Scelti Dal Destino (#Wattys20...

By Silvie_Marie

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[COMPLETA] Alyssa sta per cambiare vita e se ne rende conto appena conosce il misterioso ed affascinante Garr... More

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Ringraziamenti
Il seguito ~ disponibile
Garrett's POV ~ disponibile
[Merry Christmas] ~ racconto extra
[Happy New Year] ~ racconto extra
🔆QUALCOSA IN TE
🌙STAGE MELODY
Sondaggio ~ Spin-off
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Versione Inglese del libro
Un anno insieme!
Bloody Cake? Una band?
Il sito web dei Bloody Cake
⭐️Nuovo libro in lavorazione⭐️
NUOVO LIBRO : 東京喰種: [TSC]
DOPO SCELTI DAL DESTINO...
VERSIONE ALTERNATIVA

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By Silvie_Marie

Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei sottolineare due cose. La prima: questo libro è terminato e tengo a sottolineare che i personaggi e la storia non possono essere copiati in alcun modo. Secondo: vorrei ringraziare di cuore le persone che stanno leggendo, votando e commentando la mia storia. Ma soprattutto coloro che stanno per iniziarla. A questo punto, non mi resta che augurarvi buona lettura.

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Alle persone che continuano a lottare
ogni giorno. Siate forti, sempre.

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"Eccoci qui, Alyssa. È arrivato il momento" mi ripetei, mentre il cuore incominciava a battere lasciandomi senza fiato.

Ero sopraffatta dall'ansia e non riuscivo nemmeno a spazzolarmi i capelli neri e mossi. Emisi uno sbuffo snervato allo specchio.

Non avrei combinato nulla con quell'agitazione e poi... Perché ero così preoccupata per un semplice tizio di nome Garrett Hayward che avrebbe condiviso il mio appartamento bi-locale a Londra assieme a me?

Conoscevo il suo nome grazie alle e-mail che ci eravamo mandati, dopo che avevo postato l'annuncio sul The Sun. Sapevo che studiava all'università e che amava la musica e altre informazioni che al momento non mi venivano in mente.

"Che sarà mai...?" Mi ero ripetuta svariate volte questa frase, un po' per farmi coraggio, e un po' per evitare di sprofondare nel panico
all'idea che un completo sconosciuto — o quasi — abitasse nel mio appartamento.

Ma non era risultata una buona idea. I giorni passavano e la mia ansia cresceva sempre di più alla prospettiva dell'inevitabile incontro con Garrett.

Forse avevo sbagliato a mettere in affitto metà casa, ma ormai cosa importava? Il danno era fatto ed ero rimasta sola da tre settimane, dopo l'incidente stradale di mia sorella Tessa e non volevo deprimermi più di quanto non lo fossi già.

Il ricordo della notte della sua scomparsa mi fece sobbalzare e delle lacrime mi rigarono le guance. Chiusi gli occhi e tirai un profondo respiro, pulendomi il viso con la manica della felpa. Repressi la famigliare stretta al petto con una smorfia.

"Non puoi andare avanti così, Alyssa. Devi darci un taglio!"

Nonostante la mia volontà fosse tanta, non riuscivo a superare la sua morte.

Fui improvvisamente assalita dalla sua mancanza che non ne voleva sapere di lasciarmi in pace.

Inspirai ed espirai, ricordando le parole della mia migliore amica, Cassie, che aveva assistito più volte ai miei pianti disperati. «Concentrati sul tuo respiro. Espira e inspira. Ecco, così.»

In queste settimane mi aveva offerto tanto sostegno e le ero grata per questo. Dopo essermi calmata, abbandonai l'idea di farmi il più presentabile possibile, appoggiando la spazzola sul mobile del bagno.

Del resto non dovevo essere "tirata a lucido" per un ragazzo che neanche conoscevo. Quindi restai con la mia felpa nera, i pantaloni attillati grigi e delle comodissime scarpe da ginnastica. Pronta per la mia solita corsa del sabato mattina.

Infine legai i miei capelli con un elastico e mi guardai un'ultima volta allo specchio. Avevo la frangetta nera che mi scendeva sulla fronte e mi nascondeva i grandi occhi marroni ancora arrossati.

Con un ultimo lungo sospiro, uscii dal bagno.

Adattarsi alla vita Londinese era stato più difficile di quanto avessi pensato. Vivere da sola lo era ancora di più. Prima, potevo contare su Tessa che aveva più esperienza di me. Era più grande di me di due anni ed era più socievole e pronta a stringere legami con la gente. Sicuramente più di me.

Non che non sapessi parlare inglese, ovvio, ma ero sempre stata una ragazza timida e diffidente. Per me instaurare un discorso significava aprirmi in qualche modo alle persone e non avevo nessuna voglia di farlo.

Il pensiero mi fece sorridere: come avrei fatto a parlare con lo sconosciuto che stavo per incontrare?

L'ansia ritornò come una tempesta, travolgendomi. Boccheggiai, mammi costrinsi a inspirare in cerca di calma. Quando la trovai, il suono acuto del campanello mi fece sobbalzare.

Persi tre anni di vita per lo spavento e lo feci presente anche al mio nuovo coinquilino poiché imprecai tra i denti.

Mi avviai alla porta, cercando di mantenere la calma, con lo stomaco in subbuglio per l'agitazione.

Ricomponendomi, aprii la porta. La sorpresa di chi mi trovai di fronte fu palesemente visibile sul mio viso.

"Beh, sei una ragazza fortunata, Alyssa..." il commento ironico della mia vocina interiore mi fece irritare.

Era il ragazzo più bello che avessi mai visto nei miei diciannove anni. Ricordando le parole di Tessa sui ragazzi belli che erano troppo pieni di sé, arroganti, presuntuosi ma soprattutto pericolosi, mascherai subito il mio apprezzamento.

Deglutii nervosamente mentre i miei occhi lo ispezionavo da capo a piedi. Aveva i capelli neri tutti spettinati, gli occhi verdi con venature marroni e un sorriso stampato in faccia che gli evidenziava delle piccole fossette e un accenno di barba.

Nonostante le fossette di solito trasmettano simpatia, quel sorriso mi sembrava alquanto presuntuoso e non mi piacque affatto.

Sembrava che sapesse già l'effetto che procurava alle donne.

"Non ci devi andare subito a letto" commentò la mia vocina con sarcasmo.

La ignorai senza riuscire a frenare l'impulso di rabbrividire.

Mi concentrai sul ragazzo: indossava una maglietta bianca che gli aderiva perfettamente al petto muscoloso senza lasciare nulla all'immaginazione, dei jeans gli avvolgevano le gambe ed ai piedi portava delle Converse rosse e un po' rovinate.

Teneva sulla spalla destra una borsa nera abbastanza piccola, delle misure di un portatile. E al suo fianco vi era una valigia abbastanza capiente blu scuro.

Mi ricomposi e alzando un sopracciglio insospettita, incontrai i suoi occhi.

«È qui che vive Alyssa Adams?» chiese lo sconosciuto senza smettere di sorridermi in modo beffardo.

Feci un leggero cenno. «Sì, sono io» dissi porgendogli la mano. Anche se non mi andava di farlo, lo richiedeva il bon ton.

Lui l'afferrò senza esitare con una presa forte che mi fece restare dilatare le pupille.

Il contatto con la sua mano mi procurò una scarica elettrica e sentii la pelle formicolare.

«Piacere di conoscerti, Alyssa.» Sentire il mio nome pronunciato da lui, con uno strano accento inglese, mi suonò bizzarro e... piacevole.

Dopo alcuni attimi, lasciò la presa sulla mia mano e il braccio gli ricadde sul fianco. «Sono Garrett.»

«Piacere di conoscerti, Garrett» replicai diffidente.

Aveva un'aria vagamente strafottente.
All'improvviso non potei sopportare l'idea di averlo per casa, anche se in stanze separate. Ed erano meno di due minuti che lo avevo incontrato.

Lo invitai ad entrare, pentendomi silenziosamente di aver postato quel dannato annuncio, scivolando lentamente su un lato.

Mentre entrava, le ruote della sua valigia passarono sui miei piedi e squittii dalla sorpresa e dall'improvvisa fitta di dolore che mi invase il corpo.

Chiusi la porta alle sue spalle, mordendomi il labbro inferiore.

Mi voltai e mi ritrovai davanti l'espressione mortificata di Garrett. Il sorriso spavaldo era scomparso dal suo viso.

Tirai un lungo sospiro, mettendomi le mani sui fianchi.

«Non importa, tranquillo» lo rassicurai con voce bassa, anche se non mi aveva chiesto niente. E, sinceramente, dubitai che gliene importasse qualcosa.

Per qualche ragione inspiegabile avevo la bocca secca e deglutire servì a poco. Doveva essere stata l'ansia pre-Garrett.

Lo osservai, appoggiare la piccola borsa sul tavolo in vetro e abbandonare la valigia vicino al divano. Poi si guardò intorno, ammirando per la prima volta il nostro appartamento.

La mia vocina ebbe un sussulto. "Mmm... sei già passata al nostro... Stai bruciando le tappe."

Restai sbigottita dai miei stessi pensieri, scrollando la testa.

Non l'avevo pensato perché nutrivo un'attrazione per Garrett, ma perché sarebbe stato vero: avrei condiviso il salotto e la cucina con lui.

Per fortuna non tutto l'appartamento. Il pensiero mi fece sentire meglio.

Seguii il suo sguardo posarsi sulla piccola cucina accogliente con un tavolo lungo di legno chiaro con sopra un cesto di frutta. Quattro sgabelli da bar facevano da sedie.

Dopo diversi minuti, i suoi occhi incontrarono nuovamente i miei e io deviai quasi subito lo sguardo. Non avevo intenzione di vedere degli occhi così interessanti un momento di più.

Quando mi assicurai che non mi stava più guardando, lo osservai di nascosto prendere una mela dal cesto e mettersela in bocca. Le sue labbra la stavano sfiorando, schiuse e provocanti.

Mi accigliai. Non ero sicura che mi avesse scoperto osservarlo, ma dal comportamento pareva che stesse più giocando con quella mela.

Infatti, appena sospirai, lui si decise e la addentò con un colpo secco. Quel movimento così semplice mi fece venire la pelle d'oca.

Deglutii nervosamente spostando lo sguardo sulla piccola finestra in mezzo al salotto che dava sul Big Ben. Avevo tirato le tende e quindi c'era solo una visione offuscata della sua bellezza. Tuttavia, i riflessi d'oro dell'orologio erano riusciti ad illuminare la stanza.

Lo beccai ad assaporare un altro pezzo di mela. Il suo sguardo era fisso nel mio.

Mi allontanai appena lui si avvicinò con passo veloce e deciso. Non mi accorsi subito di sbattere la schiena contro il muro perché avevo gli occhi fissi sulla sua bocca.

Si avvicinò pericolosamente a me, facendomi battere forte il cuore. Poi mandando giù il boccone, piegò le labbra in un sorriso sghembo. Mi prese la mano e me l'aprì, mettendomi in mano la mela addentata da lui.

Rimasi ferma, sbattendo le palpebre mentre lui si sedeva comodamente sul divano.

Sì, era decisamente troppo assurdo. Sbaglio o mi aveva appena messo in mano la mela addentata da lui? Ma chi pensava che fossi? Una donna delle pulizie?

Era troppo!

Mi diressi verso la cucina con passi pesanti e trattenendo la rabbia, buttai la mela nella pattumiera. 

Sbuffai bevendo il succo di arancia che mi era avanzato. Sapevo che mi avrebbe calmato, almeno quanto bastava prima di andare a correre.

Appena mi girai, due occhi verdi mi stavano sorridendo. Solo in quel momento mi accorsi di quanto fosse alto ed io di quanto fossi bassa.

«Ti dispiace se stasera invito i miei amici?»

Non badai — molto — al tono in cui me lo chiese perché se lo avessi fatto, i suoi amici lo avrebbero trovato con un occhio nero.

Sembrava farlo apposta. Sembrava divertirsi nel vedermi innervosita.

Ebbi il sentore che io e questo ragazzo non saremmo mai andati d'accordo. Era troppo pieno di sé da far venire la nausea!

Alzai gli occhi al cielo, poi sostenni il suo sguardo. «Fai come vuoi, del resto è anche casa tua.» "Purtroppo" aggiunse la mia vocina amareggiata.

Lui annuì ispezionandomi. Alzò un sopracciglio appena si accorse della mia tuta.

«Devi andare da qualche parte?» La sua domanda era chiaramente sarcastica, visto che la risposta era abbastanza ovvia. Avevo una vita e non potevo sprecare tempo a fargli da guida. Per quello gli avevo lasciato tutte le informazioni nell'e-mail.

E comunque cosa gli importava?

Il pensiero che potesse essere un altro Mr. Grey, mi fece rabbrividire di paura ed abbassai gli occhi sulle mie mani intrecciate. L'ultima cosa che volevo era un uomo che mi comandasse a bacchetta. O... Che usasse la bacchetta in altri modi più perversi...

Mi pentii di essere stata così generosa ad ospitarlo.

"Accidenti a te, Alyssa." Mi sbraitò contro la mia vocina.

Vidi gli occhi di Garrett spostarsi sulla mia bocca e mi accorsi di mordermi il labbro.

Repressi l'impulso di alzare gli occhi al cielo: era il solito ragazzo con ego smisurato che, trovandosi davanti una ragazza, cercava di essere gentile per una notte di sesso selvaggio e poi patti chiusi. Lei non avrebbe più rivisto lui e viceversa.

Lo fulminai con lo sguardo, già intuendo che cosa gli stesse passando per la mente.

«E anche se fosse?» Mi limitai a rispondere, cercando di contenere la rabbia.

Fece spallucce, all'improvviso annoiato. «Nulla, volevo solo sapere se la casa è libera per qualche ora.» Le sue labbra si piegarono ancora in un sorriso che mi fece emettere un gridolino di esasperazione.

Era evidente che mi stesse prendendo in giro e non lo sopportavo.

«Sì» concordai sarcasticamente assente. «qualunque cosa tu voglia fare, per un po' casa è libera.» Lo dissi lentamente per non perdere il controllo.

E pensare che mi ero cacciata da sola in questo casino. Ecco a che punto arrivava la mia fortuna. A livelli incredibili.

«E dove vai?»

«Ora sei specializzato in stalking?»

«No» Le sue pupille verdi ebbero un guizzo, sorprese. «sto solo cercando di capire dove ti piace andare di solito.»

«Chi ti dice che voglia dirtelo?!» ribattei acida. La sua curiosità mi dava fastidio. Voleva sapere troppo di me. Volevo solamente dileguarmi.

Il suo sorriso si tramutò in una smorfia di sfida. «Il fatto è che se voglio una cosa, la ottengo. Sempre.»

Oh, fantastico! Ora mi toccava convivere con un ragazzo viziato. Di male in peggio.

Lo sorpassai, decisa a finire la conversazione, afferrando le chiavi di casa da un cestino sopra un comò bianco.

Prima che potessi aprire la porta, però, Garrett mi afferrò il polso. Strattonai la presa — anche abbastanza forte — ma peggiorai solo la situazione: con una semplice mossa mi fece girare verso di lui.

«Alyssa» sussurrò, la voce bassa e graffiante.

«Sì?» boccheggiai.

«Ricordarti di farne una copia anche per me» Si avvicinò al mio orecchio e mi morsi un labbro. Si scostò e mi guardò divertito nel vedermi con un'espressione interrogativa.

«Delle chiavi» precisò accennando un sorriso.

Annuii con la testa.

Ah, le chiavi. Per un momento il pensiero di non averlo tra i piedi mi fece stare meglio. Poi, però, mi ricordai di quanto fosse peggio essere soli, così dovetti accettare la situazione.

Lui mi lasciò il polso con un ghigno fiero e sospirando sgusciai fuori dall'appartamento, il fiato corto e il cuore che batteva come un tamburo.

Decisamente l'incontro peggiore della mia vita.

~ ~ ~

Ciao! Questo è il primo capitolo del mio primo libro d'amore. Spero vi piaccia. Sarei felice di sapere cosa ne pensate della storia e dei personaggi. Scrivetelo nei commenti ed al prossimo capitolo. xx

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