Capitolo 24

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                 BEATRICE
E poi sempre la solita storia.
Da quando io avevo voltato il corridoio di quell'hotel a Venezia non ci eravamo più guardati.
Luca faceva di tutto per evitare il mio sguardo, ma ogni tanto lo sorprendevo a guardarmi di nascosto, cosa che scoprivo solo perché a volte lo guardavo anch'io.
Quando mi aveva detto che tutto sarebbe tornato alla normalità ci ero rimasta malissimo. Come se un macigno mi fosse caduto sul piede, in quell'ascensore anonimo. Certo, eravamo rimasti d'accordo così, ma avevo pensato che dopo... dopo cosa? Ti sei pure addormentata!
Cazzo. E se mi avesse detto quelle cose perché aveva pensato che io lo trovassi noioso? Non era affatto vero! Ero solo stanca e fra le sue braccia stavo alquanto bene.

Cancellai le idee dalla mia testa e tornai a seguire i discorsi dei miei amici, che parlavano della festa di compleanno di Andrea. Tra neanche un mese li avrebbe compiuti anche Luca. Sbuffai. Basta!
-Perché sbuffi? Che hai? - mi chiese Gabriel, mettendomi una mano attorno alle spalle. Mi appoggiai al suo fianco e scossi la testa.
-Sei un po' strana in questi giorni. Sei... spenta - continuò.
-E' la stagione. L'autunno mi mette sempre angoscia e depressione addosso. - risposi con una scusa.
-Tra poco sarà inverno e tu ami il freddo, non ti preoccupare.- mi rassicurò come faceva sempre. Gli sorrisi dolcemente e gli misi la testa su di una spalla, cosa che da piccola avevo sempre trovato rincuorante.
Chiusi gli occhi, continuando ad ascoltare gli altri parlare e quando li riaprii, mi accorsi che Luca mi stava studiando. Appena incrociai il suo sguardo, tornò repentinamente a guardare Andrea che gesticolava animatamente.
Sorpresa, mi staccai cautamente da Gabriel e tornai seduta dritta sul muretto davanti alla scuola. Era l'una e mezza del pomeriggio e il sole batteva forte, nonostante fossero i primi di ottobre.
-Che ne pensate?- chiese Andrea guardando tutti.
Gli altri annuirono ed io mi sentii un po' fuori lungo. Di che cosa stavano parlando?
-Tu, Bea? - guardò me.
-Eh?
Lui sospirò e tornò a ripetere ciò che aveva appena finito di dire, come se avesse capito che ero distratta per motivi importanti -se si possono definire tali.
-In poche parole, per il mio compleanno vorrei invitare tutti a casa mia a dormire.
Mi illuminai e battei felice le mani:- Adoro i pigiama party!
Lui scoppiò a ridere: -Non ci vestiremo con pigiamini rosa, non ci racconteremo segreti inconfessabili e non faremo tantomeno la battaglia con i cuscini. -imitò la voce di una femmina e mi fece ridere.
-Oh, peccato! - feci il labbruccio, stando al gioco.
-Quindi ci sarai?
-Anche se non ci vestiremo di rosa? Ma sì, dai.
Poi mi sporsi verso l'orecchio di Gabriel e gli domandai, imbarazzata: -Mi sono persa un passaggio. Quand'è il suo compleanno?
Gabriel tentò di non ridere e mi sussurrò a sua volta:- Sabato, Bea, tra due giorni.
-Oh. Non poteva dirlo prima? Ci metto una settimana solo per pensare al regalo, figuriamoci per comprarlo e scrivere il biglietto! - mi lamentai, sussurrando. Mi girai verso gli altri e notai nuovamente che Luca mi stava fissando. Ma gli dava forse fastidio il fatto che io parlassi con Gabriel?
Gabriel questa volta non riuscì a trattenersi dal ridere: -Puoi farlo con noi, il regalo, tranquilla!- mi disse all'orecchio.
Non resistetti alla tentazione di guardare un'altra volta nella direzione di Luca e non appena se ne accorse, rivolse di nuovo lo sguardo verso Andrea. Era chiaro che non volesse in nessun modo che mi accorgessi di essere fissata da lui.
Lo ignorai per il resto del discorso di Andrea, che spiegava che avremmo mangiato da lui la pizza, poi avremmo guardato un film sui sacco a peli e poi avremmo provato a fare after.

Quando tornai a casa, mia madre stava tentando di cucinare un pollo.
Sorrisi, vedendola concentrata a tagliare le verdure.
-Sei già tornata? Non dovevi andare da Martina a studiare? - mi chiese,rivolgendomi un'occhiata fugace, prima di tornare a fare il suo lavoro.
-Avevo mal di testa e ho cambiato idea.
Appoggiò immediatamente il coltello e mi fissò preoccupata.
Oddio, perché gliel'ho detto?
-Cosa ti senti? - mi appoggiò una mano sulla fronte. -Hai preso troppo sole?
Alzai gli occhi al cielo. -No, mamma. Sono solo stanca.
Andai in salotto e Lilium mi corse incontro, appoggiando le zampe anteriori sulle mie gambe e saltando.
-Ciao, cucciolotto. - lo presi in braccio.
Lo portai su per le scale con me e poi lo appoggiai nella sua cuccia in camera mia, anche se ci stava raramente.
Mi sdraiai sul letto, non prima di essermi tolta i vestiti: non ero mai andata sul mio letto con i vestiti indosso, troppi germi. Era lecito solo il pigiama ola biancheria intima.
Fissai il soffitto, sospirando e ripensando a ciò che era successo quella mattina. Niente di che. Io e Luca ci eravamo ignorati per tutte le cinque ore,persino nel laboratorio di fisica, in cui di solito ci sedevamo di fronte per prenderci in giro e battibeccare.
Dal cellulare partì la suoneria tradizionale degli iPhone e con aria distratta lo presi. Sbarrai gli occhi e scattai in piedi, non appena vidi sullo schermo l'immagine di Luca ritoccata in modo da fargli sembrare le guance come due palle di natale e gli occhi rossi. Non sembrava neanche lui. Era veramente inquietante, un gesto molto infantile, ma in prima superiore ero veramente arrabbiata con lui,quando alla sua festa di compleanno sulla spiaggia mi aveva buttato sulla sabbia e mi aveva ricoperta dalla testa ai piedi, quando io avevo un vestitino bianco nuovo di zecca.
Mi guardai allo specchio, ma poi sbuffai quando mi accorsi di essere veramente ridicola: non poteva vedermi.
Ma la cosa più importante era il perché mi stava chiamando. Dubitavo che volesse ricredersi e per una volta non ero arrabbiata con lui, per questo motivo. Forse era la cosa giusta, solamente dovevamo capirlo fin dall'inizio,invece di iniziare questa strana situazione che finiva metodicamente con lui che mi chiedeva di dimenticarla.
Schiacciai lentamente il tasto verde e mi portai il cellulare all'orecchio.
-Pronto?
-Bea! - non era la voce di Luca, bensì quella di Tommaso.
Mi rilassai e sorrisi allegramente. -Ehi, piccoletto, ciao!
-Come stai?
-Benissimo, tu?
-Ora che sento la tua voce sto bene anch'io. -Che dolce! Sicuramente aveva sentito dirlo dal fratello a qualche ragazza per portarsela a letto.
-Come mai mi stai chiamando?
-Quand'è che vieni a casa mia? -la sua faccia si fece triste e feci il labbruccio anch'io, nonostante non potesse vedermi.
-Oh, tesoro, non credo sia il caso... - cercai di trovare una scusa.- sono molto...
-Ehi, che diavolo stai facendo con il mio cellulare?- fui interrotta da una voce piuttosto familiare dall'altra parte del telefono.
Sentii Tommaso strillare e poi vari fruscii, cose che cadevano e altri strilli.
-Ehi, vieni subito qui! - strillò Luca. Sembrava molto lontano.
Tommaso strillava e sentivo altri rumori: si stavano rincorrendo.
-Se ti cade il telefono non sai cosa ti faccio!
Sentii dei tonfi: stavano scendendo le scale di corsa.
Scoppiai a ridere. Me li immaginavo: Luca arrabbiato che correva scalzo per casa, mentre Tommaso strillava impaurito dalla stazza del fratello che era quattro volte lui, con un cellulare in mano anch'esso più grande di lui.
-Chi diavolo stai chiamando?
-Mamma! - gridò ancora Tommaso. -Scusami, Bea, ma mio fratello mi sta rincorrendo e io ho un po' paura. Chiamo la mamma e poi possiamo parlare, eh. -L'aveva detto in un modo talmente calmo e innocente da farmi piegare in due dalle risate.
-Certo, non ti preoccupare, aspetto. -tentai di non piangere.
-Sei al telefono con Beatrice? - la voce di Luca si alzò di un tono, ma io ero troppo occupata ad asciugarmi le lacrime per preoccuparmene. Lo sentii imprecare a bassa voce.
-Che sta succedendo? - sentii la voce di una donna, ovviamente la madre.
-Tommy mi ha preso il cellulare e sta chiamando Beatrice! - sbottò Luca,arrabbiato. La sua voce era più vicina.
-Luca non mi fa parlare con Beatrice! - si lamentò il fratellino. Poi ci furono altri fruscii - probabilmente si stavano ricorrendo attorno al tavolo della cucina- e poi qualcosa di incomprensibile che aveva detto la madre.
-Ehi, fermati subito!
-Luca, lascialo stare! - lo rimproverò la madre, calma.
-Mamma, cazzo, ha il mio cellulare! Sai quanto cazzo è costato?!
-Certo, l'ho pagato io! E non dire parolacce in presenza di tuo fratello.
-Volete fare un po' di silenzio? Non riesco a parlare! - li interruppe Tommaso.-Allora, dicevamo? Ah, si, perché non puoi venire?
-Ehm...- mi ricomposi, ma non riuscii a fare a meno di ridere ancora.
-Dammelo! - poi sentii altri fruscii e Tommaso strillare.
-Mettimi giuuuu! - l'aveva preso in braccio.
-Mollalo immediatamente!- la voce di Luca era ghiaccio. Era così agitato per il cellulare o perché al telefono c'ero io? Poco illuderti, cara.
-Bea, scusalo, non so perché ti ha chiamato. - Luca parlò con me ed io tornai seria.
-N-non fa niente.
-Fammela almeno salutare! - piagnucolò Tommaso. Dai fruscii vicini all'audio,capivo che era ancora in braccio a lui.
-Salutala. - sospirò il fratello.
-Ciao, Bea. Mi manchi tanto, torna presto! - mi disse velocemente.
-Bene, ora vai e dopo facciamo i conti. - lo lasciò andare e sentii Tommaso chiamare di nuovo la madre.
-Scusa, non so come un bambino di cinque anni abbia potuto indovinare la password e trovarti tra i contatti, ma è successo. - parlò Luca, e potei immaginarlo con la mano tra i capelli.
Ricominciai a ridere ripensando alla scena.
-Perché stai ridendo? - mi chiese, e potei sentire un sorriso divertito.
-Scusami, è che da sentire al telefono è una cosa troppo buffa!
Fece una risatina nervosa ed aspettò che finissi di ridere anch'io.
-Bene, allora... - accennai.
Ci fu un momento di silenzio.
-Ci sarai alla festa a casa di Andrea?- mi domandò, all'improvviso.
-Certo, l'ho detto anche prima.
-Ah, giusto. - rispose ed io mi sentii in colpa per aver usato un tono tanto serio.
-Con chi lo fai, il regalo? - chiesi, restando in tema.
-Con gli altri.
Mi accorsi che era una conversazione abbastanza forzata e non aveva nulla di spontaneo.
-Anche io. Si sa già che cosa regaleremo?
-Uh... che io sappia no.
-Ah, okay... - avevamo esaurito gli argomenti.
-Quindi ti di... - venne interrotto da uno strillo "Luca, vieni subito in cucina!"
Sbuffò. -Arrivo, un attimo! - rispose, mettendo una mano sul ricevitore, dato che sentii la sua voce ovattata.
-Scusami, devo andare... ci vediamo domani a scuola?
-Oh, sì.
Stavo per mettere giù, quando lui chiamò il mio nome.
-Che c'è?
-Volevo dire... mi dispiace per quello che è successo...
-Perché questa frase mi è familiare? - a quanto pare, con lui perdevo in frettala pazienza.
-Ehi, io ti dico che ti dispiace e tu mi attacchi? - era serio e leggermente infastidito.
-Scusami, ma non sopporto di essere scaricata, se così si può dire, per ben tre volte. Forse non ho soddisfatto a pieno i tuoi desideri, forse non sarò la ragazza più bella della scuola o forse sei solo tu che sei cretino, ma...
E -ovviamente- mi interruppe. E sapevo anche già per puntualizzare cosa. Alzai gli occhi al cielo, per poi chiuderli. -Chi ha detto che non sei la ragazza più bella della scuola?
Aprii gli occhi di scatto. Eh? Non voleva sottolineare che lui non era un cretino?
-Beh... non ci vuole un genio per capirlo... - risposi, imbarazzata.
-Luca! - richiamò sua madre, ma lui la ignorò.
-Guarda che se pensi che io ti ho "scaricata, se così si può dire" - immaginai che stesse facendo le virgolette per imitare le mie precedenti parole - perché penso che tu non sia la ragazza più bella della scuola ti sbagli di grosso.
-Ah, no?
-Io penso che tu sia... bella, molto bella... - rispose velocemente, come se potessi non capire ciò che stava dicendo. Ma avevo capito. Sentii le farfalle nello stomaco. -il problema...
-Luca, vieni immediatamente qui o giuro che ti prendo per un orecchio! - la voce infuriata si sua madre ci interruppe di nuovo.
-Cazzo, sto arrivando! -sbuffò ancora.
-E non dire parolacce!
Un altro sbuffo. Per quanto fossi curiosa di sapere "il problema", lo lasciai andare.
Risi leggermente. -Vai, o ti prende per un orecchio.
Lo sentii sorridere ancora. -Simpatica! Ciao.
-Ciao. - aspettai che mettesse giù lui, ma sentivo ancora il suo respiro. Poi dei passi e la voce di sua madre: -Luca Mercuri, cosa ti avevo detto?!
-Ahi, mamma! - strillò Luca, come un bambino e poi sentii "tu tu tu".
L'aveva preso per un orecchio!
Mi sbellicai dalle risate, buttandomi sul letto, immaginando un ragazzo di quasi diciotto anni essere preso per un orecchio dalla madre.
Poi smisi di ridere e ripensai alla conversazione di poco prima.
Cancellai tutto, focalizzandomi solo su alcune frasi: lui non mi aveva "scaricata,se così si può dire" perché non ero la ragazza più bella della scuola; non aveva negato di essere un cretino; e cosa più importante -soprattutto per lamia povera e lesionata autostima -, lui credeva che io fossi bella, molto bella.

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