The Wolf's Hour

Por arbmax

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Primo capitolo della trilogia Hybrid. Compiti in classe, contrasti con i genitori, cotte adolescenziali, eran... Más

Prologo
Prefazione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Epilogo
Roxanne's Family
Bonds of blood - Legami di sangue
Bonds of blood - Trama

Capitolo 10

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Por arbmax

Ero nel bosco di notte, ma il cielo era privo di stelle e della luna. Sembrava che un ladro avesse rubato dei diamanti da un arazzo celeste. Camminavo in tutte le direzioni per trovare la via d'uscita ma era come se fossi intrappolata in quel luogo, ovunque andavo mi riportava sempre nello stesso posto. Mi guardai intorno ma non vedevo altro che oscurità. Il buio mi avvolgeva gelido e il silenzio era il mio unico compagno.
All'improvviso mi ritrovai in una cappella in fiamme, tutto intorno a me bruciava, le urla di donne e uomini mi assordarono, ma mai mi mise tanta nausea che sentire i corpi di quelle persone bruciare vive. Le fiamme divamparono ovunque e il fumo cominciò ad entrare nei miei polmoni. Continuai a tossire in cerca di una via di salvezza ma le travi di quella vecchia chiesa mi caddero addosso.

Mi risvegliai di soprassalto, scossa come non mai. Sentivo ancora l'odore di fumo addosso e quelle urla raccapriccianti nel mio cervello.
Andai in bagno per farmi la doccia e mentre passavo davanti allo specchio mi sembrò che i miei occhi brillassero di un rosso fuoco.
Guardai attentamente, ma era solo la mia immaginazione.
Accesi l'acqua e rimasi a lungo sotto la doccia, il vapore caldo mi avvolgeva come una coperta invisibile e mi rassicurava da quel terribile sogno.
Uscii dalla doccia e quardai il mio corpo nudo allo specchio. Sembravo una persona diversa. Nonostante tutte le cose che avevo passato e tutte le ferite che avevo subito, mi sentivo bella.
Ritornai nella mia stanza, mancavano dodici minuti prima che la sveglia suonasse e volevo sfruttarli tutti per dormire ancora un po'. Non feci in tempo a chiudere gli occhi, che Koshka entrò nella stanza e cominciò a lamentarsi perché voleva sdraiarsi accanto a me.
Si coricò vicino al mio fianco e fece partire il motore a fusa non appena le grattai la morbida testolina.
La sveglia suonò e disturbò le coccole della gatta che si arrabbiò ed uscì con la coda alta e vaporosa.
Guardai il soffito. Avevo bisogno di dormire, ma purtroppo dovevo alzarmi o sarei arrivata in ritardo alle lezioni.
Scalciai le coperte in malo modo e mi alzai di pessimo umore.
Scesi le scale ed andai in cucina a prepararmi la colazione. Presi una tazza di latte caldo e poi afferrai la scatola di cereali, ma sembrava vuota. La aprii e feci rovesciare una decina di cereali nella tazza.
- Mamma! Mancano i cereali!
Mangiai una banana.
Andai a vestirmi ma tutto quello che provavo sembrava insulso. Era come se niente mi stesse bene e le uniche cose che trovavo belle, ovviamente erano in lavatrice.
Sembrava non ne andasse bene una quella mattina e le ore successive non andarono meglio!
Arrivata a scuola corsi per arrivare in tempo a lezione. Il professor Montgomery stava scrivendo qualcosa alla lavagna.
Lessi attentamente la scritta in gessetto: Test a sorpresa.
Era sottolineato tre volte e scritto a caratteri cubitali.
- Girate i fogli e cominciate!
Girai il foglio e cominciai a fare calcoli il più velocemente possibile, perché sapevo che i test del professore solitamente erano molto lunghi e difficili da concludere nell'orario stabilito.
In classe si sentivano soltanto penne che scrivevano freneticamente e le scarpe del professore che si spostavano furtive tra i banchi in cerca di qualcosa di sospetto.
- Ragazzi, mettete giù i fogli.
Passò nuovamente tra i banchi per ritirare i test.
Guardai i miei compagni e notai le loro facce stravolte post esame, probabilmente anche la mia doveva avere quell'aspetto.
Uscimmo tutti stanchi dall'aula osservati dagli occhi sospettosi dell'insegnante.
Andai a lezione d'inglese con June.
Ci fece formare gruppi da cinque ed analizzare le opere che avevamo in comune di Shakespeare.
Io e June eravamo insieme a Lucas e Declan, due ragazzi del club di teatro, e alla ragazza della lezione di biologia, Megan.
Mentre noi analizzavamo l'opera tutti insieme, Megan se ne stava in silenzio in disparte. Sembrava che solo io me ne fossi accorta.
Nell'aula si alzava un brusio di voci felici che parlavano di ogni genere di argomento, pertinente e non, ma l'unico mio pensiero era quella ragazza. Aveva qualcosa che attirava freneticamente la mia attenzione. Lei guardava silenziosa la sua copia sgualcita dell'Amleto.
- E tu che ne pensi, Megan?
I miei compagni di gruppo smisero di parlare all'istante come se si fossero accorti in quel momento di lei, mentre la ragazza soppesò le mie parole per un istante.
Aprì la sua copia distrattamente e girò le pagine, come se ci fossero le risposte. Lo richiuse, si portò un riccio ribelle dietro le orecchio e si mordicchiò il labbro inferiore.
Io le feci un sorriso per incoraggiarla ma lei sembrò non apprezzarlo.
Rimase in silenzio con aria scorbutica.
Lucas tentò di metterla a sua agio cambiando discorso.
- Domani è Halloween! Non siete elettrizzate? Io e Declan lo siamo, vero?
- Non vediamo l'ora di andare al party degli Oldwood!-, squittì Declan.
- Voi come vi travestirete?-, domandarono in coro.
June mi guardò con uno strano sorriso, aveva sicuramente qualcosa in mente.
- Non lo sappiamo ancora-, rispose June per noi.
- Ragazze, cosa state aspettando!
- Megan, tu sai già cosa indisserai?-, chiesi garbatamente.
- Non sono stata invitata-, disse con fare scocciato.
- Se vuoi puoi venire con noi-, guardai June in cerca di consenso.
- Certo, più siamo e meglio è.
Per un istante che durò una frazione di secondo vidi per la prima volta un sorriso sul suo viso sempre imbronciato.
- E voi come vi vestirete?-, chiese June ai due ragazzi.
- Ragazza, ovviamente da Dracula!-, rispose Lucas
- Io da Edward Cullen.
- L'unico vero vampiro è Dracula!
- Nessuno si farebbe Dracula!-, disse Declan.
- Dracula ha tre mogli, stupido! Nosferatu, quello non si farebbe nessuno.
Continuarono a bisticciare sulla questione vampiri per il resto dell'ora.
Chissà come avrebbero reagito sapendo che i lupi mannari esistevano realmente.

Era ora di pranzo e avevo una fame da lupi. Mi sedetti con i miei amici in mensa, ormai faceva troppo freddo per mangiare fuori.
Derek arrivò col suo vassoio e si sedette accanto a me. Mi mise un braccio attorno al collo, lo guardai e sorrisi imbarazzata. Intrecciai le dita alle sue, mentre June si beava al pensiero di un'uscita a quattro.
- Finalmente vi siete messi assieme!
Io e Derek ci guardammo negli occhi e arrossimmo imbarazzati. Non avevamo ancora definito il nostro tipo di relazione.
Diedi un calcio sotto al tavolo a June.
- Ahi-, si lamentò - che maniere da buzzurra!
- Hai degli impegni pomeriggio?-, domandò Derek.
- Ho la punizione, poi sarò una ragazza libera.
- Dai, non puoi saltarla per una volta?
- Mi piacerebbe ma essendo l'ultima, voglio togliermela il più presto possibile.
- Allora mi hai costretto tu...
Si alzò con tutta calma, tirò indietro la sedia così che ci potesse salire sopra.
- Che stai facendo?!-, gli presi la mano per fermarlo. Lui ammiccò, come se avesse un piano in mente.
Salì in piedi sul tavolo, lo stavano guardando tutti: studenti, insegnanti e le cuoche della mensa.
- Scenda subito dal tavolo!-, ordinò un insegnante.
- Voi non capite, l'inverno sta arrivando!
Lo guardai paonazza, ma gli era dato di volta il cervello?
Perché citava il Trono di Spade?
- Subito nell'ufficio del preside!
Fece un balzo giù dal tavolo e mi fece l'occhiolino.
Venne accompagnato dal professore fuori dalla mensa, tutti erano stati presi da un momento di ilarità. Tutti tranne uno.
In piedi davanti al suo tavolo che seguiva con sguardo severo il suo futuro fratellastro andarsene, vi era Alec.
Era da quando si era lasciato con Victoria che non ebbi l'opportunità di incontrarlo di nuovo.
Quell'espressione imbronciata dava al suo viso delle somiglianze con quello del padre.
Lui guardò nella mia direzione e per un istante i nostri occhi si specchiarono in quelli dell'altro.
Distolsi lo sguardo e tornai a sedermi con June e Tyler.
- Il tuo fidanzato è pazzo!
- Non è il mio fidanzato...
- Vi lascio spettegolare, ragazze-, diede un bacio sulla fronte a June e andò a sedersi con la sua squadra.
- Dobbiamo ancora parlarne.
- E cosa aspettate?
- Non bisogna per forza fare tutto di corsa.
Alzò gli occhi al cielo.
- È da un po' che non vedevo Alec.
- Stava sempre ad allenarsi, credo non volesse stare al tavolo con la ex, finché le acque non si fossero calmate.
- Perché?
- Victoria faceva la pazza isterica non appena lo vedeva o vedeva te.
- Me?
- Non ti ricordi? Il motivo principale per cui l'ha lasciata è che faceva troppo la stronza con te.
Forse dovevo parlargli o dirgli qualcosa.
Alec uscì dalla mensa di fretta e lo pedinai per tutta la scuola, fino a quando girò in un corridoio e lo sentii parlare con una ragazza.
- Ti amo ancora.
- Tu non ami me, tu ami l'idea che hai di me. Io non potrò mai renderterti felice come tu meriti, Victoria. Io ti conosco, quando vuoi sai essere una bellissima persona e ti meriti qualcuno che ti ami allo stesso modo.
Lei fece per ribattere, ma lui la interruppe.
- Ma quello non sono io.
- È per colpa di quella sgualdrinella, non è vero?
- No.
Cominciò a piangere, lui la accolse tra le sue braccia, ma dopo qualche istante lei lo cacciò via e scappò in lacrime.
Nonostante odiassi quella ragazza, mi dispiaceva un po' per lei. Sembrava lo amasse davvero molto.
Lui era fermo immobile a guardarla andare via, era come se si fosse tolto un peso dal cuore ma i suoi occhi tradivano la sua tristezza.
- Esci, Roxanne-, ebbi un tuffo al cuore. Voleva dire che aveva saputo per tutto quel tempo che ero lì ad origliare?
Andai verso di lui senza far vedere sul mio volto tutte le ansie che mi frullavano nel cervello.
- Volevo sapere come stavi dopo la vostra rottura, ma poi...
- Ti ringrazio, sto bene.
- Mi spiace se uno dei motivi per cui vi siete lasciati sono io-, aggiunsi. Sembrò che quella affermazione lo fece infuriare.
- A causa tua? Credi veramente che lascerei la mia ragazza per una di cui fino a ieri non sapevo neanche il nome?-, fece un passo verso di me.
- Tu per me sei solo l'amichetta di Derek.
Le lacrime cominciarono a sgorgare a fiotti dagli occhi.
Scappai e mi rifugiai in bagno, ma era occupato già da un'altra ragazza in lacrime. Decisi di calmarmi in aula punizioni.
Derek era seduto al suo solito posto che mi aspettava con un sorriso stampato in faccia. Non appena mi vide in lacrime i suoi occhi si rabbuiarono, venne verso di me e mi strinse in un caldo abbraccio; cominciai a sentirmi meglio.
- Che ti succede?
- Una sciocchezza.
- Non si piange per le sciocchezze.
- Sono caduta e mi sono fatta male-, mentii, nonostante quello che mi aveva detto Alec, non volevo che Derek avesse un brutto rapporto con lui a causa mia.
Mi prese in braccio e il sorvegliante lo sgridò immediatamente.
- Sei pazzo.
- Pazzo di te-, quell'affermazione mi fece rimanere incredula.
- Non devi arrossire.
Mise un libro davanti al nostro viso e poi mi baciò sulle labbra.
- Vi ho visti lo stesso-, disse il sorvegliante mentre leggeva la sua rivista, questa volta sui pinguini.
- Come ti è venuto in mente di fare quella cosa in mensa!
- Non volevo che stessi qui da sola e poi volevo passare un po' di tempo con te.
La sua sincerità mi colpiva, da quando avevo scoperto il suo segreto sembrava che ogni barriera si fosse infranta e che lui si sentisse libero di essere se stesso con me.
Finalmente l'ora finì, Derek mi prese per mano e si fiondò fuori dalla scuola. Ci tenemmo per mano fino al parcheggio.
Mi aprì la portiera e mi fece entrare in macchina, poi entrò anche lui.
- Che galanteria.
- Con chi credi di avere a che fare?
- Dove mi stai portando?
- Nel luogo in cui posso essere me stesso.
Mi accarezzò teneramente la mano e poi me la baciò.
Arrivammo davanti a casa mia.
- Qui?
- Non qui, lì!-, indicò con l'indice il bosco.
- Non so se...
L'ansia iniziò a divorarmi dentro.
Mi guardò intensamente, i suoi occhi erano limpidi come un cielo estivo. Mi spostò una ciocca ribelle dal viso.
- Con me sarai sempre al sicuro.
Mi prese la mano ed entrammo insieme nella fitta vegetazione del bosco.
Intorno a me tutto si risvegliò. Sentivo le rane gracidare allegramente, gli uccelli cinguettare nei loro nidi e il vento soffiare tra le fronde dei sempreverdi.
Sembrava come se al nostro passaggio il bosco ci aprisse la via. Il profumo di fiori e di muschio mi riempivano la mente di bei ricordi passati con la mia famiglia.
Le foglie morte creavano un soffice terriccio variopinto.
- Chiudi gli occhi.
- Lo sai che c'è pieno di radici e potrei cadere anche senza che chiuda gli occhi?
Mi prese in braccio senza sforzo.
- Ora puoi chiudere gli occhi?
Chiusi gli occhi, potevo percepire solo l'aria fredda che preannunciava l'inverno e il cuore cadenzante di Derek.
Mi appoggiò con delicatezza sul terreno.
- Aprili.
Quando li riaprii uno spettacolo mi stava attendendo.
Ci trovavamo in una piccola radura e al centro si trovava un grosso telo da picnic e un cestino pieno di leccornie, il tutto circondato da candele la cui flebile luce illuminava romanticamente quell'angolo di paradiso.
Gli saltai in braccio ma perse l'quilibrio e cademmo una sopra all'altro sulla tovaglia.
- Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me.
- Allora sono onorato ad essere il primo.
I nostri visi si incrociarono e ci scambiammo un bacio veloce sulle labbra.
Guardai nel cestino da picnic e trovai una torta al limone.
- Mia madre ha insistito che la portassi.
- È davvero buona!-, dissi con la bocca piena. Sembravo uno scoiattolo che stava facendo scorta di cibo nelle guance per i mesi invernali.
- Glielo dirò-, mi fece un sorriso sincero.
Si sdraiò a pancia in su, incrociò le braccia dietro la testa e si mise a guardare il sole che ormai tramontava.
Mi sdraiai su un fianco e lo cinsi con un braccio, dopo guardai anche io il cielo.
- Ora è anche il mio posto preferito.
Mi diede un bacio sulla fronte e mi accarezzò i capelli.
- Ti ho portato qui per farti capire che qui io sono me stesso, ma non quando sono in forma umana.
- Cosa si prova a...
- A essere un licantropo?-, feci un cenno di assenso.
- Questo corpo è come se fosse una maschera, ogni giorno la porto per potermi nascondere tra la gente. Ma quando vengo qua un brivido di piacere mi percorre la schiena, il cuore accelera, l'energia si sprigiona e mi trasformo. È qualcosa di indescrivibile-, provavo invidia, anche io volevo essere tutt'uno con la natura.
- Roxanne, cosa hai provato quando ci hai visti quella notte?
- Ho avuto paura-, sembrò rattristarsi.
- Purtroppo siamo anche quello.
- Credi che mi riconosceranno domani?
- Ho eliminato ogni prova della tua presenza, non capiranno.
- Il dottor Miller mi sta insegnando delle cose su di voi-, sembrava confuso.
- Visto che mio padre diventerà uno di voi, vuole prepararmi a tutto questo. E credo stia funzionando.
- Il dottor Miller è un uomo misterioso.
- Perché dici questo?
- Si trasferì ad Oldwood circa due anni fa e chiese di far parte del nostro branco come beta, ma io ed Alec pensiamo che fosse un alfa trasferitosi qui, perché fu cacciato dal suo branco e divenuto omega si è unito al nostro branco.
- Definisci: alfa, beta e omega?
- L'alfa è il capo branco, i beta sono i lupi al suo seguito e l'omega è un lupo che ha perso il suo branco.
- Un lupo solitario?
- No, quelli decidono di non avere un branco. Gli omega sono come in esilio.
Cominciavo ad affascinarmi alle dinamiche del branco.
- I beta hanno gli occhi di una sfumatura giallastra, come me ed Alec; gli omega color ghiaccio e gli alfa rossi.
- Rossi?-, mi venne un groppo in gola.
- Il padre di Alec li ha rossi e un giorno quando lui prenderà il suo posto nel branco li avrà anche lui.
Voleva dire che il lupo che mi perseguitava nei sogni era un alfa e ciò sifnificava che aveva un branco.
- Tutto bene? Ti vedo pallida.
- S-sto bene...
Mi prese tra le braccia e mi baciò il collo lentamente, ma la tensione del momento non se ne andò.
- Qual è la differenza tra un alfa e un beta?
- Il primo è il capobranco perciò è colui che detta le regole, però senza dei beta fidati non puoi andare lontano. Un alfa però è anche molto più grosso e più potente di un beta.
Mi stavo sentendo male, cominciavo ad avere caldo e affannavo a respirare.
- Roxanne che succede?
- Ho solo molto caldo-, mi tolsi il giubbotto e respirai l'aria pungente del bosco.
Finalmente l'ossigeno defluì nei polmoni.
- Parlami della tua famiglia-, chiese Derek.
- Mia madre cucina per eventi mondani, mentre mio padre è un giornalista.
- Sei molto attaccata a tuo padre, vero?
- Qualche hanno fa a causa di una malformazione congenita al cuore, finì all'ospedale. Io e mia madre eravamo praticamente sempre al suo capezzale. Il viso pallido e magro di mio padre mi impauriva. Ogni giorno pregavo che potesse guarire ma sembrava peggiorare. Un giorno dopo che tornai da scuola andai da lui come ogni giorno, ma nel freddo letto ospedaliero non c'era più. Pensavo fosse morto. Cominciai a piangere, poi un'infermiera mi vide e mi raccontò che mio padre era stato solo spostato in un altro reparto perché le sue condizioni stavano migliorando. Da quel momento ho il terrore di perderlo-, una lacrima rigò le mie guance.
Derek mi strinse a sè e mi bacio la testa affettuosamente.
- So che sei una ragazza forte. Te lo leggo negli occhi.
- Ora tocca a te.
- Mio padre se ne andò quando io ero molto piccolo e mia madre mi dovette crescere da solo. Poi qualche anno fa venimmo qui in città per trovare mia nonna che si ammalò gravemente. Qui mia madre conobbe Oldwood e cominciarono a frequentarsi e poi lui le fece la proposta. Qualche mese dopo eccomi qua.
- Mi spiace per tuo padre-, lo abbracciai forte -Alec come l'ha presa?
- All'inizio non proprio bene come me, ora siamo come fratelli di sangue.
- Davvero? Eppure non vi ho mai visti assieme.
- È un ragazzo molto complicato. Da anni ha la sua immagine di facciata ed è dura eliminarla.
- Allora non puoi fare tu un passo verso di lui?
- Potrei, sì-, fece un sorriso di sbieco.
Mi sdraiai sulla tovaglia a quadretti e lui fece lo stesso accanto a me.
Mi guardava come se fossi la persona più bella al mondo. Non volevo essere con nessun altro e da nessun'altra parte se non con lui in quel posto. Stavolta feci io il primo passo. Lo baciai profondamente sulle labbra. Al contatto si sprigionò dell'energia. Ora che lo conoscevo meglio mi sentivo più vicina a lui.
La luce delle candele si affievolì sempre di più fino a spegnersi. Ora la notte non era più così spaventosa.

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