con le pinne sui piedi e la bombola di ossigeno legata sulle spalle come uno zaino. Tabor si assicurò di alcune ultime cose per la nostra sicurezza e poi, dopo aver incaricato Derick di controllare la barca al posto suo, si buttò pochi minuti dopo Bradford. Lo seguì Calum e poi Harriet, che fu prontamente tirata sù da quest'ultimo, impaurito che il suo corpo potesse rimanere sott'acqua. 
Eryn si girò verso di me e mi porse la mano, con la pelle lattea rivolta verso il cielo. «Buttiamoci insieme noi».
Sorrisi entusiasta e mi avvicinai a lui, unendo le nostre mani. «Ci sto».
«Non sono così eccitato neanche quando mia madre mi prepara la pizza con l'impasto italiano che gli ha insegnato mia nonna!». Si girò un ultima volta verso Jay, gli fece un occhiolino che risultò più tenero che provocatorio, e si sporse con le gambe per atterrare nel piccolissimo pezzo di barca che non aveva la battagliola. Inspirai profondamente per prendere un po' d'aria e mi piegai leggermente sulle gambe, slanciandosi in avanti con i talloni e con la testa. Ci era voluta più forza a causa del peso della bombola sulle spalle, ma quando sentì il tonfo sordo dell'acqua che nelle orecchie e la freschezza del mare sulla pelle, con la muta che si stringeva ancora di più al mio corpo, capì avercela fatta senza problemi. Ormai la mia mano si era allontanata da quella di Eryn in modo involontario, perciò aprì gli occhi e lo cercai con lo sguardo tra il blu cobalto del mare. Non riuscì a vedere molto perché una mano mi afferrò con forza il braccio e mi tirò sù con prepotenza.
«Ma che diavolo fai?!». Riuscì a riconoscere a malapena la voce di Calum nella confusione del momento.
Aprì nuovamente gli occhi, asciutti grazie agli occhialini che indossavo, e aprì la bocca per respirare meglio, con il naso che era un po' stretto per via della maschera degli occhialini che lo copriva. «Ma che cazzo ti prende? Lo sai che so nuotare benissimo!».
Strabuzzò gli occhi. «Certo che lo so, cazzo, ma sei rimasta giù più tempo di ciò che serviva! Eryn è salito in superficie pochi secondi dopo il tuffo».
«E io stavo cercando lui sott'acqua, non c'è bisogno di fare un drammatico caso di stato! Non ho bisogno di essere aiutata». Sbuffai e spostai gli occhi su Eryn, che aveva i capelli bianchi fradici e appiccicati sulla testa, eppure era comunque un figo. Ci osservava confuso e pensai che il nomignolo che gli avevo additato, ragazzo nuvola, non era poi così errato.
Calum mi ringhiò contro. «Fottiti».
Tabor alzò le mani sorridendo imbarazzanti. «Va bene ragazzi, che ne dite di andare? Cioè scendere. Insomma, immergerci. Avete capito». Si grattò la nuca.
Annuimmo tutti all'unisono e infilammo il tubo dell'ossigeno in bocca, poi Bradford si occupò di aprire la valvola di erogazione di tutti, tranne il mio. Che gran bastardo. Mi odiava e neanche sapevo perché. Furiosa mi girai e con lo sguardo cercai Tabor, che aveva già lo sguardo su di me. Sorrise e mi si avvicinò annuendo, facendomi segno di girare su me stessa e dargli la schiena. Sentì le sue mani fare forza su qualcosa presente sulla bombola, con l'ossigeno che cominciava ad uscire dal piccolo tubo. Mi girai solo per ringraziarlo e alzai lo sguardo sulla barca. Erano tutti occupati a sporgersi con il corpo per guardarci, May sorrideva nostalgica, forse un po' triste di non aver partecipato, Derick ammiccava come suo solito, Heron osservava Harriet con sguardo preoccupato e Jay, imperterrito, continuava a fulminare Tabor con lo sguardo. Scossi la testa come a volerlo rimproverare e fui la prima ad immergermi sott'acqua. L'acqua fredda mi colpì di nuovo in pieno  come se non mi fossi mai abituata ad essa e dopo qualche secondo riuscì a mettere a fuoco ciò che avevo intorno: un incredibile distesa di acqua blu in lontananza, mentre in alcuni punti più vicini era di un limpido verde acqua. A qualche metro di distanza da me c'era la meravigliosa barriera corallina, con alcuni pesci piccolini che nuotavano in vicinanza. Smisi totalmente di badare a Tabor, Calum e tutti gli altri, con un entusiasmo liquido intento a scorrermi lungo il corpo. Purtroppo avvicinandomi, a causa delle piccole bollicine che l'ossigeno provocava, feci impaurire i pesciolini, che corsero a nascondersi all'interno della barriera. Non mi azzardai a toccare nulla per paura di rovinare qualcosa di così bello e naturale, così puro. Nuotai ancora un po', prima di vedere qualcosa di grigio e piuttosto grosso entrare nel mio campo visivo, ma in lontananza. Quando mi avvicinai tanto quanto bastava per metterlo a fuoco iniziai a muovere le gambe, e di conseguenza le pinne, con un urlo che non ebbe modo di uscire a causa del tubo dell'ossigeno. Un lamantino era a pochi metri da me, un dolcissimo e carino lamantino, con le pinne grasse e morbide intente a muoversi lentamente per venire nel punto in cui mi trovavo io. Mi avvicinai velocemente, nuotando con una tecnica migliore, muovendo il corpo in piccole onde e spingendomi leggermente con i piedi. Il lamantino si fermò quando fu praticamente di fronte a me e io allungai una mano intimorita, volevo accarezzarlo ma senza volerlo turbare.
Si lasciò toccare senza problemi, mentre io mi sorprendevo di quanto la sua pelle fosse morbida e viscida allo stesso tempo. Era un po' come toccare una gomma bagnata ed era una sensazione imparagonabile. Mi girai per osservarmi intorno, alla ricerca di Eryn e i nostri amici, ma non riuscivo a trovarli. Volevo far accarezzare il lamantino ad Eryn ed Harriet, perciò mi avviai alla loro ricerca, cercando di farmi seguire dal lamantino. Con mia grande sorpresa intese la mia voglia di giocare e iniziò a inseguirmi, con la solita lentezza di prima, e nuotammo fianco a fianco verso l'ignoto. Capì di aver trovato Eryn quando notai il suo modo di nuotare: si trascinava con le mani sulla sabbia, come se stesse strisciando su un pavimento, e muoveva velocemente le pinne cercando di accelerare il processo. Il solito imbranato.
Trattenni una risata dentro i polmoni e presi una piccola pietra dalla sabbia, tirandola nella sua direzione cercando di farmi notare. Ovviamente l'acqua ne tratteneva il rumore e anche la forza, quindi non lo colpì con violenza e cadde lentamente a pochi centimetri dal suo corpo, ma abbastanza vicino da fargli notare un cambiamento visivo e a farlo girare di scatto. Si focalizzò prima su di me, allargando le braccia come a dire "finalmente", e quando il suo sguardo cadde sul mammifero acquatico accanto a me si paralizzò. Poi iniziò ad avere qualche strana convulsione entusiasmata e decisi di andare noi da lui, piuttosto che lui da noi, o sarei diventata bisnonna nel frattempo.
Accarezzai lentamente il lamantino per fargli vedere che era innocuo e non perse tempo a seguire il mio esempio, accarezzandogli la testa, la pancia, la coda. Qualsiasi punto possibile lui l'aveva toccato, anche a costo di andare al di sotto del mammifero. Mi fece una tenerezza immensa notare quanto i suoi occhi brillassero di felicità. Li lasciai giocare un po' da soli, d'altronde il lamantino me l'ero goduta abbastanza, e mi avvicinai ad una razza poco lontana dal punto in cui si trovava Eryn. Era strano vedere un animale così piatto di presenza, ma avevo letto in qualche sito che le razze erano amanti delle coccole, quindi mi azzardai a posare la mano sulla testolina morbida e incredibilmente gommosa. Era veramente sottile, sembrava quasi un foglio immerso in acqua. L'affettuoso pesce si avvicinò di più a me per godere di altre coccole e mi presi qualche minuto per dargliele, con tutta la gioia del mondo. Ero così a mio agio da scordarmi quasi di essere immersa nel basso fondale di un isola in mezzo all'oceano, a tre ore di distanza da San Juan. Quando la razza si allontanò da me per andare chissà dove, mi voltai verso Eryn e il lamantino, ma mi ritrovai da sola. Girai su me stessa per vedere se Calum e gli altri ci fossero, anche a qualche metro di distanza, ma il mare attorno a me, il mar dei Caraibi, era totalmente vuoto di altri sub. Non mi preoccupai troppo e cominciai a nuotare nella direzione in cui poco prima c'era Eryn. Non potevo orientarmi molto perché adesso, ad occhio e croce, doveva essere tardo pomeriggio e il mare cominciava ad essere molto meno limpido senza la luce del sole, ormai coperto dalle nuvole. Potevo vedere solo fino a qualche metro di distanza. Dopo almeno dieci minuti di nuoto a vuoto, cominciai a preoccuparmi e a sentire il panico crescere. Mi girai con le spalle alla direzione che stavo seguendo e iniziai di nuovo a guardarmi intorno, nella speranza di vedere qualcuno dei miei amici. Lo feci forse con troppo impeto, perché la testa iniziò a girarmi e cominciai a vedere sfocato, indietreggiando istintivamente. Con il piede rimasi incastrata nella barriera corallina sotto di me e, spaventata che fosse chissà cosa, mi sbilanciai con il corpo all'indietro, sbattendo il lato della testa su uno scoglio senza alghe e decisamente più appuntito. Il mio cervello smise un attimo di ricordare in che anno mi trovassi e con la mente tornai ad un ricordo ben preciso. Ero io con mio padre, a fare i sub all'interno di una bellissima grotta italiana, con l'acqua fredda che mi faceva accapponare la pelle anche attraverso la muta e l'ossigeno che stava per finire. Ci eravamo calcolati male e dovevamo al più presto uscire da lì, malgrado ci trovassimo praticamente al centro della grotta. Riuscivo a sentire la forza che veniva a mancare, mentre con i piedi spingevo più che potevo per nuotare in fretta, mio padre davanti a me che ci guidava all'uscita e l'ossigeno che cominciava ad uscire a scatti, perché era quasi esaurito. Cercavo di prendere più aria possibile, gonfiando le guance,  e di rinchiuderla nei polmoni per il momento in cui non avrebbero più retto senza un'altra boccata d'aria.
Non mollare, Sun. Non mollare. Non mollare. Non mollare. Non mollare.
Era questo che mi ripetevo in mente come un mantra durante quell'inferno di tragitto, con gli occhi che guizzavano disperatamente a sinistra e a destra, ma riuscendo a vedere solo il blu cobalto della grotta. Il panico non faceva altro che crescere dentro di me, mentre i polmoni cominciavano a bruciare e la gola annaspava in cerca dell'ossigeno che non riuscivo a trovare. Era come se avessi un fuoco dentro il petto, ma poi finalmente la vidi. La luce. Forse era davvero questo che si trovava alla fine del tunnel, la luce, ma non sempre era un tunnel di sola andata. A volte ti portava fuori, come in questo caso. Quando una mano reale, fin troppo reale, mi strattonò con forza e mi riportò in superficie, quel piccolo frammento di ricordo si dissipò come una nuvola e io riuscì ad aprire gli occhi. Mi tolsi il tubo dell'ossigeno e respirai a pieni polmoni, come se l'aria mi fosse mancata davvero mentre ero li giù. 
«Che cazzo combini!». Bradford mi stava urlando contro e solo ora capì. La mano reale apparteneva a lui. Mi aveva salvato. 
Mi tolsi anche la maschera dal naso e dagli occhi, che sicuramente adesso avevano il segno rosso di essa. «È successo tutto in un attimo. Ho perso di vista Eryn e-».
«Un attimo?!». Tuonò. «Eryn dice che sei scomparsa e ti ha cercato per più di mezz'ora prima di venire ad avvisarci! Dice che stavi accarezzando una razza e improvvisamente sei scomparsa!».
Collegai i puntini come una sorta di cruciverba. Accarezzando la razza, in modo involontario, l'avevo seguita con il corpo e pian piano forse mi ero allontanata più del dovuto. «Non volevo allontanarmi e quando ho capito di essere rimasta sola sono stata assalita dal panico!»
Mi guardò con disprezzo. «Sei veramente stupida. Devi fare più attenzione, per la miseria!».
«Non mi stai aiutando così, Bradford!». Strillai arrabbiata.
«E tu non aiuti noi! Ci hai fatto morire di paura!».
Sbiancai d'un colpo. «Lo sanno tutti?».
«Certo che sì! Ci siamo tutti immersi per cercarti». Mi prese per la vita e mi trascinò verso la barca. Quando arrivammo a quella scaletta infernale,  che io odiavo più di qualsiasi altra cosa, prima di aiutarmi a salire, strillò. «Ehi! L'ho trovata, tranquilli!». Un paio di urli e frasi che non riuscivo a captare esplosero all'interno della barca. Un paio di secondi dopo Calum si sporse, con Derick e Jay a fianco. Calum mi offrì una mano e Derick l'altra, con la forza rimasta le afferrai e furono loro a tirarmi sù. Jay mi prese per la vita e mi fece superare la battagliola come se fossi una piuma.
«Stai bene?». Sembrava aver perso la sua abbronzatura momentaneamente.
Annuì. «Sì». Rafforzai il concetto. Non mi diede il tempo di finire la frase che mi strinse con forza: la mia guancia sul suo petto, le sue braccia attorno al mio corpo, il suo mento sulla mia testa e se le sue mani tra i miei capelli. Il suo calore naturale mi riscaldò il corpo, mentre il suo particolare odore di terra bagnata e menta piperita mi avvolgeva la mente come una coperta. Io quell'odore non l'avevo mai sentito in vita mia su nessun altro. Neanche il suo calore. Neanche le sue parole. Neanche il suo cuore. Niente di lui era un qualcosa che avessi già visto in qualcun altro, era tutto una più che piacevole scoperta, giorno dopo giorno. Era così strano, ma le sue braccia erano l'unico posto la cui prigionia all'interno non mi faceva venire voglia di libertà.
Si staccò solo per prendermi il viso fra le mani. «Cos'è successo lì sotto?».
«Io-». Gli agguantai i polsi e abbassai lo sguardo. «Mi sono allontanata da Eryn e il lamantino per lasciarli giocare in pace. Ho visto una razza e mi è venuta voglia di accarezzarla, così l'ho fatto, gli piacevano le mie carezze, così ho continuato a fargliele, ma non mi ero resa conto di starla seguendo con il corpo involontariamente. Quando mi sono girata, Eryn non c'era già più. Non c'era più nessuno».
Jay tremò leggermente. «E poi? Brad ha detto di averti trovato in uno stato confusionale, come se fossi svenuta». Avevo perso la parte in cui Bradford aveva detto questa cosa, ma poco importava.
Inspirai. «E poi sono andata in panico. Ho iniziato a nuotare come se fossi impazzita, sono rimasta incastrata nella barriera corallina e ho sbattuto». Mi indicai la ferita alla testa, che sicuramente aveva smesso di sanguinare ma probabilmente era ancora sporca di sangue. «Dopo il colpo, io l'ho visto».
Aggrottò la fronte. «Chi?».
«Mio padre, Jaymes». La sorpresa si dipinse sul suo volto. «Ho vissuto un ricordo di un immersione con mio padre che non era andata molto bene. Era così reale che mi sembrava di essere lì-».
Bradford avanzò verso di me con sguardo severo, come al solito. «Quando ti ho trovato annaspavi, eppure la bombola dell'ossigeno era ancora al 70%. Ho controllato».
Annuì. «Io e mio padre eravamo in una grotta bellissima, ma non avevamo fatto i conti giusti e la bombola era terminata prima del previsto. Eravamo rimasti bloccati, ma abbiamo fatto di tutto per uscire di lì con quel poco di ossigeno che avevamo prontamente trattenuto».
Jay tremò nuovamente e tornò ad accarezzarmi i capelli. «L'importante è che tu stia bene adesso e che Brad ti abbia trovato». Posò una mano sulla spalla del suo amico e Bradford ricambiò la stretta. «Grazie, Brad».
Sorrise debolmente. «Dovere e piacere amico»
Mi scostai dalla presa di Jay per avvicinarmi a Bradford e lo abbracciai. Ero viva solo grazie a lui in fin dei conti. «Grazie, Brad. E scusami».
Mi accarezzò la schiena impacciato e sussurrò nel mio orecchio. «Dovrei sapere per cosa?».
Ridacchiai. «Perché pensavo fossi diverso da questo. Sei bravo, Brad».
Sbuffò, tornando il solito stronzo, e si allontanò scuotendo la testa. Solo ora mi resi conto di avere gli occhi di Derick, May, Tabor, Harriet, Heron, Cal ed Eryn addosso, come dei inquietanti gufi. Dopo un momento di silenzio, la prima a saltarmi addosso fu la mia biondina, che continuava a ripetermi di non farlo mai più. Poi fu il turno di May e Heron, che mi abbracciarono e iniziarono a darmi dell'idiota. Calum mi strozzò quasi con il suo abbraccio possente e ripetè un mix dei discorsi che avevo menzionato in precedenza, mentre Eryn si mise a lacrimare, continuando a scusarsi di qualcosa che lui non aveva fatto. Ci misi un po' a convincerlo, ma grazie a Jay e Bradford ci riuscì. Tabor si limitò a dirmi di fare molta attenzione e che per qualunque altra cosa non mi avrebbe più lasciato sola.
Jay tornò al mio fianco e il suo naso finì tra i miei capelli bagnati e sporchi di salsedine. «Non sai quanto ho avuto paura. Non posso perdere anche te, solsikke». Ci misi un po' a capire il perché di quel "anche", ma quando lo feci il cuore mi si strinse in una morsa nostalgica.
«Scusami, sono un disastro, lo ammetto». Sbuffai.
Sorrise smagliante e scosse la testa. «Sei molto meglio di un disastro».
Emisi un suono strozzato e in disaccordo con le sue parole. «Non proprio. Sono migliore solo se ti guardo e mi vedo riflessa nei tuoi occhi dorati. Lì sono la versione migliore che io possa essere».
La sua bocca formò una "O" muta. «Hai appena detto qualcosa di dolce?».
«Io?». Mi guardai intorno e sbuffai. «Non so di cosa parli». Lo spinsi con forza di proposito e mi allontanai.
Mi raggiunse dopo qualche secondo. «Sei crudele, Idony».
Risi. «Sì, è vero».
Ammiccò e mi prese per le guance, costringendomi a voltare il viso verso di lui e stampandomi un bacio sulle labbra. «Ma io di più». Si allontanò da me fino a raggiungere gli altri dall'altra parte della barca, seduti in cerchio sul pavimento, e camminando come i gamberi, all'indietro. O almeno così si diceva.
Sbuffai. «E perché mai dovresti essere più crudele?».
Sorrise divertito, ma una luce di qualcos'altro gli illuminò lo sguardo con calore. «Perché ti farò innamorare di me, Idony Sunshine Nowak».

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