Vorrei solo starti accanto. (...

By Umi_Yume

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➡️ CONCLUSA ⬅️ ⚠️ATTENZIONE CONTENUTO YAOI (boyxboy). In questa storia sono presenti scene R18⚠️ -Daniel, un... More

1- Il Trasloco
3-Incantesimo
4- Sorriso.
5- Abilità.
5.5-Incompatibili.
6- Io non ti odio.
7- Le persone non sono tutte uguali.
8- Inspiegabile.
EXTRA.
9- Mr. Crush
10- Immune.
11- Calma.
11.5- Strano.
12- Vigilia di Natale.
13- Otto anni fa.
14- Capodanno.
15- Dimenticalo.
16- Semplicemente io.
16.5- Fanculo Daniel.
17- Punizione.
18- Mamma.
19- Dolcezza.
20- È tutta colpa tua.
21- Importante.
22- Solo lui.
23-Niente più segreti.
24- Sospesi.
25- Lavorare insieme.
25.5- Cambiato.
26- Il peso del giudizio degli altri.
27- Rimani qui con me.
28- Debole.
29- Legame.
30- Carlotta.
31- Qualcosa che ti turba.
32- La mia forza.
33- Il giorno della mostra scientifica.
34- Il giorno della mostra scientifica (seconda parte).
35- Danny.
36-Voglio solo che tu rimanga con me per sempre.
37- Non cambierà mai.
37.5- Pericoloso.
38- Ignorato.
39-"Lasciami Stare"
40- Un'altra rissa.
41- Una scena programmata.
42- Litigio.
43- Sospensione.
EXTRA 2- Nuovi Disegni ❤
44- BROKEN.
44.0- COLORS.
45- Vuoto.
46- Non innamorarti di me.
46.5- La cosa migliore.
47- Compleanno (prima parte)
47.5- Troppo tardi.
48- Compleanno (seconda parte)
49- Compleanno (terza parte)
50- Di nuovo insieme.
51- Piacevole.
52- Chiedere scusa.
53- Un nuovo inizio.
54- Volevo solo farmi notare da te.
55- Decisione Giusta.
56- Vorrei solo starti accanto
Ringraziamenti e Nuovi progetti!

2- Il teschio con la rosa.

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By Umi_Yume

Sono passate due settimane dal giorno del trasloco.
Finalmente abbiamo finito di riordinare tutte le cose ancora rimaste negli scatoloni e abbiamo cambiato un po' anche la disposizione dei mobili all'interno delle stanze.
Mio padre ha iniziato il suo nuovo lavoro e tutte le sere rientra col sorriso, come un bambino di prima elementare che va per la prima volta a scuola.

Le scuole elementari.
In un certo senso mi manca il periodo di quando ero bambino.
La mia infanzia è stata abbastanza normale, ero un bambino spensierato che diceva tutto quello che gli passava per la testa, spesso anche quando non avrei dovuto, ed ero allo stesso tempo anche molto ingenuo.

Ricordo ancora quando mio cugino, più grande di me di 5 anni, mi aveva fatto credere che piantando un'alga, presa dal mare, nel mio giardino, sarebbe cresciuta una pianta enorme, verde e puzzolente e, chiaramente, da bambino ingenuo e credulone quale ero, gli avevo dato retta.
Avevo aspettato giorni e giorni che la pianta crescesse, inutilmente, fin quando non fu mio padre a svelarmi la verità sulla pianta immaginaria e dello scherzo di mio cugino.
Ricordo che ne rimasi abbastanza deluso ed arrabbiato per essermi fatto ingannare in quel modo ma nonostante questo continuavo a voler bene a mio cugino.
Quando ero piccolo, giocavamo spesso insieme e lui ovviamente continuò per anni a farmi scherzi di ogni genere e io, continuavo a cascarci con tutte le scarpe.

In generale, da bambino sono sempre stato un credulone, credevo a qualsiasi cosa mi dicessero senza neanche pensarci troppo.
Il periodo delle elementari fu l'unico in cui non cambiai scuola per 5 anni consecutivi, ancora mio padre non aveva avuto problemi con il suo lavoro e non avevamo il bisogno di viaggiare.
In quel momento mi torna in mente ciò che aveva detto mio padre quando siamo arrivati qui in città.

Rimarremo qua...
Sul serio?
Ancora mi fa strano a pensare a quelle parole...
Sarà davvero così?
Non lo so...

«Cosa stai facendo? Arriverai tardi.»
Mio padre interrompe di botto i miei pensieri.

Giusto...
Devo andare a scuola.

Ho finito in anticipo di prepararmi e mi sono perso spontaneamente nei miei pensieri mentre aspettavo che si facesse l'ora di uscire, seduto sul mio letto.

Guardo l'ora sul telefono: 8:20.

«Cazzo!» l'imprecazione mi esce spontanea dalla bocca e mi alzo velocemente dal letto.

«Vuoi un passaggio?» mio padre mi guarda con le braccia conserte davanti alla porta della mia stanza.

La scuola si trova a circa 20 minuti a piedi da casa mia.
Forse se corro dovrei arrivare lo stesso. Non voglio farmi accompagnare da mio padre e subirmi l'interrogatorio che cerca di farmi tutte le sere sulla scuola, sulla mia classe ecc...
Per il momento sono riuscito a evitarlo portando l'argomento sul suo lavoro.
E poi... c'è una cosa che devo fare...

«No, lascia stare. Se corro dovrei arrivare giusto in tempo.»

Prendo lo zaino che avevo lasciato sul letto e il mio cellulare dal comodino e mi dirigo con uno scatto verso la porta.
Mio padre indietreggia leggermente spostandosi di lato per farmi passare e mentre passo davanti a lui mi da una pacca sulla spalla.

«Va bene, divertiti.»

Divertiti?
Sei serio?!

Io lo supero senza dire nulla, scendo le scale, apro il portone dell'ingresso ed esco fuori da casa mia.

«Lascia la porta aperta, io sto per scendere.» si sente la voce di mio padre dal piano di sopra. Faccio come dice e vado avanti sul marciapiede, lasciandomi dietro la porta aperta.

Ricontrollo nuovamente l'orario: 8:22.

Ok, devo sbrigarmi.

Comincio a correre lungo il marciapiede fin quando non arrivo alle strisce pedonali.
La strada è più affollata del solito, le auto sfrecciano una dopo l'altra sull'asfalto; in lontananza verso l'incrocio, si sente il suono prepotente dei clacson e qualche imprecazione da parte di alcuni dei proprietari delle auto. Anche il marciapiede è affollato; un gruppo di bambini, con lo zaino in spalla, ridono di gusto. Alle loro spalle, qualche metro più indietro, le madri dei bambini parlano tra loro e, ogni tanto, richiamano i bambini per non farli allontanare troppo.

L'omino del semaforo si illumina di verde, cammino lungo le strisce pedonali e continuo dritto per la strada. Oltrepassata la farmacia, riprendo a correre più veloce di prima.

Devo sbrigarmi o non farò in tempo...

Decido di svoltare a sinistra e di prendere una scorciatoia che avevo scoperto per caso qualche giorno prima avventurandomi per la città. Percorro la scorciatoia e dopo qualche minuto arrivo finalmente al campetto da basket abbandonato che prima apparteneva alla scuola.
Da quello che ho saputo dai miei compagni di classe, ormai non viene utilizzato da anni e l'avevano lasciato così, rovinato, le strisce bianche dei confini del campo scolorite, l'erba intorno incolta.
Mi avvicino al campo ancora ansimante per la corsa appena fatta.

«Elvis? Dove sei? Esci fuori.» 
Mi guardo intorno e alla fine lo vedo sbucare pian piano da dietro il campo, si ferma, rizza le orecchie, tira su la coda muovendola prima verso destra e poi verso sinistra ed emette un miagolio sottile.

Non sono mai stato un amante dei gatti ma quando qualche giorno prima, mentre mi incamminavo verso la scuola, mi sono trovato davanti questa piccola palla di pelo nero lucente che mi si strusciava sui piedi cercando attenzioni, non sono riuscito a ignorarlo, e così, senza rendermene conto, ho finito anche per dargli un nome e venire qui tutte le mattine per portargli da mangiare.

Mi avvicino e mi inginocchio davanti a lui. Elvis emette un altro miagolio e struscia il suo pelo color carbone sulle mie ginocchia.
Tolgo prima da una spalla, e poi dall'altra, lo zaino e mi metto a cercare al suo interno. Tiro fuori due ciotole di plastica, la mia bottiglietta d'acqua e una bustina di cibo per gatti. 
Elvis mi osserva con i suoi grandi occhi verdi e miagola nuovamente.

In una delle due ciotole verso un po' d'acqua dalla mia bottiglietta e dopo aver aperto la bustina, ne faccio cadere il contenuto nell'altra ciotola. Elvis si avvicina e comincia a mangiare voracemente. 

 «Qualcuno aveva fame, eh?»  lo guardo mangiare e sorrido leggermente.
 «Non puoi continuare a stare qui, qualcuno dovrebbe portarti a casa.»
Il mio sorriso si trasforma in un'espressione malinconica.

Avevo pensato di portarlo a casa mia ma a causa dell'allergia al pelo del gatto di mio padre ho dovuto rinunciare. Ho chiesto anche ai miei compagni se ci fosse qualcuno che avesse potuto occuparsi di lui, ma non sono riuscito a risolvere nulla.

Sento la campanella della scuola suonare e mi rendo conto che è arrivato il momento di salutare Elvis.

«Devo andare...» 

Accarezzo Elvis con il dorso della mano, mi rimetto in piedi e riprendo poi il mio zaino.
Prima di andare verso la scuola rivolgo un'ultima occhiata in direzione di Elvis che è ancora intento a mangiare e sorrido spontaneamente. 

Accidenti a me che mi affeziono così facilmente..

Dirigo lo sguardo verso il marciapiede dall'altra parte della strada e noto subito Riccardo, rimanendone inevitabilmente sorpreso. 

Oggi è in anticipo rispetto al solito...

Riccardo arriva sempre in ritardo di almeno un'ora, non so quale siano le sue motivazioni ma ogni mattina è sempre la stessa storia.
Dopo un ora di ritardo, Riccardo entra in classe in silenzio e senza bussare, il professore di turno, con fare irritato, chiede a lui spiegazioni per il ritardo e Riccardo puntualmente, senza voltarsi, risponde con un "Impari a farsi i cazzi suoi" facendo aumentare la rabbia del professore che finisce sempre per fargli la solita ramanzina che, ovviamente, lui non ascolta mai.

Che strano vederlo già qui...
Sarà stato convocato dalla preside per i ritardi e avrà deciso di presentarsi in orario?

Riccardo attraversa la strada e arriva davanti al cancello.
Decido di accelerare il passo e lo raggiungo poco dopo da dietro.

«Buongiorno!» mi rivolgo a lui, forse anche con troppa enfasi, perché Riccardo si volta di scatto con lo sguardo prima sorpreso, poi cambia, socchiude gli occhi leggermente guardandomi in maniera scocciata. Non risponde al mio saluto e si volta dall'altra parte continuando a camminare per la sua strada.

Mi ignora anche oggi a quanto pare... Credo di non piacergli affatto. 

Riccardo è il mio vicino di banco e ancora non mi ha rivolto la parola da quando sono arrivato. Ho provato più volte a interagire con lui ma non c'è stato verso, ha continuato a fare finta che non esistessi.
In generale, Riccardo a scuola non interagisce mai con nessuno, ha sempre la solita espressione, un mix tra l'annoiato e lo scazzato e qualcosa che non sono in grado di definire, e ogni volta che qualcuno cerca di parlare con lui, Riccardo non risponde ignorando chiunque gli stia intorno.

Non so esattamente il perché, ma essere ignorato in questo modo da lui mi turba.
Non ho mai avuto questo tipo di problemi, bene o male, sono sempre stato una persona abbastanza socievole e anche nelle altre scuole mi sono sempre ben inserito nelle classi.

Magari pensa che sia un idiota...
Dopo quella figura di merda...

Il primo giorno qui nella nuova scuola ho fatto una bella figura di merda che ogni tanto Andrea, uno dei miei amici, continua a rinfacciarmi. Quella mattina, non so esattamente per quale scherzo del destino, la sveglia non aveva suonato ed ero arrivato a scuola in ritardo. Una volta arrivato davanti alla porta della mia classe, il professore dopo avermi visto, mi aveva fatto cenno con la mano di avvicinarmi. Io, di tutta fretta, non mi ero reso conto di avere scarpa slacciata, e avevo finito per fare la caduta del secolo spiaccicandomi la faccia sul pavimento, causando le risate della classe.
Come se non bastasse quel giorno, per la fretta, non mi ero accorto di essermi infilato i pantaloni al contrario e avevo passato un'intera ora in quello stato prima di rendermene conto. 

A quanto pare, nessuno aveva notato la cosa, quindi almeno per quello sono riuscito a scamparmela.
Nonostante questa figuraccia, i miei compagni di classe non mi hanno preso per un deficiente, per fortuna, e sono riuscito a parlare con la maggior parte di loro. Credo anche di essermi già inserito in un gruppetto e mi trovo, in generale abbastanza bene.

L'unico che ancora non mi ha rivolto neanche mezza parola, è appunto Riccardo.
Credo di aver provato qualsiasi tipo di argomento per poter conversare con lui, ma invano; Riccardo continua a ignorarmi.

Perché fa così?
Gli sto davvero così antipatico?!

«D-a-n-i! Girati cazzo!» 
Mi fermo davanti alle scale e mi giro di scatto.
E' Andrea.

«Ma ci senti? È da prima che ti chiamo!»

«Ah! Scusa non me ne sono accorto.» gli sorrido e mi giro di nuovo verso le scale.
«Saliamo in classe, siamo in ritardo»

Andrea fa un cenno con la testa e mi segue per le scale.
«Cazzo Dani!» Andrea fa una pausa e si mette una mano tra i capelli.
«Tu hai fatto gli esercizi di fisica? Io me ne sono ricordato adesso... Merda!»

«Ah? Si, li ho fatti. Non sono difficili, puoi farli durante l'intervallo prima che arrivi il professore.»

«Facili per te.» Andrea risponde in maniera seccata.

«Una volta che capisci il procedimento ti viene facile.»

«Ma quanto cazzo sei secchione Dani! Dammi delle ripetizioni!» Andrea si avvicina e si appoggia a me mettendomi un braccio dietro la schiena.

«Non funzionerebbe darti ripetizioni, sei un caso perso.» gli rispondo, lanciandogli uno sguardo divertito.

Andrea ride con la sua solita risata contagiosa ed annuisce.
«Almeno passameli dopo e fammi copia-»

«No, scordatelo.» gli rispondo interrompendolo.

Andrea cerca di convincermi pronunciando a ripetizione un "dai ti prego!" al quale continuo a rispondere con un "no".

Andrea è la prima persona con cui ho parlato il primo giorno che ho iniziato a frequentare questa scuola. È un ragazzo alto, solare, che viene considerato dalle ragazze come "uno dei ragazzi più fighi della classe" sia per il suo bel viso da modello, sia per il suo fisico ben piazzato. È stato lui per primo ad avvicinarsi a me durante l'intervallo e abbiamo legato praticamente subito. Adesso posso dire che abbiamo un bel rapporto di amicizia.

Arriviamo al corridoio centrale e ci dirigiamo verso la nostra classe.

«Comunque Dani...» Andrea richiama la mia attenzione.
«Ti ho visto stamattina, hai provato a salutarlo di nuovo?»

Continuo a camminare mantenendo lo sguardo davanti a me.
«Già, ma come al solito non mi risponde... Mi ignora ancora... Probabilmente ha qualche problema con me...»

L'espressione di Andrea si tramuta in uno sguardo serio.
«Ma perché continui a cercare di parlargli? Quello non ha un problema con te, ha un problema con tutti...»  Andrea prende una pausa e poi riprende a parlare poco dopo.
«Mi sta davvero sui coglioni... Ignora chiunque e fa quel che cazzo gli pare solo perché crede di essere superiore a tutti 'sto stronzo.»

Io lo guardo con aria sorpresa e rimango in silenzio.

«È così Dani! Riccardo vive con lo zio che è un importante avvocato. Suo zio è molto conosciuto e sicuramente è una persona a cui i soldi non mancano affatto... Quel coglione pensa di essere una persona onnipotente solo perché ha lo zio a parargli il culo.»

Continuo a guardare Andrea con uno sguardo stupito.

È davvero così come dici tu Andre?
Non conosco Riccardo.
Non sapevo niente di lui fino ad ora...
Andrea potrebbe anche avere ragione, lo "conosce" sicuramente da più tempo di me e se dice così avrà le sue ragioni.
Però...
La cosa non mi convince...

«Io non lo conosco, quindi non lo so Andrè però, voglio scoprire se è davvero così come dici tu.»

Andrea alza un sopracciglio confuso e rimane in silenzio.

«Non so se è un tipo presuntuoso che ignora gli altri perché si sente superiore... Ma voglio proprio vedere come e se reagirà al fatto che "una persona inferiore come me" continuerà a rompergli le scatole.»

L'espressione di Andrea cambia in un sorrisetto.
«In pratica, lo stai provocando?»
Andrea continua a guardarmi e si mette a ridere.
«Stai attento a non metterti nei casini.»

«Nah, anche se si sentisse potente per via di suo zio, non credo che reagirebbe in qualche modo complicato per mettermi nei casini. Credo che al massimo mi manderebbe a fanculo e basta... Comunque non so spiegarti esattamente perché continuo a voler provare a interagire con lui, per il momento credo che la cosa mi diverta... In un certo senso... sono curioso.»

Andrea si mette a ridere di nuovo e si porta una mano sulla fronte.
«Ti diverti a rompergli i coglioni?»

Non mi sono mai chiesto il vero motivo per cui io continui a voler parlare con lui. Semplicemente, in queste due settimane ho continuato a cercare di richiamare la sua attenzione, a volte senza neanche rendermene conto. C'è una parte di me, che vorrebbe sapere di più su di lui.

Andrea ed io arriviamo davanti alla mia classe. Andrea mi da una pacca sulla spalla e mi sussurra un "ci vediamo dopo" a cui io rispondo con un cenno della mano.
Andrea entra nella classe e io lo seguo poco dopo.
La professoressa di Inglese non è ancora arrivata.

Al primo banco Serena e Carlotta sono intente a leggere qualcosa dal telefono di Serena. Carlotta per un attimo alza lo sguardo, mi vede e mi sorride subito dopo.

«Hey Daniel! Sei un po' in ritardo oggi...»

Io rispondo al sorriso, sorridendo a mia volta.
«Non ho guardato l'orario stamattina e sono uscito tardi...»

Serena si mette a ridere mentre Carlotta mi guarda scuotendo la testa.

«Ringrazia che la Ross oggi è in ritardo» Carlotta ride insieme a Serena.

Mi volto spontaneamente verso destra e vedo Riccardo già seduto al suo posto, con la testa appoggiata da una parte sul muro e lo sguardo concentrato verso il banco.
Faccio un cenno con la mano a Serena e Carlotta per salutarle e cammino fino al mio banco, attaccato a quello di Riccardo.

Mi tolgo lo zaino dalle spalle e lo appoggio sul banco, spingo fuori la sedia e mi siedo per poi cercare nello zaino il quaderno di inglese e una penna.
Riccardo nel frattempo è intento a disegnare un teschio con in bocca una rosa sul suo diario.

«Hey...»
Lo saluto per la seconda volta nello stesso giorno ma, anche stavolta, non ricevo risposta e Riccardo continua a muovere la matita sulla pagina del diario senza guardarmi.

Mi ignora ancora, eh...

Allungo la mano destra verso la pagina del diario e lo avvicino davanti a me.
«Che figata questo disegno! Non sapevo fossi così bravo. Come fai a disegnare così?» lo guardo con aria sorpresa e gli sorrido.

Riccardo per un attimo mi guarda con aria confusa, come se non si aspettasse un complimento da parte mia, ma subito dopo, mi toglie la mano dalla pagina del diario, riportandolo poi nel suo banco, tornando ad avere il suo solito sguardo aggrottato e riprendendo poi a disegnare.

«Da quanto tempo è che disegni?»
Ancora non mi risponde ma non mi perdo d'animo e comincio a fargli una serie di domande.
«Quindi il tuo hobby è il disegno? Io sono abbastanza negato... chi ti ha insegnato a disegnare così bene? Fai solo disegni a matita o dipingi anche?»

Continua a non rispondermi.
«Se sei così bravo allora in arte sicuramente avrai 10,no? Cavolo, mi devi insegnare a disegnare così bene...»

Riccardo poggia la matita sul banco e chiude il diario.
«Perché non ti stai zitto? Sei fastidioso»
Riccardo ha ancora lo sguardo rivolto verso il banco.
«Smettila di parlarmi.»

Cosa?!
Lui... mi ha risposto?!

Rimango con un'espressione attonita per qualche minuto.

Sono riuscito a farlo parlare?! Quella era la voce di Riccardo?
Non l'ho immaginato, no?!

Riccardo per un attimo si volta verso di me; dirige i suoi occhi blu notte verso i nei miei e mi rivolge il suo solito sguardo cupo.
Non riesco a decifrare il suo sguardo ma in questo momento è come se, attraverso i suoi occhi stia cercando di analizzarmi, di scavare dentro di me.
Per un'attimo, sento una strana sensazione di calore partire dalla punta dei piedi fino ai capelli, mi sento confuso, spaesato.
Non riesco a distogliere lo sguardo dal suo, è come se qualcosa mi avesse paralizzato.

Che mi prende?
Cosa sto facendo?
Cos'è questa sensazione?!
Non posso restare così, Riccardo mi ha appena parlato!
Devo dire qualcos-

«Good morning guys~»
La voce squillante della professoressa Ross si diffonde per tutta la classe e mi sblocca dalla mia paralisi.

La strana sensazione sparisce e mi volto verso la lavagna.
Riccardo rivolge lo sguardo prima verso di lei e poi nuovamente verso il suo banco e riprende in mano la sua matita.

Cosa è appena successo?
CHE CAVOLO È STATO??
_________________________________________

NOTE DELL'AUTRICE.

Heylà guys, è passato un po' di tempo dal primo capitolo ma comunque eccomi qua✌. Spero che questa storia vi stia piacendo. Come al solito sono sempre ben accette le critiche costruttive, domande, tutto quello che volete.
Ci vediamo al prossimo capitolo ✌

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