VOGLIO CHE TU SIA MIA

By SilvanaUber

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TERZO E ULTIMO LIBRO DELLA TRILOGIA "SE TI PRENDO SARAI MIA". Primo libro: Se ti prendo sarai mia Secondo lib... More

UN NUOVO INIZIO
SOLO UN PADRE
VATTENE LONTANA DA ME
IL MONDO NON HA SENSO SENZA DI TE
COMPLOTTI (per un pubblico adulto)
USI E COSTUMI
SONO TORNATO DA TE
SOTTOMESSA A ME
ANNULLAMENTO DI MATRIMONIO
SONO IL TUO PADRONE
DALLA PARTE DI RENUAR
UN'AMICA
LA MIA AMANTE
TRAPPOLA
UNA PENOSA FIGURA
NON SONO UN VILE
PERSUASIONI
PER TE, NADINE!
COME UNA DONNA GUARDA UN UOMO
UNA VISITA INASPETTATA
NON TI AMO... MA
ARRENDITI
NON PUOI MENTIRE PER SEMPRE
QUEL Sì STRAPPATO
CUORI SPEZZATI
ZOE
PRIGIONIERE DI UN'EPOCA
LA PACE PORTA GUERRA
I MIEI STESSI OCCHI
PIANO DI RISERVA
VECCHIE AMICIZIE
IL MIO NOME E' MARY CAMPBELL
NADINE NELLA NOTTE
INFERNO DENTRO
GUERRA E PACE
IL NOSTRO EPILOGO
AD OGNI DOMANDA....
ALEC IN PERSONA PER VOI

LA STORIA PUO' SEMPRE CAMBIARE

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By SilvanaUber

I fatti storici nominati non corrispondono alle vere date. Il POV iniziale è di una protagonista appartenente al futuro di cui non ho mai parlato e che tornerà molto utile più avanti.

Scozia - regione settentrionale - 28 aprile 2 0 1 5

"Pss psss". 

La mia compagna di banco sbirciò da sopra il libro e rivolse un'occhiata ispettiva al professore prima di voltarsi verso di me. "Che c'è?".

"Per caso ti sei scaricata l'applicazione di Wattpad sul cellulare?".

Il professore di storia, un uomo sulla trentina vestito da capo a piedi con un completo gessato, sbirciò nella nostra direzione senza smettere di camminare adagio tra i banchi, quindi proseguì nella spiegazione, soffermandosi qualche secondo a consultare il grosso libro che teneva aperto tra le mani.

"L'ho fatto la scorsa settimana. Ho trovato dei libri interessanti". La mia compagna fece una pausa, sorridendo melliflua al professore, quindi sollevò il libro quel tanto che bastava per celargli una parte del suo volto. "Che nickname hai? Così ti seguo".

"Sarahxxx9017", risposi. "Passami il tuo cellulare che il mio è scarico".

"Che ci devi fare?".

Stentai a sentirla perchè la voce del professore sovrastò la sua, sollevandosi sopra le numerose teste degli studenti. "Ma torniamo ora a Carlo I: aiutato dal suo stretto collaboratore William Loud, fu impegnato nella prima fase del suo regno in una dura lotta di potere contro il parlamento, che si oppose alla sua pretesa di riscuotere le tasse senza l'assenso parlamentare. Le tensioni politiche e religiose accumulate nel corso degli anni esplosero nella guerra civile inglese: contro di lui si scontrarono le forze del Parlamento che si opponevano ai suoi tentativi di accrescere il suo potere in senso assolutistico".

"Che avevi detto?", chiesi, appena il professore ci voltò le spalle per controllare cosa stava trascrivendo la ragazza in prima fila.

"Ti ho chiesto cosa ci devi fare".

"Un' autrice che seguo ha aggiornato un capitolo e volevo votarlo", le risposi. "Sta scrivendo un libro sulla storia scozzese del 1600. Si parla anche di Carlo I e dei clan O'Braam.... magari può tornarci utile".

Mi fissò schifata: "Stai leggendo una storia sulle guerre di Scozia? Sei seria?".

Mi tappai la bocca per soffocare una risata. "Non è pallosa come sembra. Parla di un certo Alec e di una tizia, adesso non mi ricordo il nome, che dal futuro finisce nel 1600".

"Rimane comunque palloso. Però lo cerco". Pigiò qualche tasto sulla tastiera e ruotò il cellulare per mostrarmi lo schermo. "Ti sei accorta, vero, che l'autrice non è capace di caricare la copertina del libro? Ne ha messa una di defoult. Quanto sfigata può essere?".

Sollevai la testa di scatto, percependo i passi del professore più vicini. "Zitta, zitta. Il professore ci guarda".

Ma era già troppo tardi. Merda!

"Signorine Sarah e Nicol", ci imbeccò il professore. "Perchè non proseguite voi la lezione dato che amate così tanto chiacchierare? Stavate parlando di Carlo I, giusto?".

La mia compagna di banco sbiancò, ricacciando il volto dentro le pagine del libro ed io restai paralizzata a fissare gli occhietti malefici del professore.

"Mi scusi", blaterai mortificata.

"Signorina Sarah O'Braam, mi illumini: cosa avvenne il 23 ottobre?".

Riordinai velocemente i pensieri, ricollegandoli a ciò che avevo studiato in biblioteca durante la mia ricerca per la tesina. "Il 23 ottobre avvenne nei pressi della cittadina di Edgehill il primo scontro armato tra i due eserciti. La battaglia vide prevalere i clan degli O'Braam, sostenitori della monarchia, ma non ebbe vincitori".

"Vada avanti", mi spronò, sorpreso dalla mia risposta.

"Se da una parte l'esercito monarchico -guidato dai lord Alexander Mackenzie O'Braam, Renuar e Geneviev- mise in fuga inizialmente la fanteria parlamentare, poi questa riuscì a contenere i successivi assalti e ben presto le sorti della guerra virarono a favore del Parlamento. Con la battaglia di Dumbar nel 1650, l'esercito parlamentare guidato da Oliver Cromwell uccise lord O'Braam e sbaragliò le truppe del re. La guerra si concluse con una disfatta per Carlo che fu giustiziato con l'accusa di alto tradimento. La monarchia fu abolita e fu fondata al suo posto una Repubblica che però, morto Oliver Cromwell, entrò rapidamente in crisi, consentendo al figlio di Carlo II di restaurare la monarchia".

"Come sempre mi ha sorpreso signorina Sarah O'Braam". Quindi ammiccò, avvicinandosi al mio banco. "Ha mai fatto caso della sua omonimia con il famoso lord Alexander O'Braam?".

"Sì, ma d'altra parte i cognomi scozzesi si somigliano un po' tutti".

"Già", concordò, chiudendo il libro con un tonfo e sollevandolo per mostrare la copertina alla classe. La picchiettò con un dito e sollevò lo sguardo: "C'è una cosa che gli studiosi non hanno mai compreso e che ancora oggi stanno studiando: come mai... qual è la vera ragione che ha portato quest'improvvisa disfatta dell'esercito monarchico?".

Attese qualche istante, poi si allontanò dal mio banco per proseguire la sua snervante passeggiata verso la cattedra. 

"Lo vuoi ancora il cellulare?", mi domandò Nicol.

"Naaa, lascia stare. Quello lì è un rompi palle", indicai il professore con una smorfia.

"La risposta la sappiamo, almeno in parte", riprese il professore, dopo aver lasciato il tempo necessario agli studenti per metabolizzare la domanda. "Qualcosa ha spinto i tre lord - O'braam, Renuar e Geneviev- lontano dalla battaglia ed è stato proprio in quel momento che Oliver Cromwell ne approfittò per ribaltare le sorti della guerra a favore del parlamento. Senza l'allontanamento dei tre lord, questa vittoria non ci sarebbe mai stata e probabilmente l'Europa che conosciamo oggi sarebbe molto diversa".

"Magari quei tre se la stavano facendo sotto e se ne sono scappati prima di morire decapitati", avanzò il ragazzo ripetente seduto al banco vicino alla finestra.

"Giusta osservazione Paul, ma poco credibile dal momento che in seguito ripresero i combattimenti a fianco della propria legione. E per favore solleva le gambe dal banco e siediti composto", lo rimproverò il professore.

"Che rottura di palle", bisbigliò Nicol.

"E quindi torniamo ad arenarci al solito dilemma: cosa, o chi, ha spinto i tre lord ad allontanarsi dalla battaglia nello stesso medesimo istante?".

POV ALEC

"Allontanarci tutti e tre dalla battaglia nel medesimo istante getterà il panico tra i soldati", abbaiò Renuar, spalancando le porte del castello e lasciando che una folata di vento si intrufolasse tra la paglia stesa sopra il pavimento.

Era stato annunciando dalle trombe dei miei uomini e dal tonfo sordo del ponte levatoio che si abbassava, eppure mi ritrovai a trasalire nell'istante in cui i suoi pesanti stivali rimbombarono nell'ampia sala da pranzo. Sapevo il motivo della sua ira e ancor di più sapevo che non se la sarebbe fatta passare molto in fretta.

Feci un cenno ai servitori di lasciarci e versai del vino in tre boccali. Geneviev alla mia sinistra lo afferrò, tentennando un momento prima di scolarlo tutto d'un fiato. Aveva di certo anche lui un ricco repertorio di lamentele ma si guardava bene dal rivolgermele. Per quanto i nostri rapporti si basassero sull'estrema fiducia che riponevamo l'uno nell'altro, sapeva riconoscere i propri limiti e la posizione inferiore che ricopriva nei miei confronti. D'altra parte, Renuar, sembrava invece dimenticare troppo spesso come ci si comportava davanti al proprio Signore.

"Venite, sedetevi alla mia tavola", lo invitai, mantenendo la calma. 

"Non sappiamo nemmeno con certezza se si tratta di un rapimento", continuò la sua protesta, togliendosi l'elmo per lanciarlo accanto al caminetto prima di scostare una sedia e lasciarsi cadere sopra. "Conoscendo Nadine avrà senz'altro combinato una delle sue stravaganze".

"Non avete fatto altro che ripeterlo da quando ci è giunta la missiva", prese la parola Geneviev. "Mi sfugge però la ragione che vi porta ad esserne così certo".

Renuar mi lanciò un'occhiata fugace e si schiarì la voce, leggermente in imbarazzo. "Non era molto felice di tornare al castello".

Una fitta di rammarico mi attanagliò lo stomaco. Il motivo per cui non voleva tornare ero io e non potevo nemmeno biasimarla. Nessuna donna avrebbe accettato di essere abbandonata dal proprio marito per ben due volte.  

"Cosa vi siete detti l'ultima volta che l'avete vista?", indagò Renuar. "Avete litigato?".

"Non più del solito".

"Siate più chiaro".

"La mia relazione con mia moglie non è oggetto di discussione".

"Potrebbe però svelarci l'arcano", insistette.

"Ho già svelato l'arcano", sbottai, tagliando corto. "Ed è per questo che ho bisogno del vostro aiuto".

La mano di Geneviev planò sul mio avambraccio. Quando parlò lo fece con voce calma ma decisa. "Non avete che da chiederlo, lo sapete".

Gli occhi di Geneviev si sollevarono severi contro Renuar, in attesa che confermasse le sue parole.

"Ma certo, certo", si arrese quindi Renuar, pur continuando a non sembrare convinto. "Avrete sempre il nostro aiuto, Alec. Ma allontanarci dal fronte durante una delle battaglie più importanti solo per farvi aiutare a tradurre uno dei tanti aspetti stravaganti di Nadine Low è stato avventato e stupido".

Mi passai la lingua sulle labbra e soffocai l'impulso di spiattellare tutto in un attimo. "Non si tratta delle stranezze di Nadine. Soprattutto perchè anche unendo le nostre tre menti resterebbero in ogni caso indecifrabili".

"Ma avete detto di aver avuto una lite con lei poco prima che scomparisse", mi ricordò. 

"Abbiamo avuto un diverbio circa Mary Anne", confidai seccato, sperando così di chiudere in maniera definitiva un argomento che non ci avrebbe portati a nulla.

"La vostra amante?".

"Ex amante", precisai. Corrugai la fronte, ancora confuso. Il motivo che l'aveva spinta ad arrabbiarsi così tanto non mi era ancora ben chiaro. "Sembrava tollerare a stento l'idea che fossi andato a letto con lei".

"E per quale ragione?", dissero contemporaneamente Renuar e Geneviev.

Sospirai. Almeno non ero il solo a non capirci a nulla. "Non lo so, ma per quanto la riguarda sarebbe capace di dire che la luna è a pallini blu pur di darmi contro. Per questo ho scartato fin da subito l'idea che potesse essere scappata. Inoltre non si sarebbe mai separata da Zoe".

Abbassai lo sguardo sulla mappa che avevo aperto sopra il tavolo mentre il dubbio mi offuscava. Come potevo convincere i miei due cavalieri più fidati che Nadine era stata rapita da Mary Campbell quando io stesso stentavo ancora a credere del modo in cui ero arrivato a tale conclusione? Il ricordo delle parole di Mary era impresso dentro di me e non lasciava alcuno spazio di manovra alla mia mente per poter allontanarsi dalla certezza che il rapimento fosse una vendetta da parte dei Campbell. Stavo basando le ricerche su una banalissima percezione, ne ero consapevole, ma avrei smosso cielo e terra per scoprire se fosse esatta. Per questo cercai di apparire il più serio possibile quando spiegai ai due cosa avevo visto e cosa la Mary del futuro mi aveva detto.

"Credetemi, ho passato a setaccio tutti i miei ricordi legati al futuro. Ci sono stato sopra l'intera notte ripetendomi che forse era la mia mente a giocarmi un brutto scherzo. Ma se invece non mi stessi sbagliando? Dio santissimo, se Nadine è davvero stata rapita dai Campbell... se... se non parlerà la potrebbero torturare oppure sottoporla a Dio sa cosa o peggio ancora...".

Troncai la frase con il petto ansimante, incapace di pronunciare a voce alta le parole che mi tormentavano.  Tentai di riprendere il controllo aprendo e chiudendo le dita delle mani mentre il terribile pensiero che fosse morta mi ronzava nella testa. 

"Dovete aiutarmi. Non come uomini ma come i feroci cavalieri che siete diventati", conclusi. 

Il viso di Renuar si contorse in una smorfia di disagio. "Avete idea di quanto sembri inverosimile  la vostra versione dei fatti? Non avete convinto nemmeno voi stesso, dite la verità!".

Lottai per mantenere un'espressione neutra sebbene dentro di me bruciassi dalla voglia di sbraitare, di infuriarmi e spaccare qualcosa. A cominciare dalla testa di Renuar. Perdio, volevo agire. Lo volevo seduta stante. Avrei voluto schizzare in piedi e riprendere le ricerche invece che starmene seduto a convincere due uomini che le mie sensazioni erano esatte. 

"Mio Signore", attaccò Geneviev con la sua solita voce tranquilla, "probabilmente quel ricordo è stato solo uno scherzo della vostra mente, messa sotto sopra dall'ansia".

"Oppure, ammettendo che sia stata effettivamente rapita, potrebbe essere caduta in mano a qualche brigante", ipotizzò Renuar, fissando il contenuto del suo calice.

Geneviev concordò, annuendo risoluto. "Dobbiamo considerare questa storia come una potenziale minaccia, questo è certo".

La mia rabbia esplose, senza più argini a poterla contenere. Come potevano Renuar e Geneviev starsene lì di fronte a me, calmi e razionali, invece di pianificare subito il salvataggio di Nadine?

"Mia moglie è in mano del nemico", urlai in faccia a Geneviev. "Non stiamo parlando di un ostaggio senza nome o di qualche possedimento terriero. Si tratta di mia moglie! E andrò a riprendermela con o senza il vostro aiuto".

Non c'era rabbia o giudizio nei suoi occhi, e forse fu questo che mi turbò profondamente. Mi alzai di scatto e mi avviai alla porta, ma dopo soli due passi si ritrovai stretto in una morsa; stringendomi il braccio intorno al collo, Renuar mi trascinò di peso al centro della stanza, sospingendomi nuovamente sulla sedia. 

"Statemi a sentire, Alec O'Braam. Se credete davvero che io e Geneviev abbiamo intenzione di lasciare Nadine in questo guaio vi sbagliate di grosso. Ma non intendo mettere in pericolo la posizione dell'intera legione monarchica agendo d'impulso senza informazioni e potenziali rinforzi". 

Quando focalizzai il viso di Renuar a un solo centimetro dal mio sbattei le palpebre, rallentando la mia mente e riposizionando i pensieri nella loro postazione logica. Non ero sciocco. Sicuramente disperato, ma non idiota. Sapevo benissimo che non potevamo piombare nelle terre dei Campbell senza un piano preventivamente studiato nei minimi dettagli, rischiando in ogni caso di far scoppiare un'altra guerra. 

"Non agiremo finché non sarò certo che non ci stiamo gettando in un'imboscata", riprese Renuar, calmandosi. "E domando perdono se sto momentaneamente prendendo in mano il comando".

"Siete perdonato", sussurrai istintivamente. Riconoscevo di essere intorpidito nei sensi. Ogni cosa intorno a me andava al rallentatore. In quel momento non sarei stato nemmeno in grado di decidere da solo come e quando respirare. 

La mia mente non poteva essere razionale e logica. Non almeno finché bramava l'azione e di fare qualunque cosa che mi impedisse di pensare al fatto che in quel preciso momento Nadine era sola e terrorizzata. O, ancora peggio, convinta che io non sarei andato a riprendermela. 

Renuar guardò Geneviev, calmo in apparenza, ma il bagliore nei suoi occhi tradiva la rabbia che stava provando. "Ci serve un piano. Geneviev, tira fuori un po' di mappe e impara tutto quello che puoi sulla conformazione del territorio e dei confini dei Campbell. Poi va da Robert e cerca di scoprire tutto quello che si sa sui briganti che trafficano queste zone".

Intorpidito rimasi dov'ero, a osservare i miei uomini che rapidamente facevano quello che sapevano fare meglio: pianificare un'operazione militare. Non mi mossi di un solo centimetro nemmeno quando i servitori tornarono in sala con dei grossi candelabri per far fronte alle prime ombre della sera. Mi risvegliai dal mio trance solo quando Renuar e Geneviev diventarono così rumorosi da svegliare un esercito intero. Sbattei le palpebre, confuso e ancora annebbiato, e lentamente misi a fuoco ciò che mi circondava, irritato dalla mia paralisi. 

Tutte le superfici della sala da pranzo erano state ricoperte di mappe e pedine, qualcuna era sparsa perfino sul pavimento. Renuar e Geneviev, in piedi uno di fronte all'altro al grande tavolo posto sulla pedana, stavano studiando una piccola riproduzione degli accampamenti posti all'estremo sud dei Campbell.  

Quando mi avvicinai, Geneviev alzò lo sguardo. La fronte era corrucciata per la concentrazione.  "Nessun brigante in questa zona da almeno un paio di settimane. Tuttavia anche la situazione nelle terre dei Campbell appare tranquilla. Troppo tranquilla. Uno dei cavalieri di difesa è stato là due giorni fa e ha sorvegliato l'accampamento ventiquattr'ore su ventiquattro senza vedere alcuna donna".

Posai i palmi sul tavolo. "Quindi non l'hanno presa loro?".

Geneviev esitò. "Non è quello che sto dicendo". 

"E allora cosa stavate dicendo esattamente?".

"Che potrebbero tenerla nascosta in un posto molto più vicino di quello che pensiamo. La stanno tenendo dentro i nostri confini proprio perchè convinti che non la cercheremo mai in queste zone, dando per scontato che andremo di filato nelle loro terre. Si tratta di un'imboscata, mio Signore. Non ci sono dubbi su questo".

"Riprendiamo le ricerche", sentenziai, sguainando la spada.

Geneviev e Renuar si scambiarono un'occhiata d'intesa, senza muoversi. 

M'insospettii. "Non avrete intenzione di andare senza di me?".

"Questa volta la posta in gioco potrebbe compromettere la vostra lucidità", cercò di farmi ragionare Geneviev.

"Ma so anche che se si trattasse di mia moglie, nessuno al mondo potrebbe impedirmi di agire", disse Renuar, picchiettando pensieroso l'indice sopra il tavolo. Quindi l'indice si bloccò e i suoi occhi tornarono a fissarmi. L'aria pensierosa svanì. "Sì, verrete con noi. Ma dovrete assicurarci di tenere la testa a posto e di non dare di matto".

Annuii, frenetico, sentendo già l'adrenalina scorrere nelle vene. "Va bene, andiamo".

"Abbiamo dei rinforzi?", sentii Geneviev rivolgersi a Renuar sottovoce. La sua paura era palpabile e anche motivata dalla consapevolezza che in missioni del genere le cose potevano andare male da un momento all'altro. 

Rallentai il passo e mi voltai verso di loro. "Per operazioni simili servirebbe una pianificazione molto più lunga e accurata. E questa volta non possiamo contare sull'aiuto economico del re. Tra l'altro se provocheremo una guerra con quei maledetti il nostro esercito ci accuserà come disertori. Dovremo agire in silenzio. Non abbiamo alternative. E di conseguenza non avremo rinforzi".

Renuar fece spallucce, minimizzando. "Non che ce ne servano del resto".

La sua sicurezza non bastò a dissipare il senso di colpa per averli trascinati in quella situazione. "Mi dispiace avervi coinvolti. Ma non posso perdere Nadine". 

"Non dovete dispiacervi di nulla. La riporteremo a casa, mio Signore", mi confortò Geneviev. "Non è vero, Renuar?".

Quindi abbozzò un sorriso, poi allungò il braccio per battere il pugno con quello di Renuar. Un attimo dopo, anche il mio pugno si unì ai loro. E di nuovo, dopo tanto tempo, le tre forze più potenti delle terre scozzesi si erano riunite. 




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