IL MONDO NON HA SENSO SENZA DI TE

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POV ALEC

Non aveva senso un mondo senza Nadine.

Anche se mi fossi attaccato alla vita, continuando a lottare per mantenere inalterata la linea cronologica della storia scozzese e assicurando quindi la vittoria a questo scontro tra clan, sapevo che ogni dannatissimo secondo avrei rimpianto l'istante in cui le mie labbra si erano mosse lentamente, scandendo quella frase "vattene lontana da me".

Portai una mano al petto e quando la tolsi vidi una chiazza di sangue grondare attraverso le dita. Sulle prime mi illusi scioccamente che fosse il mio cuore a sanguinare, ferito dall'ultimo sguardo che Nadine mi aveva rivolto, ma ben presto il dolore al costato mi suggerì che la lama di una spada mi aveva appena trapassato il torace da parte a parte.

Caddi sulle ginocchia senza forze e voltai la testa di lato giusto in tempo per scorgere allontanarsi il nemico che mi aveva colpito alle spalle. Il suo cavallo si impennò e subito dopo le zampe anteriori si immersero nel terreno, scattando in avanti, verso un gruppo di cavalieri con indosso solo una cotta di maglia, schierati in un semicerchio attorno a Geneviev.

Sebbene lo attendesse la morte sicura, il mio braccio destro l'affrontava con dignità, attaccando gli avversari senza il minimo cedimento. Con ammirevoli fendenti li teneva alla larga, facendoli retrocedere, tuttavia non aveva via di scampo.

"Avvicinatevi, bastardi", urlò. "Potrò anche morire ma state certi che almeno due di voi verranno all'infermo con me".

Due di loro lo attaccarono contemporaneamente ma con astuzia Geneviev riuscì a disarcionarli, guadagnando tempo. Con un rapido calcolo mentale intuii che in meno di trenta secondi i nemici sarebbero stati su di lui. Senza perdere tempo strisciai le ginocchia sul terreno, annaspando tra l'erba alta alla ricerca della spada. Contorsi le dita attorno all'elsa e con un rantolo mi sollevai, barcollando sulle gambe. I primi passi furono una vera e propria tortura. Il petto si sollevava rapido, tormentato dalle fitte di dolore, il sangue scivolava dallo squarcio verso il ventre, ma man mano che mi avvicinavo a loro la sofferenza batteva in ritirata, vinta dalla mia sete di vendetta.

Ruotando impetuosamente la spada, decapitai uno di loro e con un colpo di stivale feci rotolare la testa in mezzo al semicerchio, scatenando grida di stupore. Colti di sorpresa da quest'attacco imprevisto, li vidi indietreggiare nello stesso istante in cui Geneviev, approfittando di quella distrazione, si immerse a capofitto tra la battaglia, avanzando deciso e riprendendo posto al mio fianco per combattere furiosamente. Coprendoci le spalle a vicenda, nonostante i nostri avversari fossero in vantaggio numerico, riuscimmo a respingere ogni nuova minaccia. 

Ben presto la battaglia finì, colorando la terra col sangue nemico e assistendo la vergognosa ritirata dei pochi soldati avversari sopravvissuti. La vallata somigliava al cielo, ma anziché essere tempestata di stelle, era costellata dagli uomini che giacevano a terra morti, sparpagliati casualmente tra l'erba alta in un grottesco abbandono. 

"Sarei senz'altro morto senza il vostro aiuto", mi ringraziò.

Scrollai le spalle e mi incamminai tra i caduti di guerra, chiedendomi distrattamente se meritassero o meno una sepoltura. Ora che l'adrenalina si stava attutendo, il dolore al costato tornò più impetuoso di prima e faticai a percorrere i metri davanti a me.

"Ho visto vostra moglie fuggire insieme a quello stregone", lo sentii parlare alle mie spalle.

Nell'udire quelle parole il mio cuore accelerò un battito, scontrandosi con la ferita viva che pulsava contro le costole. Il dolore fisico soverchiò di gran lunga quello che divampava nel petto.

"Nadine", mormorai, prima di cadere in una specie di oblio.

L'istante successivo percepii sotto la guancia i freddi fili d'erba. Una ciocca di capelli sfuggì dal nastro di cuoio, finendomi davanti agli occhi e abbassando un telo nero sopra ogni cosa. 


POV NADINE

"Senti sapientone, parliamoci chiaro", mi bloccai nell'ennesima radura che stavamo attraversando. "Non ho idea di dove tu mi stia portando ma se stai ancora fuggendo da quell'ammasso di uomini in calzamaglia, ti informo che hanno smesso di seguirci da almeno tre chilometri".

Lord Stuart arrestò i suoi passi, ruotando su sé stesso per controllare l'ampia distesa di abeti che si alzava verso il cielo in ogni direzione. L'espressione tesa sul volto faceva chiaramente intendere che non era assolutamente intenzionato di dar peso alla mia protesta.

"Qualche cavaliere del clan dei Campbell potrebbe essere ancora sulle nostre tracce", cercò di farmi ragionare. "Ho giurato di proteggere la vostra vita ad ogni costo".

Mi chinai in avanti, posando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Il sudore mi colava dalla fronte, andando a schiantarsi sul davanti di quell'orribile e scomodo abito bianco che per tutta la durata della fuga aveva ostacolato i miei passi.

"E non ti è venuto il dubbio che, se non saranno i vichinghi ad uccidermi, senz'altro lo farà questa dannatissima corsa? Fermiamoci a riprendere fiato. A mente lucida e riposata penseremo a un piano".

"Non voglio mettere in discussione il vostro intelletto, mia Signora, ma lasciate questo ardito compito a me".

"Se non vuoi mettere in discussione il mio cervello perché lo hai appena fatto?".

"Non credo di starvi seguendo".

Sollevai gli occhi al cielo. "Ecco appunto".

Quindi mi lasciai cadere sopra un masso e mi attorcigliai i capelli, rimasti appiccicati al collo e sotto l'irritante orlo dell'abito.

"Suppongo che le borracce non le abbiate ancora inventate, non è così?", gli chiesi, nel momento in cui venne a sedersi accanto a me.

"Intendete certamente dire le bisacce".

"Se queste fantomatiche bisacce sono dei contenitori per l'acqua, sì".

"Non ne ho con me, Signora. Ma qua vicino c'è un ruscello dove potrete rinfrescarvi e abbeverarvi".

"Dì un po': ci fate pure il bagno in questo ruscello?".

Mi fissò stranito. "Raramente. Sapete, l'acqua è gelida".

"E quindi mi hai appena proposto di bere l'acqua che usate per lavarvi il culo e dove non so quanti cervi ci hanno pisciato dentro?".

Lord Stuart sbatté le ciglia un paio di volte, preso in contropiede. "Lo... lo facciamo tutti, mia Signora".

"E poi avete il coraggio di chiedervi come mai morite tutti prima dei cinquant'anni?".

Quando lo sentii sbuffare mi voltai verso di lui, pentita per il mio tono acido. "Scusami, Stuart, davvero. Non volevo offenderti".

"Siete in collera con Alec, non è così?".

"In collera?", ripetei, mordendomi il labbro. "Se fossi in collera con lui mi limiterei a tornare indietro e strappargli le palle".

"Signora!", soffocò quasi, arrossendo fino al cuoio capelluto.

In quel momento, guardando l'evidente imbarazzo sul suo volto, capii cosa intendesse Alec quando mi aveva avvertita che una mia semplice parola avrebbe potuto attirare su di me la curiosità del suo intero popolo. Dovevo darmi una calmata. Dovevo ficcarmi in testa che non ero più nel XXI secolo.

"No, Stuart, non sono in collera con lui. Sono ferita. E' diverso".

"Se vi ha abbandonata su quel campo di battaglia avrà senz'altro avuto le sue buone ragioni".

Gli lanciai un'occhiataccia. "Non c'è mai una buona ragione per abbandonare una moglie e un figlio".

"State parlando di Alec O'Braam o di me?", indagò, titubante.

"Il fatto che tu abbia abbandonato tuo figlio nel futuro non ti rende molto diverso da mio marito. Ma non mi stavo riferendo a questo".

"E allora a cosa, se posso permettermi?".

Abbassai lo sguardo sulle mie mani congiunte e mi schiarii la gola, alla ricerca della voce. Nonostante lo sforzo, comunque, fu il mio cuore a rispondere. E lo fece sottovoce.

Mi riferivo al fatto che, nonostante tutto, non aveva senso un mondo senza Alec.




VOGLIO CHE TU SIA MIAWhere stories live. Discover now