Sex or love?

By leggimidentro00

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Luca e Beatrice, diciassette anni al liceo, si odiano profondamente dalla prima superiore. Alla festa di fine... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Epilogo
Bella notizia!
Copertina nuova
MISSING MOMENTS
MISSING MOMENTS
MISSING MOMENTS
Presentazione a Ferrara!

Capitolo 62

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By leggimidentro00

BEATRICE
Me ne stavo lì, da sola, dall'altra parte del campo da calcio appoggiata alla ringhiera.
Luca non avrebbe dovuto lasciarmi lì da sola, dato che mi aveva chiesto lui di accompagnarlo.
Era sparito da più di mezz'ora ed io stavo iniziando ad infastidirmi.
Se me l'avesse detto prima, sarei andata a vedere la partita con Martina, sugli spalti, ma in quel momento non potevo più raggiungerla; anche perché quando io e Luca eravamo usciti di casa e avevamo raggiunto il campo insieme, lui sembrava al settimo cielo, perciò non volevo rischiare di farlo agitare inutilmente. Me ne sarei rimasta lì, a guardare la partita, per quanto riuscissi a vedere – davanti a me c'era una rete. Speravo solo che la mia amica non mi vedesse o mi avrebbe chiamato su con lei.
Quando stavo per andarmene sbuffando, un corpo caldo e profumato aderì a me ed io sospirai.
-Se volevi guardare la partita dalla panchina bastava che me lo dicessi e sarei andata sugli spalti con Martina e suo cugino – cercai di rimanere calma ma il mio tono infastidito si poteva intuire.
-Scusa. – appoggiò le mani sulle mie sulla ringhiera e lo sentii sorridere. –Sai che il mister quando inizia a parlare non smette più.-
Dalla sua voce potevo capire quanto fosse felice e allegro.
Mi riempiva di gioia vederlo così.

-Sì, lo so. – sospirai cominciando a sorridere perché strofinava il naso tra i miei capelli. L'allenatore della squadra era stato il mio insegnante di ginnastica alle scuole medie e per questo non vedevo l'ora di andare alle superiori: una volta gli avevo chiesto che ore erano e lui mi aveva fatto fare dieci giri del campo da calcio, cinquanta addominali e trenta piegamenti appesa alla spalliera. Per due giorni non ero riuscita ad alzarmi dal letto nemmeno per andare in bagno.
Dev'essere stato grazie a lui il motivo per cui io odiavo profondamente qualsiasi tipo di sport da praticare.

-Mi ha tartassato una spalla a forza di darmi delle pacche, cazzo. – scoppiò a ridere appoggiando il mento sulla mia spalla.
-Che cosa ti ha detto, alla fine?- domandai, curiosa.
Luca si spostò accanto a me e mi guardò sorridente.
-Che quest'estate devo ricominciare ad allenarmi con lui – feci una smorfia di compassione: poverino... – e che se vede che sono abbastanza in forma posso ricominciare a giocare perché un ragazzo così bravo non può non giocare nella sua squadra. – concluse.
Sorrisi contenta. –L'ultima parte te l'ha detta lui o te la sei inventata?
-Me la sono inventata, ma dai suoi occhi potevo capire che lo pensava anche lui. – annuì.
Scossi la testa ridendo, poi lo abbracciai con uno slancio.
-Sono contentissima per il fatto che ritornerai a giocare. Finalmente! – gli stampai un bacio sulla guancia e lui mi strinse più forte.
-Ma avrai lo stesso tempo per me? – gli diedi un bacio anche sul collo.
Luca si allontanò di poco per guardarmi in faccia. – Ma certo, Bea.-
Rilassai le spalle, mi riappoggiai alla ringhiera e lo fissai mentre lui guardava concentrato quel poco che si intravedeva della partita.
Era così bello, mamma mia.
-Che cosa stai guardando? – mi chiese. Non mi accorsi che mi stava fissando anche lui, dato che mi ero incantata.
-Uhm...? – feci finta di niente. –Niente, stavo pensando.
-A cosa? -
Scossi la testa. – A niente di importante.- in realtà lui era importante...
Senza dire niente, Luca mi sorrise e si avvicinò a me per baciarmi.
Ed io ovviamente ricambiai.
Aveva detto che potevamo continuare a fare tutte quelle cose che la lista ci proibiva di fare e, per quanto mi facesse male il fatto di baciarlo pur sapendo che lui non provava niente per me, volevo sfruttare quella decisione fino infondo, perché avevo paura che prima o poi si sarebbe stufato e si sarebbe cercato un'altra scopamica.
Ed io non avrei più potuto baciarlo.
Quando mi appoggiò alla ringhiera e approfondì il bacio, per poco non mi schiacciò e lo fermai ridendo.
-Siamo in pubblico, ricordi? – stavo per dire, ma lo disse lui, facendomi il verso.
Scoppiai a ridere e gli allacciai le braccia al collo.
-Sono tutti concentrati sulla partita, non su di noi. E dovrei esserlo anch'io, se non ci fosse una bellissima ragazza con le labbra dolci che mi sta di fianco. – affermò ed io tornai a baciarlo per non fargli vedere che ero arrossita.
-Ti va un gelato? – mi chiese.
Annuii, anche se riluttante di lasciarlo andare.
-Non vuoi vedere la fine? – indicai il campo, ma lui si stava già incamminando verso il sentiero di uscita del cancello.
-Te l'ho detto: preferisco guardare te. – mi sorrise ed io rimasi un po' spiazzata: va bene che era felice e sprizzava gioia da tutti i pori, ma non era mai stato così diretto per quanto riguardava me.
Ancora una volta ti illudi, Bea, pensai.
Lo seguii e mentre ci incamminavamo verso la gelateria cominciammo a parlare di ogni cosa ci passasse per la testa.
Ad un tratto, sentii la mia mano sfiorare la sua e in un secondo lui intrecciò le nostre dita.
Oh.
Sgranai gli occhi ma non lo diedi a vedere.

Gli lanciai un'occhiata con la coda dell'occhio ma lui continuò a parlare come se non si fosse accorto di niente.
Non mi aveva mai tenuto per mano perché ce l'eravamo sempre proibito, però... ormai non era più proibito niente, no?
Potevo anche fermarlo e tappargli la bocca con un bacio, proprio davanti a tutti i bambini del parco, no?
-Bea? – mi richiamò e quando sbattei le palpebre mi accorsi che eravamo arrivati davanti al banco dei gelati e che il gelataio mi stava fissando con un cono in mano.
-Che gusti vuoi? – mi chiese Luca sorridendo.
Mi stava ancora tenendo la mano e quando ci pensai una scarica elettrica mi attraversò tutto il braccio e da come mi fissò credetti che l'avesse sentita anche lui.
-Che gusti vuoi? – ripeté divertito, come se parlasse con una bambina.
-Io? Ehm... yogurt e fragola? – dissi i primi gusti che mi passarono per la mente, disorientata e pressata dallo sguardo insistente del gelataio.

Luca storse il naso e prima che il gelataio prendesse la spatola aggiunse:
-Uhm, no, ne faccia uno con pistacchio e nocciola e l'altro con cioccolato e biscotto.-

Mi voltai verso di lui sbigottita. –Hai scelto tu per me?
-La fragola la prendono i bambini, Bea, non mi piace. – fece una smorfia, osservando il gelataio che farciva i coni.
-Infatti la devo mangiare io. – protestai.
-Sì, ma io devo assaggiare. – sorrise e afferrò il gelato al cioccolato e biscotto, porgendomelo.
Sbuffai osservandolo e cominciando a leccare i bordi prima che colasse.
-Arrivederci. – disse Luca al gelataio, dopo aver pagato.
Per quanto io fossi sempre gentile con – quasi – tutti, non lo salutai, perché mi aveva fatta sentire stupida, poco prima.
-Quindi il mio gelato deve piacere a te e non a me? – insistetti, mentre camminavamo.
-Hai mai provato il biscotto? -
-No.
-Ti piace? -
Tanto. –Discreto.-
-Allora vedi che piace anche a te? -
Non ribattei ma mi imbronciai.
Quando lui si sedette su una panchina io lo seguii e mi sedetti accanto a lui.
Mi squadrò per un secondo, si morse un labbro, poi si batté la mano libera sulle ginocchia. –Vuoi venire? -

No, sul serio, tutta quella dolcezza quel giorno non la capivo affatto. Anzi, mi preoccupava.

Mi guardai attorno e mi mossi anch'io un labbro.
Quando Luca intuì la mia risposta, alzò gli occhi al cielo e si sollevò, cominciando a camminare.
Proprio quando cominciai a pensare che si fosse scocciato dei miei "siamo in pubblico", si girò e mi chiese: -Allora? Resti lì?-
Lo seguii in fretta e mi portò in un luogo del parco in cui non ero mai stata, perché era un po' imboscato dietro a due giganteschi e ingombranti pini.
Si sedette sul prato appena tagliato in una zona d'ombra e allora, senza esitazione, mi sedetti sulle sue ginocchia.
Quando Luca sembrò soddisfatto, mi stampò un bacio appiccicoso ma dolce sulle labbra e proseguì a mangiare il gelato.
Allora ci teneva alla mia vicinanza: se io mi preoccupavo di qualcuno che ci potesse vedere e lui cambiava posto pur di farmi stare seduta su di lui, significava che ci teneva veramente a me.
Anche questa era un'illusione?

Non ci capivo più niente!
    Divorai il mio gelato solo dalla parte del biscotto e lui protestò quando si accorse che non gliene avevo lasciato neanche un po'. In compenso, però, gli lasciai tutto il cioccolato.
Quando ebbe divorato entrambe le cialde, iniziò a baciarmi di nuovo ed io ne fui più che felice perché sapeva di cioccolato.
-Almeno posso assaggiare il biscotto così. – ridacchiò, a contatto con le mie labbra.
Sorrisi e infilai la lingua nella sua bocca, sentendomi audace.
-Quando ricominceremo a fare sesso? – domandò dopo un po', quando fummo entrambi sdraiati.
Ecco.

Doveva rovinare ogni cosa.
Mi alzai a sedere e provai a scendere dalle sue ginocchia, ma lui mi trattenne.
-Scusa, scusa, scusa. – continuò a ripetere, mentre cercava di riempirmi il viso di baci, per quanto io mi divincolassi.
-Lasciami andare, Luca. – mi infuriai.
-Dai stavo scherzando. – sorrise.
-E' per questo che oggi sei così dolce e carino? Cercavi un modo per convincermi a fare di nuovo sesso? – riprovai a divincolarmi, ma niente: lui era più forte di me e mi tratteneva cercando di baciarmi dappertutto.
-Cosa? NO! – si fece serio per un momento ed io smisi di divincolarmi.
-Oh, io penso di sì.
-Bea, non so cosa tu abbia pensato in quella testolina, ma ti assicuro che non lo farei mai. Ti ho detto che ti aspetto e aspetterò, ma ecco... vorrei solo sapere quanto...-
Mi cinse saldamente la vita. –E per te è un problema quel 'quanto'? -
Sospirò. –No. Però, cerca di capirmi. Cazzo, sono quasi cinque mesi. -
Sospirai anch'io. –Guarda che se fosse per me farei sesso con te anche subito, eh.-confessai, affondando la testa nel suo collo, per nascondere le mie guance rosse.

-E allora che cos'è che ti frena? – mi chiese divertito, forse dalla mia timidezza.
-E' la mia mente che mi frena. – ammisi, sincera.
-Ti hanno mai detto che siete la stessa persona? – rise, cercando di far uscire il mio volto dalla tana, ma io stavo bene lì.
-Non sempre. –scossi la testa e gli lasciai un piccolo bacio.
-Non ti fidi più di me? – la sua voce era un sussurro.
-Ma certo che mi fido. – gli lasciai un altro bacio e lui sembrò apprezzare, perché inarcò di più il collo.
-E allora?
-E allora aspetta, per favore. – conclusi solo, non sapendo cos'alto dire. In realtà non sapevo nemmeno io cosa mi frenava.
O forse sì: avevo paura di provare emozioni troppo forti da quando avevo scoperto di essere innamorata di Luca e temevo che lui se ne accorgesse e mi desse della stupida.
Ma questo non l'avrebbe mai saputo.
Mi diede un piccolo bacio sulla tempia e poi le sue labbra restarono premute lì, per molto tempo.
Quasi mi si chiudevano gli occhi quando Luca strinse la presa e chiamò il mio nome.
-Che c'è?
-Tu lo sapevi? – mi chiese.
-Che cosa? – mi girai a guardarlo con gli occhi socchiusi.
Lui guardò oltre il mio volto.
Mi voltai nella direzione in cui stava guardando e vidi Gabriel e Martina in piedi sotto ad un albero che si baciavano.
Erano lontani da noi, ma li riconoscevo per via dei capelli biondissimi e le scarpe rosa flash di Martina.
Rimasi a bocca aperta.
-Che stronzi! – esclamai talmente forte che temetti mi sentissero.
Non provai neanche l'istinto di alzarmi e nascondermi, ma rimasi semplicemente a fissarli.
Luca scoppiò a ridere. –Io mi sono fatto tante pare e ti ho respinta infinte volte per poi vedere Gabri che bacia una che non sei tu. – beato lui che lo trovava divertente, perché quando mi respingeva io non mi divertivo mica tanto, eh...

-E io che mi preoccupavo anche di essere una migliore amica del cazzo! Nemmeno loro due me l'hanno detto!- sbottai, infuriata.
-Adesso vado là a chiedere  spiegazioni. – dissi decisa e feci per alzarmi ma Luca mi bloccò ancora.
-No, adesso andiamo a casa. Ti faccio presente che nemmeno loro sanno di noi. Si arrabbierebbero come ti sei arrabbiata tu ora, quindi aspetta che qualcuno dei due te lo riveli. – propose e mi diede un bacio sul naso che subito bastò a rilassarmi un po'.
-Non dirlo ad Andrea. – gli intimai, come ogni volta che dovevo fargli tenere un segreto. Volevo bene ad Andrea, ma purtroppo non sapeva tenere la bocca chiusa per più di tre secondi, per cui glielo sarebbe andato sicuramente a domandare.
-Agli ordini.-
Ci alzammo e, curandoci di non farci vedere ce ne andammo.
Da quanto andava avanti?

LUCA
Guardarla cambiarsi davanti ai miei occhi e non poterla toccare fino in fondo mi creava un senso di vuoto dentro che era forse peggio dell'astinenza carnale in sé.
Da quando avevo chiesto al mister di rientrare in squadra e avevo scoperto che Gabriel stava con Martina mi sentivo molto più leggero.
Per questo ero così felice e 'dolce' – come sosteneva Beatrice – con lei: potevo dedicarmi a lei senza nessun altro pensiero che mi torturasse.
Certo, c'era sempre mio padre e quella maledetta macchina che era ancora in garage ma usata, ma quello era sempre stato in secondo piano rispetto a Beatrice.
    L'avevo tenuta per mano più di una volta da quando eravamo andati a prendere il gelato.
Lei forse pensava che io nemmeno mi accorgessi di farlo, ma in realtà cercavo in tutti i modi di mostrarmi indifferente per non far trasparire i miei sentimenti non appena avevo un contatto anche solo visivo con lei.
Ero innamorato, maledizione e non avevo ancora imparato a convivere con questo sentimento: avevo una fottuta paura che lei si allontanasse, ma più di tutto, non volevo rovinare definitivamente il nostro rapporto, dal momento che ci eravamo andati vicino già parecchie di volte.
Beatrice si spogliò e si infilò il pigiama non curante di me che la stavo fissando. Ero contento che finalmente si sentisse a suo agio nel mostrarsi nuda o seminuda ed ero felice di sapere che non si fosse mai spogliata davanti a nessun altro ragazzo. Soltanto a me.
Almeno speravo.
-Luca, te ne devi andare. – mi disse con tono dolce, anche se quella specie di invito non lo era per niente.
-Hai detto che tornerà tra mezz'ora, aspetta. – ripetei per la testa volta.
L'avevo accompagnata a casa dopo un'uscita serale con i nostri amici per calmarla un po': aveva lanciato mille occhiate inequivocabili a Gabriel e Martina ma nessuno di loro aveva battuto ciglio e aveva quasi litigato con Giulia perché era già nervosa di suo per quel fatto. Il fatto che entrambi glielo avessero nascosto non le andava proprio giù.

Mi chiesi se succedesse la stessa cosa con me e Beatrice: qualcuno sapeva che passavamo insieme praticamente tutti i giorni ma faceva finta di niente?
Perciò, mi ero guardato intorno un miliardo di volte per cogliere anche solo uno sguardo strano dai miei amici, ma loro sembravano farsi gli affari loro senza prestare attenzione alla mia mano dietro la schiena di Beatrice che la accarezzava.
Sapevo che non dovevo rischiare tanto, sia per Beatrice che non ci teneva per niente a farlo sapere, sia ancora per Gabriel, di cui non mi preoccupavo più in quel senso bensì avevo paura del suo fare protettivo nei confronti di Beatrice. Più di una volta, fin dalla prima, l'aveva difesa dai miei scherzi e dalle mie frecciatine e mi ero anche beccato un paio di pugni per aver fatto qualche bel commento su di lei – ma questo Beatrice non doveva saperlo.

-Perché vuoi stare qui? Lo sai che se mia madre ti... – non la lasciai finire di parlare e la trascinai sul letto, tra le mie gambe. L'abbracciai da dietro e le diedi un bacio sulla guancia.
-Ti calmi un attimo? Sei troppo agitata.- le sussurrai e lei si rilassò appoggiandosi a me.
-Ho bevuto del caffè a colazione... – borbottò.
La guardai sorpreso. –Del caffè? Da quando bevi il caffè?
-Ero stanca e nervosa e ho pensato che mi facesse bene.
-Bea, se ti proibisco di bere il tè a colazione, il caffè è ancora peggio. – ridacchiai per la sua ingenuità.
-Domani berrò la camomilla, va bene? – sbuffò, ma sapevo che non era infastidita.
-Meglio. -
Rimasi ad accarezzarle la pancia, le braccia, i capelli e quasi mi addormentai, quando sentii la macchina di sua madre parcheggiare nel garage.
-Sai che ora devi uscire dalla finestra, vero? – mormorò, girandosi verso di me con tutto il corpo.
-E se restassi?- proposi, sapendo già la risposta.
-Non se ne parla. – scosse la testa, ma non sembrava intenzionata a spostarsi da sopra di me.
-Dai, tu vai a salutare tua madre, io mi nascondo sotto al letto o nell'armadio e poi quando le dai la buonanotte torni e dormiamo insieme, cosa ne dici?-
-E se ti scappa la pipì? Io non ho il bagno in camera come te, Luca.-
-L'ho fatta prima. Dovrei essere a posto fino a domattina.-  mentii. In realtà mi scappava, ma l'avrei trattenuta – per quanto fossi un tantino incontinente, essendo un maschio – pur di dormire con Beatrice. Erano tre giorni che non dormivamo assieme ed erano già troppi.
Mi stupii quando Beatrice ci rifletté su per qualche secondo, invece di rispondere come al solito il suo categorico 'no'.
Sospirò ed io quasi saltai di gioia, forse per l'eccitazione per il fatto di essere abusivo in casa sua. Anche se detta così non aveva molto senso...

-Ma – alzò un dito quando la stavo per stritolare in un abbraccio – se fiaterai, riderai o ti farai scoprire ti giuro che non potrai più diventare padre.- mi minacciò, autoritaria.
-E come faremo? Li vuoi adottare? Per me va bene. – le chiesi divertito, prima di rendermi conto di ciò che avevo appena detto.

Era successo di nuovo.
Avevamo fatto di nuovo supposizioni su un futuro in cui saremmo stati ancora insieme e avremmo fatto una famiglia. Solamente che quella volta ero stato io e non lei.

Beatrice restò a fissarmi muta e assente.
Stavo per cercare di salvare la situazione quando presi una decisione: era il momento di chiarire le cose perché nasconderle stava diventando insopportabile.

Non sapevo nemmeno come dirglielo, ma dovevo e forse non c'era momento migliore, siccome lei sembrava di buon umore, quella sera.
-Bea, dobbiamo parlare... – dissi, serio.
-Di cosa? – chiese con la voce tremolante. Fece per alzarsi da sopra di me, ma come al solito la trattenni appoggiandole le mani sulla schiena.
Ecco, si stava già agitando.
Aveva capito di cosa volevo parlare?

Sospirai e, fissandola negli occhi, e prima premisi: -Bea, qualsiasi cosa io ti dica, mi prometti di non agitarti e che... – fui interrotto.
Ovviamente.

-Beatrice? – la voce di sua madre mi fece quasi strappare il cuscino che avevo sotto la testa.
Il destino mi voleva proprio male, maledizione.
-Sì, arrivo mamma! – urlò, non distogliendo lo sguardo dai miei occhi.
Restò ferma per qualche secondo, in cui io sperai mi dicesse "adesso vado a salutare mia madre, poi torno e parliamo", invece si alzò lentamente e abbassò lo sguardo per poi percorrere la stanza in silenzio e uscire, chiudendo la porta.
Cazzo.
Seriamente?
Ogni volta provavo a parlarne e c'era qualche cosa o qualcuno che ci interrompeva?!
Il problema era che sapevo com'era fatta Beatrice: se c'era qualche discorso che non la metteva a suo agio, lo evitava e poi lo eclissava.

BEATRICE
-Ehi, tesoro! – mia mamma mi abbracciò non appena scesi le scale.
-Ciao. – risposi e la strinsi forte. D'un tratto mi venne voglia di piangere sulla spalla accogliente e profumata di mia madre.
Non volevo più tornare in camera perché sapevo che Luca avrebbe ritirato fuori quel discorso.
Sapevo che prima o poi sarebbe successo, però non ero ancora pronta.

-Tutto bene? Sembra che tu abbia appena guardato un film strappalacrime. – mi sorrise, toccandomi le guance.
-S-sì, ho visto per l'ennesima volta I passi dell'amore. – mentii.
Non mi preoccupava neanche più il fatto che Luca fosse in camera mia, perché tanto, anche se mia madre l'avesse scoperto, non sarebbe cambiato niente: non l'avrei più visto lo stesso.
Si era stancato di me, aveva provato a dirmelo ma era stato interrotto.
Dovevo accettarlo, però, non potevo fare la sanguisuga appiccicosa che l'avrebbe pedinato e avrebbe dato fastidio alla sua prossima ragazza.
Dovevo farmene una ragione.

-Devi smetterla di guardare quel film, Bea, se ogni volta che vengo a casa sei ridotta così. – si incupì, mentre andava in cucina e si versava dell'acqua in un bicchiere.
L'ultima volta che mi aveva vista così era stato quando ero appena tornata da casa di Luca, dopo avergli detto che non volevo più vederlo e le avevo raccontato la stessa balla del film.
-Lo so, ma ogni tanto ne ho bisogno. -
Sperai che Luca non sentisse la conversazione dalla camera – e soprattutto che ci stesse chiuso dentro -: non volevo che sapesse che ci stavo male.

-Hai mangiato?- mi chiese la mamma.
-Sì.
-Sei uscita con i tuoi amici?
-Sono appena tornata.
-Ti sei divertita?
-Da matti. – risposi ironica. Non volevo proprio pensare a Martina e Gabriel in quel momento.
-Vai a letto?
-Sì, sono stanca. Tu però stai a letto fino a tardi perché devi recuperare le ore di sonno, eh. – e perché Luca deve avere il tempo di sgattaiolare via prima che tu venga in camera mia, aggiunsi in mente mia.
-Tranquilla, dormirò come un ghiro dopo il trauma del fuso orario. Buonanotte. – mi diede un bacio nella guancia e mi lasciò andare.
Salii lentamente le scale, riluttante e mi intimai di non piangere.
Quando aprii la porta la richiusi immediatamente dietro di me e trovai Luca disteso sul mio letto a fissare il soffitto.
Si era già tolto i vestiti ed era rimasto in boxer.
Cavolo, se era bello...
-Tutto bene? – mi chiese, forse notando la mia espressione incantata ma allo stesso tempo affranta.
Gli feci segno di abbassare la voce e annuii, avvicinandomi.
-Dormiamo? – chiesi subito, per non fargli tirare fuori quel maledetto discorso.
Luca mi guardò incerto per qualche momento, poi si fece da parte e si schiacciò contro il muro, sul mio letto da una piazza e mezzo.
Sospirai quando mi sdraiai e mi coprii con il lenzuolo, poi spensi la luce.
Sentii sospirare anche lui, ma siccome era buio e gli davo le spalle era difficile immaginare che espressione avesse.
-Bea? – mi chiamò a bassa voce, tuttavia io non mi girai.
Non mi stava neanche abbracciando e non era normale: di solito appena ci infilavamo a letto – se non eravamo intenti a bisticciare, come spesso accadeva - mi attirava sempre a lui.
-Sì? -
-Non mi dai il bacio della buonanotte? – sussurrò.
Proprio non lo capivo, allora.
Un secondo prima cercava di dirmi che non voleva più fare sesso con me e quello dopo voleva un bacio? Certo, ero pur sempre una ragazza e non si rinuncia mai ad un bacio da una ragazza, anche se non ti piace, no?

Confusa e nervosa, mi girai e mi schiacciai a lui su un fianco: ovviamente non vedevo l'ora di baciarlo.
Mi accolse subito tra le sue braccia, come se non aspettasse altro e incominciò a baciarci, confondendomi ancora di più.
-Ehi...- mormorò contro le mie labbra ed io mi allarmai. -...dobbiamo... -
-Beaaaa? – urlò la voce di mia madre.
Fui indecisa se tirare un sospiro di sollievo oppure andare nel panico.
Mi staccai subito da Luca ma lui non mi mollò, sussurrandomi all'orecchio che era buio e non ci avrebbe visti.
-Che c'è? – gridai anch'io, sperando che non entrasse mia madre e accendesse la luce.
Ma lei aprì la porta, per fortuna non la spalancò, illuminando la stanza solo con la luce soffusa del corridoio.
Mi girai e appiattii la schiena contro Luca, che a sua volta era premuto contro il muro. In quel modo, sperai vedesse solo la mia figura indistinta.
-Perché c'è la tavoletta alzata? – mi chiese, con tono inquisitorio.
Sgranai gli occhi.
Gli avevo detto di non uscire dalla camera!
-Ehm... stavo pulendo e l'ho dimenticata alzata... – tentai, anche se in realtà io non avevo mai pulito il bagno di casa in vita mia.
Mia madre restò in silenzio come per pensare, poi arrivò un'altra domanda: -Bea, il lavandino e il piano di fianco sono completamente bagnati. Ti sei fatta la doccia lì, per caso? – il suo tono sembrava ancora più serio.
Non le avevo mai dato motivo di sospettare qualcosa su Luca, ma d'altronde potevo capire i viaggi mentali che si faceva, dato che era sempre via e io avevo casa libera. Chissà cosa pensava e se si fidava.

Luca mi cinse lentamente la vita con un braccio e mi premette ancora di più contro di lui.
Oh.
Proprio in quel momento?
-Mi sono lavata i capelli. – risposi, cercando la prima scusa, tossendo perché mi stava accarezzando la pancia in un modo che mi faceva socchiudere gli occhi.
-Non è da te lasciare in disordine, Beatrice. Non so che ti succede ma vedi di darti una regolata. – mi rimproverò, poi mi diede la buonanotte e richiuse la porta.
Per fare un dispetto – mica tanto – a Luca mi strusciai un po' contro di lui, prima di girarmi e dargli un forte pizzicotto sul braccio.
-Ti costa tanto abbassare la tavoletta, dal momento che ti avevo anche detto di restare qui?! – lo sgridai in un bisbiglio.
Lui ridacchiò. –Scusa, l'ho dimenticato.
-Beh, a casa tua lo fai sempre, perché qua no?
-Perché a casa mia dopo vai in bagno a controllare e mi fai alzare per tirarla giù, quindi meglio prevenire. – continuò a tenermi stretta a sé e, anche se ero infastidita, mi godevo la vicinanza.
-E cos'hai combinato al lavandino?! – sbottai.
-Mi sono solo lavato le mani, mamma mia. Se devi darti una regolata per questo, allora se avesse avuto un figlio maschio le sarebbe venuto un infarto. – sbuffò divertito per la durezza di mia madre.
Non mi lamentavo: infondo, anche se a volte esagerava, voleva solo che diventassi una ragazza ordinata ed educata.
Sospirai e restai immobile mentre lui muoveva le mani dolcemente sul mio corpo, sotto la maglietta.
Ci aveva riprovato.
Aveva riprovato a parlarmi, ma mia madre, come poco prima, lo aveva interrotto.
Ma allora perché continuava ad accarezzarmi così?

Mi appoggiai sul suo petto e sospirai nuovamente.
-Buonanotte. – gli sussurrai, con un bacio sulla guancia.
-'Notte.

LUCA
Allora non dovevo dirglielo, era un segno.
Ogni volta venivo interrotto, cazzo!
Ero demoralizzato dal fatto che lei facesse finta di niente e ignorasse che dovessi parlarle. Mi mandava giù di testa, ma allo stesso tempo mi faceva sentire anche un po' bene, perché così non rischiavo di perderla.
Solo che stare vicino a lei e far finta di volerla solo fisicamente faceva proprio schifo.

-Allora come va tra te e Beatrice? È tornato tutto alla normalità? – mi chiese Andrea, mentre correvamo nel parco.
-Tutto come prima. – dissi solo.
-Anche col sesso?
-No, quello no. – sospirai.
Non volevo metterle fretta, ma a volte sembrava proprio che facesse apposta a provocarmi per poi lasciarmi lì, solo e abbandonato.
-Ha i suoi tempi ma alla fine si lascerà andare, lo sai. – mi confortò,respirando a fondo.
-Lo so, ha i suoi tempi per tutto Beatrice.-
-Ma... quelle altre cose...?
-Preliminari?-
Andrea annuì ed io ero combattuto tra due scelte: dirgli che li avevamo fatti e spiattellare le nostre cose oppure dire di no e lasciare che credesse che Beatrice fosse strana e che prima o poi si sarebbe fatta suora – come credeva(se solo avesse saputo com'era veramente, invece...).
-Sì, tutto a posto. – risposi in un sussurro, guardando da un'altra parte.
Rimase per un attimo in silenzio, poi si fermò per riprendere fiato ed io lo assecondai. –Sai, credevo che questa storia degli scopamici non avrebbe funzionato, invece mi devo ricredere... -
Mi voltai verso di lui per fargli un sorriso forzato: -Visto? – mi costrinsi adire.
Diventare scopamici era stata – da un lato – proprio una pessima idea, invece.
-Hai saputo di Gabriel? – mi chiese.
-Sì, lo so. – annuii.
Anche lui e Martina erano scopamici?
-Te l'ha detto lui?
-No, l'ho visto.
-In che senso?
-Che ho visto lui e Martina che si baciavano al parco, domenica. – risposi.
Andrea si ammutolì completamente.
Cazzo, non era di questo che stava parlando?
Lo fissai in attesa che dicesse qualcosa.
-Lui e Martina? -
-Tu cosa intendevi? – mi grattai la testa.
Beatrice mi avrebbe ucciso...
-Io stavo parlando del fatto che Gabriel è stato chiamato per dei provini importanti.- rispose, con lo sguardo assente.
-Ah.
-Certo che prima tu e Bea, poi Gabriel e Martina... io ho veramente dei prosciutti sugli occhi, maledizione...- constatò.
Li avevamo tutti ed eravamo straincasinati: io e Bea sapevamo di Gabriel e Martina ma Giulia e Andrea non lo dovevano sapere; Giulia e Andrea sapevano di me e Beatrice ma non dovevano dirlo a Martina e Gabriel.
L'unica cosa certa era che tutti sapevano che Giulia e Andrea stavano insieme.
-Già – concordai, assente: vidi Beatrice e Giulia in lontananza e non feci in tempo a raccomandarmi di non dire niente perché ci raggiunsero.
Giulia saltò addosso ad Andrea ed io mi limitai a dare un bacio sulla guancia a Beatrice, sentendomi colpevole.
In quell'ultima settimana, da quando avevo dormito a casa sua e poi la mattina ero sgattaiolato fuori prima che la madre si svegliasse, sembrava strana: in alcuni momenti mi saltava addosso e sembrava non volersi staccare più, come se dovessi morire il giorno dopo; in altri momenti, invece, aveva negli occhi una tristezza infinita anche quando la baciavo.
-Sai che Gabriel e Martina si fanno? – appena sentii la voce di Andrea gli avrei voluto infilare una foglia in bocca.
Peggio di una femmina, oh.
Beatrice si girò di scatto verso di me con la bocca aperta e uno sguardo truce.
Poi se ne andò.
-Che ho detto? – chiese retoricamente Andrea, vedendola andare via.
Gli lanciai un'occhiataccia – e anche qualche parolaccia – prima di seguirla.
-Aspetta! – la chiamai e riuscii a raggiungerla solo dopo qualche metro.
Le presi un braccio ma lei si liberò, continuando a camminare.
-Ti giuro che non l'ho fatto apposta, scusami.
-Questa l'ho già sentita almeno tre volte. Possibile che nemmeno tu sappia tenere un segreto?! – si fermò e si girò verso di me.
Non mi preoccupai della tanta gente che passava per il parco al sabato pomeriggio, ma cercai di trovare qualcosa da dire in fretta.
-Mi dispiace, scusa. C'è stato un malinteso e io non... -
-Piantala di scusarti. Se la faccenda non riguarda noi è ancora peggio! Noi volevamo che Giulia e Andrea lo dicessero agli altri?-
Beh, no.
Scossi la testa abbassando lo sguardo.
Lei ricominciò a camminare, ancora più velocemente.
-Bea, sei arrabbiata? – la seguii.
-Secondo te?
-Senti, in questa settimana sei strana. – ne approfittai per dirle.
Arrivò all'incrocio che divideva le nostre vie e si voltò verso di me.
-Per te sono sempre strana! – sembrava veramente isterica.
-Sei più strana del solito. – constatai – Non hai un altro ritardo, vero? – mi avvicinai, parlando a bassa voce.
Tuttavia, mi sembrò di aver peggiorato la situazione, perché lei spalancò la bocca e mi lanciò un'occhiataccia.
-Come cazzo faccio ad avere un ritardo se non facciamo sesso da cinque mesi e per giunta prendo la pillola?! – sbottò e non si preoccupò neanche di stare urlando in mezzo a tutti.
Sperai solo che non passassero mia nonna o qualche sua amica proprio in quel momento oppure sarebbero partite telefonate da ogni telefono fisso di tutte le nonne  pettegole e l'avrebbero saputo tutti i rispettivi nipoti nel giro di un giorno – nonché Gabriel o Francesco.

Richiusi la bocca, provando a smetterla di dire tutto quello che mi passava perla testa senza prima pensare.

-Mi stai dando della troia un'altra volta, vero?
-No, Bea, lo sai che non...- mi interruppe come sempre. Anzi, mi fermai io prima di finire la frase perché sapevo che mi avrebbe interrotto.
-Possibile che ogni volta che succede qualcosa riesci a pensare a tutte le situazioni possibili che però non coinvolgono mai te? – mi biasimò, dura ed io abbassai lo sguardo.
Aveva un briciolo di ragione: appena succedeva qualcosa non pensavo a cosa avessi fatto io, ma a cosa avessero fatto gli altri.
-Scusa... – borbottai, incupendomi.
-Scusa per cosa? Per aver supposto che vado a letto con altri oppure per aver spifferato ad Andrea di Gabriel e Martina quando ti avevo chiesto di non dire niente?- il suo sguardo accusatorio mi trafiggeva.
Certo che era brava a far sentire in colpa le persone, eh.

-Per entrambe le cose. – mormorai, prima di avvicinarmi a lei e attirarla a me per i fianchi, prima che si divincolasse.
-Luca. – mi rimproverò e cercò di staccarsi.
-Senti, che importa se c'è gente. Ho voglia di abbracciarti e ti abbraccio.-dissi, deciso.
E quindi lei si rilassò e ricambiò l'abbraccio.
-Mi fai sempre arrabbiare. – borbottò contro il mio petto in un modo talmente dolce che, nonostante le sue parole, mi fece sorridere.
-Altrimenti non sarei io. –ribattei, divertito.
Alzò lo sguardo verso di me e si sollevò in punta di piedi per baciarmi. Colto di sorpresa, siccome di solito ero io il primo a baciarla – soprattutto se non eravamo soli – , il mio corpo si riempì di brividi.
-Andiamo a casa tua? – mi sussurrò dopo un po' e infilò la lingua nella mia bocca.
Wow. Dovevo escogitare modi per farla arrabbiare un po' più spesso.
Senza neanche risponderle la presi per mano e percorremmo la via di casa mia più in fretta che potemmo, fino ad arrivare al cancelletto.
Beatrice mi diede un bacio sul collo mentre io infilavo le chiavi per entrare nel giardino e rimase attaccata a me mentre raggiungevo la porta e cercavo di infilare la chiave giusta nella serratura nonostante i suoi baci.
Appena riuscii ad aprirla, la attirai a me per baciarla e spalancai la porta; la richiusi con un calcio senza smettere di baciare Beatrice, e l'appoggiai al muro di fianco.
Le alzai la maglietta e le accarezzai il ventre liscio e la schiena, poi le baciai il collo.
-Dimmi che hai un preservativo. – sussurrò al mio orecchio ed io quasi feci i salti di gioia.
Scoppiai a ridere e annuii – Solo due – mormorai contro la sua pelle.
Finalmente, cazzo.
Mi mancava troppo.
Tornai a baciarla sulle labbra e lei fece per sollevarmi la maglietta, ma qualcuno si schiarì la voce.
Mi bloccai di colpo e girai la testa verso il salotto: mio padre e mia madre erano in piedi accanto al divano e ci stavano fissando.
Maledizione.

Un senso di rabbia e fastidio mi pervase quando Beatrice mi spinse via e velocemente si abbassò la maglietta e si sistemò i capelli, come se potesse rimediare. Non ero tanto arrabbiato per il fatto che ci avessero interrotto quando finalmente stavamo per fare sesso, quanto per il fatto che a interromperci fosse stato mio padre.
-Ciao. – salutò tutti e due, a disagio.
Io ringhiai a denti stretti e Beatrice salutò i miei genitori imbarazzata.
Mi voltai verso di lei e la vidi tutta rossa e con lo sguardo di una che non vede l'ora di andarsene via.
-Che ci fai qui? – chiesi bruscamente a mio padre.
-Luca, è venuto per parlare della macchina. – mia madre rispose al suo posto.
Lui si grattò la testa, imbarazzato, e aspettò che qualcuno dicesse qualcosa.
-Io... io dovrei andare... – Beatrice, ancora rossa come un peperone, indicò la porta.
-No, non andartene. – mi imbronciai, ben consapevole di sembrare infantile agli occhi dei miei genitori.
-Luca, dobbiamo parlare. – disse mio padre. Che tradotto voleva dire "invece lei deve andare via".
Era la seconda volta che la cacciava da casa mia e non mi piaceva per niente.
-Beatrice, perché non ci prendiamo un tè insieme? C'è anche Tommaso in cucina –mia madre salvò la situazione.
Lei sembrò rilassarsi e si indirizzò con la mamma verso la cucina, dopo avermi lanciato un'occhiata incoraggiante.
-Se c'è una camomilla, per favore. – mormorò, sparendo dietro la soglia.
Per poco non scoppiai a ridere e questo servì a smorzare un po' la tensione che avevo dentro.
Senza dire niente salii le scale e andai in camera mia, sapendo che mio padre mi avrebbe seguito.
Avevo bisogno di stare nel mio mondo mentre affrontavo quel momento da solo con mio padre. Era strano, ma sentivo un po' di timore, tristezza nel parlare con lui...
Mi sedetti sul letto e feci per ribattere quando lui si sedette accanto a me,ma poi cambiai idea e rimasi in silenzio.
Nessuno parlò per i successivi cinque minuti, poi lui ruppe il ghiaccio (per modo di dire, perché io non mi sciolsi affatto).
-Allora, hai visto la macchina?- mi domandò.
Era stupido o cosa?
Era rimasta in garage per più di tre mesi e credeva che io non l'avessi vista?
-No, non l'ho vista.
-Oh. – rispose, spiazzato. –Beh, se vuoi ti accom...-
Lo interruppi: -Sto scherzando, cavolo.- sospirai e all'improvviso mi venne voglia di piangere, ma la repressi subito.
-Ah. – mormorò e abbassò lo sguardo sulle sue mani. –Ti piace?-
In quel momento il mio cellulare vibrò nella tasca e quando lo presi lessi il messaggio di Beatrice: "Se rispondi male a tuo padre come il giorno di Natale puoi anche scordarti il sesso per almeno due anni".
Fui indeciso se scoppiare a ridere o rabbrividire.

Però era stata carina a scrivermi per farmi coraggio – a modo suo.
Quindi sospirai di nuovo e mi sforzai di rispondere educatamente.
-Sì, la macchina mi piace. – dissi sinceramente e mio padre fu chiaramente sorpreso: non si aspettava quel genere di risposta, probabilmente.
-Davvero? Anche il colore?- mi chiese sorridente.
Annuii, senza però guardarlo.
Dovevo essere carino ma non entusiasta.
Ci fu un minuto di silenzio, poi mio padre mi chiese com'era andata la pagella.
Si complimentò quando gli dissi che non avevo nemmeno un debito e poi mi sospirò.
-Luca, mi dispiace, non volevo che finisse così...- aveva ripetuto quella frase un milione di volte in tutti quegli anni.
-Però è successo.
-ma non era mia intenzione. Le cose mi sono sfuggite di mano... mi dispiace.-
-Per cosa? Per aver tradito la mamma con una sua collega oppure per non essere più venuto alle mie partite perché dovevi scopartela ogni volta?- sputai, acido.
Mio padre sembrò rabbrividire: infatti avevo proprio fatto apposta a farlo sentire in colpa.
-Per tutto. Tua madre mi ha perdonato, perché tu no?
-Perché la mamma è troppo buona e perdonerebbe anche un assassino, io sono realista.
-Luca, quello che è successo tra me e tua madre non è un problema tuo. Io vorrei che mi perdonassi per non essere stato presente quando avevi tredici,quattordici anni. Però poi ho cercato di rimediare ma tu non me l'hai permesso...- si batté le mani sulle ginocchia, frustrato.
-Perché non te lo meriti, cazzo. –adesso mi stavo arrabbiando: chiedeva troppo.
-Però ti sto chiedendo scusa.
-Beh, non saresti qui a chiedermi scusa, se non avessi fatto ciò che hai fatto.
-Però è successo, l'hai detto tu!- sbottò, esasperato.
Non risposi. Stavo veramente per piangere, ma non volevo e ricacciai un'altra volta indietro le lacrime, prima di sembrare una femminuccia davanti a mio padre.
-Tommaso mi ha detto che hai ricominciato a giocare a calcio. – disse dopo un po'.
-Ricomincio a settembre. – precisai, con lo sguardo a terra.
-Sono felice. – mi sorrise timoroso.
-Anch'io.
-E' stata quella ragazza a convincerti?-
In realtà è stata la sua mancanza, ma mio padre non era il mio migliore amico,perciò non dovevo dirglielo.
-Più o meno. – dissi solo.
-Mi piace, sai? – sorrise, stavolta sinceramente.
Gli lanciai un'occhiataccia: non mi serviva la sua approvazione per Beatrice.
Sospirò per l'ennesima volta e guardò dritto davanti a sé.
-Tua madre invece mi ha detto che hai iniziato a studiare per prendere la patente. – continuò a cercare un argomento di conversazione.
Ma mio fratello e mia madre parlavano di me con lui tutto il tempo?!
-Dovevo, altrimenti non avrei potuto aiutare lei. – sorrisi tra me e me.
-Lei chi? Tua madre?
-No, Bea.
-Perché?
-Perché tra poco inizierà anche lei a studiare e voglio aiutarla a fare pratica.- risposi fiero di me - e anche un po' di lei, anche se non ne sapevo il motivo.
Quando parlavo di Beatrice mi veniva anche spontaneo non rispondere a monosillabi seccato.
Mio padre ridacchiò. –Ti piace?-
Non seppi cosa rispondere, ma il sorriso che mi scappò fece allargare ancora di più quello di mio padre.
-No, ti sei proprio innamorato. – affermò, dandomi una leggera spallata.
-Sì, penso proprio di essermi innamorato, cazzo.- sospirai e un brivido mi percorse la schiena: wow, dirlo ad alta voce a qualcuno era completamente diverso dal pensarlo in mente mia. Avevano ragione quando dicevano che lo rendeva reale.
Mi girai verso mio padre che stava per dire qualcosa, ma poi rimase in silenzio.
Voltai lo sguardo per riportarlo di nuovo a terra ma nel farlo il mio sguardo si fermò sulla porta e il mio sorriso si spense.
Mio fratello e Beatrice erano sulla soglia e lei mi stava fissando.
Aveva gli occhi spalancati.
Cazzo, aveva sentito tutto.

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