6 - Incastrata

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4 Ottobre 2002 (Prima Parte)

Ero nella mia stanza, distesa a pensare sul letto, come facevo spesso in quei giorni. Mi rigiravo il ciondolo a forma di fiocco di neve tra le dita e pensavo a quanto era stato assurdo l'incontro con quella donna infernale dai capelli rossi: mi sembrava impossibile essere ancora viva. Soprattutto ero felice che Beatrice e gli altri lupi non avessero dovuto trasformarsi e combattere. La cosa che più mi impensieriva, di quella strana giornata, erano state le parole preoccupate del Maestro del Fuoco che mi rimbombavano ancora in testa:- Madre de Dios, por qué no me hai detto del tatuaggio? Quello è un patto con la Dea, ci credo che la Lupa se n'è andata!-

Alla mia richiesta di spiegazioni il Mangiafuoco aveva tagliato corto il discorso, dicendo che non era il momento, ma da quel giorno avevo notato che il suo sguardo si posava spesso pensieroso sulla mia spalla sinistra. Se fosse stato quel tatuaggio, oppure il ciondolo che l'aveva respinta o ancora quello scoppiettante camino che era impazzito a far desistere la Lupa dall'ammazzarmi ancora non lo sapevo, ma non mi importava, visto il risultato.

Era assurdo che mi fossi autodefinita la Custode del Santuario, nemmeno avevo mai pensato ad un ruolo del genere. Certo avevo visto la quantità di tesori nel baule della sala circolare e avevo testato sulla mia pelle il potere dei cristalli di neve, però non mi ero mai soffermata a ragionare su quanto potesse essere unico e prezioso quel posto, su quanto avesse bisogno di essere protetto. Sicuramente se avessimo avuto il tempo di parlare, Fedora mi avrebbe detto che quella di proteggere il Santuario era uno dei compiti del Lupo Bianco e quindi della sua Compagna.

Sospirai pensando a quanto poco la conoscessi e a come, nonostante questo, si fosse sacrificata per me.

-Alice! Scendi! E' quasi pronto!-

La voce di mia mamma che gridava dalla cucina mi risollevò da quel baratro di tristezza che mi prendeva sempre quando pensavo a Fedora. Mi alzai, infilai una maglia e scesi di sotto per apparecchiare. Forse ero ancora persa tra i miei pensieri, poichè mentre sistemavo la tavola sentii la voce di mio fratello commentare: - Neanche mi saluti?-

Il mio sguardo cadde su di lui ed accennai un sorriso: - Ciao Nico.- Era davvero cresciuto in quell'ultimo anno, ormai iniziava ad avere le fattezze di un ragazzino piuttosto che di un bambino di dieci anni.

Il suo sguardo severo non ricambiò il sorriso:- Non giochi più con me.-

Era vero. Tra gli impegni del Branco e l'Università avevo sempre meno tempo ed energie da dedicare alla mia famiglia e questo mi dispiaceva molto. Purtroppo però una parte di me sapeva che tenerli lontano era un modo per tenerli al sicuro da quel mondo. Sorrisi amaramente pensando che quello era lo stesso motivo per cui Stefano mi aveva celato la sua natura per tanti anni e risposi automaticamente come facevo da mesi a quella parte: -Lo sai che devo studiare...-

Sorprendentemente mia mamma provò ad intervenire con gentilezza nel discorso:- Be' Alice, ora il test di infermieristica l'hai superato no? Potresti prenderti un po' una vacanza...sei sempre così pensierosa, così...-

Io le sorrisi, contenta di aver superato quel dannato test attitudinale. Era vero, avevo deciso di cambiare facoltà dopo quello che era successo quella primavera. Avevo deciso di avvicinarmi a casa per non allontanarmi troppo dalle montagne, di imparare un mestiere che mi consentisse di essere d'aiuto a Stefano e al Branco e decisamente la strada dell'infermieristica mi sembrava la più consona alla mia natura.  E poi ancora ricordavo il sangue di Fedora che mi macchiava le mani e la mia incapacità di fare qualcosa: non volevo più sentirmi così impotente di fronte alla sofferenza di qualcuno.

-E' perchè non viene più a trovarti il ragazzo con la moto che sei triste?- chiese curioso Nicolò, aiutandomi a finire di apparecchiare.

Io sentii il cuore agitarsi in petto e provai immediatamente a negare:- Che stai dicendo! Io non sono nè triste...- e guardando mia madre aggiunsi:-... nè penseriosa.-

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