Tutto quello di cui ho bisogno

By AlessiaSanti94

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Quando Nadia ha lasciato Roma per tornare al paese natale, si è portata dietro un cuore spezzato e tanta frag... More

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2 Anni dopo.
Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
E se vi dicessi... Nuova storia?
Capitolo 10.
La Nuova Storia è stata pubblicata!
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
#AskAle
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Capitolo 24.
Capitolo 25.
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Capitolo 27.
Capitolo 28.
Capitolo 29.
Capitolo 30.
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Capitolo 37.
IMPORTANTE!
Capitolo 38.
Capitolo 39.
Capitolo 40.
#AskYourCharacter.
Capitolo 42.
Capitolo 43.
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Capitolo 56.
Capitolo 57.
Capitolo 58.
Capitolo 59.
Epilogo.
Capitolo extra + anticipazioni
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Capitolo 41.

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By AlessiaSanti94



Nadia camminò per una ventina di minuti lungo le vie trafficate dei Parioli senza un'apparente destinazione. Muoveva i piedi ritmicamente, con lo sguardo rivolto verso l'asfalto grigio e le mani all'interno delle tasche della giacca, e zigzagava tra i passanti, intenti nelle faccende del primo pomeriggio.

Il litigo con Diego l'aveva turbata al punto da sentire la necessità di sbollire il nervosismo con una passeggiata. Tanto, anche se fosse tornata a casa, non si sarebbe messa a studiare o a fare qualcosa di effettivamente utile. Il modo in cui l'aveva trattata - il modo in cui era scattato quando aveva visto quello che stava facendo - l'aveva fatta rabbrividire: per un attimo Diego era sembrato completamente fuori di senno, come se lo avessero colpito con un pugnale su una ferita non del tutto rimarginata.

Certo, mettere il naso in affari che non le riguardavano minimamente non era stata la scelta più azzeccata, e di questo in parte se ne pentiva, ma non poteva giustificare la reazione brusca che aveva avuto: alla fine restavano pur sempre delle foto, qualsiasi significato avessero potuto racchiudere.

Già... ma quale significato? Quando era uscita da casa sua, Nadia aveva finalmente ricordato da chi avesse già sentito parlare di Gabriella. Ed era la stessa persona che ancora adesso continuava a punzecchiare Diego con battutine mordenti: Mattia.

Era stato lui a raccontarle la storia di Gabriella, prima ancora che lasciasse la città: per un periodo di tempo aveva frequentato il Machiavelli e aveva stretto amicizia con il gruppo di Diego, proprio come aveva fatto anche lei. Con il passare del tempo però Gabriella aveva mostrato di avere un debole per Diego, e si era lasciata trasportare da lui in ogni pazzia. Secondo Mattia, per il compagno si trattava solo di un passatempo contro le sue giornate monotone, ma dalle foto scattate che aveva visto Nadia nella sua camera, sembrava esserci qualcosa di più: sembrava come se Diego tenesse a quella ragazza. Ma, dal racconto di Mattia, le cose tra loro smisero di funzionare definitivamente quando lui, ubriaco e fuori di sé, si era spinto oltre il limite tollerabile, facendo fuggire Gabriella.

Una folata di vento fresco le soffiò sul viso e le scompigliò i capelli. Nadia si strinse nella giacca e socchiuse gli occhi, interrompendo per un attimo il flusso di pensieri. Si fermò sul ciglio del marciapiedi e osservò il cancello in ferro battuto aperto di fronte a sé: era arrivata di fronte a Villa Borghese, senza sapere di preciso il tragitto percorso. La strada finiva lì, e le uniche possibilità contemplabili erano attraversare le strisce pedonali e fare dietrofront, oppure addentrarsi in quel denso strato di alberi e brecciolino. La scelta ricadde sull'ovvio, e così varcò il cancello, continuando a camminare lungo un sentiero, delineato ai lati da una serie di panchine. Ai lati, sopra il prato, i bambini correvano e si arrampicavano sui giochi, controllati a distanza dalle loro mamme. Nadia osservò le loro facce e sentì le loro risate allegre, mentre saltellavano da un'altalena all'altra, ma nonostante ciò, non riuscì a far passare in secondo piano il litigio con Diego. Le era rimasto attaccato alla pelle, come un denso strato di colla, e non aveva idea di come liberarsene. O meglio, un'idea l'aveva, ma non sapeva se avrebbe funzionato.

Si fermò un momento accanto a un lampione della luce ancora spento e afferrò il cellulare dalla tasca della giacca. Compose a memoria un numero di telefono, senza indugiare minimamente. Anche se era passato tanto tempo, non lo aveva dimenticato. Con un filo di nervosismo, attese in linea.

Il destinatario rispose al terzo squillo. «Pronto?»

Nadia sorrise, sollevata nel sentire la sua voce cristallina. «Mattia, sono io.»

«Nadia?» concluse subito lui, confuso e stupito.

«Sì, senti, lo so che è strano che ti chiami. Ma questo è il mio cellulare... sai, se dovesse servirti», borbottò, mentre con il piede disegnava cerchi sul sentiero di sassi.

«Dove sei? Sento dei bambini che gridano.»

Nadia si guardò attorno e di nuovo lasciò cadere lo sguardo sui bambini che si rincorrevano sul prato. «A villa Borghese.»

Mattia rimase in silenzio per qualche secondo. Sembrava dubbioso. «Mi avevi detto che avresti lavorato fino al pomeriggio.»

«Ecco, a dire la verità, ho provato a lavorare... ma per questioni superiori sono dovuta andar via. Questioni davvero superiori.»

«Cos'ha combinato quello stronzo di Diego?» sbottò lui, alzando il tono di voce.

«Non è successo nulla di catastrofico. Mi ha solo mandata via prima.»

«Guarda che se stai coprendo di nuovo qualche sua stronzata sconsiderata, io...»

«Mattia, devi dirmi cosa c'è stato veramente tra Diego e Gabriella». lo interruppe lei, con una certa urgenza.

Mattia rimase spiazzato e borbottò qualcosa sottovoce. «Gabriella? Quella Gabriella? Come diavolo ti è tornata in mente? È una storia così vecchia, Nadia.»

Lei sospirò. «Ascolta, è successa una cosa, prima. Ero entrata in camera di Diego con Lidia per prenderle dei colori e involontariamente ho fatto cadere una scatola piena di vecchi ricordi e foto di loro due insieme», gli spiegò, abbassando quasi a un sussurro la voce. «Lui non era in casa fino a quel momento, ma è tornato proprio nell'attimo in cui avevo tra le mani le sue foto. E, be', non ha reagito bene.»

«Ha... ha fatto qualcosa che non avrebbe dovuto?» Mattia tastò il terreno con una calma gelata.

«Si è solo infuriato con me. Ha rimesso in ordine le foto nella scatola e mi ha cacciata di casa. Ma credo sia soltanto un momento... non mi ha licenziata. Almeno, lo spero.»

Mattia emise un sospiro e si sentì un rumore di molle in sottofondo. Forse si era appena alzato dal letto. «Vuoi che ti venga a prendere? Posso liberarmi da qualsiasi impegno, lo sai.»

Nadia sorrise. «No, non ti ho chiamato per questo motivo. Sono venuta a piedi perché avevo bisogno di schiarirmi le idee. Ci ho riflettuto abbastanza e sono giunta a una conclusione: voglio arrivare in fondo a questa storia.» Riprese a camminare lentamente. «Insomma, tu mi avevi raccontato che Diego voleva solo prendersi gioco di lei, ma dalle foto che ho visto non sembrava affatto esserci solo quello.»

«Nadia, io non so cos'avessero quei due. Ma ti posso assicurare che il loro rapporto è stato una delle cose più malsane che abbia mai visto. Diego... lui era uno stronzo. Non perdeva attimo per provocarla. E lei era solo una ragazzina ingenua; pendeva dalle sue labbra come se avesse di fronte una divinità. Provava indubbiamente qualcosa per lui, ma non posso dire la stessa cosa di Diego.»

«E allora perché tenere dei ricordi di loro due insieme? Io non capisco!»

«Forse dimentichi che stiamo parlando di Diego Neri. Nemmeno lui sarebbe in grado dare una spiegazione a tutte le sue scelte illogiche. E tu ci stai ancora provando.»

Lei corrugò le sopracciglia. «Provando a fare cosa?»

«A comprenderlo», replicò di getto lui, con un tono palesemente scocciato. «Da quando è diventato così importante per te? Nel contratto da baby-sitter per la sorella rientra forse anche fargli da psicologa personale?»

«Non dirmi che sei geloso di lui», ridacchiò Nadia. Mattia geloso... le era mancato questo suo aspetto protettivo.

«Non sono affatto geloso. Solo, non riesco a dare un senso a questa tua curiosità. Lui ha sempre fatto di tutto per metterti nei guai, e tu... tu lo vuoi ancora aiutare?»

«Mattia, qualsiasi cosa abbia passato Diego ha influito sulla persona che è diventata adesso. E noi non siamo nessuno per poterlo giudicare. Tu lo hai sempre catalogato come tipo inaffidabile, ma ti sei mai chiesto perché lo fosse o perché si comportasse così?»

«Sicura di non voler intraprendere il ramo della Psicologia? Sei ancora in tempo per cambiare, sai?»

Nadia batté furiosamente il piede a terra. «Tu non mi prendi abbastanza sul serio.»

«Sentiamo, allora: cosa dovrei fare? Io e Neri non siamo mai stati amici. La nostra tolleranza è limitata al grugnirci un "ciao" a vicenda. Nei momenti in cui non lo sto prendendo a pugni per provarci costantemente con te, ovviamente.»

«Prova a scoprire qualcosa di più su ciò che è stata la relazione tra Diego e Gabriella. Lo farò anche io.»

Mattia rifletté in silenzio. «E cosa ci guadagnerei? Mi stai convincendo a fare qualcosa che non mi passerebbe per la testa nemmeno sotto tortura.»

Nadia sorrise e alzò un sopracciglio. «Lascio a te la scelta.»

Mattia schioccò la lingua, sorpreso. «Mi stai davvero lasciando campo libero sul premio? Questa tua sicurezza ostentata mi stupisce, Nadia... Sicura di non pentirtene? Potrei scegliere qualsiasi cosa», le fece notare, celando un sorriso scaltro.

Ma Nadia non lo stava più ascoltando. Aveva appena visto una figura familiare, abbandonata su una panchina isolata da tutte le altre. Era da sola, e non faceva altro che fissare il suolo, con i capelli a farle una barriera da entrambi i lati del volto.

«Scusami, ma adesso devo proprio andare. Ci... possiamo sentire dopo?»

«Uhm, okay.» Mattia acconsentì, senza smettere di stare sulla difensiva. «Fammi sapere quando sarai tornata a casa.»

Nadia continuò a camminare a passi spediti verso la panchina. Aveva completamente disconnesso il cervello dalla conversazione con il ragazzo, proiettando i suoi pensieri su quella persona che a primo impatto aveva i lineamenti di qualcuno davvero familiare. Rispose rapidamente a Mattia e chiuse la chiamata proprio nel momento in cui si fermò di fronte alla ragazza, stretta all'interno del giacchetto.

«Anita?» le chiese a bassa voce. Non era certa che fosse sul serio lei, ma l'abbigliamento elegante e raffinato e i tacchi a spillo all'interno di un parco erano dei dettagli facilmente riconducibili a lei.

La ragazza sollevò di scatto la testa e impallidì più di quanto non lo fosse già. «Nadia? Che ci fai tu qui?» La sua voce era rotta e tentennante, e quegli occhi rossi e gonfi non annunciavano niente di buono.

Nadia non l'aveva mai vista in quelle condizioni. Anita era sempre stata la ragazza perfetta e impeccabile... Quella che non sfigurava mai in pubblico. Si cibava del suo ego come fonte di sostentamento primario e odiava essere messa in ridicolo di fronte agli altri. Ma adesso, buttata sopra una panchina, con le scarpe sporche di terra e i capelli spettinati, sembrava totalmente un'altra persona. Il suo sguardo era spento e ferito, e gli aloni nerastri sotto agli occhi erano dei chiari sintomi che avesse pianto. E anche parecchio.

«Anita, che ti succede? Stai piangendo?» le domandò, scrutandola con attenzione.

Lei sbuffò e tirò su con il naso, prima di asciugarsi una guancia e tornare a fissare il vuoto con un'espressione di fredda superiorità. «Sono venuta qui perché volevo stare da sola. Quindi possiamo far finta di non esserci mai incontrate? Guarda, giù in fondo c'è l'uscita del parco. Usala per andartene.»

«Non prima che tu mi abbia detto perché stai così.»

«Oh, ti prego, Nadia. Risparmiati questo finto perbenismo. Non sono ancora arrivata al livello di voler incutere pena.»

Ma Nadia non l'ascoltò e prese posto accanto a lei, sedendosi spalla a spalla.

Anita sbuffò spazientita e si spostò nella parte più esterna della panchina. «Sei una rompipalle.»

«Sto solo cercando di capire cosa ti succede. Insomma, è strano trovare una principessina come te in un luogo così lontano dal tuo habitat naturale. È scontato che mi faccia delle domande... Hai litigato con qualcuno?»

«No, di solito piango per hobby.» Anita cercò di rispondere con il solito spruzzo di ironia farcita da cattiveria, ma le uscì fuori solo un rantolo strozzato. «Senti, nessuno ti ha detto di sederti e di farmi il terzo grado. Non abbiamo tutta questa confidenza, io e te.»

Nadia sospirò ma non desistette. «Okay, non siamo amiche, è vero. Tu non sopporti me e io non sopporto te. Ma sei in difficoltà, e il fatto che tu stia piangendo su una panchina di un parco, da sola, ne è la prova. Quindi non me ne può fregare di meno se fino a qualche ora fa eravamo nemmeno ci rivolgevamo parola. Adesso siamo qui e tu hai bisogno di aiuto. Puoi continuare a odiarmi in silenzio, ma non me ne andrò.»

«Wow, dovrei commuovermi, ora?» Anita reclinò di scatto il busto verso Nadia, che sussultò, e la incenerì con gli occhi. «Sai, se fossimo in un talk show, adesso partirebbe l'onda di applausi per te... il tipico discorso strappalacrime della brava ragazza. Ma sai che c'è, Nadia? Noi non siamo attori di una serie tv, e quella che stiamo recitando è solo la vita reale... E la mia è solo una farsa.»

«Che vuoi dire? Per quel poco che ti conosco, hai sempre elogiato sotto ogni aspetto la tua vita.» Nadia la fissò con aria pensierosa.

«Stavo fingendo. Conosci questa parola? Io la uso da quando sono nata. La mia vita è una grandissima finzione: a scuola, con gli amici, con i miei genitori... persino il mio ragazzo è finto! Come pensi mi possa far sentire tutto questo? Orgogliosa? Felice? O forse soddisfatta dalla mia vita? In realtà niente di tutto questo. La mia vita è piena di mancanze.» Si passò una mano sotto l'occhio destro e cancellò una lacrima intrisa di eyeliner.

«Tu hai ogni cosa, Anita. Non sai di cosa parli.»

Anita scosse la testa. «Nemmeno tu lo sai. Forse Mattia può capirmi, ma voi... tutti voi, siete solo in grado di giudicare male.»

«Mattia?» le chiese lei, confusa.

«Come se non sapessi quello che è successo tra di noi.»

Ma Nadia annuì in silenzio. Ovviamente sapeva che si fossero lasciati. Un campanello di allarme le squillò nella testa. «Hai litigato con i tuoi genitori? È questo il motivo?»

«Complimenti. Ci hai messo solo venti minuti per arrivarci.» Anita si accanì con una rabbia fredda contro di lei, continuando a inchiodarla con gli occhi. «Sei riuscita a rovinare ogni cosa, Nadia.»

Nadia chiuse gli occhi e si morse il labbro. Sospirò e scosse la testa. «Anita, sai che non-»

«Oh, non dirlo nemmeno. Prima del tuo arrivo andava tutto a gonfie vele... La mia vita, quella di Mattia, i rapporti tra le nostre famiglie. Non eravamo completamente soddisfatti di noi stessi, è vero, ma loro lo erano anche per noi, e tanto bastava. Ma poi... poi sei arrivata tu, con il tuo bel faccino da ingenua, e hai mandato a puttane le nostre vite. La mia vita. Mi hai portato via l'unica persona in grado di capirmi realmente! Mi hai messo contro due famiglie.»

«Ti sbagli.... Io non ti ho portato via nessuno. Sai anche tu che Mattia era stanco di questa situazione, e se lui ha deciso di mettere fine a questa farsa, non vuol dire che io sia felice dei problemi che si creeranno tra voi. Anita, guardami quando ti parlo!» Nadia le strattonò la spalla per farla voltare e lei sbuffò, scocciata. «Non avevo intenzione di creare un putiferio tra le vostre famiglie. Non sono io quella che si diverte a distruggere la felicità altrui. E se anche tu lo pensassi, adesso non mi sarei fermata qui, a cercare di darti una parola di conforto! Perciò smettila di dire che ho rovinato tutto io, perché sappiamo entrambe che non è così. Sono stati i vostri genitori a farlo, e voi non avete fatto altro che rendervi complici. Vi siete scavati la fossa da soli per poi seppellirvici dentro, e ora vi lamentate di quanto in fondo siate scesi.»

Anita rimase in silenzio, a fissare con sguardo sorpreso la ragazza seduta al suo fianco. Si sentiva offesa, colpita e totalmente spiazzata. Per la prima volta, non aveva una battuta pronta con cui poter controbattere. Così strinse i pugni e rimase in silenzio, sviando per l'ennesima volta le occhiate taglienti di Nadia.

Lei sospirò e cercò di calmarsi. Urlare in faccia a una persona già instabile di suo non era il comportamento più adeguato, perciò reclinò la testa indietro e si poggiò con la schiena sulla panchina, per poi puntare gli occhi di fronte a sé, verso tutto e verso niente. «Ascolta, mi dispiace. Potrai anche non crederci, o pensare che adesso per me sia facile sparare sentenze. Mi dispiace di aver dato il via a una reazione a catena spiacevole, ma sapevamo tutti che prima o poi lo spettacolino da quattro soldi dei vostri genitori sarebbe terminato. Era solo questione di contare il tempo rimasto prima che qualcuno sarebbe esploso. E questo momento è arrivato», giocherellò con una pellicina sulle dita, pensierosa. «La differenza dovete farla tu e Mattia, adesso. Dovete combattere per quello che volete essere realmente. Anita, avete la possibilità di dare una svolta alla vostra vita... Loro non vi metteranno più i bastoni tra le ruote, se vi imporrete.»

Anita balzò in piedi e si allacciò il giacchetto. «Sai che c'è? Se non te ne vai tu, me ne vado io. Non ho nemmeno capito perché mi sia fermata a parlare con te per tutto questo tempo. Non sai di cosa parli, Nadia, e non pensare che le cose saranno facili anche per te, da qui in avanti», le riferì, risoluta. «Non ti sto minacciando. Ma sappi che le famiglie De Longhi e Silvestre sono vendicative, e non saranno felici nel sapere che dietro a tutta questa esplosione atomica ci sia tu... che ci sia sempre stata tu.»

Anche Nadia si alzò in piedi e strinse il manico della borsa nella mano. «Ho smesso di avere di paura di loro da un bel po' di tempo. E tu, invece? Quando smetterai di nasconderti nell'ombra dei problemi altrui e inizierai ad affrontare la vita a testa alta?»

Anita abbassò lo sguardo a terra e scosse la testa, prima di sorridere freddamente. «Quando la mia vita diventerà qualcosa di più che una semplice sopravvivenza» sospirò e alzò il mento verso Nadia. «Goditi questi attimi di pace con Mattia finché potrai. È un bravo ragazzo, e sono convinta che ti ami davvero... Almeno, questo è ciò che appare agli occhi di una povera idiota immune a questi sentimenti.»

Nadia aggrottò le sopracciglia. «Sono sicura che anche tu troverai-»

«No. Non io.» Anita incurvò le labbra in un sorriso triste, e poi voltò i tacchi, allontanandosi a passi svelti verso l'uscita del parco. 


Angolo dell'autrice. 

Eccomi di nuovo con questo capitolo di quasi 4000 parole. Anche se aggiorno in ritardo, cerco di pubblicarli più lunghi del solito ^^ 

Comuunque! Il capitolo è di nuovo dal punto di vista di Nadia, che è ancora alle prese con la sfuriata di Diego: chiama così Mattia per avere il suo appoggio e... niente, nella loro piccola conversazione sono stati una coppia in tutto e per tutto. Nei prossimi capitoli ci saranno più momenti tra loro due ^^

Altra cosa importantissima è l'incontro di Nadia con Anita. Sarebbe successo, lo sapevate. Era nell'aria un loro confronto faccia a faccio, e così è stato. Soltanto che Anita ha i suoi splendidi modi per reagire, anche di fronte a chi si presenta per parlare pacificamente. Il suo percorso sarà difficile, d'ora in poi, se non fuorviante... 

Il prossimo capitolo non sarà dal punto di vista di Nadia, né di Mattia. Ma, attenzione, sarà davvero, davvero importante ;) 

Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento! Alla prossima. -A

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