ARRENDITI

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POV ALEC

Il bruciore alla guancia partì con calma, quasi impalpabile nella sua insistente volontà di distrarmi da ciò che le mie labbra avevano appena trovato su quelle di Nadine. Ben presto, nonostante ogni parte del mio corpo fosse completamente inebriato dalla dolcezza di quella bocca che per un breve attimo era stata nuovamente mia, quel dannato bruciore si propagò, alla stessa velocità in cui una goccia d'olio di espande in un bicchiere d'acqua limpida. Dalla gota risalì verso la tempia e con velocità ridiscese verso la mandibola.

"Sul serio?". Nadine si massaggiò le dita, cercando di non dare nell'occhio. La sua debolezza era qualcosa di tremendamente serio. Picchiava me e sentiva dolore lei. "Sei sparito per mesi ed ora ti aspetti che due paroline dolci mi ammansiscano a tal punto di cadere tra le tue braccia?".

"A onor del vero, in effetti tu sei appena caduta tra le mia braccia. Quel cavallo stava per leccarti il volto... non che sia geloso di un cavallo", mi affrettai ad aggiungere, guardando comunque storto l'animale. "Lo sono di tutti gli altri".

"Alec", mi chiamò. 

Tornai a lei e lo stallone sbuffò, offeso dalla mia mancanza di attenzioni. Nadine teneva le braccia incrociate al petto con talmente tanta foga che il seno sembrava sul punto di scoppiare sotto le stecche del corpetto. Fu davvero difficile impedire al mio sguardo di staccarsi dal suo volto per ammirarne il petto, gonfio e duro a causa della gravidanza. Il solo pensiero di liberare quei seni dalla stoffa mi fece tirare il cavallo dei calzoni.

"Apprezzo quello che sei venuto a dirmi. Nessuno prima d'ora mi aveva mai fatto una dichiarazione così bella e...".

"Chi?", tuonai, sentendomi avvampare. La gelosia divampò come fiamme, ardendo e radendo al suolo ogni mio tentativo di calma. 

Il suo petto si gonfiò ancora, probabilmente sotto un respiro più profondo del precedente e questa volta mi fu davvero impossibile castigare il mio sguardo impedendogli di deliziarsi di quella vista sublime.

"Ho venticinque anni, lo hai dimenticato?".

"Non ti ho chiesto l'età. Ti ho chiesto il nome dell'uomo che devo uccidere".

Fece un passo indietro, spaventata dall'ira che si irradiava in ogni muscolo delle mie braccia. Le sentivo tremare, pronte a distruggere qualunque cosa mi fosse capitata a tiro. La gelosia nei confronti di mia moglie era sempre stata qualcosa di ingestibile per me. Non si trattava solo di non volerla condividere con un altro. Sentivo in lei un innato senso di possesso che mi portava a volerla marchiare in tutti i modi possibili. Volevo impregnare le sue cosce del mio seme per far capire a chiunque osasse avvicinarla che apparteneva a me. Volevo lasciarle addosso il profumo della mia pelle, in modo tale che se qualcuno l'avesse toccata avrebbe riconosciuto l'odore dell'uomo che l'avrebbe quindi ucciso. 

Dannazione! Non ero tornato solo per riprendermela. Ero tornato per paura che qualcuno potesse portarmela via. E anche se una piccola parte nel mio cervello sognava che potesse rifarsi una vita, guadagnandosi sicurezza economica e un titolo nobiliare, era troppo piccola e insignificante per sovrastare quell'altra parte dentro il mio cuore che scalpitava come una forsennata per farsi ascoltare da me. Mi urlava di riprendermi mia moglie, mi implorava di farla mia con una foga che in passato avevo sempre cercato di limitare per non spaventarla.

Ed ora l'avevo qui davanti. Il suo seno si alzava e si abbassava in un involontario movimento di seduzione. I fianchi snelli facevano ondeggiare le pieghe della gonna che, nonostante l'ampiezza, non riusciva più a celare alla vista il ventre sempre più gonfio. Era quella la parte del suo corpo che mi eccitava come non mai. Quel rigonfiamento era la prova che ero stato dentro di lei, che una parte del mio corpo era affondata nel suo per creare una vita. Il mio seme trovava asilo nel caldo del suo ventre e ben presto mi avrebbe reso padre. Al solo pensiero il mio cuore singhiozzò di pura felicità, orgoglioso della mia donna.

VOGLIO CHE TU SIA MIAWhere stories live. Discover now