Infarto mortale

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La notte passò lentamente. Le tre sorelle Ebre erano state rinchiuse in una fabbrica abbandonata vicino a Frascati. Angela fu la prima a svegliarsi. Si guardò intorno, ma non riuscì a vedere nulla a causa del buio. L'unica luce filtrava da una piccola finestra rettangolare. Respirò profondamente e cercò di capire dove fosse. Nella sua vita si era trovata molte volte in situazioni simili e quindi cercò di rimanere lucida. La sua unica paura era per le sorelle. Toccò intorno a sé con la mano e oltre alle pareti umide, sentì anche la pelle delicata di Irina. Trascinò il suo corpo in un punto in cui potesse vederla meglio e appoggiò l'orecchio sul suo cuore. Si tranquillizzò e cercò di svegliarla scuotendole la testa. La donna si alzò di soprassalto: "Cos'è successo?" Angela le disse di restare in silenzio e sussurrò nell'orecchio: "Siamo state rinchiuse qui dentro. Forse ci tengono in ostaggio." L'avvocato chiese sottovoce dove fosse Elisabetta. L'archeologa si guardò intorno e notò in un angolo il corpo di una persona. Si avvicinò e notò i capelli biondi lunghi della sorella e li tolse dal volto. Irina provò a svegliarla, ma non ci riuscì. Angela rifletté un attimo e poi disse alla sorella di spostarsi. Si avvicinò e appoggiò il suo corpo al muro. La sorella le batté la schiena, notò sul collo un'asta di un materiale ruvido e chiamò Irina. Toccò l'oggetto per capire di cosa si trattasse e poi le venne in mente: "Un dardo soporifero!" La sorella le disse di abbassare la voce e domandò meravigliata: "Perché siamo qui? Cos'è successo a Elisabetta?" Angela provò a sistemare i vari tasselli nella sua mente e spiegò: "Le persone che ci hanno avvicinate non erano poliziotti, ma sgherri di Bacco. Qualcuno l'ha avvertito che stavamo giungendo a Roma e voleva impedire che parlassimo con la moglie. Ora siamo in un luogo abbandonato: forse ci tengono prigioniere per un riscatto." "Non credo." commentò amaramente Irina: "Ci hanno abbandonate e siamo condannate a vivere qui ... per sempre!" commentò l'avvocato malinconica. "Non posso accettarlo!" esclamò Angela: "Troveremo un modo per uscire!" Irina accarezzò il volto della giornalista: "Perché qualcuno le ha sparato un dardo soporifero?" "Forse ha provato a difendersi dal finto poliziotto, è uscita dall'auto e lui l'ha colpita. È stata fortunata perché avrebbe potuto avere una pistola." spiegò Angela. Irina non capì: "Perché non l'ha uccisa?" L'archeologa provò a dare una sua interpretazione: "Forse non voleva sporcarsi le mani." La giornalista tossì e cominciò a muovere le braccia. Le due sorelle sorrisero felici e la abbracciarono. Elisabetta impiegò qualche minuto per capire cosa fosse successo e Angela le spiegò tutta la situazione con calma. La giornalista cercò di tranquillizzarle: "Non preoccupatevi: prima che il finto poliziotto mi colpisse, ho chiamato Edoardo. Sono sicura che presto verrà a salvarci!"

Intanto all'alba Becchi era giunto vicino a Roma secondo le indicazioni della giornalista. Il sole era appena sorto e le volanti della polizia accerchiarono un edificio abbandonato. Il poliziotto era preoccupato per le tre sorelle Ebre, in particolare per Irina. Aprì la porta con un potente calcio e i colleghi entrarono veloci occupando ogni stanza. La sera prima Edoardo aveva cercato di convincere altri poliziotti del commissariato ad aiutarlo senza che il questore lo venisse a sapere. Credeva che ci fosse lui dietro il loro rapimento. Forse aveva sentito la sua conversazione e aveva avvertito Bacco, ma non aveva le prove della sua tesi. Si aggirò per le camere, ma c'erano solo mobili e polvere. Scese nel piano più basso della costruzione attraverso delle scale pericolanti e notò una stanza che poteva essere una prigione. Era aperta e all'interno c'erano solo ragni e ragnatele. Pensò che qualcuno avesse scoperto Elisabetta parlare con lui e cambiato rifugio. Disse ai colleghi di lasciare l'edificio, ordinò di dividersi in gruppi e cercare una casa o costruzione abbandonata come rifugio. Alcuni protestarono, dicendo che ciò avrebbe comportato un enorme spreco di energie. La maggior parte, però, voleva correre il rischio in nome della verità. Edoardo disse che nessuno di loro fosse stato obbligato a seguirlo e di essere liberi di tornare a Mestre a patto di trovare una scusa convincente con il questore. Tutti avevano paura della sua reazione e quindi accettarono di collaborare con Edoardo per salvare la vita delle sorelle Ebre.

Chiave: verità e menzognaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora