Io senza Te

By a_dreaming

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Disponibile su Amazon Kindle (gratis fino al 7 dicembre) https://amzn.eu/7laUnqu Se ti innamori della person... More

1* Incontri imprevisti
2* Numeri di telefono
3* Il terzo incomodo
4*Bmi e altri contrattempi
6* Sensi di colpa
7* Facciamo il punto
8* Scambi
9*Chiarimenti
10* Filosofia
11* Euforia
12* Disco
13* Un invito inaspettato
14* Diversivo
15* Messaggi
16* Allenatore
17* Fragilità
18* Serata inaspettata
19. Chiarimenti
20* Il piano
21. Amicizia
22. Punti deboli
23* Scelte
24* Grigliata
25* Confessioni
26* Occhi
27* A fine partita
28* Indecisioni
29* Uscita di gruppo
30* Tradimenti
31* Scontro all'alba
32* Cuori spezzati
33* Di male in peggio
34* Rivelazioni
35* Addii
36* Partita
37* Prove
38* Ex
39* Amici illuminati
40* Una canzone dolcissima

5* Intrugli

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By a_dreaming

Forse avevano ragione a dire che non ho resistenza. Sono solo dieci minuti che corro, ma il mio cuore palpita veloce e sento la gola secca e gonfia. Le gambe continuano a muoversi per inerzia, ma sento le goccioline di sudore scendere tra le mie scapole.

Ho sempre odiato la corsa, il mio corpo si muove e saltella facendo sballonzolare le mie ciccie fastidiosamente.

Ripenso ai fogli che mi ha dato Leo e continuo a visualizzare l'immagine della fontana, attorno alla quale devo girare per poter tornare indietro. Se non mi sbaglio, dovrebbe trovarsi proprio dopo quegli alberi che ombreggiano il percorso che sto percorrendo.

In altre occasioni mi perderei a guardare il paesaggio, i fiori primaverili che tingono il prato e lo trasformano in un mare giallo e viola, il fiume che scende veloce, qualche metro più in basso.

Al contrario, riesco solo a contare i miei passi, a sentire il rumore del mio respiro affaticato riecheggiare nelle orecchie, insieme ai battiti impazziti del mio cuore.

Ancora qualche metro e potrò tornare indietro, con una camminata veloce, e andare dritta verso casa di Ludo.

Finalmente, la fontana sbuca da dietro gli alberi. Rallento la corsa e comincio a sciogliere le gambe con dei saltelli e arrivo a raggiungere l'acqua, per berne qualche sorso.

Mi sciacquo anche il viso, intanto che prendo qualche respiro profondo.

Incuriosita, stacco il telefono dalla fascia, che ho legato intorno al braccio destro, e sblocco lo schermo.

Ho corso per trenta minuti.

Sorrido compiaciuta di me, non sono andata per niente male al mio primo tentativo, anzi avevo il terrore che mi sarei lasciata andare molto prima.

Con il cuore più leggero, e sicuramente meno affannato, torno sui miei passi fiera e orgogliosa, lasciando un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Forse questo sarà più facile del previsto, dopotutto. Un passo alla volta.

Euforica, decido di pensare come gestire anche l'altro problema. Sono obbligata a trovare il coraggio di organizzare e gestire il gruppo per la festa. Al solo pensiero, sento un brivido freddo scorrere lungo la pelle e mi tornano le palpitazioni.

Odio avere a che fare con le persone troppo sicure di loro, mi mettono sempre a disagio e mi fanno sentire fuori posto.

Il telefono vibra nelle mie mani.

Luca

Mi mandi i compiti di mate?

Tu vieni a correre con me?

Non so correre, te l'ho già detto. J

Io sono una frana in mate.

Non è vero, sei una secchiona insopportabile.

Peccato, speravo potessimo trovare un accordo...

Non costringermi a giocare la carta del senso di colpa.

?

L'hai voluto tu...

Gruppo di filosofia.

Scoppio a ridere da sola, ma non appena me ne accorgo porto una mano alla bocca per smorzare il rumore. Per fortuna, le persone che corrono da queste parti sono incuffiate e nessuna fa caso a me.

Colpo basso.

Il telefono comincia a suonare: la faccia di Luca compare sullo schermo e mi affretto a rispondere.

«Non mi hai lasciato altra scelta!» comincia, senza perdere tempo a salutare.

«Lo so, posso capirlo. Anche se da te non me lo aspettavo» fingo di essere delusa.

Io e Luca ci conosciamo da sempre, i nostri genitori sono amici dai tempi della scuola e quindi abbiamo passato parecchio tempo insieme, comprese le vacanze e molte delle feste in cui non si è costretti a pranzi di famiglia o altre cose del genere.

È il fratello che non ho mai avuto, molto meglio di quella rompiscatole di mia sorella Anna, che frequenta l'università e pensa di essere migliore di tutti. Per fortuna vive più dal suo ragazzo, che a casa, quindi la vedo poco. Se sapesse di questa storia della visita, non farebbe che rimarcare che sono anni che mi consiglia di darmi una ripulita.

Alzo gli occhi al cielo al solo pensiero, e mi riscuoto quando Luca mi chiama dall'altra parte del telefono.

«Pronto?? Dove sei? Per caso sei svenuta?»

«No, sono qui. Pensavo ad Anna». Non ci sono segreti tra noi, è abituato ai miei pensieri sconnessi.

«E perché vuoi rovinarti la giornata?» scherza. «Non dovevi andare a correre? Mi sembra già abbastanza impegnativo...».

«Ho appena finito di fare trenta minuti di corsa. Praticamente sono pronta per le olimpiadi», rido.

«Trenta minuti?! Hai tutta la mia stima», mi concede. «Sono proprio colpito! Ma non mi aspettavo di meno da te!»

«Smettila di adularmi, non funziona», lo avverto divertita. «Poi è inutile, non ho ancora fatto mate, pensavo di farlo domani alla prima».

«Alla prima?»

«Filosofia».

Sento un lamento e scoppio a ridere per la seconda volta.

«Ok. Senti il piano. Stiamo fuori, facciamo colazione e mate ed entriamo alle nove», mi propone allegro, «non vorrei correre il rischio di essere interrogato, o, peggio, finire in un altro dei suoi progetti scolastici».

Fingo di pensarci su, ma lui conosce la risposta. Non mi piace stare fuori, a meno che non sia strettamente necessario. Implica troppe scuse e giustificazioni, con l'aggiunta, sicuramente, di un discorso sull'" importanza di prendere le cose seriamente", da parte dei miei genitori.

«Non posso. Inoltre, non posso nemmeno fare colazione fuori», gli ricordo.

Ieri sera, dopo aver aggiornato Ludo sulle catastrofi della mia vita, ho chiamato anche Luca, ma stava giocando alla play, quindi dubito, che mi stesse ascoltando completamente.

«Che palle», sbuffa.

«Se ti chiama, ti do il mio foglio», gli concedo. Alzo lo sguardo e mi accorgo, di aver già raggiunto il bivio che porta a casa di Ludo.

«Si può fare, ma mi sa che entro alle nove in tutti i casi».

«Come vuoi. Ora ti lascio, devo passare da Ludo».

Lo saluto veloce e mi fermo davanti a casa della mia migliore amica. Getto un'occhiata alla villetta a schiera accanto alla sua, noto che Logan è in casa, quindi per evitarlo, richiamo l'attenzione delle mie amiche, le quali chiacchierano allegre sulle scale.

«Finalmente!» mi accoglie Ludo, «giuro, che avrei mandato qualcuno a cercare il tuo cadavere, se non fossi arrivata entro un'ora», aggiunge pimpante.

Mi apre il cancello e io sbuffo.

«Grazie per la fiducia».

Scuote la testa e mi precede in casa, mentre Bea resta alle mie spalle senza dire niente. Posso immaginare, che si senta ancora in colpa per la figuraccia di ieri, non siamo riuscite a sentirci, o forse io non ne ho avuto voglia, ma in realtà, mi sono già lasciata tutto alle spalle. Immagino che Ludo l'abbia informata del resto, a ogni modo.

«Non è questione di fiducia. Quel percorso è pieno di gente strana, molto pericoloso. Ogni anno succede qualcosa!», mi spiega.

«Vorrà dire, che ti toccherà venire con me», concludo.

Saluto nonna Pina, indaffarata a cucire sul divano, e la seguo in cucina.

La sua coda sventola, pochi passi davanti a me, mentre scuote la testa per negarmi la sua compagnia. Nessuno dei miei amici corre, o suda, se per questo.

«Non cominciare. Io mi sono offerta per aiutarti con gli intrugli!», ghigna, facendomi preoccupare.

Scosta una delle sedie della cucina per farmi accomodare, prima di aprire il frigorifero e tirare fuori un bicchiere da mezzolitro, pieno di una sostanza a metà tra il verde e il marrone, dall'aspetto raccapricciante. Un conato risale dalla mia bocca dello stomaco, fino alla gola.

«Quello cosa sarebbe?», indaga Bea, disgustata almeno quanto me, rimanendo in piedi sulla porta.

Ludo si siede con un sospiro e afferra il bicchiere con entrambe le mani, poi ci guarda e finge di essere entusiasta del suo operato.

«Ieri, Sol mi ha mandato le ricette dei centrifugati che deve bere, per aiutare il metabolismo dopo l'allenamento».

Bea mi guarda dubbiosa e io alzo le spalle. La mia dietologa, invece, continua a sorridere mentre mi porge il bicchiere e si morde le labbra.

«Io e la nonna l'abbiamo fatto prima. L'ho assaggiato, non è male come sembra», sottolinea in modo innocente.

«Dicono che, se chiudi il naso e non senti gli odori, allora non senti nemmeno i sapori», ipotizza Bea, tappandosi ogni via respiratoria.

Le fisso per qualche secondo, poi porto la mia attenzione al bicchiere. Sulla superficie del liquido galleggiano delle bucce verdi e l'odore che emana, ricorda gli spinaci bolliti.

Mi passo le mani sul viso e poi le stringo intorno al vetro, per poi prendere coraggio e mandare giù un lungo sorso a occhi chiusi.

Per poco non vomito. L'intruglio ha una consistenza viscida, nauseante e un sapore che ricorda l'erba tagliata. Deglutisco a fatica, ma poi comincio a scuotere le testa e a fare becchi incontrollabili.

«Acqua!» dico a fatica, sventolandomi la lingua con la mano. «Acqua!»

Sento le labbra gonfiarsi e corro a metterle direttamente sotto il getto potente e freddo del lavandino.

«Forse avrei dovuto dire che era piccante?» dice Ludo a bassa voce, pensando che io non la senta. È chiaro che il suo era uno scherzo.

«Cosa??» farfuglio, con le labbra ancora sotto il getto. «E perché dovrebbe essere piccante?»

La ragazza si tira la coda e guarda Bea, fingendosi innocente. «Forse non avevo in casa il peperone normale, quindi la nonna ha detto di usare quelli piccanti del suo orto..., sono peperoni lo stesso, no?» tira le labbra, cercando la mia approvazione.

Mi asciugo la bocca con le mani e la incenerisco con lo sguardo. «Allora non l'hai assaggiato...»

«Forse solo prima del peperoncino...», ammette, indietreggiando, quando vede che sto prendendo il bicchiere.

«Dovresti gustarlo di nuovo!», la invito.

Con uno scatto, mi fiondo su di lei e tento di fermarla.

«Dovresti proprio, è una bontà per l'anima!» dico ridendo, mentre lei si dimena e ride a sua volta, girando la faccia dall'altra parte.

«Non vorrei mai rubare il tuo fango di bellezza!» mi prende in giro, cercando di farmi rovesciare il bicchiere. «Ah no, scusa, la pozione magica!», ghigna ancora più forte e si divincola dalla mia presa, ma resta in piedi di fronte a me.

Infilo un dito nell'intruglio melmoso e ne raccolgo un po', andandole incontro.

«Hai ragione... Potrebbe proprio essere una maschera di bellezza!», affermo, spalmandole il dito sulla guancia.

Si scansa, gridando divertita e, con una mossa imprevista, mi prende contro e mi versa sulla maglia un po' del beverone.

Bea ci guarda inorridita, con il naso arricciato, senza sapere quando interrompere questa faida. «Non so se il peperoncino sulla pelle sia una buona idea!» Si tiene a distanza, preoccupata di essere coinvolta.

Indica la guancia di Ludo, che sta cominciando a diventare rossa.

«Oh cavolo».

La mia migliore amica corre verso il bagno, ma prima di chiudersi la porta alle spalle si gira e, con fare cospiratorio, dice: «Ma non finisce qui!», accenna a una risata malefica, ma viene interrotta dall'arrivo di Nonna Pina.

«Cosa state facendo?» chiede, tentando di essere severa, con occhiate minacciose verso Ludo e me. «Ludovica, vai a pulirti, potrebbero venirti le bolle!»

Spalanco la bocca e guardo la nonna, puntandomi un dito contro il petto. «Io l'ho bevuto!», piagnucolo.

La sua espressione muta in un attimo e torna a guardarmi con amore e pazienza, proprio come farebbe con un bambino di cinque anni. «Oh Sol, cara. Non ti succederà niente!».

Non aggiunge altro, si allontana svelta e torna in salotto a guardare la televisione, rammendando calzini.

Seguo i suoi movimenti con sospetto, poi guardo Bea, la quale alza le spalle confusa quanto me.

«Vieni, puliamo quella maglia», mi propone, infine.

Ci avviciniamo al lavello in cucina e sfilo attentamente la maglia. Il reggiseno sportivo che porto non si è sporcato, ma mi sento molto a disagio a restare tanto svestita, quindi tento di coprirmi con uno dei grembiuli da cucina della nonna.

Bea si lega i capelli in una coda e comincia a togliere i rimasugli di centrifugato dalla mia maglietta. Mi siedo al tavolo con la fronte appoggiata al legno caldo e le braccia distese in avanti.

«Non ce la farò mai», biascico con le labbra appena aperte.

«Non essere melodrammatica», mi rimprovera la lavandaia, «forse queste cose non sono buone, ma mi sembravi molto soddisfatta quando sei arrivata».

Strizza la maglia e apre la finestra per appoggiarla sul davanzale ad asciugare. «Non puoi fare tutto in una volta», prosegue chiudendo i vetri.

Volto la testa appoggiando la guancia su un braccio e annuisco. «Hai ragione, ma temo di non riuscire a passare la visita se non comincio subito», le spiego. Poi mi rincuoro qualche secondo, ripensando ai trenta minuti di fatica a cui sono sopravvissuta.

Si siede accanto a me e si scioglie i capelli, li pettina con le dita e li lascia ricadere morbidi su una spalla.

«Mi dispiace per ieri», dice, cambiando argomento. «Non volevo metterti in mezzo, ma avevo un appuntamento con Logan, poi Marco mi ha scritto che sarebbe uscito prima e mi avrebbe portato a casa e non sapevo più come fare».

Gioca con le punte dei suoi capelli e il suo sguardo è pieno di sconforto.

Mi sollevo e appoggio una mano sul suo braccio. «Stai tranquilla, è tutto ok» la rassicuro, strappandole un mezzo sorriso.

«Grazie, ma so come queste cose ti mettano in imbarazzo. Logan mi ha anche detto, che non riuscite ad andare molto d'accordo», aggiunge con il chiaro intento di sapere cosa ne penso.

Sposto la mano e alzo gli occhi al cielo. «Non è che sia stato proprio gentile con me», dico solamente.

Corruccia la fronte e si sposta in avanti. «Ha detto che quando ha tentato di scusarsi, tu hai gettato il suo numero nel water...»

Mi gratto la testa, nervosa e infastidita. «Beh, sì, ma solo perché lui ha fatto il ruffiano per avere il tuo numero».

È la spiegazione migliore che potessi darle, non ho nessuna intenzione di stare qui a farmi rimproverare perché ho trattato male il piccolo Logan.

«Mi ha contattato comunque, tramite Instagram», mi spiega. «Potevi risparmiarti la figura dell'isterica».

Prendo un lungo respiro, per ingoiare la risposta secca che vorrei darle, perché so che non sono io il punto della questione.

«Ti piace Logan?», le chiedo, invece.

Conosco Bea abbastanza bene, da capire quando comincia a interessarsi a qualcuno, e, come volevasi dimostrare, non ho sbagliato nemmeno ora. Le sue guance si arrossano e i suoi occhi brillano di malizia.

«Diciamo che ci sentiamo regolarmente», mi concede.

«E Rodda?».

Provo sempre un po' di compassione per il povero ragazzo, che viene dimenticato tanto in fretta, con un colpo di spugna. Penso a quando, solo ieri, li osservavo e lui aveva quello sguardo rapito, pieno di affetto e mi si chiude lo stomaco. L'intruglio, che ancora vi galleggia dentro, da un colpo e mi alzo di scatto per bere un sorso d'acqua per placarlo.

Bea resta in silenzio per qualche secondo, a giocherellare con i capelli, con sguardo innocente.

Placo la nausea e mi concentro su di lei, in attesa della sua risposta, che tarda ad arrivare. Incrocio le braccia al petto e tamburello le dita, impaziente.

«Ecco... io speravo... io...» tentenna.

«Non girarci intorno» la rimprovero, forse troppo bruscamente.

«Ho una proposta per te».

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una storia sulla ship migliore di questa edizione, sarah x liljolie. non credo abbia bisogno di una descrizione, le conoscete fin troppo bene