Chapter 28

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"Troione, gli applausi."

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"Bene, incominciamo!" Urlò elettrizzato l'uomo, schioccando le dita in direzione di Grizz.

D'un tratto una luce bianca proveniente da davanti a me mi accecò, obbligandomi a chiudere gli occhi e a proteggermeli con le mani.

"Buongiorno...oh, che stupido! Buonasera a tutti, cari telespettatori!"

"Parli come un gatto in calore nel mese di marzo." Bofonchiai irritata, fortunatamente l'unico a sentirmi però fu Marcus.

"Vuoi farti uccidere?" Sussurrò arrabbiato dal mio comportamento infantile.

"Faccio il cazzo che mi pare, tu cerca di farti gli affari tuoi per una buona volta." Roteò gli occhi e ritornò a seguire i movimenti della grande star di Hollywood davanti a noi.

"Oggi siamo qui con due miei amichetti. Clarissa Elizabeth Grace e Marcus Lopez Arguello, facciamo un applauso!" Disse entusiasto, ma dopo qualche secondo la sua felicità svanì e si rivolse in modo aggressivo verso Grizz.

"Troione, gli applausi!" Sussurrò all'uomo paffutello che reggeva un grosso telecomando pieno di bottoni blu e bianchi.

Grizz si scusò e pigiò uno dei tanti bottoni, facendo partire il suono di un applauso che non riuscii a capire da dove provenisse.

"Signor Troinman, mi passi... il microfono." E in un lampo Grizz lanciò il microfono a quella specie di uomo.

Continuavo a sbuffare e a guardare con occhi pieni di ribrezzo quell'uomo e Marcus non mi scrollò gli occhi di dosso.

"Che stai facendo," non era una domanda, voleva sapere il perché mi comportavo così arrogantemente.

"I cazzi miei. Sai, dovresti farteli anche tu." Borbottai lasciando adagiare il mio corpo sul divano pieno di buchi, da cui fuoriusciva della lana crespa. La cosa però mi risultò difficile, mi ero abituata così tanto, in quei mesi, al mio caldo letto alla King's Dominion che mi faceva un certo effetto stare in un luogo così.

"Sei incazzata con me? Beh, ti svelo un segreto, non risolverai nulla se continui a borbottare e a fare la bambina in questo modo. Ti farai solo uccidere!"

"Oh, Marcus. Forse non mi sono fatta capire abbastanza bene: faccio. Il cazzo. Che. Mi pare. Chiaro?" Alzai un po' la voce. Forse un po' troppo.

"Ragazzi? Avete qualcosa da dire? Qualcosa su cui ribattere? Amici miei, vi vedo un po' turbati. Ma...ma tranquilli! Ora il vostro caro fuckface vi farà partecipare al mio programma televisivo intitolato a chi uccide per primo"

"Che nome originale," sentii una non debole calciata sulla mia caviglia. Marcus aveva appena tirato un calcio alla mia povera caviglia.

"Due minuti di pausa, cari telespettatori" concluse fuckface mimando a Grizz di terminare la trasmissione.

Si girò verso di noi e mi slegò da tutti quei metri di scotch che mi aveva arrotolato sulle gambe e sulle mani. "Potete andare a farci un giretto, ma solo fino al bagno."

"Sei serio?" Dissi. "Ma è serio?" Continuai, rivolgendomi a Grizz.

"Perché non dovrebbe esserlo?" Guardai tutti e tre con faccia confusa, poi mi alzai e andai in bagno, ma appena all'entrata quasi sbattei contro il muro.

Marcus mi aveva presa per il collo e quasi non riuscivo a respirare.

"Vuoi farti ammazzare cazzo?" Disse a denti stretti.

Deglutii.

"N-no."

"E allora perché continui a stuzzicarlo? La prossima volta che fai l'infantile in quel modo ti uccido io al posto suo, puoi starne certa cazzo!" Continuò, lasciando la presa da me.

Portai le mie mani sul collo, che quasi faceva male. Non l'avevo mai visto così arrabbiato, nè agitato. Qualcosa non andava.

"M-mi dispiace," sussurrai quiete, guardandolo dritto negli occhi.

"Clarissa, siamo in una situazione di merda. Dobbiamo trovare la testa di Chico e se non lo facciamo quel bastardo denuncerà la King's e saremo tutti nella merda. Non sapevo neanche fossi qui tu, questo è un altro problema." Sospirò passandosi le mani sui suoi capelli ricci.

"E tu che ci fai qui." Mi guardò negli occhi, i suoi erano lucidi e tenebrosi, preoccupati sul venire.

"Non ne ho idea," dissi io ironicamente.

"Ti sembra il momento di scherzare?" Fece una risata quasi inesistente.

"Claire, sei qui per un motivo. Stai attenta, non stare al suo gioco. Non posso perderti cazzo, sei l'unica cosa che ho. Non posso perderti oggi." I suoi occhi erano pieni di sincerità e diventavano sempre più lucidi. Le sue pupille si dilatavano e si rimpicciolivano in continuazione, la sua mano destra continuava a giocherellare nervosamente con i riccioli.

"Marc-"

"No, lasciami finire. Non intendevo quello che ho detto ieri, al giardino. Non penso quando parlo e non volevo certamente dire quello che ho detto. Ma non mi perdonerai cazzo, non lo farai. Non ora. Me lo merito, mi merito tutto l'odio che posso ricevere da parte tua se non di più, quindi fallo: urlami in faccia che faccio schifo, spingimi contro il muro, tirami venti schiaffi in faccia. Fai di me ciò che vuoi-" era così divertente quando era agitato. No, forse sono io quella strana che crede sia divertente.

"Non ti toccherei mai in quel modo, neanche se mi avessi tradita." Gli sorrisi, un sorriso sincero e malinconico, che bastasse a fargli capire che non l'avrei mai trattato in quel modo.

"Perciò...non vuoi nemmeno sputarmi in un occhio?" Chiese sarcastico. D'istinto corsi nel lavandino a sciacquarmi l'occhio sinistro, dove il famoso e affascinante dickface mi aveva sputato.

"Basta ora, torniamo al lavoro."

-

Eravamo seduti su quel divano da circa un oretta. Chester continuava a parlare a vanvera davanti a quella telecamera e qualche volta ci interpellava.

Sentii Marcus chiamarmi così, assicurandomi prima che Chester non se ne fosse accorto, cosa impossibile perché era troppo preso dal suo programma televisivo, mi girai verso di lui.

"Dobbiamo uscire da qui!" Sussurrò lui.

"E a me lo dici? Sono qui dentro da circa più di un giorno e tu ti lamenti per qualche ora?"

"Ma sei scema? Se continuiamo a stare qui verremmo uccisi prima che faccia-da-cazzo finisca" feci uscire una leggera risata e Chester se ne accorse.

Venne verso di me, mi prese per il collo e mi sollevò. Cercai in tutti i modi di liberarmi ma la sua presa era troppo forte.

Marcus si avvicinò e gli tirò un pugno, ma Grizz dovette portarlo fuori. Cazzo, ero fottuta.

"Perché ridevi?" Mi chiese con mascella serrata.

Provai a rispondergli ma non usciva voce.

Mi lasciò andare; caddi a terra tossendo, mi bruciava e, allo stesso tempo, mi faceva male la gola. Posai le mani sulla zona dolorante e premetti forte, ma non cambiò nulla.

Mi prese per la maglietta e, con una lama puntata alla gola, che continuava a premere fortemente, uscimmo dalla stanza alla ricerca di non so cosa.

Entrammo in una stanza senza finestre, con solo una specie di armadio dentro.

"Mettiti qui donna!" Ansimò l'uomo rinchiudendomi dentro l'armadio.

"Tu prova ad urlare o a fare rumore e ti brucio insieme a quel coso di legno."

Fatti per stare insieme // 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐮𝐬 𝐀𝐫𝐠𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora