Chiave: verità e menzogna

By SlyCooper17

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(In revisione) Primo volume. Pip vive con i genitori in un piccolo villaggio del Vietnam e in seguito a un do... More

Il flauto magico (parte prima)
Il flauto magico (parte seconda)
Il flauto magico (parte terza)
Il flauto magico (parte quarta)
Il flauto magico (parte quinta)
Il flauto magico (parte sesta)
Una decisione difficile (parte prima)
Una decisione difficile (parte seconda)
Una decisione difficile (parte terza)
Una decisione difficile (parte quarta)
Luang Prabang (parte prima)
Luang Prabang (parte seconda)
Luang Prabang (parte terza)
Un'attrazione fatale (parte prima)
Un'attrazione fatale (parte seconda)
Un'attrazione fatale (parte terza)
Un'attrazione fatale (parte quarta)
Un'attrazione fatale (parte quinta)
Un'attrazione fatale (parte sesta)
Un'attrazione fatale (parte settima)
Un'attrazione fatale (parte ottava)
Il momento dello scambio (parte prima)
Il momento dello scambio (parte seconda)
Il momento dello scambio (parte terza)
Tentato omicidio (parte prima)
Tentato omicidio (parte seconda)
Tentato omicidio (parte terza)
Tentato omicidio (parte quarta)
Tentato omicidio (parte quinta)
La gelosia (parte prima)
La gelosia (parte seconda)
La gelosia (parte terza)
La gelosia (parte quinta)
Un palazzo nella piana
L'assedio
Un raggio di sole di nome Caroline
Il Falco
Conseguenze inevitabili
Tra odio e segreti
Il video
La fine dei Cartici
Il bacio prima della partenza
Verità agghiaccianti
La liberazione di Aura
L'assassino di Lorenzo
La bomba
Un rischio troppo grande
Incontri pericolosi
Verità nascoste
Giochi d'astuzia
Decisioni difficili
Suicidio pilotato
Una richiesta di aiuto inaspettata
Un uomo scomodo
L'illusione
Un viaggio pericoloso
Infarto mortale
Pericolo a villa Bacco
La vittoria dell'amore
I Muros
Ringraziamenti
Pubblicazione sequel
Un anno di Wattpad
Avvisi vari

La gelosia (parte quarta)

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By SlyCooper17

Il giorno seguente il cielo era molto scuro, un forte vento sferzava gli alberi e piccole gocce di pioggia cominciavano a cadere.

Dopo qualche minuto, il forte suono di un fulmine svegliò il mondo.

Dopo aver terminato la colazione, un gustoso piatto di fĕr, il ragazzo si strofinò gli occhi, ancora semichiusi per il sonno.

Appoggiò un gomito sul tavolo e pose la testa su una mano, contemplando il tessuto violaceo che ricopriva la superficie. "Ora andiamo da mamma?"

Il commissario annuì, lavando i due piatti. "Certo, come tutte le mattine. Hai dormito bene stanotte?"

"Insomma..." commentò Pip, soffocando uno sbadiglio.

Il poliziotto chiuse l'acqua del lavello e si voltò verso il ragazzo. "Dal tuo viso stanco sembra che tu non abbia chiuso occhio!"

Il ragazzo annuì, massaggiandosi il collo. "Infatti è così. Mi manca mamma. Spero solo che stia bene e che ritorni a casa il prima possibile."

Ben sorrise e asciugò i piatti. "Tranquillo, è solo una questione di giorni: tua mamma si sente molto meglio e tra poco sarà dimessa!"

"Io non potrei..." cominciò il ragazzo, ma si stoppò.

"Cosa?" domandò il commissario per incalzarlo.

Pip allungò entrambi i gomiti sul tavolo e appoggiò la testa nell'incavo tra le due braccia. "Io ho visto quello che ha fatto quella sera. È corsa verso di me... Era pronta a saltare il fiume per raggiungermi... Lei non si merita questo, è troppo speciale per me."

Il commissario si sedette al tavolo e Pip rialzò il capo. "Stanotte mi sono chiesto cosa sarebbe successo se io fossi stato al suo posto. Se io fossi dall'altra parte del fiume e vedessi mia madre in pericolo, come mi comporterei? Correrei verso di lei? Sarei disposto a saltare quel dannato fiume? O forse fuggirei spaventato?"

Sbuffò e, per la vergogna, si coprì il volto con le mani. Era imbarazzato per quelle parole, per quelle domande solo all'apparenza banali.

"Io ho paura perché... temo che mi sarei comportato diversamente. Forse sarei scappato il più lontano possibile e..."

S'interruppe per cercare di arginare le lacrime che stavano per uscire dai suoi occhi ancora assonnati.

Ben gli accarezzò un braccio. "Pip, non devi sentirti in colpa..."

"Se io non fossi salito su quel dannato aeroplano, se io..."

"Ti prego, ora basta pensarci, okay? Ora tua mamma sta bene e tra qualche giorno sarà dimessa. Tutto si è concluso nel migliore dei modi."

Con le dita il commissario gli sfiorò una guancia, provocandogli un piccolo brivido con la mano fredda per il contatto con l'acqua gelata fino a poco tempo prima.

Il ragazzo si voltò verso di lui e, a pochi centimetri, si ritrovò gli occhi rassicuranti di Ben.

Il commissario continuò: "Tua mamma è fiera di avere un figlio come te. È vero, forse dovresti evitare certe situazioni pericolose, ma ti vuole bene e questo non lo cambierà nessuno. È normale alla tua età avere certi dubbi, però sono sicuro che qualora lei dovesse trovarsi in pericolo, tu faresti di tutto per salvarla. Un conto è parlare dell'argomento intorno a un tavolo e un altro è provare la situazione sul campo. Solo allora i tuoi dubbi avranno una risposta." Allontanò la mano e cambiò argomento: "Ora però basta parlare di argomenti così tristi. È arrivato il momento di svagarsi un po'!" Si guardò intorno e chiese: "Ti ricordi che, la sera in cui tu e tua mamma avete dormito qui, vi ho proposto di giocare a 13? Tu hai detto che non sapevi le regole e poi hai sbadigliato, così sei andato a dormire. Cosa ne dici di giocarci ora?"

Pip aggrottò la fronte e mise le braccia conserte. "Proprio adesso? Ma non dobbiamo andare da mamma? Voglio stare con lei!"

Ben allargò le braccia. "Sì, però ci hanno sgridato più volte perché andiamo da lei troppo presto."

Il ragazzo sporse un labbro. "Mah, io non ricordo che ci abbiano detto una cosa simile..."

"Perché l'infermiera ha avuto il buonsenso di non rimproverarmi davanti a te" spiegò l'uomo con tranquillità. "Dai, così poi potrai far vedere a tua mamma che hai imparato a giocare a carte!" Si alzò e gli passò una mano tra i capelli scuri. "Prima ho preparato il tè. È bollente, aspettiamo che si freddi un po'. Intanto vado a prendere il mazzo!"

In quell'istante, tre colpi ovattati si diffusero nell'aria.

I due si girarono verso l'ingresso: provenivano dall'ampia saracinesca.

Ben guardò subito l'orologio: chi lo cercava alle otto del mattino?

Un altro colpo, più forte del precedente, risuonò nelle loro orecchie.

Il commissario sbuffò e si rivolse al ragazzo: "Pip, vai in camera mia. Nel cassetto accanto al letto troverai il mazzo di carte. Prendilo, così poi ci giochiamo."

Il ragazzo rimase stupito per quella richiesta inaspettata. Perché proprio in quel momento?

Restò ancorato alla sedia, indeciso su come comportarsi.

Un altro colpo li fece sobbalzare, provocando dei piccoli tremolii alle finestre.

"Pip, vai, ora!" ordinò Ben con voce preoccupata.

Il ragazzo si alzò spaventato.

Guardò l'uomo negli occhi e poi si voltò, diretto verso la camera da letto di Ben.

Entrò e si appostò sull'uscio, guardando cosa stesse succedendo tenendo la porta socchiusa.

Il commissario si avvicinò con grandi falcate alla saracinesca, le mani strette a pugno per tenere a freno il nervosismo. Era lei, ne era sicuro. Solo Bet bussava con così tanta intensità.

Quando Ben si trovò davanti all'ingresso, esclamò: "Non ho tempo da perdere con te!"

Seguì un istante di silenzio, lunghi secondi nei quali Pip rimase stupefatto per il cambiamento nel tono di voce dell'uomo. Era più rozzo, cupo.

Bet, dall'altro lato della saracinesca, appoggiò entrambe le mani su quell'ampia porta. "Ti prego, Ben, apri! Mi dispiace per quello che ti ho detto ieri! Non ero io a parlare, ma la rabbia che mi stringeva il cuore! Cerca di capirmi, io sono così distrutta che..."

Ben rimase in ascolto, aggrottando le sopracciglia e affinando l'udito per cercare di cogliere ogni minimo suono.

Sentiva dei lamenti di donna, un pianto vero e proprio.

L'infermiera urlò: "Ti scongiuro, Ben, solleva questa maledetta saracinesca o mi metto a gridare in mezzo alla strada come una forsennata!" Colpì di nuovo quell'immensa porta e poi mise le spalle contro il ferro, per poi cadere a terra fino ad arrivare a contatto con il terreno. Continuò a piangere e a urlare in preda a una furia cieca. "La nostra storia non merita nemmeno un chiarimento, un altro doveroso confronto? Io ti credevo diverso... e pensare che ti ho pure amato!"

Bet alzò lo sguardo e vide i passanti che, dall'altra parte del marciapiede e alle finestre, la guardavano incuriositi da quelle urla.

Solo in quel momento si rese conto che aveva esagerato e cercò di ricomporsi.

Sapeva che quella baraonda si sarebbe ritorta contro di lei.

Tentò di tranquillizzarsi, si alzò e si avvicinò il più possibile alla saracinesca, sibilando a denti stretti: "Se non apri questa cazzo di porta, significa che non mi hai mai amata. Che sei così vigliacco da non avere il coraggio di guardarmi di nuovo negli occhi e di dirmi in faccia che non mi ami!"

A quelle parole, Ben serrò gli occhi.

Sapeva che quella era una provocazione e che non doveva lasciarsi influenzare, ma si avvicinò al mobile e afferrò il telecomando per alzare la saracinesca.

Lo azionò e si appoggiò al mobile; Bet se ne sarebbe andata soltanto se lui le avesse ribadito ciò che provava per lei, credeva che solo così lei si sarebbe rassegnata all'idea di non essere più suo.

Mentre la saracinesca si stava alzando, Bet aveva le mani lungo i fianchi, gli occhi rossi e i denti centrali che torturavano il labbro inferiore.

"Finalmente ti sei deciso" commentò, camminando con passo svelto. Non appena fu davanti a lui, continuò: "Non mi ricordavo che fossi sordo. È quella là che ti ha reso incapace di sentire i rumori a forza di assistere ai suoi falsi singhiozzi?"

Ben scosse la testa e avanzò di un passo verso di lei. "Fai bene a non pronunciare il suo nome. Non ne sei degna. Saresti capace di rendere poco gradevole persino una parola con un suono così dolce come quella."

Bet si lasciò sfuggire una risata isterica e abbassò lo sguardo, sospirando: "È incredibile come gli uomini si facciano abbindolare da due false lacrime." Si allontanò e si sedette sul divano.

Il commissario azionò il telecomando per chiudere la saracinesca e mise le mani sui fianchi, spazientito. "Se sei venuta per insultarla, puoi anche andartene! Non c'è più posto per te nella mia vita!"

Lei si alzò furibonda. "Che cosa credi, eh? Che puoi trattarmi come quelle mosche che ronzano nel tuo ufficio? Non puoi cacciarmi quando ti do fastidio." Sospirò di nuovo e accorciò la distanza tra loro appoggiandogli una mano sulla spalla e accarezzandogli una guancia con l'altra. "Avanti, non puoi davvero dimenticare tutto quello che c'è stato. Ci siamo amati. Tanto, intensamente. Non puoi fingere che solo io provassi quelle sensazioni quando mi stringevi tra le tue forti braccia. Non illudermi così, amore mio..."

"Non chiamarmi in quel modo" ordinò lui, spostandosi vicino al tavolino del soggiorno. "Non rinnego quello che c'è stato tra noi, ma le persone cambiano. Io non ti amo più, non siamo compatibili, come te lo devo dire? Vuoi che te lo scriva su un foglio? Così potresti metterlo vicino alla sveglia e leggere quel messaggio ogni volta che ti alzi al mattino. Almeno ti ricorderesti che tu per me non sei più nulla."

Bet sbuffò e avanzò verso la cucina, sentendo un profumo familiare.

Diede un'occhiata ai fornelli e vide due tazze di tè.

"Sei in buona compagnia?" chiese, mettendo le braccia conserte.

"E a te cosa importa?" domandò lui, raggiungendola. "Tanto adesso te ne vai."

Lei cominciò a ridere, la stessa risata isterica di poco prima. "Ma come?! Tutti, a Luang Prabang, sanno che bisogna sempre offrire una tazza di tè a un ospite. E se non lo fai, è considerato un'offesa nei suoi confronti."

"Appunto" spiegò lui con tono ovvio. "Dopo la scenata di ieri, il rispetto è la prima cosa che non ti meriti." Avanzò di qualche passo e continuò: "Credi che io non sappia che hai taciuto volontariamente ad Aura la natura del nostro rapporto? E pensi che io non abbia capito perché ieri ti strusciavi in quel modo su di me, come un panda su una pianta di bambù? So come sei davvero e quello che ho visto non mi piace per niente!"

Lo squillo di un cellulare interruppe quell'accesa discussione.

Il freddo silenzio creatosi nella stanza era tagliato da quel suono prolungato.

Il commissario afferrò il cellulare dal tavolo e guardò il display: era l'ospedale.

Ben lanciò un'ultima occhiata alla sua ex fidanzata e poi rispose, girandosi verso uno degli arazzi che dominava sulla parete.

La donna allungò le braccia lungo i fianchi e aspettò il momento giusto, limitandosi a guardare il commissario e ad ascoltare la conversazione.

Riusciva a sentire solo le sue laconiche risposte, come , Certo e simili.

Dopo qualche minuto, Ben si girò e ritirò il cellulare in tasca. "Devo andare, mi stanno aspettando."

L'uomo indicò l'entrata, come per invitarla a uscire, e lei, in risposta, prese una delle due tazze di tè. "Ma come?! Vuoi davvero far raffreddare questa delizia? È un vero peccato!"

Bevve qualche sorso e poi prese l'altra tazzina, porgendogliela. "Avanti, non vorrai mica sprecare qualcosa che hai preparato con tanto amore!"

Spazio Sly

Vi è piaciuta la quarta parte del settimo capitolo? Cosa ne pensate? Bet è entrata in casa Bao e sta avendo un'accesa discussione con Ben. Come si concluderà? 

L'ultima parte del settimo capitolo, ricca di suspense e ansia (spero) vi sta aspettando!

Vi invito a lasciare un commento per esprimere la vostra sincera opinione.

A presto!

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