Il mio destino - La mia rivin...

Lallyna91

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Emma è una ragazza che vive la vita sempre con il sorriso sulle labbra. Ha condiviso l'intera vita, l'amicizi... Еще

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Seconda parte - La mia rivincita
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Lallyna91


Mi sforzo a rivolgergli un sorriso, mentre si avvicina e prende posto su una sedia vicina al letto sul quale mi trovo.
Ricambia il sorriso e mi prende la mano, stringendola forte, guardandomi poi intensamente negli occhi.
Sotto il suo sguardo non riesco più a trattenere le lacrime, che iniziano a scorrermi sulle guance calde e copiose.
Stefano mi avvolge tra le sue braccia in un gesto istintivo e familiare, ed io mi rendo conto di quanto questo contatto mi mancasse.

Dopo poco si stacca dolcemente, ritornando a guardarmi, ed io noto il suo volto preoccupato e perso.
Nonostante questo, mi accarezza una guancia come a rassicurarmi.

«Em, ci sono io qui. Andrà tutto bene, okay?»

Tipico di Stefano, ha sempre fatto così. Ogni volta che qualcosa va storto, lui corre subito in mio soccorso, l'ha sempre fatto, fin da bambini. Ma questa volta non si tratta di un ginocchio sbucciato o di un taglio su un dito.
Ho il cancro.
E nessuno può aiutarmi, tanto meno lui.
Però, in fondo, averlo qui mi dà un po' di pace.

«Mi sei mancato.», mormoro, scacciando le lacrime con una mano, «Come stai?»

Ci siamo incontrati parecchie volte ma non ci siamo mai fermati a parlare sul serio.

«Anche tu mi sei mancata.», afferma, abbozzando un sorriso, «Come sto? Beh, Emma... Fino a ieri la mia vita era la solita da quando, sai, ehm.. Da quando ci siamo lasciati. La mie giornate si dividevano fra scuola e le uscite con gli altri del gruppo. Poi oggi mi han chiamato i tuoi, e...», si ferma un secondo, passandosi una mano fra i capelli, cercando di riordinare le idee.
«Non ho capito più nulla. Mi sono precipitato subito qui, senza pensarci due volte. Dovevo, volevo, starti vicino. E mi dispiace di aver aspettato questo momento per riallacciare i rapporti.», lo vedo arrossire, mentre i suoi occhi diventano lucidi.

No, basta lacrime. Non si sa ancora quanto sia grave la situazione e... E io la supererò.

«Se la cosa dovesse risultare più... grave di quanto già non sia, ho deciso una cosa.», comincio con tono sicuro.

Lo vedo scrutarmi con curiosità, cercando di capire a cosa mai mi stia riferendo.
Prendo il suo sguardo come un invito a continuare.

«Ho deciso di vivere ogni giorno, ogni attimo, come se fosse l'ultimo.»

Sposto lo sguardo da lui, fissando un punto casuale di quel soffitto bianco ed anonimo, mentre Stefano ritorna ad accarezzarmi la mano.

«Dio, Em... Non dire così, ti prego.», sussurra, deglutendo, «Andrà tutto per il meglio. Ho bisogno che tu ti faccia forza con questo pensiero. Uscirai presto da qui e ritornerai alla vita di sempre.», conclude sicuro.

«Forse questo ospedale è il meglio che possa avere in questo momento.», rifletto a voce alta. «Ho perso tutto quello in cui credevo: Bea, Christian, i miei sani principi. Che senso avrebbe uscire da qui?», mi volto di nuovo verso di lui ed alzo il braccio destro. «L'hai visto il mio braccio? Maledizione, come ho fatto a non accorgermene!», sbotto, con un sorriso amaro. Si vede bene la protuberanza, ora che lo so. «Non è una sciocchezza, e sono terrorizzata dal non poter più cucinare. Tutto quello che avevo l'ho perso, Stefano. Tutto!», e la voce mi s'incrina, rischiando di sfociare in un ennesimo pianto.

«Ehy...», replica lui, avvicinandosi a me e tirandomi in un altro abbraccio. «Io sono qui. Forse non hai perso proprio tutto,no?», ed è vero, lui è qui.
Mi chiedo cosa ci faccia al mio fianco, dopo averlo lasciato, ma crogiolandomi nel suo abbraccio decido di non farmi troppe domande. Stefano è l'unica persona realmente amica che mi sia rimasta, l'unica persona che, nonostante tutto, so che non mi abbandonerà. Forse ho bisogno di lui più di quanto creda.

«Grazie, Ste.»

Lui si stacca da me senza mai lasciare la mia mano, e restiamo così, in silenzio per un po'.

Dopo poco arriva un'infermiera a comunicarci il termine dell'orario delle visite, invitando il mio amico ad uscire per ritornare il giorno seguente. Lui, educato, annuisce e si alza dalla sedia, rivolgendomi un sorriso stanco.

«Ciao, Em. Cerca di riposare.», dice, e si avvicina al mio viso per darmi un dolce bacio sulla fronte.

«Buona serata, Ste.», ribatto, guardandolo grata.

Lui fa per voltarsi, e le parole escono dalla mia bocca prima che possa fermarmi: «Tornerai a trovarmi?»

Stefano mi fa un occhiolino e mi scompiglia i capelli in un gesto affettuoso. «Certo che torno. A domani, pulce.»

Al suono di quel nomignolo allargo un sorriso.
Mi aveva sempre chiamata così, a causa della mia scarsa statura, soprattutto se confrontata alla sua altezza.

Quando varca la porta della stanza, sono di nuovo sola.
C'è un letto vicino al mio, ma è completamente vuoto, ed io mi chiedo se resterà tale sino a quando non uscirò da questo posto.

Il Dr. D'Amico ha parlato di biopsia, ed ora che ci penso non so nemmeno cosa sia. Sarà invasiva? Mi farà male? Dov'è il dottore quando mi serve? Poco fa mi ha detto che avrebbe dato risposta ad ogni mia domanda.
Faccio un respiro profondo e lascio andare il capo sul cuscino, vagando con i pensieri.

Non voglio morire.

Dio, cos'ho fatto di male? Perché deve accadere tutto questo, perché a me?
Ho solo sedici anni...Non ho ancora fatto nulla, ho ancora una vita da vivere. Non so neanche se riuscirò a portare avanti il mio sogno con la cucina... Arriverò a scoprirlo?

Ho così tante cose da fare.
Non ho ancora preso il diploma.
Non sono mai stata in montagna d'estate.
Non sono mai andata ad un concerto.
Non sono mai stata all'estero.
Non ho mai fumato.
Non ho mai fatto l'amore.

Non ho ancora fatto un sacco di cose... E non sarà una stupida malattia a vietarmi di farlo.
Farò tutto quello che non potrò fare se il cancro deciderà di portarmi via con sé.

Forza, Emma. Basta con questi pensieri negativi.
Sei forte e supererai questo ed altro nella tua vita!

"Sono forte?", mi chiedo mentalmente, soppesando la domanda.
Spero di esserlo, perché in questo momento mi sento una nullità.

E mi addormento con questo turbine di pensieri.

***

La voce profonda di un uomo in lontananza mi disturba, svegliandomi.Apro gli occhi a fatica mentre il mio stomaco sta brontolando, reclamando cibo.
Ma gli ordini sono stati chiari: è opportuno stare a digiuno per i prelievi e gli ulteriori esami di accertamento.

Riconosco solo ora la voce che mi ha riportato alla realtà: è quella del Dottor D'Amico, fuori dalla porta socchiusa.
Intravedo i miei genitori e decido di fingermi ancora addormentata e di concentrarmi su quello che si stanno dicendo.

«Quando Emma sarà sveglia, procederemo con la biopsia.», sta spiegando lui.

«Le farà male?», chiede con voce allarmata mia madre.

«Non sentirà nulla, perché anestetizzeremo la parte. La biopsia è una procedura invasiva, con un'apposita siringa preleveremo tre campioni della massa tumorale per poter procedere con le analisi opportune, valutando anche la natura del tumore: benigno o maligno.»

«E... Quale pensa possa essere il caso di nostra figlia?», e so che la domanda e posta da mio padre, perché riconosco la sua voce imponente.

Il mio cuore accelera mentre sento sospirare il dottore. «Dalla risonanza il tumore risulta attaccato al muscolo, tipico quadro sarcomatoso. Non le nascondo che la maggioranza di tali carcinomi sono di origine maligna. Nonostante questo, il quadro potrebbe essere conciso e localizzato solo a livello del braccio, così, asportando la massa tumorale, si risolve gran parte del problema. Ma quello si vedrà successivamente con una tac completa. Fra gli esami che eseguiremo sul tessuto prelevato durante la biopsia, controlleremo se sia necessaria una procedura di radioterapia o chemioterapia per ridurre il volume del tumore.»

Chemioterapia?
Come una stupida, su tutto quello che ha detto il medico, il mio pensiero è solo: "Perderò i capelli."

La stessa Emma che leggeva libri come "Colpa delle Stelle" e guardava i film come "I passi dell'amore" o "Time for dancing" su una poltrona, piangendo per i protagonisti, è finita per essere lei stessa la protagonista di un film analogo, sulla propria vita.
Sento di nuovo i miei occhi diventare umidi e le lacrime solcarmi le guance, come ormai continuavano a fare dal giorno precedente.
Ancora e ancora.

Il dottore entra in stanza seguito dai miei genitori, sorprendendomi sveglia.

«Buongiorno, Emma. Come ti senti oggi?», chiede in tono gentile.

Mi volto verso di lui, guardando in faccia i miei genitori con aria sconfitta.

«Facciamo questa maledetta biopsia!», sbotto, e loro capiscono di avermi avuta come silenziosa spettatrice.

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