who are you?

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Rimasi attonita dal suo sguardo. Non so dire quanto tempo rimasi ferma di fronte a lui, i miei occhi persi nei suoi, prima che mi riscossi.

Il contatto con la realtà fu talmente brusco, che indietreggiai così velocemente da urtare contro l'altra parete dell'ascensore.

Distolsi lo sguardo, con le guance roventi, fissandolo sui bottoni dell'ascensore, come se fossero la cosa più interessante del mondo.

Mordendomi un labbro, cercai di ridarmi sicurezza per guardare di nuovo quello sconosciuto, che non so per quale motivo aveva avuto così tanto effetto su di me.

Mentre mi passavo le mani sui jeans sentii una voce roca, ma in qualche modo melodiosa: "È qui per il posto di assistente?"

Lo guardai. Era di una bellezza indecifrabile. Non doveva essere molto grande, eppure quel cipiglio così serio lo faceva sembrare molto più maturo di ciò che era.

La sua figura era vestita con un completo a fiori bianco e nero, che avvolgeva perfettamente le sue lunghe gambe. Il suo petto era avvolto da una camicia nera, semplice, eppure così eloquente. Lunghi ricci ricadevano sulle sue spalle, dandogli un'aria al contempo trasgressiva ma elegante.

Risalii sul suo viso. Sta volta il cipiglio serioso era stato sostituito da un espressione contrariata accompagnata da un sopracciglio inarcato, come se attendesse una risposta.

Mi maledissi mentalmente per essere rimasta muta come una stupida. Schiarendomi la gola, stavo per scusarmi, quando fui di nuovo interrotta.

"Penso che si siano dimenticate di dirle che non assumo receptionists brune. Quindi può anche togliere il disturbo."

Lo guardai confusa. Che modi. Che presuntuoso. Non mi aveva dato neppure il tempo di spiegarmi. E rimaneva ancora lí con quello sguardo presuntuoso. Chi credeva di essere? Ma soprattutto, chi era?

Risvegliandomi dallo stato di attrazione che provocava la sua presenza, dissi:
"Non si preoccupi, non sono qui per questo. Non è una priorità della mia vita diventare una robot/receptionist delle 'Styles Enterprises."

Lo guardai con aria di sfida, sfoggiando il sorriso beffardo migliore del mio repertorio, intimandogli di continuare.

La sua prepotenza scomparve, e nei suoi occhi trovai un misto tra confusione e qualcosa di strano, selvaggio, che mi colpii nel profondo.

Pensai che le persone sfrontate come lui, fossero abituate ad avere tutto il mondo ai loro piedi, di certo non qualcuno che gli rispondesse in questo modo.

Mi sentii per un nano secondo soddisfatta, fin quando vidi che fece un passo in avanti verso di me. La tensione iniziò a crescere di nuovo, e l'ascensore sembrò così stretto da non poter respirare.

Un profumo di muschio, misto a tabacco invase le mie narici. Cercai di rimanere il più sicura possibile.

"Allora cosa è che la porta in questo edificio, signorina ...?" Affermó con la sua melliflua voce roca.

Deglutii.

"Una questione molto urgente, signor ...?"

Lo guardai. Mi stava piacendo giocare con lui a questo gioco. Ed ero talmente sorpresa dalla sicurezza che ostentavo di sfoggiare.

Prima che potesse rispondermi, sentimmo entrambi una voce squillante che ci fece riscuotere.

"Signor Styles, scusi, ha lasciato qui la sua valigetta."

Lo guardai. Allora capii.

Avevo appena giocato con il signor Styles, il capo di mia sorella, il capo delle 'Styles Enterprises', nonché padrone di metà New York.

Mi maledissi mentalmente.

Eyes. {H.S}Where stories live. Discover now