I DUE RE [BL]

Від fiamminga95

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[Fantasy; Mitologia; Romance] [Primo e secondo libro conclusi][Terzo libro in fase di scrittura]. La guerra... Більше

Ubi Tu Gaius, Ibi Ego...
Note dell'autrice: Avvertenze
Scenario E Glossario
La nascita di Sirio
La nascita di Laran
Prologo alla parte I
Parte I: Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
FAQ #1
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Epilogo alla parte I
FAQ#2
Prologo alla Parte II
Parte II: Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Epilogo alla parte II

Capitolo 37

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Від fiamminga95

Sothis non si fidava affatto dei nuovi due principi e Lìr aveva cominciato a piacergli meno di tutti gli altri dei che aveva incontrato fino a quel momento.

Erano passati due giorni da loro arrivo e Laran era stato di cattivo umore, la corte era ancora in fermento e gli schiavi non avevano un momento libero. Anche con tutto l'aiuto della magia, avevano molto a cui pensare per l'elezione del nuovo re e anche se Sothis a malapena vedeva il letto, si premurava di portare la cena a Laran tutte le sere.

Il principe non faceva che lavorare nel suo studio e vivaio, spesso intratteneva lunghe conversazioni con i suoi amici, altre volte spariva per molto tempo. Sothis sapeva che ciò che gli premeva di più era parlare con Isid, ma con tutto il suo potere, non era ancora riuscito a contattarla. Sua madre lo ostacolava in ogni modo. Tuttavia il suo bando sarebbe terminato in fretta e tutti lo sapevano bene, anche la regina.

L'elezione si sarebbe svolta in presenza di un vasto pubblico e i re del mondo o i loro rappresentati avrebbero assistito all'elezione come testimoni ufficiali. Se anche uno di loro non avrebbe riconosciuto l'elezione del nuovo sovrano, la crisi politica sarebbe stata devastante. Di conseguenza, la regina non avrebbe mai potuto impedire a Isid di arrivare a palazzo il giorno della scelta di Ascalon, ma Laran aveva urgenza di contattarla prima di questa data.

Dopo quello che aveva fatto Sibil per Sothis, nemmeno alle allieve e alle maestre era più permesso entrare a palazzo e non venivano portati messaggi fino al palazzo di Isid. Sothis quasi si aspettava che Laran gli chiedesse di provare con la magia, ma essendo estraneo, Sothis dubitava di poter far arrivare un messaggio a Isid, quando non la conosceva. A Sais nessuna maga avrebbe potuto passare un messaggio fin nel loro tempio senza avere l'autorizzazione.

Tuttavia, non era il pensiero di Isid che preoccupava Sothis: a palazzo sarebbe arrivata una delegazione di Sais, prima o poi, e questo gli era stato dolorosamente ricordato dall'arrivo di re Erir.

Era arrivato quella mattina, con il suo seguito di elfi, e Sothis lo intravide dalle finestre del palazzo mentre stava organizzando la disposizione delle stanze per tutte le nuove delegazioni. Erir aveva l'aria di qualcuno che era tormentato da oscuri pensieri. Era ormai solo e senza il suo compagno e senza nemmeno il suo erede.

Elna, pensò Sothis, chissà cosa ti è successo. Una delle ultime conversazioni avute con il suo maestro Dubhe era stara proprio riguardo ad Elna. E forse, adesso, sarebbe stato proprio Dubhe ad arrivare ad Olimpia per assistere all'elezione. Avrebbe portato con sé Elna?

Con tutti e due a palazzo, non c'era modo per Sothis di ingannarli. L'avrebbero cercato e l'avrebbero scoperto. Cosa avrebbero detto del principe Sirio? Schiavo e complice di un dio, che serve al palazzo di Olimpia ed è amico di maghe, elfi e niente meno che umani.

E se lo riferissero a Rigel?

Un brivido di terrore lo percorse. No. Non poteva pensare a queste cose. Laran lo avrebbe protetto, se fosse diventato re. E se così non fosse ... Sirio avrebbe dovuto trovare il modo di nascondere anche sé stesso, non solo Laran.

Si toccò distrattamente le corna, sapendo che, con quella nuova forma, sarebbe stato meno riconoscibile che rispetto ai suoi capelli rossi come quelli del suo frae.

"Nysa" lo chiamò qualcuno.

Quando si voltò Sothis vide che Paan lo stava cercando. "Tu. Che cosa vuoi?"

"C'è una marea di carte che è stata portata giù. Informazioni sulle abitudini di re Erir e necessità per i suoi servi. Dicono che devono essere risolti il primo possibile".

"Arrivo subito".

Insieme si incamminarono verso i piani inferiori. Sothis stava ancora riflettendo. Stava pensando da un po' di tempo di andare da Dir e Dite per avere maggiori informazioni riguardo all'elezioni e, se avesse potuto, chiedere perché avessero deciso di dare ospitalità a Gid. Non avevano vocalmente sostenuto Laran, ma il loro comportamento in guerra aveva dimostrato che si fidavano del suo giudizio e di come prendeva le decisioni, anche quelle difficili. Perché assistere Gid, allora?

Erano arrivati nelle zone inferiori del palazzo e Sothis vide immediatamente un grosso fascicolo lasciato nella bacheca delle notizie urgenti. Sbuffando, lo prese e si mise al lungo tavolo per il pranzo degli schiavi, per analizzarne il contenuto. Non lo sorprese vedere una lunga lista di richieste eccentriche. "Elfi" disse, sparpagliando le carte per metterle in ordine. "A loro non va mai bene niente. Non immagino come possano sentirsi se stanno qui, lontano dalla natura e da ogni cosa che sembra anche solamente un po' naturale".

"Non so cosa vuoi dire" disse Paan dalle sue spalle. Stava armeggiando con qualcosa. Quando si avvicinò a Sothis depose vicino a lui un calice di vino. "Ecco. Sembra che tu ne abbia bisogno".

Sothis adocchiò prima il bicchiere e poi il dio. "Perché?" Chiese, inclinando la testa. "Non pensavo di piacerti molto, Paan".

L'altro bevve dal suo bicchiere e fece spallucce. "All'inizio non mi convincevi affatto, ma quel trucco di magia che hai fatto è stato davvero notevole. Ci ha salvato completamente. Non saremmo riusciti a mandare avanti tutto da soli. E sarà ancora più utile quando arriveranno tutte le delegazioni. Bor e i ninfali del mare sono dei maledetti presuntuosi con la puzza sotto al naso".

Sothis prese il suo bicchiere e sorseggiò un po' di liquido rosso. "Immagino che non sono i peggiori, dico bene?"

"Non ho la più pallida idea di come sono i titani. Mai visti" Paan si appoggiò al tavolo con in fianchi, "Ma sicuramente chiunque manderanno sarà un bel problema. Magari incontrerai qualche tuo amico".

"Dubito che mi reputino ancora amico", Sothis svuotò il bicchiere con un unico sorso e lo mise a distanza, tornando alle carte. "Ci sarà da organizzare un bel po' di turni per questi qui. Qualcuno dovrà star sveglio di notte. Perché Erir mangia uno spuntino di pane e miele proprio a mezza notte? Che strana usanza".

"Lascia perdere il re Erir. Non ci è mai stato molto con la testa. Prima era tutto un Isid qui e Isid lì, ma si dice che da quando si sia sposato sia diventato persino peggio" Paan prese i bicchieri dalla tavola e si voltò per andare a riempirli di nuovo. Sothis guardò le carte senza leggerle.

"In che senso?"

"Oh, è vero. Si è sposato un nysa. È che quando l'ho visto sembrava davvero tanto una donna. È qualcuno che conosci?"

"Sì" ammise Sothis, perché non c'era nessun motivo per mentire riguardo a questo. "Tutti i nysa si conoscono. Siamo molto pochi".

"È un peccato" Paan poggiò un bicchiere sul tavolo. Sothis già lo prese per prendere un altro sorso quando sentì Paan aggiungere: "Perché adesso sarete ancora di meno".

Sothis si voltò per fermarlo: sentì il bracciale d'oro vibrare solo un momento prima che una lama da cucina gli trapassò il petto.

La sensazione di freddo pungente fu la prima cosa che sentì, poi il dolore esplose in tutto il suo corpo. Urlò disperatamente e cercò di allontanarsi, ma ruzzolò sul tavolo, imbrattandolo di un fitto di sangue rosso venoso. Rovinò a terra, urlando e contorcendosi, in una pioggia di fogli cremisi ormai illeggibili. Prese il coltello che aveva ancora conficcato nel petto, ma Paan fu più veloce.

"Sei resistente come dicono, nysa. Questo avrebbe ucciso chiunque altro".

Quando Paan estrasse il coltello, un fiotto di sangue schizzò su di lui. Fece un passo indietro per evitarlo, pronto poi a piombare di nuovo armato su Sothis. Il nysa stava perdendo conoscenza, ma con le sue ultime forze lanciò un incantesimo contro Paan. Gli occhi del dio si iniettarono di sangue, il suo viso diventò rosso mentre urlava e si metteva le mani in faccia. Il dolore che provava agli occhi lo fece allontanare, ma Sothis non poté fare altro. Il colpo era stato dritto al petto, e il suo sangue già allagava il pavimento.

Svenne con un rantolo, prima di poter chiedere aiuto.

Laran stava discutendo con Evan quando l'anello si strinse al suo dito così forte da minacciare di rompergli la mano.

Evan era andata da lui quella mattina per parlargli della situazione ad Olimpia e dei movimenti di Hordr, che la dea doveva spiare per conto di Laran.

Il principe esiliato era a malapena uscito dalla residenza di Ros, limitandosi a fare solo una passeggiata per le strade di Olimpia, dove nessuno aveva voluto parlare con lui. Evan aveva raccontato in dettaglio come il suo fratellastro era stato trattato: l'avevano evitato sulla strada, avevano sputato ai suoi piedi, avevano chiuso le porte davanti al suo passaggio. Hordr era tornato in fretta alla residenza di Ros e Laran era più che comprensivo.

"Non sembra una minaccia. Non l'ho visto sorridere, né gioire di essere tornato. Penso che in cuor suo non voglia fare il re". Spiegò Evan.

"Quello che desidera adesso non è abbastanza. Anche Herian sembrava innocuo finché non è diventato re e ha dato inizio ad una strage".

Evan aveva convenuto con lui. "Tuttavia" aggiunse, "ti avrei mandato una lettera per spiegarti cosa ho visto, se non avessi ascoltato altro in città".

Laran era semidisteso sul triclinio che aveva fatto spostare nella serra. La sua scrivania era un disastro di fogli e di annotazioni, il manuale delle regole di palazzo e il codice delle leggi erano spiegazzati e aperti a pagine a caso. Il principe rassomigliava a quella scrivania: si sentiva usato ed esausto e sapeva che non poteva che peggiorare. "Davvero?" chiese, facendo finta di non aver capito di cosa voleva parlare la sua compagna.

"Non si fa che parlare di Sothis e del misterioso incantesimo che ha fatto. Tutti gli schiavi vogliono sapere cosa ha fatto per poter gestire il palazzo con la magia, mentre i liberi sono più preoccupati dal sapere che sei stato visto contribuire a questo incantesimo".

"Preoccupati come?"

"Laran". La voce di Evan era seria. "Ti avrebbero potuto arrestare".

"E con quale autorità? Non c'è un re che fa rispettare la legge. A Hordr è stata concessa l'amnistia per un fratricidio, chi vorrebbe arrestare me per un po' di magia?"

"Da quando fai incantesimi?"

"Non era un incantesimo. Ho solo messo la mia firma sotto qualcosa che ha scritto per lo più Sothis" Laran abbandonò la testa contro l'imbottitura del divanetto. "Non è stato niente di troppo eccitante, a dire il vero. Ho fatto di peggio quando nessuno mi poteva vedere".

"Ti senti quando parli?" Evan si alzò in piedi. "Ti prego, dimmi che questo non è parte di qualche tuo piano machiavellico".

"Potrebbe".

"Come? Nessun dio ti prenderebbe sul serio se ti mettessi a fare incantesimi ..." la guerriera si fermò mentre stava parlando e Laran la osservò mentre rifletteva. Riuscì a vedere la realizzazione attraversare il suo sguardo quando comprese: "Non vuoi farti prendere sul serio dagli dei. Vuoi impressionare i titani. Il nysa, Dubhe!"

"Una strategia come un'altra" spiegò Laran. "Potrebbe vedermi più simile a loro e meno come una minaccia, se sapesse che non ho paura del mio lato nysa e che non lo sopprimo".

"Una strategia azzardata" disse invece Evan. "Potresti alienarti gli altri"

"E come? Isid è dalla mia parte ed Erir non ha le palle per opporsi a nulla. Bor è generalmente neutrale e non si metterà contro di me. Se riuscissi a diventare re, l'unica incognita sarebbe Dubhe. Se invece non riuscissi a diventare re ... chiunque sarà contro di me saprà che ho potere sul palazzo, ho un nysa al mio comando e so usare io stesso la magia. Legge o non legge divento molto pericoloso. Questa strategia potrebbe concedermi qualche giorno in più di sopravvivenza".

"Sii serio, Laran. Non c'è nessun'altro oltre te degno di poter impugnare Ascalon".

"Nessuno avrebbe scommesso che Herian sarebbe ... AH!" Scattò in piedi, tenendosi la mano quando il braccialetto vibrò per il pericolo e l'anello quasi non gli staccò il dito.

Anche Evan si sorprese, spaventata e sull'attenti. "Che succede?"

Mentre l'anello lo stringeva così tanto da impedirgli di pensare a qualcos'altro, Laran disse, a fatica: "Pericolo ... Sothis è in pericolo".

Non aveva finito di parlare che l'anello a forma di serpente si staccò da lui e cadde a terra. Rimase fermo e inanimato per un terribile secondo, prima che Laran si proiettasse in avanti per afferrarlo. "No!"

"Cosa?"

"Sothis!"

Laran era già fuori la porta. Stava urlando il nome di Sothis, sperando di capire se si trovava nella torre, ma non ebbe risposta. Evan era proprio dietro di lui quando, insieme, uscirono dalla torre per cercarlo all'interno del palazzo. "Sothis! Dov'è Sothis?!"

Allarmarono delle guardie, a cui Laran ordinò di cercare il nysa e quando intravidero un servo, Laran lo afferrò per le spalle. "Dov'è Sothis? Dove si trova?!"

"Doveva ... mio signore, doveva essere nei piani superiori a sistemare gli alloggi per l'arrivo di re Bor ..."

Lara lo lasciò andare e corse, quasi turbinò come una tempesta, fin sopra alle scale, ma ovunque cercasse, Sothis era introvabile. Sembrava sparito.

"Le sale degli schiavi. Se non è quei deve essere tornato lì sotto" propose Evan.

"Hai ragione... hai ragione, andiamo!"

Mentre stavano scendendo, incontrarono Kylth, il quale voleva accertarsi di cosa stesse succedendo.

Laran lo afferrò. "Lo so cosa hai fatto, Kylth" lo buttò contro il muro. "Ascoltami bene. Se è successo qualcosa a Sothis, ne pagherai le conseguenze. So cosa gli hai detto e so cosa gli hai fatto e se sei ancora qui è perché lui è stato così lungimirante da dirmi di non tagliarti entrambe le mani".

"Mio signore, io ..."

"Taci. Perquisisci il palazzo. Voglio sapere che cosa è successo! Che non sfugga niente!"

Lasciò il capitano delle guardie lì a risistemarsi, indispettito e forse umiliato, ma il principe scese di corsa verso i piani inferiori.

"Laran ... Laran, vedrai che riusciremo ..." Evan voleva provare a rassicurarlo, ma proprio mentre stavano scendendo le scale, sempre più umili e buie, udirono un urlo straziante.

"Sothis!"

Laran si precipitò nelle sale degli schiavi e vide che c'era una bambina – Olga era il suo nome – che stava piangendo disperatamente, in piedi in un angolo della sala. Continuava a gridare e Laran si avvicinò per vedere da cosa era stata spaventata così tanto. Quando entrò nella stanza, i suoi piedi calpestarono subito denso sangue rosso.

Sothis era disteso a terra, il viso verso il basso e i capelli bianchi intrisi di rosso cremisi.

"Sothis!"

"Oh Rea santissima!" Evan era dietro di lui e prese la bambina per allontanarla da quella vista.

Laran si gettò subito al suo capezzale e la prima cosa che fece fu accertarsi di sentirlo respirare. Il sangue defluiva ancora da una ferita aperta sul suo petto, ma il nysa respirava ancora pianissimo. "Sothis ... Sothis, non morire così proprio adesso. Sothis ..."

Laran passò un secondo troppo lungo a non sapere che cosa fare. Si rese conto che altre persone erano arrivate a vedere, spaventate dall'urlo della bambina.

"Oh, cielo!"

"Che cosa è successo?"

"No! Il nysa!"

"Voi ..." Laran si rivolse agli schiavi. "Dov'è la dispensa di ambrosia?"

Una schiava indicò un corridoio. "Ci sono ... ci sono le cantine ma la chiave della porta ce l'ha solo il maggiordomo".

"Evan! Va' a prendere dei pomi. Sbrigati".

"Pomi?"

"Non vorrà?"

Laran prese in braccio il corpo esanime di Sothis, era immobile. Lo aveva portato così troppe volte, e quella era l'ultima che voleva sostenere. Si fece guidare fino alle cantine di ambrosia e non avendo il tempo di cercare la chiave addosso a Sothis, sferrò un calcio alla porta con tutta la potenza divina che aveva. I cardini saltarono e la porta di legno si spezzò a metà. Evitò i detriti mentre scendeva di fretta e si avvicinava al primo scaffale pieno di vecchie bottiglie polverose. Ne aprì una rompendone il collo contro il muro di mattoni umido e freddo e versò tutto i l contenuto direttamente sulla ferita aperta di Sothis.

In pochi attimi, quella smise di sanguinare.

Sothis fece un gemito, ma non riuscì ad aprire gli occhi. Sulla soglia, davanti alla porta distrutta, c'era una calca di schiavi che osservava sconcertata. Laran non si curò di loro: aprì un'altra bottiglia, questa volta nel modo consueto e avvicinò il suo collo alle labbra di Sothis. Lo incoraggiò a bere ma solo poche gocce riuscirono a finirgli tra le labbra. La maggior parte del contenuto era colato a terra e aveva finito per imbrattare i loro vestiti già sporchi di sangue.

"Sothis ... Sothis, andiamo. Andiamo, devi bere qualcosa. Svegliati, so che ce la puoi fare". Gli parlava gentilmente all'orecchio ma l'altro riusciva solo a gemere un po' e a bassa voce.

Dopo alcuni tentativi mal riusciti, Laran riuscì a fargli bere almeno due sorsi interi di ambrosia e, finalmente, Sothis aprì gli occhi.

Il sollievo fu così grande che a Laran sembrò di tornare in vita lui stesso.

"Che ... sta ... succedendo?" provò a dire Sothis.

"Questo dovrei chiederlo io a te" Laran si rese conto che la mano sulla bottiglia di ambrosia stava tremando. La mise di nuovo vicino alle labbra di Sothis e lo incoraggiò a bere. Quando finì tutta la bottiglia, dovette alzarlo un po' a sedere. Sothis aveva dei conati e non potevano permettere che vomitasse quella poca ambrosia che aveva bevuto. Era ancora confuso e non sapeva dove si trovava ma Laran continuò a rassicurarlo con voce calma e bassa.

"Va tutto bene. Va tutto bene, vedrai che starai subito bene. Ti prometto che non ti rimarrà nemmeno la cicatrice ..."

Dopo qualche momento passato così, con Sothis che aveva i brividi tra le sue braccia, arrivò Evan, con due pomi maturi. Laran ne spezzò uno a metà e lo diede da mangiare a Sothis, che prese i primi, piccoli bocconi dalla sua mano. Laran gli aveva già dato da mangiare in quel modo, ma nemmeno quello era un bel ricordo.

Era vagamente consapevole che la folla di persone sulla folla era spaesata e scandalizzata, perché nessuno di loro aveva mai visto uno schiavo mangiare un pomo d'oro: a nessuno di loro era permesso. Sothis, invece, ne mangiò ben due proprio davanti ai loro occhi.

Quando finì anche il secondo frutto, il nysa chiuse gli occhi, ansimando e dondolando la testa. "Devo ... devo dormire ... un po'".

"Va bene, Sothis. Va' a dormire. Non preoccuparti di nulla. Sistemo io qui".

Il nysa quasi svenne una seconda volta. Il suo sonno era pesante come il sonno più profondo, necessario al suo corpo per rigenerarsi in fretta. Laran lo prese di nuovo in braccio e salì di sopra. Ora gli sembrava di aver raggiunto in poche ore il punto più basso della sua anima, tanto lo spavento.

Nella sala comune il sangue stava sparendo. Il palazzo si stava pulendo da solo, come voluto dall'incantesimo di Sothis.

Laran mise il nysa steso su un tavolo pulito e poggiò delicatamente la sua testa contro il legno duro. Si sentiva esausto. Erano arrivati anche Elsi e Lin, che subito andarono a controllare Sothis. La donna aveva già pronto un fazzoletto con cui cominciò a pulire il suo viso addormentato.

Solo a quel punto, Laran sentì le sue spalle tremare. Tutta l'agitazione e lo spavento tornarono su di lui, riempiendolo di paura e di rabbia, incertezza e, infine, vendetta.

Piantò le mani sul tavolo e guardò tutti i servi che aveva davanti.

"Chi è stato?" disse, e la sua voce era bassa e terribile.

Quando nessuno gli rispose ripeté a voce ancora più minacciosa:

"Chi è stato?!"

Tutti gli schiavi stavano tremando e facendo gesti di dinniego con la testa. Laran li avrebbe colpiti uno ad uno per avere risposte, se non fossero sopraggiunte le guardie.

"Mio signore, principe Laran" era Kylth, che trascinava con sé un uomo. "Abbiamo trovato questo schiavo che stava provando a nascondersi. È sporco di sangue e dice di aver subito un incantesimo".

"I mei occhi! I miei occhi!" stava urlando Paan.

Aveva i vestiti sporchi di schizzi di sangue rosso e denso, proprio come quello che ora imbrattava anche Laran.

Kylth si guardò intorno, notando solo a quel punto Sothis quasi morto e steso sul tavolo. "Cosa è successo?"

"Ce lo faremo dire subito".

"Laran ... aspetta ..." Evan provò a fermarlo ma il principe aggirò il tavolo e afferrò lo schiavo per il collo con una mano, alzandolo da terra.

"Sei stato tu?" gli chiese, stringendo la presa. "Parla! Sei. Stato. Tu?"

"Lo giuro, lo giuro non è colpa mia... i miei occhi, il nysa ha maledetto i miei occhi! Brucia!"

"Non è solo dei tuoi occhi che devi preoccuparti!" Dalla mano di Laran partì una scossa che colpì lo schiavo. La sua energia era vibrante e bianca e si infranse a terra crepando il pavimento. Lo schiavo urlò di dolore ma tutti gli altri trasalirono e si allontanarono. "Parla! Adesso!"

"Non è stata una mia idea, non è stata una mia idea!" piagnucolò Paan. "Mi hanno mandato. Mi hanno ordinato di farlo! Non potevo sottrarmi, ero obbligato ..." scoppiò a piangere ma i suoi occhi che briciavano non produssero nessuna lacrima.

"Da chi? Chi ti ha mandato?"

"La ... la regina!"

Laran lo lasciò andare e Paan stramazzò al suolo, boccheggiando. Solo i suoi rantoli rompevano un silenzio attonito.

"La regina" disse Laran, a bassa voce. "La regina". Si voltò e ignorò tutte le persone intorno a lui. I suoi occhi si posarono solamente su Sothis e il suo corpo immobile e sporco.

Per poco non era morto.

Per poco non l'aveva perso.

Laran riprese dalla sua tasca l'anello che si era sfilato dal suo dito e lo mise al suo posto. Con le dita sporche, lo macchiò tutto di sangue ma la sua lucentezza rimase immutata.

"Vediamo cosa ha da dire la regina, allora".

Teia si guardava allo specchio. Una delle sue schiave le stava pettinando i lunghi capelli, parlando di qualcosa di sciocco successo a palazzo che in quel momento la regina non aveva voglia di ascoltare. Aveva passato una vita ad ascoltare ciò che succedeva ad Olimpia, sapendo di essere uno dei principali oggetti conversazione lei stessa: la regina dimenticata, quella che il re aveva deciso di ignorare perché non sarebbe mai stata all'altezza del suo primo amore.

Si stava morsicando il labbro, sperando di avere notizie in fretta. Era passato più di un giorno da quando aveva dato l'ordine a quello schiavo. Par, forse si chiamava. Non ne aveva idea: era andato da lei più di una volta a chiedere di prendere il posto di Altan e diventare maggiordomo di palazzo, ma lei non lo aveva mai davvero ascoltato, fin quando Laran, il suo stesso figlio, non aveva deciso di scavalcarla.

Allora aveva dato l'ordine, dando una falsa speranza a quello schiavo: avrebbe preso il posto del nysa, se lo avesse ucciso.

Era in fervente attesa, quando la notizia che ricevette non era quella che stava aspettando.

Le porte delle sue camere private si aprirono all'improvviso e le schiave intorno a lei urlarono spaventate. Dallo specchio nel quale si stava guardando, Teia vide entrare suo figlio. Eppure non lo riconobbe.

Si voltò verso di lui per guardarlo in faccia, sconcertata.

Laran gettò ai suoi piedi lo schiavo Paan. Stava piangendo e aveva gli occhi che sembravano in fiamme. Si contorse per il dolore, a terra davanti ai piedi nudi della regina. Dovette spostare la sua lunga vestaglia per non farsi afferra mentre si dimenava. "Fatelo smettere! Fatelo smettere! I miei occhi!".

Teia alzò gli occhi su suo figlio. Era sporco di sangue di nysa, avevo uno sguardo violento che non aveva mai visto sul suo volto. Teneva in mano Durlan e la stringeva così forte da avere la mano completamente bianca. "Cosa significa?" gli chiese. "Come ti permetti di entrare così nelle mie stanze?"

"Perdonami, madre" il tono di Laran era sprezzante. "Ti ho solo riportato indietro il tuo fedele schiavo. Non volevo che non avessi possibilità di rivederlo, dopo quello che gli hai ordinato di fare".

Teia non sapeva cosa fosse successo: dal modo in cui parlava Laran, non capì se il nysa era morto o meno. "Ho agito solo per il tuo bene".

"E per il tuo bene io invece ti avviso: stai fuori dai miei piani".

"Hai bisogno di me. Senza la mia guida, Ascalon non ti sceglierà!" la regina allargò le braccia. "Non vedi che ho solo in mente il tuo interesse?"

"Ipocrita egocentrica" Laran mostrò i denti. "Sei peggio di mio padre. Lui almeno era palese nel modo in cui diceva di disprezzarmi. Tu vuoi solo usarmi. Sono solo uno strumento per te, un modo per raggiungere e mantenere il potere. Mi hai messo da parte quando non ero più nelle grazie del re, e adesso pensi che creda alle tue parole?"

"Sei mio figlio, Laran. Il mio bambino".

"L'affetto non ha spazio in questa famiglia" decretò Laran, indicandola con la spada. Durlan luccicò alla luce delle del tramonto. "E non c'è amore per me nel tuo cuore. Ma dopo gli ultimi mesi, sono stanco di soffrire perché cerco di elemosinare solo un po' di riconoscimento. Prima da mio padre e ora da te. Ho detto addio a lui e posso dire addio a te, madre".

Mentre parlava, fece un passo avanti e poi un altro. Afferrò Paan per i capelli con una mano e strinse bene Durlan nell'altra. Con un taglio netto, aprì la gola dello schiavo proprio davanti ai piedi di Teia, che urlò di terrore e si fece indietro. Lo schiavo rimase a terra, immobile, dopo aver esalato l'ultimo respiro che risuonò come un fischio, nel silenzio della camera di Teia. Anche le schiave erano atterrite, radunate e nascoste all'angolo della stanza.

"Un sacrificio in tuo nome, Regina degli dei" disse Laran, rizzandosi. "Sono pronto a farne altri, se mi forzerai la mano".

Parlando così uscì dalla stanza, aprendo la porta con un colpo deciso.

Laran stava tornando indietro quando sentì una risata meschia.

Si voltò per vedere che suo fratello Lìr lo osservava. Era vicino ad una finestra e stava bevendo ambrosia. Gli sorrise.

"I colori della nostra casata, su di te, acquistano tutto un altro significato, fratellino". Alzò il bicchiere, osservando come il rosso del sangue di Sothis si era mescolato a quello dorato di Paan, che in vita era stato un dio. "Brindo a te, Laran. Il vendicatore di Olimpia".

Tornò a ridere e bevve. 

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