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Mi avvicinai a Sauron che teneva le mani nelle tasche dei pantaloni. Mi fece un sorrisetto falso e mi incitó con una mano a fare una passeggiata con lui. "Cosa c'è?" Gli chiesi fredda mentre mi chiudevo nelle spalle per il freddo. "Hai freddo?"
"Rispondi."
"Scusa." Disse d'un tratto. Mi voltai per guardarlo negli occhi mentre lui fissava per terra davanti a sé.
"Cosa vuol dire scusa?"
"In che senso?"
"La smetti di rispondere con delle domande?"
"Ti rendi conto che lo stai facendo tu?"
"Ma la smetti?"
"Mi dici cosa vuoi dire o no?"
"E tu la smetti?" Dissi per l'ultima volta sul punto di ridere.
Strozzò e sforzó un sorriso. Cominciammo a ridere.
Mi avvicinai ancora di più a lui aggrappandomi al suo braccio mentre mi stringeva a sé con l'altro. Ci fermammo. Mi misi sulle punte avvicinando le labbra alle sue e baciandolo. "Pace?" Chiesi. "Pace." Rispose.
Lo abbracciai avvolgendo le braccia attorno al suo busto enorme facendo risaltare la nostra differenza di altezza. Sorrisi nascondendo il viso nel suo petto e chiudendo gli occhi. Mi abbracciò anche lui stringendo la presa.
"Tu sei mia. Capito? Mia." Mi sussurrò all'orecchio facendomi sobbalzare dallo strano brivido che mi provocò.

Pov Taylor

Li vedevo insieme, avevano fatto pace. Mi alzai dalla panchina e mi diressi al ristorante per salutare i ragazzi per poi tornare a casa. Entrai nel ristorante avvicinandomi a loro per salutarlo uno ad uno. Mi ricordai che quella sera non avevo neanche cenato. Per via della discussione tra Jennifer e Sauron ero uscita dal ristorante ma a quel punto non avevo più appetito. Uscì dal ristorante e, camminando per la strada per tornare a casa mi soffermai varie volte ad ammirare il mio materiale: La notte. Volevo fare tutto con calma, non avevo fretta, del resto non ero come gli altri ragazzi che hanno un coprifuoco la sera, che vengono sgridati dai genitori se tornavano a casa ubriachi. Io nemmeno li conoscevo i miei genitori. Abitavo con loro ma erano praticamente morti e non potevo ne parlarci, ne discuterò ne niente. Era quasi peggio di non averli proprio i genitori perché li vedevo lì, in quelle teche di vetro, dormienti quasi senza vita. Era un incubo abitare dentro quella villa, la stessa dove i miei genitori hanno rischiato di morire quando io ero piccolissima per colpa di un uomo che non invecchia, inganna le ragazzine per poi ucciderle. Sembra un ragazzo adolescente, capelli ricci e rossi, come i suoi occhi. Lo stesso ragazzo per cui io e mia sorella gemella Astoria siamo state divise alla nascita, lo stesso ragazzo che mi aveva rapita all'età di tredici anni per uccidermi perché ero figlia loro, figlia del re e della regina, ormai addormentati. Il mio vero nome non era Taylor, lo usavo solo perché sentivo nel profondo del cuore che quel nome era importante per mia sorella e per non farmi riconoscere dalle semplici materie. Tutti, e dico tutti volevano uccidermi, così decisi di cambiare nome da Eona a Taylor e decisi di colorarmi tutti i capelli dato che li avevo castani con mesch blu e viola. Erano fantastici ma non potevo tenerli, altrimenti mi avrebbero riconosciuta.
Pensando a quanto facesse realmente schifo la mia vita, arrivai finalmente a casa, se così si può chiamare, suonai la campanella posta davanti al portone e il domestico mi aprì. "Buona sera signorina."
"Gregor, quante volte ti ho detto di chiamarmi per nome e non signorina?" Lo rimproverai scherzosamente. Mi sorrise ma non rispose. Entrai nella villa e mi diressi a salutare mamma e papà. Era straziante non sapere la loro voce, non essermi mai sentita a protetta e al sicuro fra le loro braccia. Sapere che l'unico modo di comunicare con loro era quello di pagare degli elementi col potere di leggere nella mente per poterci riferire tutto ciò che doveva accadere. Quando tutto successe, avevo un anno e mezzo e per ciò ero troppo piccola per regnare, così li chiusero in queste teche protettive le li teneva in vita anche se non coscenti. Un dolore lancinante al cuore non poterli realmente conoscere. Lacrime su lacrime versate al ricordo sfocato del giorno che li rese in quelle condizioni.
Mi alzai dal divanetto davanti alle teche e mi diressi in camera mia. Sbattei forte la porta per poi chiuderla a chiave. Ero stata educata da Gregor e da Valerie, la cuoca. Erano stati loro a criscermi, a insegnarmi la vita...
Mi buttai sul letto e, lasciando scorrere una lacrima afferrai un libro che avevo da poco cominciato a leggere. Avevo ed ho ancora una passione grande ed innata passione per la lettura e la scrittura. Era così bello leggere... Mi liberava dai problemi. Almeno temporaneamente.
Improvvisamente lessi questa frase:
Era orribile. Orribile sapere che ormai ero separato da mia sorella, l'unica che realmente mi voleva bene. L'unica che c'è sempre stata. Veramente. Le lacrime sgorgavano dai miei occhi riversandosi sul suo corpo accasciato a terra. Quel cazzo di mostro l'aveva uccisa e dopo tutto quello che entrambe avevamo fatto per poter tornare insieme, uniti come prima, improvvisamente fu solo tempo gettato al vento. Appoggiai l'orecchio al cuore che non batteva più, controllai se respirava, ma niente, controllai per sicurezza anche il polso ma, niente. Era morta. Era morta! Gridai in preda al dolore imprecando parole che non sapevo nemmeno di conoscere e sferrando i miei poteri attorno a me in preda alla rabbia. Ero solo, per fortuna, o avrei potuto uccidere qualcuno. Mi alzai e con occhi pieni di odio mi diressi al corpo steso del mostro, ancora vivo ma senza forze. Dissi qualcosa che nemmeno io capì e, sfilando la spada dalla mia cintura gridai colpendolo al petto e facendolo fremere per poi cessare di vivere. Volevo fare la sua stessa fine.
Mi accorsi che stavo piangendo alla lettura di quel racconto.  Rappresentava in parte la mia storia. Mia sorella gemella Astoria era sparita dopo che i miei genitori erano stati colpiti da Emmett. Sapevo che era ancora viva, sentivo la sua forza, anche se non riuscivo a percepire il luogo in cui era. La sentivo sempre, sapevo cosa faceva e come si sentiva e questo mi faceva stare ancora più male perché, sapevo con certezza che non era felice nel luogo in cui era stata portata. Stava bene, ma... Non era felice. Mi ricordo la volta in cui percepì che aveva un grande dolore alla pancia e poi in lei una grande felicità. Avevamo dodici anni. Quel giorno a me venne il ciclo e a quanto pare anche a lei e ne era pure felice.
Mi alzai dal letto tirando su col naso e andai in bagno a lavarmi la faccia. Guardai l' ora e si erano già fatte le due di notte.
"Che schifo di vita." Esclamai tra me e me riinfilandomi nel letto. Soffrivo di insonnia. Già. Era un po' strano già a quattordici anni soffrire di insonnia ma era così. Non sono mai andata a scuola, per proteggermi da chi voleva il male mio e dei mie genitori mi hanno fatto studiare nel castello con una professoressa non appena compiuti i cinque anni. Non ho mai avuto amici o amiche né alcun ragazzo perché non potevo uscire dalla villa perché avrebbero potuto farmi del male. Una solitudine pazzesca. Dopo, circa verso i dodici anni decisi fingere di chiamarmi Taylor West, di fare finta di provenire dalla terra e di tingermi i capelli, come ho già detto. Uscita per la prima volta dopo tanto tempo mi andai ad inguaiare senza nemmeno saperlo. Conobbi un ragazzo di nome Connor che mi disse di essere in pericolo. Mi portò in una casa con lui e mi innamorai. Detti il primo bacio proprio a lui. Dopo qualche giorno dal nostro fidanzamento mi portò da Emmett. Lo riconobbi subito, nonostante i miei ricordi erano molto offuscati. Mi richiuse in una stanza con le pareti bianche e una porta blindata. Dopo qualche giorno comparve Sauron che fingeva di volermi eliminare, ma in realtà rischiava la vita per salvare ragazzi e ragazze da lui fingendo di essere suo alleato. Mi disse che avrebbe detto che ero morta spargendo del sangue di cinghiale per la stanza per permettermi di fuggire. Il mio sangue è viola, quindi doccette trovare un cinghiale viola, l'unico mammifero ad averlo di quel colore dopo una minoranza umana. Riuscì a scappare e raccontai tutto a Gregor e Valerie. Col tempo mi rimisi in contatto con Sauron per ringraziarlo e mi permise di conoscere il suo gruppo di amici. Non mi sentivo a mio agio, nemmeno quella sera, in realtà non stavo bene con loro. Ma non per colpa loro. Per colpa mia. Già, la solita frase fatta, ma era la realtà. Ero io troppo solitaria e quella chiusa in se.
Ripensai improvvisamente alla nuova arrivata nel gruppo, Jennifer. Sembrava avere davvero un bel filing con Sauron. La cosa strana è che stavano insieme da quanto? Qualche ora? Si vedeva che erano innamorati l'una dell'altra.

*Salve ragazzi. In questo capitolo si capiscono molte cose. Se ci fate caso, ritornando ai capitolo precedenti, specialmente nel primo, ci sono vari indizi che riguardano l'origine e il futuro di Jennifer. State attenti ad ogni singolo dettaglio della storia, in cui potreste trovare indizi sul continuò della storia.*

SofyFantasy

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