VOGLIO CHE TU SIA MIA

By SilvanaUber

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TERZO E ULTIMO LIBRO DELLA TRILOGIA "SE TI PRENDO SARAI MIA". Primo libro: Se ti prendo sarai mia Secondo lib... More

UN NUOVO INIZIO
SOLO UN PADRE
VATTENE LONTANA DA ME
IL MONDO NON HA SENSO SENZA DI TE
COMPLOTTI (per un pubblico adulto)
USI E COSTUMI
SOTTOMESSA A ME
ANNULLAMENTO DI MATRIMONIO
SONO IL TUO PADRONE
DALLA PARTE DI RENUAR
UN'AMICA
LA MIA AMANTE
TRAPPOLA
UNA PENOSA FIGURA
NON SONO UN VILE
PERSUASIONI
PER TE, NADINE!
COME UNA DONNA GUARDA UN UOMO
UNA VISITA INASPETTATA
NON TI AMO... MA
ARRENDITI
NON PUOI MENTIRE PER SEMPRE
QUEL Sì STRAPPATO
CUORI SPEZZATI
ZOE
PRIGIONIERE DI UN'EPOCA
LA PACE PORTA GUERRA
I MIEI STESSI OCCHI
PIANO DI RISERVA
VECCHIE AMICIZIE
IL MIO NOME E' MARY CAMPBELL
LA STORIA PUO' SEMPRE CAMBIARE
NADINE NELLA NOTTE
INFERNO DENTRO
GUERRA E PACE
IL NOSTRO EPILOGO
AD OGNI DOMANDA....
ALEC IN PERSONA PER VOI

SONO TORNATO DA TE

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By SilvanaUber

POV ALEC

Posai le mani sui braccioli vellutati della sedia e allungai le gambe in una posa rilassata, incrociando quindi le caviglie. Lo schienale era terribilmente duro e l'intagliatura nel legno tormentava la cicatrice che mi attraversava la parte superiore della schiena. La guaritrice del villaggio mi aveva ricucito la ferita parecchi giorni prima ma ogni volta che non facevo attenzione nei movimenti, ritrovavo macchie di sangue incrostate sulla tunica, segno che il peggio non era passato.

Sollevai lo sguardo verso il fondo della sala delle udienze, attirato da alcuni passi svelti che si facevano strada tra la massa di schiene degli osservatori. Erano perlopiù persone del popolo, accorse dentro le mura del castello per un banalissimo desiderio di movimentare le proprie giornate monotone. Dopo l'ultima battaglia contro i clan ribelli, il colera si era abbattuto su di noi con una tempestività quasi ironica, e il tempo ristagnava tra un avvenimento e l'altro, curioso come noi di constatare quante morti ci sarebbero state entro la fine dell'inverno.

"Quello è McOnner, uno stalliere che ha ereditato qualche terra alla morte della sua amante", mi spiegò lord Geneviev. 

In mancanza di Renuar gli avevo chiesto di assistermi come braccio destro e per quel poco che avevo visto se la stava cavando egregiamente. Incapace di lasciarsi raggirare dai sentimenti della gente, era il giusto peso della bilancia che permetteva al mio carattere, più magnanimo rispetto al suo, di trovare una giusta via di mezzo nel giudicare i problemi del popolo. Si era rivelato anche un astuto stratega, riuscendo a posizionare i migliori uomini a difesa delle mura di cinta mentre io ero occupato a far ripristinare parte del villaggio e l'ala est del castello, andata completamente distrutta durante l'ultimo attacco.

Sapevo che dovevamo stare all'erta fino al ritorno di Renuar e dell'esercito poiché la nostra minoranza numerica ci rendeva bersagli facili agli occhi del nemico, tuttavia non avevamo subìto nuovi attacchi e questo ci permetteva di riprendere le attività quotidiane con una certa regolarità.

Mi voltai verso di lui, osservandone il profilo. La mascella tesa rivelava una certa rimostranza verso l'uomo che procedeva in tutta fretta al centro della sala. "Come mai il padre della ragazza ha concesso una tale dote all'amante di sua figlia?".

"McOnner, prima che lei morisse, ha provveduto ad ingravidarla due volte, assicurandosi una discendenza".

"Si prenderà carico dei due bastardi?", mi sorpresi.

"Non avendo moglie gli conviene così".

Sbirciai di lato, verso il volto ricoperto di barba di McOnner. "Non è vecchio. Potrebbe ancora trovarsi una donna".

"Col suo carattere?", obiettò.

Mi grattai il mento, studiando l'uomo con maggior attenzione. All'apparenza non sembrava la classica persona sottomessa ad attacchi d'ira ma era difficile affermarlo con certezza prima di averci discusso.

"Cosa sapete del suo carattere?", indagai.

Un mezzo sorriso impreziosì il volto di lord Geneviev, teso ancora in una maschera di intolleranza. "Si dice ami legare le proprie donne a letto e possederle da dietro. Inoltre sembrerebbe ben disposto a picchiare il fondoschiena delle fanciulle".

Feci spallucce, minimizzando il pettegolezzo. "Quale marito non sculaccia la propria moglie di tanto in tanto se questa non gli ubbidisce?".

"Intendevo dire che predilisce sculacciarle mentre sono legate al suo letto".

Mi scappò una mezza risata che tentai di nascondere con un colpo di tosse. "Volete dirmi che non vi è mai capitato di prendervi una donna da dietro?".

"Cosa insinuate?", ridacchiò, fingendosi oltraggiato. "Ho posseduto molte donne in quel modo e- non lo dico per pavoneggiarmi- tutte quante hanno urlato e goduto".

L'uomo si fermò al centro della sala e fece un breve inchino, cadendo poi in ginocchio col la testa china. Era un'usanza ormai oltrepassata ma apprezzai quel tale grado di reverenza. 

"Cosa vi porta da me?", lo interrogai. 

La mia voce echeggiò nell'ampia sala, catturando l'attenzione di tutti i presenti. Il vociferio si attenuò, fino a spegnersi del tutto.

"Mio Signore, sono giunto in questa sala per riportare delle strane voci che circolano ormai da giorni nel villaggio".

Feci violenza su me stesso per non sollevare gli occhi al cielo. Ci mancavano pure queste stramaledette dicerie. Da quando il colera si era abbattuto su di noi avevo ascoltato diverse voci che lamentavano la scomparsa di animali e i ritrovamenti di carcasse accanto alle abitazioni di chi si presumeva fosse il prossimo a morire. 

"Illuminatemi", concessi di malavoglia, quindi sbattei volutamente il gomito contro il braccio di lord Geneviev, riprendendo il discorso lasciato in sospeso. "E quando avevate i loro sederi a disposizione, con la vulva esposta solo per i vostri occhi, non siete mai stato tentato di schiaffeggiare quei fondoschiena, mossi e tormentati sotto le vostre spinte?".

Lord Geneviev strinse le labbra reprimendo un sorriso compiaciuto. Era insolito mostrare i propri sentimenti ma con tutta probabilità il ricordo che avevo installato nella sua mente stava avendo la meglio sulla sua reticenza di mostrarsi cameratesco.

"Lord O'Braam, quando ho infilzato il sedere di alcune donne, urlavano già così tanto il mio nome che temevo veder sgretolarsi le pareti della stanza. Schiaffeggiare i loro sederi mi sembrava un attentato alla mia incolumità".

Deglutii, inghiottendo una risata che si tradusse in una quasi impercettibile vibrazione nelle spalle. 

"E, se posso permettermi, usandovi tutto il rispetto, posso sapere se con vostra moglie vi è andata meglio?", proseguì.

Le mie mani si strinsero con forza contro i braccioli della sedia. 

"Mia moglie non è argomento di discussione", ringhiai, possessivo.

Ammiccò, comprensivo. "Avevo dimenticato la vostra proverbiale gelosia nei suoi confronti. Ne hanno scritto persino una ballata".

"E' mia! Fine della discussione".

"Rilassatevi. Vostra moglie non sarà mai tra le mie mire. Chiedevo solo per confrontare le mie esperienze sessuali con le vostre".

A quel punto mi concessi un sospiro e rilassai la presa contro i braccioli. "Se può tornarvi utile, posso dirvi che non ho posseduto solo mia moglie. E posso dirvi che in passato, le donne che ho avuto hanno apprezzato una sculacciata di tanto in tanto".

"Avete usato parole giuste, mio Signore", annuì, tornando a fissare McOnner e indicandolo con un gesto veloce del mento. "Ma da quel che si dice di quell'uomo, sembra ami flagellarle".

Strinsi i denti, sentendo il buonumore eclissarsi alla velocità di un fulmine. "In tal caso il mio giudizio a fine di questa udienza flagellerà lui".

"Concordo con la vostra scelta".

"A morte gli uomini irrispettosi", ringhiai sottovoce, tornando a concentrarmi sulla sala gremita di persone.

POV NADINE

Camminai verso il pozzo, cercando di orientarmi nel labirinto di sentieri che dal monastero si incespicavano dentro fitte file di vigneti. Alcuni rovi tranciavano di netto la strada, incastrandosi tra la stoffa della gonna e dovetti sollevarla fino all'altezza del ginocchio per non rallentare il passo. 

I bagliori lunari mi consentivano a malapena di vedere dove mettessi i piedi e diventava sempre più difficile orientarsi in quel groviglio di piante e muretti a secco, alti fino alla mia spalla. 

Il pozzo sorgeva in un piccolo prato dall'erba bassa e ghiacciata dall'umidità della notte. Un secchio in legno era stato posato sopra una roccia e sembrava non essere usato da decenni. Lo afferrai per il manico e cercai di capire come funzionasse. Avevo bisogno di lavarmi e togliermi il sudure di dosso nonché l'odore di feci e vomito che mi era rimasto incollato sulle mani dopo la lunga visita ai malati. Mai come in quel momento sentii la nostalgia dei bellissimi e comodossimi rubinetti in acciaio cromato che avevo fatto installare nel mio bagno.

Un altro rovo rimase incastrato nella cucitura della gonna. Tirando la stoffa sentii cedere alcune cuciture.

"Dannazione a tutta questa storia", imprecai.

"Brutta nottata?".

Una voce dietro di me mi fece scattare. Semi nascosta dal tronco di un albero, la sagoma di un uomo si ergeva imponente al limitare del vigneto, illuminata solo parzialmente dalla fioca luce della luna.

Mi misi sul chi va là. "Chi sei?".

L'uomo non rispose, limitandosi a fare un passo avanti e rivelando uno tra i volti più belli che avessi mai visto. La mandibola squadrata, tesa nello sforzo di trattenere un ghigno, era sormontata da un naso dritto e poco pronunciato che faceva da tetto ad una linea quasi impercettibile di baffi scuri. Gli occhi erano terribilmente chiari, così tanto che nonostante il buio riuscivano a riflettere la propria luminosità. La fronte spaziosa era attraversata da due rughe di concentrazione che gli affidavano un'aria quasi minacciosa, resa meno spaventosa da alcuni ciuffi ribelli e sbarazzini che gli accarezzavano le tempie. 

"Posso prima dirvi quanto siete bella?", nel complimento colsi una sorta di rimprovero.

"Ti ringrazio", tagliai corto, voltandogli le spalle.

"In questo momento lo siete anche troppo", riprese. Lo stesso tono tagliente. 

Tutti i miei sensi si allertarono, cogliendo nella voce bassa e calma una minaccia. Lo fissai di sbieco. "La mia bellezza non ti riguarda".

Un muscolo nella sua mascella guizzò, segno che la calma in lui era solo apparente. "Siete voi che me la state sbattendo in faccia".

Abbassai lo sguardo, seguendo la traiettoria del suo e ricordai solo in quel momento di avere ancora l'orlo della gonna stretta tra le mani. Allargai le dita di scatto e i miei polpacci vennero di nuovo inghiottiti dalla massa di stoffa.

"Mi dispiace", balbettai in imbarazzo. Era assurdo il modo in cui il suo sguardo mi avesse appena fatto sentire la peggiore delle donne, costringendomi a scusarmi per qualcosa di ridicolo. Abituata com'ero ad indossare gonne che mi arrivavano a stento alle ginocchia non avevo dato troppo peso al fatto che in quest'epoca era considerato un affronto alla spudoratezza mostrare anche solo metà caviglia.

"Vi ha vista qualcuno a parte me?", interrogò.

Tornai sul chi va là e decisi in fretta di mentire. Non era il caso di mostrarmi più vulnerabile di quanto effettivamente apparissi. Fargli credere di avere delle testimoni e delle persone che stavano attendendo il mio ritorno lo avrebbe scoraggiato nel trattenermi. 

"Due donne. Due malate. Ho detto loro che stavo venendo al pozzo". Notando che il suo sguardo non aveva avuto il minimo cedimento, aggiunsi: "Anche lord Stuart". 

"Lord Stuart", ripeté, ridacchiando tra sé e sé. "E ditemi: avete mostrato le vostre gambe anche a lui?".

Mi misi le mani sui fianchi, raddrizzando con orgoglio le spalle. I suoi occhi scorsero immediatamente al mio petto sollevato ma ebbero il buon senso di deviare quasi subito verso il mio volto.

"Non credo di doverti dare spiegazioni. Non credo di doverti nulla".

"E' qui che sbagliate". Avanzò di un altro passo ed io compensai il suo movimento retrocedendo. "Mi riguarda tutto di voi, che vi piaccia o meno. E il fatto che vi siate mostrata nuda è un affronto che non posso ignorare".

"E' buio", indicai il cielo, dandogli dell'imbecille tra le righe, "nessuno può vedermi".

"Io l'ho fatto".

"Cosa vuoi?".

Con un gesto stizzito del mento indicò la gonna. "Sollevatela nuovamente se avete la certezza che nessuno possa vedervi. Fatevi guardare da me".

Scrollai la testa e diedi un calcetto al secchio in legno. "Me ne vado".

"Ve ne andate?".

Gli voltai le spalle. "Sì! Non ho intenzione di stare qui a farmi offendere da uno sconosciuto".

"Ed io non credo di avervi dato il permesso di voltarmi le spalle".

A quel punto mi fermai e strinsi le mani in pugno. Chiunque fosse aveva arroganza da vendere. Non doveva essere un uomo del popolo a giudicare la predisposizione al comando. Doveva essere qualcuno di un rango molto più elevato. 

"Dovrei restare qui a farmi insultare?".

"Ciò di cui avete bisogno non sono insulti bensì una punizione".

Un brivido glaciale di puro terrore mi scivolò lungo la spina dorsale. Lo ignorai e tornai a guardarlo in faccia, accorgendomi con orrore che nel frattempo aveva eliminato la distanza tra noi. Gli sarebbe bastato allungare il braccio per toccarmi e dovetti fare violenza su me stessa per non fuggire.

"Punizione per cosa? Sono fedele a mio marito, non basta?".

"Preferirei non vi mostraste agli altri come una donna che si da".

Nonostante la paura mi sfuggì una risata secca. "Solo perché ho sollevato un poco l'orlo della gonna? E comunque la faccenda sarà risolta tra me e mio marito. Tu in questo non centri nulla".

"Sbagliate ancora, lady, dimenticando che vostro marito vi ha lasciata, dandovi a me".

Spalancai gli occhi, coprendomi la bocca con un pugno per impedirmi di urlare. Troppo tardi mi resi conto che quell'uomo era vestito come un cavaliere. "Tu sei...?".

L'uomo posò una mano in mezzo al petto e si inchinò così rapidamente che se non fossimo stati vicini non ci avrei nemmeno fatto caso. 

"Sono Lord Renuar", confermò i miei timori. Quindi i suoi occhi scattarono glaciali contro i miei. "E voi siete mia".

"No", mormorai, strisciando indietro la scarpa.

Renuar mosse la testa su e giù un paio di volte, lentamente. "Oh sì. Ed ora vi insegnerò personalmente come esigo essere rispettato da una moglie".

"No", urlai, girando di scatto su me stessa per fuggire.

Le sue mani si avvinghiarono attorno i miei fianchi, sollevandomi da terra e gettandomi contro il suo petto. "Non fuggirete da me tanto facilmente. E se per vostra sventura ci doveste mai riuscire, sappiate che la punizione che vi attenderà sarà molto più terribile di questa".

"Lasciami", mi dimenai.

"Lasciarti?", alitò contro il mio collo. Il respiro caldo trascinava con se tutta la rabbia che gli faceva tremare i muscoli. "Oh, lo farò, statene certa, ma non prima di avervi ricordato che il vostro corpo mi appartiene e che per diritto sono l'unico che da adesso in poi potrà ammirarlo".





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