Chapter 29

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"Bambole di ceramica"

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Avevo paura, freddo, mi sentivo dolorante e bagnata, anche se ero perfettamente asciutta.

Ero dentro a quello stupido armadio da non so quanto tempo. Era chiuso a chiave e non potevo aprirlo, neanche provarci a dir la verità, probabilmente qualcuno avrebbe sentito i rumori e sarebbe sopraggiunto da me.

Il mio pensiero però era Marcus: cosa ci faceva qui? Come stava? Stava bene? Gli avranno fatto del male?

Continuavo a pensare a lui, non mi importava cosa avesse fatto. O forse sì.

La mia mente è tutto un casino di pensieri, un ammasso di riflessioni, preoccupazioni, immagini e domande a cui non riuscivo a dare una risposta.

"L'amore fa così male? Ne vale la pena? Soffrire è parte fondamentale dell'amore?"

Continuavo a sentire rumori di cose che sbattevano, urla e pistole e in quel momento non volevo altro che Marcus, sentire il suo odore, le sue mani sui miei fianchi, i suoi occhi addosso ai miei, un suo abbraccio. Anche solo sapere che stava bene mi avrebbe tolto un grande, grandissimo peso dal petto.

Continuavo a rigirare una ciocca di capelli nell'indice, mi mordevo il labbro e il mio corpo tremava dal freddo. Sussultai quando, dal nulla, sentii l'anca dell'armadio aprirsi. Sospirai quando trovai davanti a me Saya. Mi buttai tra le sue braccia e sussurrai il nome di Marcus, come per chiedere se sapesse qualcosa di lui.

"Non lo so, non lo vedo da un po'." Disse, staccandosi dall'abbraccio. "Tieni, prendi questa." Mi porse una pistola che riposi nella tasca dei jeans, quando però ci ripensai due volte la ripresi in mano per paura che mi potesse cadere da un momento all'altro.

"Tutto ok?" mi chiese, guardandomi dall'alto verso il basso, analizzando tutte le parti del corpo per assicurarsi che stessi bene.

"Si, si. Tutto ok. Ora però andiamo" E ci avviammo al piano inferiore.

"Stai attenta, potrebbe comparire qualcuno da qualsiasi parte e in qualsiasi momento, bisogna essere caute." sussurrò tenendo salda la pistola, pronta per sparare.

Rimasi zitta per evitare di attirare qualcuno da noi, ma avevo tante domande da farle. Volevo sapere cosa ci facevano qui, con chi esattamente era, tante ma tante domande, però me ne stetti zitta, le domande le avrei tenute in serbo per dopo.

"ATTENTA!" Urlò Saya, facendomi girare immediatamente. Davanti a noi c'era un uomo piuttosto grosso. No, era veramente, veramente grosso. Alto due metri circa, robusto e di una carnagione giallastra, aveva indosso solamente un paio di boxer, che non erano boxer, di un marrone molto chiaro. No, erano solo sporchi.
Cazzo, sembrava uscito da un film per bambini, forse da Shrek.

Gli sparammo due o forse tre colpi, ma li schivò tutti e si arrabbiò ancora di più quando, al quarto, gli sfiorammo la spalla sinistra.

"AAARGH!" urlò la specie di gigante. Io, da stupida quale sono, mi misi a ridere. Sembrava la scena di un film fantasy e io non sono mai seria.

Saya mi diede una veloce spallata e ci allontanammo subito, ma l'uomo era troppo veloce e quasi ci acchiappò.

"Clarissa, qui!" Urlò la ragazza corvina tenendomi aperta la porta di una stanza, in cui entrai senza esitare di un secondo.

Bloccammo la porta con un grosso pezzo di legno e, per evitare che il gigante riuscisse a sfondarla, ci appoggiamo ad essa. Molto probabilmente l'uomo gigante se ne era andato, non sentivamo più alcun rumore. Quando però ci staccammo dalla porta di legno scuro quest'ultima venne sfondata da un grosso strumento con delle grosse borchie, la quale una mi rimase incastrata nella spalla destra. Urlai dal dolore allucinante che quell'oggetto mi provocò ma non persi tempo e scappai dalla finestra di quella stanza. Fortunatamente eravamo al primo piano, perciò non fu difficile uscire da quel luogo chiuso.

Fatti per stare insieme // 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐮𝐬 𝐀𝐫𝐠𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 Where stories live. Discover now