Una richiesta di aiuto inaspettata

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A Mestre la vita trascorreva tranquilla. Un tappeto di stelle copriva la città. La luna salutava il mondo e augurava un buon riposo. In ogni casa le persone andavano a dormire ripensando alla bella giornata trascorsa. Qualcuno sperava che la notte non finisse mai per dormire a lungo. Per il commissario Cosimo Campolo il lavoro non era ancora terminato: era stato chiamato dal direttore del carcere per il suicidio di un detenuto. Si chiese perché lo avesse disturbato e ipotizzò che ci fosse qualche strano dettaglio che avrebbe cambiato la prima versione dei fatti. Dopo aver parcheggiato l'auto davanti all'entrata, percorse il corridoio e lì l'uomo lo accolse con un largo sorriso, scusandosi per l'ora. "I detenuti non decidono quando morire!" scherzò il direttore. Il commissario non capì: "Credevo fosse un suicidio..." L'uomo anziano spiegò che ci fosse un particolare strano nella cella.

Quando arrivarono sul luogo, tra i lamenti dei detenuti che non riuscivano a dormire, l'uomo prese una busta trasparente della polizia che conteneva un biglietto. Cosimo lesse con attenzione: "La foglia non resiste per l'eternità sull'albero. Quando il vento la colpisce, può resistere una o due volte, ma alla terza cade, cullata dolcemente verso l'umido terreno." Il direttore spiegò: "Le parole di Manuel Prominente mi hanno colpito. Nella mia carriera ho assistito ad alcuni casi del genere, però questo è il più anomalo. In particolare non capisco chi rappresenti il vento." Campolo ipotizzò: "Forse qualcuno lo minacciava. Lei ha qualche idea?" Il direttore scosse la testa vagamente. In quel momento i due notarono il corpo del detenuto penzoloni. Cosimo rabbrividì: sembrava una foglia autunnale spazzata dal vento. La testa era china e si potevano vedere solo i capelli biondi. La pelle bianca sembrava appassita e si potevano scorgere dei lividi. La sedia che lo aveva aiutato a salire era ancora lì, davanti al cadavere. L'assistente Edoardo Becchi si avvicinò, salutò e spiegò la modalità del suicidio: "Manuel Prominente è morto per soffocamento. Ha fabbricato una corda di asciugamani e l'ha legata attorno alle sbarre della finestrella. Il medico legale ha detto che i lividi derivano da prima del fatto e forse a causa di un pestaggio." Il commissario chiese al direttore se ci fosse stato un evento simile di recente e lui scosse la testa: "No, le guardie non mi hanno riferito nulla a proposito di un pestaggio. Vado a chiedere ai secondini che erano di guardia in questi otto giorni." Campolo ringraziò e si fermò nella cella per guardare meglio il luogo. Notò sul tavolino un piatto di minestra e inorridì nel vedere degli scarafaggi morti. Vide anche un libro e capì che dietro il suicidio ci fosse un piano più profondo e ingegnoso. Mentre stavano tirando giù il corpo, pensò che un secondino o un detenuto l'avesse indotto al suicidio.

Il giorno dopo la notizia del suicidio di Manuel era su tutte le prime pagine dei giornali. Ognuno interpretava a suo modo l'evento e i giornalisti ricamavano fantasiose storie. Il commissario Campolo ribadì che si fosse trattato di un semplice suicidio: aveva deciso di non parlare dei suoi sospetti per non allarmare i colpevoli.

A villa Bacco si mescolavano molti sentimenti: gioia, preoccupazione, pena e vittoria. Carmine e Ilaria erano dispiaciuti perché in fondo non avrebbero augurato neanche al loro peggior nemico di morire. Elena trovò il fatto molto strano e pensò che ci fosse lo zampino del marito. Per questo motivo entrò senza bussare nel suo ufficio e sbatté il giornale sulla scrivania: "Ora ho capito il tuo piano!" Mariano la guardò interdetto e disse di non comprendere. La moglie chiuse la porta e spiegò: "Sono sicura che tu abbia ordinato a un tuo uomo di indurre Manuel al suicidio. È vero?" Mariano annuì e lei si arrabbiò: "Non credevo che lo odiassi così tanto da spingerti a ordinare la sua morte!" "Non solo la sua... Michele e Davide presto lo raggiungeranno!" specificò il marito. Lei esclamò incredula: "Come? La polizia capirà presto l'identità del mandante!" "Per questo motivo ti ho chiesto di controllare i suoi movimenti!" spiegò il marito: "Quando sarà vicini alla verità, tu dovrai trovare il modo di depistare l'indagine. Ti ho affidato questo incarico perché mi fido solo di te! I miei uomini potrebbero pugnalarmi alle spalle, ma tu no!" "Non puoi chiedermelo!" protestò Elena: "Io sono incinta e devo evitare ogni minimo stress. Per me non è facile questa situazione e tu ti stai impegnando per complicarla ancora di più!" Si sedette: "Anche se tutti credono che tu sia una persona ricca, rispettabile e nobile di cuore, la polizia non si fermerà se troverà le tue tracce. Scusa, ma io non sono disposta a essere tua complice. Non posso andare avanti sapendo che sto difendendo un assassino: anche se non sei stato tu personalmente, devi essere considerato tale. Forse la tua posizione è peggiore perché ti sei nascosto dietro la tua potenza e hai lasciato in modo vigliacco che lavorassero gli altri. Chi sono i tuoi uomini? Padri di famiglia? Disoccupati? Deponi l'ascia di guerra per le loro vite!" "Non posso!" gridò alzandosi Mariano: "Non capisci la sensazione di vittoria che ho provato quando ho letto della morte di Manuel. Ho sentito un brivido lungo la schiena che è salito fino al cervello! Finalmente ho provato un senso di giustizia nei confronti di Carmine. Non posso fermarmi ora perché non sono neanche a metà dell'opera. La mia sete di giustizia finirà solo quando i tre ragazzi che hanno picchiato nostro figlio saranno morti!" Lei girò per la stanza e provò a indurlo a ragionare: "Nel caso io non riuscissi a fermare la polizia, Carmine e Ilaria ti vedrebbero solo poche volte al mese! È questo che vuoi? Rinunciare a vivere il futuro con i nostri figli e portare avanti una battaglia che porterà solo morti, sangue e distruzione?" Il marito annuì: "Loro devono capire che per raggiungere i propri obiettivi a volte bisogna sporcarsi le mani, sfruttare le conoscenze che si possiedono e proseguire fino a che le forze non lo consentono, andando contro tutto e tutti!" Elena si spaventò e indietreggiò: "Anni fa non avresti mai parlato in questo modo. Non riconosco più l'uomo che ho sposato! Cos'è cambiato da allora?" "Tutto!" rispose secco Mariano: "È l'affetto verso Carmine che mi spinge ad andare avanti. Io desidero il meglio per lui! Anche se non è sangue del mio sangue, è come se lo fosse è un Bacco non deve permettere a nessuno di mettergli i piedi in testa! Il trauma del pestaggio è una ferita che conserverà nel suo cuore e non potrà mai guarirla!" Lei abbassò la testa: "Quindi è per lui che sei diventato così cinico. Se ti chiedesse di smettere, tu come ti comporteresti?" L'uomo fu colto di sorpresa e pensò un attimo: "Forse andrei avanti lo stesso perché è ancora troppo piccolo per capire." Lei si arrabbiò: "La verità è che quei tre ragazzi ti hanno ferito e vuoi che loro paghino per questo. Usi il pretesto di voler bene a Carmine solo per tranquillizzarmi, ma io non voglio vivere con il terrore di sentire le sirene della polizia venuta per arrestarti!" Aprì la porta e uscì, ma il marito la bloccò: "Dove vai?" La moglie esclamò con sguardo fiero: "Dalla polizia! Non voglio essere tua complice!" Lui le lasciò il braccio e lei si mise le scarpe. Mariano tentò di persuaderla: "Se vai lì, racconterò la verità sul falso rapimento in cui ti ha coinvolta Pietro e le minacce riguardo la gravidanza!" Elena prese la borsetta: "Non credo: ami i nostri figli e non vuoi che stiano male!" "Succederà comunque perché se la polizia indagasse a fondo sulla vita di Lorenzo, scoprirebbe la verità sulla gravidanza e tu passeresti seri guai!" Lei stava per aprire la porta della villa, ma si convinse che lui avesse ragione. Posò la borsetta e le scarpe: "Credi davvero di tenermi al guinzaglio con questo meschino ricatto? Se mi spingo così in basso, è solo per Carmine, Ilaria e questa creatura. Tu non meriti nulla di tutto quello che possiedi! Spero che questi sette mesi passino in fretta... poi chiederò subito il divorzio!

Chiave: verità e menzognaWhere stories live. Discover now