Chapter 2

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"disturbi mentali"

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Mi svegliai in una piccola sala nè troppo buia ma neanche molto luminosa, con un forte mal di testa. Tutto intorno a me sembrava girare, dopo qualche minuto però mi ripresi. Davanti a me avevo i due ragazzi di prima, solo loro.

Iniziai ad agitarmi, pensavo fossero poliziotti, investigatori privati assunti dai genitori delle bambine che ho ucciso o forse anche dai miei; Paranoica del cazzo.

" Sentite, non c'è bisogno di legarmi ok? Vi dirò tutto. Si, ho ucciso quelle ragazze e si, non me ne pento. Potete arrestarmi ora ma vi prego toglietemi queste corde di dosso." I due mi guardarono confusi, poi il ragazzo parlò.

" Non provarci neanche, non siamo mica poliziotti." disse con aria disgustata.

Mi calmai, poi però pensai che volessero uccidermi, o torturarmi, o molestarmi, o peggio: stuprarmi; sono idee stravaganti, ma sapete, ho molta immaginazione e come ho detto prima, sono più che paranoica.

"Non ti agitare tesoro, vogliamo solo proporti una cosa." Disse lui. Solo ora mi sono accorta di quanto fosse straordinariamente bello. Aveva dei lineamenti perfetti, degli occhi luminosi, un sorriso naturale e dei capelli fantasticamente ricci.

I due mi spiegarono che facevano parte di una scuola per aspiranti assassini, in cui volevano che anch'io entrassi.

"Perché proprio io?" Chiedi turbata.

"Sei stata scelta. Hai ucciso due ragazzine a sangue freddo e non te ne sei minimamente pentita, sei come una fonte d'ispirazione, qualcosa da cui gli allievi di questa scuola dovrebbero apprendere." Mi informò la ragazza dai capelli neri.

Sembrava piuttosto scossa, potevo sentire dalla sua voce un pizzico di gelosia e paura, come se mi temesse.

"Mh...spero stiate scherzando." Chiedo io. Insomma, come fanno a sapere tutte queste cose su di me? Com'è possibile che esiste una scuola che istruisce futuri assassini e li fa diventare criminali spietati?

"È vero, non mi sono pentita di averlo fatto, quelle due meritavano di morire, ma questo non significa che ucciderei persone innocenti, o che ucciderei di nuovo." Continuai.

"La sete di vendetta è più forte di qualsiasi altra cosa, soprattutto per i tipi vendicativi come te." Mormorò il ragazzo che mi guardava come se non vedesse l'ora di aver da parte mia un sì come risposta.

"E tu che ne sai di come sono fatta io."

"Anch'io sono così: uccido solo se si tratta di vendicarmi, o di fare giustizia," rispose lui.

Pensai per un pò alla richiesta dei due, non sembrava così male.

"Mh, accetto. Tanto non ho nulla da perdere." Non ero molto sicura della mia scelta, sapevo però che, se avessi rifiutato, avrei sprecato l'opportunità più grande della mia vita: quella di diventare qualcosa, in un futuro ipotetico.

Mi diedero una divisa: gonna nera, una camicia bianca e un blazer nero con i bordi rossi, calze rosse e stivali neri, stranamente tutto mi calzava. Mi dissero di fare una doccia e così ho fatto, mi son vestita e mi hanno portata dal "capo" di questa scuola, chiamata King's Dominion.

La ragazza dai capelli neri, Saya, mi lasciò davanti ad una porta ornata, bussò tre volte e se ne andò, volgendomi prima un sorriso.

Mi ritrovai davanti un grand'uomo, anch'esso di origini probabilmente asiatiche, possente e dall'aria autoritaria.

"Oh, buonasera. Lei deve essere la signorina Grace, Clarissa Grace." Mi chiese. Risposi con un si è gli porsi la mano, che lui strinse.

"Son molto contento che tu abbia accettato la nostra proposta" disse il signore.

"Spero sia così anche per te" continuò lui.

"Non ci ho un granché però si, non mi vestivo in questo modo da quando non andavo a scuola quindi penso di esserne abbastanza entusiasta anch'io."

Finito di parlare con il professore mi avviai verso la stanza che mi avevano assegnato. Arrivata vi trovai due ragazze, una mora che mi sembrava piuttosto familiare, ma non poi così tanto, l'altra invece bionda e riccia.

"Bene bene bene, chi abbiamo qui, forse un altro ratto?" Sputò acidamente la biondina.

"Qualche problema, Brandy?" La interruppe la mora.

"Oh, Maria. Ti schiererai anche dalla sua parte ora? Leccaculo che non sei altro." Di cosa stavano parlando? Io cosa c'entrano in tutto ciò?

Rimasi in silenzio ad ascoltare la loro litigata, finché Brandy non uscì arrabbiata e ci lascio in camera da sole. Stavo per fare una domanda, ma la ragazza, di nome Maria, mi interruppe.

"Lasciala stare, è Nazista, se non si fosse capito." Commentò ironicamente. "Piacere, da quanto avrai capito mi chiamo Maria. Sono la ragazza che ti ha colpita prima, quella truccata in modo... un po' bizzarro. "

Mi lasciai sfuggire una risatina, causata dalla sua affermazione, e lei fece lo stesso.

"Potrei farti una domanda?" Chiesi io, ricevendo come risposta un si. "Cosa sono i ratti?"

"I ratti sono coloro che non si alleano ad alcun gruppo. Ci sono diversi gruppi in questa scuola, se ti unisci a uno di loro, puoi reputarti salvo. Coloro che invece si astengono da questa cosa si chiamano ratti. Sono i solitari, quelli che non hanno bisogno di un gruppo e di un nome per essere felici e per proteggersi.
Io ad esempio faccio parte dei Soto Vatos, un gruppo di messicani, ma esistono altri circoli come gli Agiati, chiamati anche i Fascisti, poi ci sono i Mafia Sudista, quindi i Nazisti, gli Assiani, il primo ordine di Watt, la Fratellanza Hokuroki e infine, come ho detto prima, gli individuali ratti. Marcus è uno di loro." Disse lei.

"Chi è Marcus?" Chiesi io aggrottando le ciglia.

"Marcus è il ragazzino riccio e Moro, quello di prima. Non dirmi che non l'hai adocchiato, insomma, persino Brandy ha avuto una cotta per lui. Tutti qui hanno avuto una cotta per lui."

"Bhe si, è carino, ma non sembra uno per bene."

"Tutti siamo qualcosa di strano qui tesoro. Psicopatici, Sociopatico, Bipolari, Depressi e molto altro. Abbiamo ognuno un disturbo, sennò non saremmo così. Tu ne hai?" La ragazza parlava come se avere una malattia mentale fosse d'obbligo.

"Oh, soffrivo di anoressia e bipolarismo da piccola, ora non ne ho più idea." Affermai io ridacchiando.

Fatti per stare insieme // 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐮𝐬 𝐀𝐫𝐠𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 Where stories live. Discover now