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Di imbarazzo c'è ne era, non sapevamo che fare e ci fissavamo per tutto il tempo cercando le parole adatte e costringerle ad uscire. La prima parola la ebbe Taylor, dicendo che voleva presentarmi i nostri genitori, mi spiegò come fare a comunicare con loro e mi disse che loro erano convinti almeno quanto lei che fossi viva.
"Hanno sempre detto che senza di te non avrebbero voluto andarsene, finché tu non saresti stata ritrovata, almeno fino a quel momento hanno detto che ci volevano essere. Ti vogliono conoscere, anche solo per sentire la tua voce e per farti descrivere da uno degli uomini che comunica con loro. "
Sorrisi, ma quel segno sul mio volte si capovolse non appena iniziò a prevalere l'ansia.
Decidemmo che il giorno dopo, ovviamente di sera, io e Sauron saremmo andati nel palazzo di Taylor per conoscere i miei veri genitori. Ero un po' ansiosa al pensiero di vedere per la prima volta entrambe. Quel giorno non feci niente di speciale, chiederti soltanto al padre di Sauron se potesse avrebbe potuto andare ad un negozio per comperarmi un cellulare nuovo e magari una SIM, ma dato che in quel luogo tutto aveva un nome diverso non mi capí e dovetti chiedere a Sauron di tradurre. Non mi aveva neanche ascoltata, tantoché uscì mentre il mio ragazzo stava ancora pronunciando parole a me sconosciute.
Arrivò il buio. Partimmo non appena l'ultimo raggio di sole non si nascose dietro all'orizzonte. Durante la strada svariate volte mi imbattei nella solita vocina, ormai diventata quasi un'amica. Essa mi indicava punti esatto in cui guardare, dove ci potevano essere estranei o persone che volevano farmi del male e al minimo rumore, anche impercettibile mi avvisava.
La tensione si poteva facilmente leggere sul mio viso, gocce di sudore scorrevano sul mio viso e la pelle di esso si arrossò leggermente. Passammo per il paese incontrando gli sguardi dei passanti rivolti ai miei capelli finalmente liberi. Arrivammo con grande difficoltà alla destinazione. Suonammo al grande portone del palazzo tirando una catena che fece suonare un'enorme campana posta su di esso.
Ad aprire si presentò una donna piuttosto bassa, ma molto gentile. Ci chiese chi fossimo, ma prima che potessimo rispondere comparse dietro di lei Teylor che dopo averci salutato ci fece entrare nel palazzo. Appena entrammo mi accorsi che talmente era grande, una parete non rientrava nel mio campo visivo. Rimasi sorpresa dalla bellezza che mi fu presentata davanti agli occhi. Pareti dipinte con affreschi imponenti. Colonne bianche ed incise con ornamenti di tutti i tipi e tutti diversi sorreggevano il piano superiore, composto soltanto da un soppalco con una ringhiera in marmo bianco. Sul soffitto erano poste cornici di gesso colorate, al cui centro era posto un grande e magnifico lampadario in cristallo su cui erano poste candele accese, ormai fuse. Sul piano terra si potevano vedere molte porte, tra cui una molto grande appena si entrava al suo interno. Molte di esse erano ornate con incisioni bianche. Rimasi a bocca aperta vedendo quella meraviglia. Mi venne da pensare che se mio padre, o meglio, mio zio, non mi avesse mai rapita, sarei vissuta in quel magnifico posto, probabilmente sarei rimasta con mia sorella, i miei genitori non sarebbero stati quasi morti e forse, tutto ciò che abbiamo passato sia io che Taylor non sarebbe accaduto.
Tutta la gelosia che provavo nei suoi confronti di trasformò in compassione e amore. Non potevo credere che avesse passato una vita intera senza conoscere i suoi genitori. Neanche io li avevo mai conosciuti, ma avevo due figure di riferimento che ho sempre considerato tali.
"Chi sono tesoro?" Disse la donna che ci aveva aperto.
"Lo sai che non devi portare nessuno."
"Si, ma vedi, come te lo spiego... Ho scoperto chi è mia sorella."
La donna sbiancò.
"E chi sarebbe?"
"È lei." Mi indicò Taylor guardandomi sorridendo.
Alla signora caddero gli oggetti che aveva tenuto in mano fino a quel momento e si avvicinò a me lentamente per abbracciarmi.
"Astoria?" Balbettò quasi singhiozzando.
"Astoria." Risposi sorridendole. A quel punto mi si precipitò incontro e mi strinse nell'abbraccio più caloroso che avessi potuto immaginare che mi avrebbe dato. Ricambiai.
"E lui chi è?" Chiese nuovamente.
"Lui è il suo ragazzo..." Disse con una punta di tristezza nella voce. Stavo cominciando a pensare che potesse piacergli.
"E il mio migliore amico." Sentì che alzò leggermente la voce.
"Come sei cresciuta, tesoro. Eri una pargoletta così piccola e ora guarda come sei diventata." Vidi scendere una lacrima sul suo volto quasi totalmente ricoperto di rughe. "Avrei voluto tanto crescerti come ho fatto con Eona. Piccola mia mi sei mancata." Disse prendendomi le mani. Al contatto con la sua pelle fredda, si potevano percepire piccole vene che sembravano quasi voler uscire dalla sua carne. Era di una dolcezza immane. Non appena si asciugò la lacrima scesa pochi secondi prima, mi prese sottobraccio portandomi in giro per l'entrata, talmente grande che mi ci sarei persa.
"Scusa Valerie, ma devo farle conoscere mamma e papà. L'ho portata qui per questo e non abbiamo molto tempo, solo fino a che non comincia a diventare sole."
Guardò l'orologio dorato posto sopra al portone, poi esclamò: "Oddio! Sono già le due e mezza. Sbrigatevi."
Già, ci avevamo messo davvero troppo tempo per arrivare in quel luogo.
Mi sorpresi nel momento improvviso in cui mia sorella mi afferrò la mano per poi guardarmi negli occhi.
"Stai pronta. Non è un'immagine semplice e bella da ammirare."
Annui, un po' in ansia, poi mi trascinò su per le scale. Con noi venne anche Sauron, anche se percepivo che si sentiva un po' in disparte.
Arrivati al piano superiore, ci accompagnò davanti ad una porta incredibilmente particolare. Emanava una strana luce, viola mista a blu. Taylor tirò fuori dallo stivaletto nero una chiave. Era bianca, aveva un cuoricino rosa inciso sulla parte alta. Sembrava come se un brillante si fosse staccato dal foro rimasto.
La inserí nella serratura e la girò due volte verso destra.
Appena la porta fu aperta vidi un'enorme spiazzo, composto interamente da mattonelle di marmo. In fondo alla stanza, dove più finestre facevano entrare un'infinità di luce, vidi un  oggetto di colore grigio, con sopra impiantato un vetro ricurvo. Non osavo entrarci per paura di vedere chi erano realmente i miei genitori.

*E ci siamo! Dopo un'infinità di tempo sono tornata con questa storia. Spero che qualcuno sia rimasto e che voglia ancora continuare a leggere la storia. Mi dispiace di essere mancata per un'estate intera, ma come ho già detto molte volte, sono stata indecisa se portare avanti questa o un'altra passione. Ovviamente ho scelto questa, altrimenti non sarei qui. Mi auguro che vi sia piaciuta.
Non dimenticate di mettere una stellina e lasciare un commento. Un bacione a tutti!*

SofyFantasy

La Luce Del BuioWhere stories live. Discover now