Sex or love?

By leggimidentro00

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Luca e Beatrice, diciassette anni al liceo, si odiano profondamente dalla prima superiore. Alla festa di fine... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Epilogo
Bella notizia!
Copertina nuova
MISSING MOMENTS
MISSING MOMENTS
MISSING MOMENTS
Presentazione a Ferrara!

Capitolo 64

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By leggimidentro00

BEATRICE
Non avevo trovato il modo di dirglielo direttamente, ma almeno l'avevo detto.
Finalmente.
-Cosa?!- esclamarono Luca e Gabriel all'unisono.
Voltai lo sguardo verso Gabriel, perché sebbene prima avessi cercato gli occhi di Luca, in quel momento mi sentivo troppo imbarazzata per guardarlo. Probabilmente ero diventata tutta rossa.
    Ero così fiera di me stessa, sia per aver –indirettamente – esternato i miei sentimenti, sia per aver detto al mio migliore amico finalmente la verità.
Gli avevo raccontato bugie su bugie per tre settimane sul perché mi sentissi così giù di morale e sul perché non volevo più uscire con gli altri, ma ora sapeva la verità e speravo che la prendesse bene.
D'un tratto iniziarono a parlare contemporaneamente: Luca chiedeva spiegazioni, voleva parlare con me, voleva sapere se dicevo sul serio; Gabriel continuava a chiedermi se stessi scherzando e insultava Luca, che nemmeno lo considerava.

Mi portai le dita sulle tempie e le massaggiai, provando a calmare i nervi, perché mi stava venendo già il mal di testa.
-Potete per favore andarvene, ora? – gridai per sovrastare le loro voci profonde.
Entrambi cessarono di urlare e mi fissarono come dei cuccioli appena mandati in giardino mentre fuori c'è il temporale.
-Sì, Luca, vattene. Devo parlare con Beatrice. – ordinò Gabriel.
-No, vattene tu. Io devo parlare con lei. – ribatté Luca.
-Tutti e due. – sospirai e li spinsi verso la porta.
-Dai, Bea, sai che ho aspettato così...- prima che Luca potesse finire, avevo già sbattuto la porta.
Sospirai e cercai di calmarmi: troppe cose tutte in una volta.

Mi feci una tisana rilassante alle bacche e mi sdraiai sul divano con gli occhi chiusi.
Dopo una ventina di minuti suonarono al campanello ed io sbuffai.
Ero sicura che fosse la mia vicina di casa che era venuta a lamentarsi di Luca e Gabriel che discutevano in strada, invece, quando andai ad aprire, era Luca.

- Non ti avevo detto di andartene? – alzai gli occhi al cielo. Dovevo ancora metabolizzare la cosa, non mi sentivo pronta a parlargli.
-Me ne ero andato, ma sono tornato. – mi sorpassò ed entrò in casa prima che io potessi chiudere la porta di nuovo.
-Che c'è?
-Dobbiamo parlare. – rimase in piedi in salotto.
-Luca, io non sono... devo pensare...- balbettai, cercando di trovare le parole giuste.
-Guarda che non serve prepararsi un discorso fatto prima. Puoi per una volta dire quello che ti passa per la testa in questo preciso momento?! E non fa niente se sbagli a coniugare i verbi o non dici frasi di senso compiuto, basta che mi dici qualcosa che non ti sei preparata mentalmente. – il suo tono sembrava disperato, mentre gesticolava con le braccia. –Fammi sapere cosa ti passa per la testa, una buona volta. – concluse, in un sussurro.

Rimasi parecchio colpita dalle sue parole: mi conosceva così bene da sapere che ogni volta che accadeva qualcosa, dovevo prepararmi un discorso in mente mia prima di affrontare la cosa.
-Io... sono confusa. – dissi di getto, ma non sembrava una novità per lui.
-Continua.
-Mi sento... non lo so, sento le farfalle nello stomaco e mi viene da sorridere ma nello stesso tempo ho le lacrime al limite negli occhi...- feci come aveva detto lui e dissi ciò che erano i miei pensieri: -Ho fatto bene a dirlo a Gabriel, secondo me. Prima o poi doveva saperlo, anche perché era ormai l'unico ad esserne all'oscuro. Però gli ho detto anche quella cosa...-
-Quale cosa? – mi spronò.
-Sai benissimo quale cosa. – gli lanciai un'occhiataccia.
-No, non ne sono sicuro. Dimmelo.-
Scossi la testa. Era troppo imbarazzante.

-Bea, parla, ti prego. – mi incalzò, quando ci furono diversi minuti di silenzio.
-Ma perché mi costringi? Non voglio dirti quello che penso. Non a caso i pensieri restano nella nostra mentre e non si dicono ad alta voce! – esclamai, ancora più esasperata di prima.
Luca rimase a fissarmi impassibile per qualche secondo, poi scorsi i suoi occhi diventare lucidi.
-Cerca di metterti nei miei panni, però. – disse, poi si sfregò gli occhi con una mano. –Ecco. – alzò gli occhi al cielo, come se si vergognasse.
-Guarda che puoi piangere,eh. – inarcai un sopracciglio.
-No! Non posso: sono un maschio! Tu mi fai passare per la femminuccia che piange perché il ragazzo non la ricambia, quando di solito è sempre il contrario. – sbottò, infastidito.

A quel punto, addolcendomi, mi avvicinai e gli misi le mani attorno al collo. –Luca, non si tratta di essere maschio o femmina, ma di essere umano, quindi è normale avere dei sentimenti e mostrarli. – gli ripetei per l'ennesima volta: mi diceva sempre, appena faceva qualcosa che non rientrava nello stereotipo maschile, che non poteva e non doveva farlo ed io gli rispondevo che non si trattava del sesso, poiché esso è solamente un fattore culturale, non naturale.

-E allora potresti, per favore, avere dei sentimenti e mostrarmi quali sono, visto che sei umana anche tu?- sembrava di nuovo esasperato, ma appoggiò le mani sui miei fianchi. Non fece però in tempo a stringere la presa che mi allontanai un po' da lui: la sua vicinanza mi avrebbe influenzata.
-Io... vorrei restare un attimo sola. Puoi andartene, per favore? – mi toccai nervosamente i capelli.
Luca abbandonò le braccia lungo i suoi fianchi, con uno sguardo stanco.
-Perché? Perché è tutto così difficile con te? – borbottò.
Lo guardai male: -Beh, se non ti va bene, non sei costretto a rimanere.-
-E invece sì. – affermò.
Sospirai. –Ti ho già detto come mi sento e cosa penso riguardo quello che è successo, mi spieghi cosa vuoi ancora?- sbottai, allargando le braccia.
-Voglio che mi guardi negli occhi e mi dici che mi ami anche tu come ti amo io, senza l'alcool, senza Gabriel o qualcos'altro di mezzo. Voglio che da sobria tu lo dica direttamente a me, va bene?! – sbottò di rimando, avvicinandosi.
Aveva uno sguardo ancora spossato.

Lo fissai stupita per il fatto che fosse stato così diretto, ma poi mi feci coraggio e gli andai di nuovo incontro.
Feci sfiorare le nostre labbra, cogliendolo di sorpresa, e poi gli diedi un lungo bacio, al quale lui rispose scettico.
-Io... ti amo e... voglio fare l'amore con te. – ammisi sinceramente, a bassa voce, in modo che restasse tra noi.

I suoi occhi da cupi si illuminarono improvvisamente ed io fui sicura di avere il suo stesso sorriso a trentadue denti, in quel momento.
-Dici sul serio? – domandò, tornando a stringere, questa volta saldamente, i miei fianchi.
Annuii e fu lui a rifiondarsi sulle mie labbra.
-Sei felice perché voglio fare di nuovo sesso o perché ti ho detto che sono innamorata di te?- mi accertai, contro la sua bocca.
Si staccò di poco per guardarmi negli occhi: -Sono felice perché hai detto che mi ami e perché vuoi rifare di nuovo sesso, ma soprattutto perché hai detto 'voglio fare l'amore con te'. – disse, prima di tornare a baciarmi.

Mesi prima mi sarebbe sembrato troppo sdolcinato e gli sarei scoppiata a ridere in faccia, mandandolo forse a quel paese, ma in quel momento non c'era cosa migliore che potesse dire per farmi capire che di me gli importava veramente.

Mi prese in braccio e continuando a baciarmi salì le scale fino a raggiungere la mia camera, in cui prima mi appoggiò contro al muro per togliermi il vestito e il reggiseno, poi mi buttò sul letto.
Gli tolsi a mia volta la maglia e i pantaloncini della tuta che indossava.
Invertii le posizioni, mettendomi sopra di lui e presi dal cassetto del mio comodino un preservativo.
Strappai l'involucro e, dopo avergli tolto i boxer, con audacia glielo infilai.
Sentivo il suo sguardo sbalordito fisso su di me, ma non mi sentivo in imbarazzo perché in quel momento non me ne poteva importare di meno: più di cinque mesi senza fare l'amore con Luca avevano scaturito un'eccitazione ora quasi insopportabile. Non volevo più aspettare e, a quanto pareva, nemmeno lui.

Luca accennò un sorriso e mi spinse di nuovo sul letto, mettendosi sopra di me.
Mi sfilò le mutandine e mi guardò per qualche istante.
-Sei sicura?- mi chiese, spostandomi una ciocca di capelli dal viso.
-Non è la prima volta, Luca. – alzai gli occhi al cielo.
-Sì, ma... non lo so... – fece una pausa, poi sospirò: -Cambierà tutto d'ora in poi, lo sai?-
Lo fissai negli occhi. –Sì, lo so. Ci penseremo tra un po', okay?- gli affondai le mani tra i capelli per avvicinarlo a me.
Senza farselo ripetere due volte, Luca entrò dentro di me e mi lasciò un bacio sul collo prima di ansimare.
-Finalmente – lo sentii mormorare contro la mia pelle e sorrisi. Già, finalmente.

Prese a muoversi ed io lo assecondai, tutto così lentamente, dolcemente, senza nessuna fretta. Ora potevo fare tutto ciò che mi sentivo senza bisogno di pensare ad una stupida lista di regole da rispettare o ad una serie di pare mentali che mi bloccavano.
Luca mi prese una mano e intrecciò le nostre dita, mentre con l'altra mi accarezzava e mi stringeva di tanto in tanto i fianchi al ritmo dei suoi gemiti.
Sollevai i fianchi verso di lui quando iniziò a muoversi più velocemente e gemetti quando lui li abbassò.
Era tutto così piacevolmente bello e mi era mancato così tanto...

Proprio mentre stavo per venire, gli sussurrai all'orecchio 'ti amo'. L'avevo sentito fare nei film e l'avevo letto in mille libri diversi, ma niente era paragonabile a quando lo dissi io mentre facevamo l'amore.
-Ti amo. – rispose sussurrando anche lui e venne dopo un paio di altre spinte.

Una volta finito, non uscì da me, ma si mise al mio fianco, tenendomi ancora stretta a sé, quasi cullandomi.
Rimanemmo in silenzio perché nessuno dei due aveva voglia di parlare o avremmo rovinato quel momento di pace.
Non mi preoccupai nemmeno di mettermi sotto alle coperte: ormai non mi sentivo più in imbarazzo perché sapevo che gli piacevo così com'ero.
-Ehi, un momento! Cosa volevi dire con 'da sobria' e 'senza l'alcool'?! – mi appoggiai su un gomito per guardarlo.
Luca accennò un sorriso e scosse la testa. –Quando ti sei ubriacata e sei venuta a casa mia, quando siamo andati a letto mi hai detto che anche tu eri innamorata di me. -
Mi misi seduta, sconcertata. –Stai scherzando?
-No.
-Cioè, tu mi hai fatto stare in pena per settimane e mi hai fatto piangere quando in realtà già sapevi che ero innamorata di te? Sul serio, Luca?-  sbottai, quasi arrabbiata, più con me stessa per il fatto che non lo ricordavo.
-Ma non lo sapevo, Bea. Eri ubriaca, pensavo non fosse vero. Oggi quando l'hai detto a Gabriel non me l'aspettavo minimamente. Non riuscivo a crederci, anche se continuavano a ripetermelo tutti. – si alzò a sedere anche lui.
-L'avevo detto a tutti tranne te, praticamente. – sorrisi colpevole.
-A tutti?
-A tua madre, a Giulia e sono sicura che anche Andrea lo sapesse, anche se non gliel'ha detto nessuno. Ho incontrato anche tua nonna per strada martedì, ma non gliel'ho detto perché temevo sarebbe andata a comprarmi un abito da sposa. -
-Spiritosa. – fece una risatina finta, ma si vedeva che era seccato. –Quindi lo sapevano tutti tranne me.

-Tutti tutti no, però non ce la facevo proprio a dirlo a te, scusa.
-Ma perché?
-Non lo so... avevo paura che... non lo so nemmeno io. Forse dei cambiamenti.-
Luca mi lanciò un'occhiata pensierosa, poi stava per dire qualcosa ma si bloccò.
Invece si sdraiò di nuovo sul letto e mi trascinò con lui, appoggiando la testa sul mio seno.
-Ne parliamo tra un po', come hai detto tu prima, okay?- propose ed io fui d'accordo. –Adesso, se non ti dispiace, vorrei recuperare un po' del tempo perduto a prenderci per il culo. – continuò, lasciandomi un bacio sul seno per poi scendere più in basso.
-No, non mi dispiace.

LUCA
Io e Beatrice non avevamo dormito tutta la notte per parlare e per fare l'amore.
Non mi ero mai sentito così bene come in quelle ore e avrei voluto fosse sempre così.  Ero così felice che avesse finalmente ammesso di amarmi anche lei. Le pene che avevo sofferto erano servite a qualcosa, per fortuna.
Ma in quel momento dovevo mettere da parte la mia felicità: Beatrice ed io dovevamo parlare con Gabriel.
Per coincidenza, mentre prendevamo un gelato nel parco, quel sabato pomeriggio lo incontrammo su una panchina con lo sguardo perso nel vuoto.
Io e Beatrice ci lanciammo uno sguardo titubante.
Poi decidemmo di sederci, uno a sinistra e una a destra.
-Ehi. – lo salutai e lui alzò la testa di scatto, come se non si fosse accorto prima di noi.
Spostò lo sguardo tra di noi e poi sospiro. –Ciao.
-Come stai? – chiese Beatrice, timidamente.
Lui le lanciò un'occhiataccia. –L'ultima volta che abbiamo avuto una conversazione del genere è stato in seconda media, Bea. Andiamo dritto al dunque, per piacere.- sbottò, seccato e Beatrice ci rimase un po' male.
-Come l'hai presa?- tentai io.
-La mia migliore amica scopa con il mio migliore amico da quasi un anno ed io, che sono il loro migliore amico non lo sapevo. Non lo sapevo ma tutti gli altri sì. No, direi che non l'ho presa molto bene. – ammise.
Annuii fissando il pavimento. Mi sentivo in colpa, ma non dicendoglielo, inizialmente, credevo di fare il suo bene e in seguito, il mio.

-Mi dispiace. – mormorò Beatrice, appoggiandogli una mano sulla spalla. –Ma noi credevamo che... che ti saresti arrabbiato e non saresti stato d'accordo, così abbiamo preferito non dirtelo...-
-Certo che mi sarei arrabbiato, cazzo! Hai perso la verginità con lui! E non stavate nemmeno insieme. – si voltò verso Beatrice, dandomi le spalle.
Alzai gli occhi al cielo: come se perdere la verginità con me fosse una cosa terribile. Lui era proprio l'ultimo a dover parlare, perché non era mai stato proprio un santo.

-Ma non me ne sono pentita.- rispose Beatrice ed io sentii un brivido lungo la schiena. In parte lo sapevo, ma sentirlo detto da lei era molto meglio.
-Bea, lo sai com'è fatto Luca. Tu alle medie mi ripetevi sempre che alle superiori avresti voluto incontrare il principe azzurro e Luca non è affatto il principe azzurro.- le appoggiò una mano sulla coscia.
Intanto gliela tolsi da lì.
Poi mi alzai in piedi e gli lanciai un'occhiataccia. –Ci sono anch'io, eh.
-Non mi importa. Non voglio che pianga ancora perché tu fai delle cazzate come nelle ultime settimane.-
Beatrice spalancò gli occhi.
-Prima di dire cazzate, informati. Io non ho fatto niente per farla piangere. Ha fatto tutto da sola. E poi fatti i cazzi tuoi. – strinsi la mano destra a pugno lungo i fianchi.
Si alzò anche Beatrice. –Ne parliamo quando saremo tutti più calmi, magari davanti ad una camomilla, va bene? – si mise in mezzo e mi aprì il palmo per intrecciare le nostre dita.
Diede un bacio sulla guancia a Gabriel, mentre io non lo salutai nemmeno.
-Ci vediamo un altro giorno. – gli sorrise imbarazzata, poi mi tirò come un cagnolino e proseguimmo la nostra passeggiata.

-Il principe azzurro, eh? – la guardai male, stringendo le sue dita con le mie.
-Ma sì, alle medie ero molto romantica e mi piaceva fantasticare.- rispose arrossendo.
-E come doveva essere questo principe? – ero un po' geloso, anche se non era una persona reale. Più che altro avevo paura che ci fosse una persona reale che potesse essere come nelle sue fantasie.
-Beh... doveva essere biondo, con degli occhi profondi, con le spalle larghe, premuroso, dolce, non troppo pieno di sé, geloso... E soprattutto che non tagliasse la testa del mio orsacchiotto preferito alla mia festa di compleanno. – concluse ed io scoppiai a ridere. Era successo in prima superiore ed io mi ero divertito un sacco perché tutti gli altri ridevano, ma poi mi ero sentito terribilmente in colpa e avrei anche voluto chiederle scusa, ma poi avevo pensato non fosse il caso, pentendomene in seguito.
-Beh, direi che potrei quasi essere io il tuo principe azzurro. -
-No, perché tu sei troppo pieno di te e hai tagliato la testa a Orsy l'orsacchiotto. –

-Mi dispiace. – ne approfittai per scusarmi anche se erano passati quattro anni.
-Me ne sono fatta una ragione, ormai. – minimizzò con un gesto della mano.
Quando mi fu passato il momento di divertimento, mi fermai e la guardai.
-Quello che ha detto Gabriel... forse è vero... potrei non essere adatto a te. – abbassai lo sguardo, imbarazzato. Un tempo ero più che felice di avere quella reputazione, ma in quel momento non mi faceva per niente comodo.
Lei mi sorrise dolcemente. –Fino ad adesso sono stata troppo cieca per capire che ci tenevi a me. Tu continua a dimostrarmelo ed io continuerò a fidarmi. –si avvicinò e mi abbracciò, mettendosi in punta di piedi e affondando la testa nel mio collo.
-E poi forse, ma forse, sei anche meglio del principe azzurro. – mi sussurrò all'orecchio e a me venne da sorridere come uno scemo, stringendola di più.

La seconda volta in cui incontrai Gabriel fu perché gliel'avevo chiesto.
Non avevo più intenzione di discutere davanti a Beatrice o a qualcun altro: dovevano chiarire la cosa noi due solamente.
Andai a casa sua di pomeriggio, dopo una bella sessione di preliminari con Beatrice che mi avevano calmano un po': ero ancora un po' arrabbiato con lui per ciò che le aveva detto davanti a me.
Beatrice sapeva che lo avrei incontrato e mi aveva pregato di portare anche lei, perché a quanto pareva non aveva capito bene il concetto di 'chiarire la cosa noi due solamente'.

Quando Gabriel aprì la porta aveva un'espressione cupa e minacciosa.
-Ciao. – disse solo, prima di farmi entrare. Richiuse la porta con un tonfo ed io, dopo aver salutato i suoi genitori, andai dritto in camera sua per avere un po' di privacy: non volevo che i suoi sapessero tutto quello che accadeva tra me e Beatrice, anche perché la conoscevano molto bene.
   Gabriel chiuse con un tonfo anche la porta di camera sua mentre io mi sedetti sul suo letto.
-Allora? – mi incalzò, mettendo le mani sui fianchi, in piedi.
-Voglio che chiariamo prima che le cose degenerino. – esordii.
-Riguardo cosa? – fece il finto tono.
-Riguardo me e Beatrice.-
-Che cosa mi devi dire?-
Sospirai. –Mi dispiace. Non te l'ho detto perché per mesi sono stato quasi sicuro che tu fossi innamorato di Beatrice e quindi non volevo...-
Lui spalancò gli occhi, poi alzò un sopracciglio. –Quindi se io fossi stato veramente innamorato di lei, tu avresti fatto tutto alle mie spalle. Grazie tante, sei il miglior amico che si possa avere. – si lasciò andare in una risata amara.
Abbassai lo sguardo. Era proprio così.

-Ascolta, io ti giuro che ci ho provato. Ho provato veramente a lasciar perdere Bea, mi sono ripetuto mille volte che stavo facendo una cazzata e che era sbagliato, ma non è servito a farmi riuscire ad allontanarmi da lei. E alla fine, anche se avevo i sensi di colpa, mi sono arreso e ho seguito il mio istinto. –confessai, sentendomi comunque uno stronzo.
Gabriel si passò una mano tra i capelli. –Non è così difficile lasciar perdere una ragazza, Luca. -
Lo guarda di traverso. –Invece sì, fidati. Se io mi innamorassi di Martina, tu la lasceresti subito?-
Lui alzò la testa di scatto, con uno sguardo da come cazzo fai a saperlo? ed io gli risposi solamente che li avevamo visti al parco.
-Sei innamorato di lei? – mi chiese, scuotendo la testa dopo un po'.
Questa volta aveva uno sguardo che lasciava intendere ti prego, dì no.
-Sì, - risposi invece, sinceramente – e anche molto-.

Mi fissò per qualche secondo, poi si coprì la testa con le mani e iniziò a girare per al stanza. –Come cazzo è potuto accadere?! – ringhiò.
Mi offesi e per metà mi infuriai: non ero mica un mostro!

-Guarda che tu non c'entri niente. È successo, fine-.
-Sì, ma non sarebbe dovuto accadere. Io le avevo detto fin dalla prima che tu non eri adatto, quando mi aveva fatto intendere che un po' gli piacevi. – disse, quasi tra sé e sé, ma io riuscii lo stesso a sentirlo.
Ah sì?
Cazzo, se non mi fosse stata così su perché rispondeva a tutte le mie frecciatine, le avrei forse chiesto di uscire molto prima!

-Senti, tu non sei suo padre-.
-No, ma siccome suo padre non c'è più e sua madre non è quasi mai a casa, mi sento come una sorta di fratello maggiore in dovere di proteggerla – disse.
-Beh, ora non ne ha più bisogno perché ci sono io.
-E tu saresti? Il suo scopamico o il suo ragazzo? – ridacchiò, ma non era divertito.
A quella domanda non seppi rispondere: nonostante fossero passati tre giorni, io e Beatrice non ne avevamo ancora parlato e forse era meglio così...

-Io la amo e credo che lei ami me, è questo che importa, no?- forse sembravo troppo sdolcinato, ma non sapevo dare una risposta diversa.
-Come fai a sapere che sei innamorato di lei se non sei mai stato innamorato? – mi chiese, spalancando le braccia.
A quanto pareva lui non era ancora innamorato di Martina, altrimenti non mi avrebbe fatto quella domanda.
-Lo so e basta. Mi manca quando non c'è, non vedo l'ora di rivederla, quando ci baciamo è sempre stupendo e anche quando... – mi bloccò prima che potessi continuare. Probabilmente avevo una faccia persa e sorridente, in quel momento, ma non mi importava se mi avrebbe giudicato come una femminuccia.
-Se stavi per dire 'quando facciamo l'amore' risparmiamelo. Non sembri tu, cazzo. – sospirò e continuò a girare per la stanza.
-Scusa, - borbottai – volevo solo farti capire che potrei essere quello giusto -.
-Io non so come Beatrice si sia innamorata di te, conoscendo i suoi standard, ma... – lo fermai immediatamente, alzandomi in piedi.
-Ehi! – sbottai – standard un cazzo! Non ci sono livelli come in un gioco.-
-Lasciami finire. – mi ignorò, proseguendo –Comunque sia, devo accettarlo perché non posso di certo costringerla a lasciarti.-
-No, non puoi, altrimenti perderai i tuoi due migliori amici. – sentenziai.
Gabriel sospirò per l'ennesima volta. –Insomma, cazzo, cerca di capirmi! Tu e Bea vi siete sempre odiati e alcuni giorni nemmeno vi parlavate, mentre ora scopro che da settembre voi due facevate sesso di nascosto. È un trauma! Non so proprio come ho fatto a non accorgermene.- calciò un pupazzo a terra.

-Lo so che è un trauma, cerca di superarlo presto. – minimizzai e lui mi guardò male.
-Come cavolo siete riusciti a fare tutto di nascosto? -
-E' tutto merito della fortuna. Ti svelo dei segreti. – sorrisi –Ti ricordi al compleanno di Andrea? I due che lui aveva sentito baciarsi eravamo noi. E ti ricordi al mare? Quando Andrea mi ha svegliato e ha detto che stavo ancora dormendo, in realtà ero con Bea. E tutto è iniziato quando alla festa di fine estate ci siamo ubriacati e siamo andati a casa mia; alla mattina credevamo di aver fatto sesso ma in realtà non era così e quindi l'abbiamo fatto per davvero. – mi venne da sorridere ancora di più al ricordo di quella mattina, in cui l'avevo vista nuda non appena mi ero svegliato.
Quando alzai lo sguardo su Gabriel, lo vidi ad occhi spalancati: probabilmente c'era cascato in pieno.

-Non voglio avere immagini in testa di Beatrice che fa sesso con te. – scosse la testa, passandosi una mano sul viso.
-Peccato, perché è un'immagine molto bella. – alzai le spalle.
Ci fissammo in silenzio per qualche secondo.
-Facciamo una partita alla Play? – domandai.
-Vai. – afferrò un joystick e me lo lanciò.
Ecco il modo semplice in cui chiariscono i maschi.

-Allora? Com'è andata? – Beatrice si alzò da terra per venirmi incontro. Stava disegnando con Tommaso in salotto perché se no sarebbe stato a casa da solo.
Annuii senza dire niente.
Né io né Gabriel avevamo tirato fuori l'argomento per il resto del tempo, tranne quando alla porta di casa sua, mi aveva dato una spallata e mi aveva detto " Ovviamente, è sottintesa quella regola del se la fai soffrire, io faccio soffrire te".
Io avevo sorriso e in qualche modo avevo capito che ci aveva dato la sua benedizione – più o meno.
Beatrice si appoggiò al mio fianco e appoggiò la testa sulla mia spalla, mentre io le cinsi la vita con un braccio. A me bastava solo toccarla, non per forza baciarla, per sentirmi subito bene.

-Si è arrabbiato molto? – aggrottò la fronte.
-No. Ha tenuto il broncio per un po', ma poi ha approvato. – infilai un dito sotto la sua maglietta, accarezzandole un fianco.
-Volevo parlarci anch'io. – fece il labbruccio. –Penso che ce l'abbia più con me che con te.
-Stai tranquilla, se ne farà una ragione. – le sollevai un po' la maglietta ma lei mi bloccò.
-C'è tuo fratello. – spostò lo sguardo verso di lui, sdraiato per terra a colorare un disegno che –palesemente – aveva fatto Beatrice.
-Andiamo in camera? -
-Ti ho detto di no. Tommy mi ha sfinita oggi pomeriggio. Quel bambino è iperattivo.-
-Non facciamo niente. Ci riposiamo, che anch'io dopo una partita a Fifa sono distrutto. – scherzai, beccandomi una gomitata.
-Tommy, noi arriviamo subito, se hai bisogno siamo in camera. – gridai, trascinando Beatrice su per le scale.
Non appena arrivammo in camera, la buttai sul letto e appoggiai la testa sul suo ventre; quando iniziò a giocare con i miei capelli, socchiusi immediatamente gli occhi, rilassandomi.
-Tuo cugino Alessandro mi ha scritto, oggi pomeriggio. – esordì a bassa voce, in tutta tranquillità.
A quel punto scattai: non ero più tanto rilassato. –Cosa?
-Sì, mi ha chiesto se mi andasse di andare a mangiare una pizza con lui, domani.- mi afferrò una spalla e con la sua poca forza mi trascinò di nuovo giù, solo perché io ero rimasto inerme a fissarla.
Erano sei mesi che non sentivo quel nome e stavo da Dio.

-E tu cosa gli hai risposto? – domandai, serrando la mascella.
-Beh, che non ero interessata perché sto già con te. – mi disse, tranquilla, sorridendo.
Mi risollevai di nuovo.

La fissai ancora per qualche secondo, mentre sorrideva. –Ma noi... non stiamo insieme. – mormorai.
Il suo sorriso scomparve gradualmente fino a piegare gli angoli delle labbra verso il basso.

-Oh... beh... allora credo che dovrò cambiare la mia risposta... – rispose, imbarazzata e iniziò a torturarsi l'orlo della maglietta. Ci era rimasta un po' male...

-No, tu non devi uscire con lui in qualunque caso, però... – iniziai, ma ovviamente non mi fece finire.
-Sai cosa credo? Che tu sia davvero egoista. E o mi prendi in giro oppure sei anche uno stronzo.- sentenziò, seria.

-Perché? – aggrottai le sopracciglia.
-Mi dici che sei innamorato di me e mi fai mille scenate per farmi dire lo stesso e ora mi annunci che non stiamo insieme e che non posso uscire con Ale comunque? – gesticolò.
-Oh, adesso lo chiami pure Ale? È la prima volta che ti scrive o ce ne sono altre, allora? – sputai.
-Piantala. – mi rimproverò.

Sospirai e mi alzai in piedi per riflettere meglio a come dirglielo.
-Bea... io non voglio stare con te. – tentai.
Okay, forse questo era il modo più sbagliato.
Infatti vidi la sua faccia trasformarsi nell'incarnazione della tristezza.
-Cioè, - tentai di nuovo – io ti amo e voglio stare con te, ma non in quel senso...-
Un po' meglio ma suonava ancora male.
-Quindi tu mi stai dicendo che vuoi che restiamo amici? Mi stai prendendo in giro sul serio, cazzo?! – sbottò, arrabbiandosi.

-No,non che restiamo amici... cioè forse sì.... insomma, io non voglio avere alcun tipo di relazione.- questa era l'ultima volta che tentavo, perché se avessi detto ancora qualcos'altro mi sarebbe saltata addosso – e non di certo per baciarmi.

Inaspettatamente, scoppiò a ridere.
-No, dimmi la verità: stai scherzando? -
La guardai in silenzio, ma non seppi interpretare la sua espressione.
Scossi piano la testa e lei abbandonò le braccia lungo i fianchi, come rassegnata.
Lentamente si alzò e si indirizzò verso la porta.
-Dove vai?-
-Non ti voglio parlare più, Luca. Sono stanca di essere presa in giro. Sei andato a parlare con Gabriel per l'anima del cazzo, prima? – mi gridò contro. –Io davvero non riesco a capirti. E poi sarei io quella problematica che non riesce a dire 'ti amo'?! Avrei fatto solo bene se non te l'avessi detto! -
Prima che varcasse l'uscio della camera, richiusi la porta e girai la chiave,mettendola in tasca.
-No, adesso non te ne vai finchè non avremo chiarito, altrimenti questa cosa diventa infinita e quello che deve venire da te a fare pace sono sempre io.
-Perché sei sempre tu che sbagli!-
-Adesso la stronza sei tu. – inarcai un sopracciglio.
Beatrice incrociò le braccia sul petto e non replicò: probabilmente aveva capito di aver detto una cosa insensata ma era troppo orgogliosa per ammetterlo.
-Io non voglio mettermi con te perché so che non durerà.- iniziai, sospirando.
-Grazie per la fiducia. – mi fulminò.
-Non sto dicendo che non durerà solo fra noi, ma non dura per nessuno. Anche Andrea e Giulia prima o poi si lasceranno, quindi se restiamo così, forse non finirà niente.- continuai.
-Se restiamo così, credo che uscirò con tuo cugino e forse mi metterò con lui.-
-Non lo faresti mai. Lo so che ami me e non andresti mai con ragazzi che non ti piacciono.
-E chi ti ha detto che lui non mi piace?- mi provocò, ma io le lanciai un segno di ammonimento.
-Bea, il solo motivo per cui non voglio che ci mettiamo insieme è perché non voglio che finisca tutto. Dovresti esserne felice e apprezzare il mio gesto. -
Scoppiò di nuovo a ridere. – Io dovrei esserne felice? Ma allora sei proprio un'idiota. -
Si avvicinò a me per cercare di sottrarmi la chiave dalla tasca, ma io feci un passo indietro.
Ritentò e le bloccai le braccia dietro la schiena, tenendola ferma vicino a me.
-Perché dobbiamo complicare tutto se va bene così? – mormorai, a un passo dal suo viso.
-Perché se questa cosa andrà avanti anche per anni, non potremo sempre dire che siamo scopamici.- rispose più calma.
La attirai a me, siccome sembrava avessi per lei un effetto calmante e appoggiai il suo petto al mio.
Sospirai. –Sì, però... – abbassai lo sguardo. Aveva ragione, ma non volevo rovinare tutto.
-Luca? -
Risollevai lo sguardo per incontrare il suo, alquanto accorto.
-Non è che tutta questa faccenda ha a che vedere con la separazione dei tuoi genitori?- inarcò un sopracciglio, liberandosi le braccia e mettendole attorno al mio collo.
La guardai stranito e scossi la testa, poi ripensandoci bene, inconsciamente l'avevo pensato.
Aveva fatto centro.

-Io... credo... credo di sì? – sembrava più una domanda.
Il suo sguardo si addolcì e accennò un sorriso.
-Luca, non ti posso assicurare che noi due dureremo per sempre, e nemmeno Andrea e Giulia o Martina e Gabriel, perché nessuno lo può sapere. Non è detto che tutte le coppie siano destinate a separarsi. – infilò una mano nei miei capelli e mi accarezzò. – Mio nonno e mia nonna stanno ancora insieme e sono più innamorati che mai.-
-Sì, ma se finisce...?- cominciai ma mi fermò ancora una volta.
-Anche se rimanessimo amici, basterà litigare pesantemente per finire tutto,quindi è la stessa cosa.
-Sì, però... – riprovai, ma non mi lasciò finire.
Le lanciai un'occhiataccia di cui lei nemmeno si accorse.
-Ascolta, facciamo così, se può farti sentire più sicuro: noi continuiamo a baciarci, a fare l'amore e tutte le altre cose, ma non stiamo insieme, va bene?-
-Va bene. – annuii.
Era quello che avevo in mente fin dall'inizio io, ma avrei lasciato comunque che pensasse che l'idea fosse sua.

-Okay, adesso possiamo metterci un po' sul letto e riposarci? – propose,tirandomi verso di esso.
-Buona idea. – asserii, dopo aver preso la chiave e riaperto la porta. Ora non c'era più pericolo che se ne andasse.
Questa volta mi misi seduto con la schiena contro la testiera e lei si sistemò tra le mie gambe, con la schiena premuta sul mio petto.
-Però Alessandro non deve sapere del nostro accordo, okay? Per lui stiamo insieme. Anzi, siamo prossimi al matrimonio. – le baciai una spalla.
Lei ridacchiò. –Almeno sei geloso. -
-Lo sono sempre stato, solo che ero un po' troppo stupido per rendermene conto.– mormorai più a me stesso che a lei, mentre cercavo di farle un succhiotto dietro all'orecchio.
Non potei vederla ma fui sicura che il suo sorriso si fosse allargato.
-Bea? – la vocina di Tommy fece capolino nella stanza.
Lei abbandonò la testa contro la mia spalla, come rassegnata.
-Non vieni a disegnare? Ho già finito di colorare il disegno. – sollevò il foglio che teneva in mano per mostrarcelo. Era uno scoiattolo gigante con in mano una ghianda con sottofondo di alberi; di per sé il disegno era stupendo,ma si vedeva che l'aveva colorato un bambino di sei anni.
-Non c'è Spiderman a quest'ora in tv?– intervenni io, un po' per Beatrice un po' perché volevo stare con lei.
-Non so che ore sono.
Glielo dissi guardando il cellulare e lui mi rispose che sarebbe iniziato in dieci minuti.
-Fai così. Vai in cucina, prendi fuori le fette di pane, prendi la Nutella dal mobile in basso, prendi un cucchiaino e spalmala. Poi mangialo ed è già ora di guardare Spiderman. – gli proposi.
-Ma io non posso mangiare la Nutella. – si attristì.
-Sì, che puoi, te lo dico io. –
A quel punto il suo viso si illuminò e anche quello di Bea.

Corse giù per le scale e Beatrice si girò per darmi un bacio sulle labbra.–Grazie. -
-Risulterei troppo sdolcinato se ti dicessi che ti amo?
-Un pochino, ma te lo concedo. – mi dice un altro bacio. –Ti amo anch'io,comunque.

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