Life Goes On

بواسطة hajarstories_

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⚠️TW⚠️ Volevo avvertirvi perché mi sembra la cosa giusta da fare. Nella storia sono presenti argomenti come:... المزيد

Dedica
Prologo
1. I am the queen
2. Traitor
3. Anything for my people
4. "I need a friend"
5. "In the face of death we are all the same"
6. Death
7. Life must come to an end pt.1
8. Life must come to an end pt.2
9. Deal
10. Southern Kingdom
11. Beehive
12. Flowers of silence
13. River of silence
14. The soul of a flower
15. She was strong
16. I defeated the queen bee
17. The four kingdoms
18. The death of my heart
19. Engagement
21. Black magic
22. Violin
Extra Iria
23. "She still loves you"
24. Hayat
25. Civil War pt.1
26. Civil War pt. 2
Extra Nathan
27. War, blood and Love
28. Memories
29. It's my fault
30. "I'm tired"
31. Life
Extra Chris
32. The truth
33. Love trap
34. Wedding
35. War
36. "May the queen have a long life!"
Epilogo
Ringraziamenti

20. Happiness

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بواسطة hajarstories_



Edith

I timidi raggi del sole mi accarezzarono delicatamente le gote e le palpebre, svegliandomi. Appena aprii gli occhi, i ricordi della serata precedente mi travolsero in pieno come un'onda inaspettata. Le mie guance si tinsero di un leggero rossore e il mio cuore prese a battere un po' più velocemente al ricordo del ballo con Azrael.

Era stato magico.

Dopo tanto tempo avevo ballato e sperato. Perché sì, Azrael mi aveva dato una speranza: forse, non era poi così impossibile ritornare a essere felici.

Scostai le coperte pesanti dal mio corpo e, dopo aver fatto una lunga doccia calda, mi vestii.

L'anello di fidanzamento gravava come un peso sia sul mio dito che sul mio cuore. La mia anima lo percepiva, sapeva che non era la cosa giusta, che Nicholas non era quello giusto. Chiusi gli occhi, sospirando sconfitta, e cercai di abituarmi a quel macigno che sarebbe diventato una costante nella mia vita, da quel momento in avanti.

Posai la corona sul mio capo e uscii dalla mia stanza.

«Vostra Maestà! Stavo giusto venendo a chiamarvi» esordì Nathan, che si trovava sulle scale, diretto verso di me.

«Nathan, qualche problema?»

«Lui è qui e chiede di voi.»

L'avevo intuito. Il lasso di tempo in cui era vietato utilizzare la magia, dopo aver ingerito la pozione, era scaduto. Ciò significava che era giunto il momento di sbloccare il sigillo e c'era solo una persona che mi poteva insegnare a farlo.

«Starò via per un po'. Tu, intanto, controlla la situazione delle miniere e tieni d'occhio il principe Nicholas.»

«Con tutto il dovuto rispetto, Vostra Maestà, ma mi state chiedendo di fargli da baby-sitter?» domandò il biondo, la seccatura evidente nei suoi atteggiamenti.

«Vedila come vuoi, Nathan, ma è un favore che ti chiedo. Ieri sera gli ho raccomandato di non fare nulla che potesse risultare ambiguo, almeno non di fronte ad altre persone. Ma sappiamo com'è fatto e che non mi ascolterà.»

«Ci penso io, Vostra Maestà.»

«Perfetto, grazie.»

Scendemmo le scale in assoluto silenzio e, una volta arrivati davanti all'entrata, Nathan se ne andò, lasciandomi da sola con la Morte.

«Non pensavo saresti arrivato così presto. Fammi indovinare, ti stavi annoiando?» domandai con sarcasmo, riferendomi alla scorsa sera. «Hai indovinato. Svolgere il mio compito per così tanto tempo può portare alla noia più famigerata» disse sorridendo nell'udire delle mie parole.

«Famigerata? E da quando la noia sarebbe famigerata?»

«Lo è sempre stata, mia regina. Moltissimi criminali, nel corso dei secoli, hanno ucciso per noia. Alcuni hanno realizzato grandi scoperte e invenzioni grazie a essa. Altri, invece, hanno dato aria alla bocca per colpa di quella sensazione. La noia non è da sottovalutare» rispose con un'alzata di spalle.

«Andiamo?» domandai, per poi afferrargli la mano.

Senza aspettare una risposta, ci teletrasportai dinanzi alla dimora di mia nonna. Il sole splendeva alto in cielo, portando la brina depositata sulle piante a sciogliersi. Il vento non temeva il sole e ululava tutto d'un fiato.

Mia nonna era nel giardino. Indossava un cappello da pescatore verde che le copriva i capelli bianchi e soffici, insieme a una salopette di jeans. In una mano segnata da un reticolo di vene verdastre, che contrastava con il pallore della carnagione, teneva un annaffiatoio, mentre nell'altra stringeva un rastrello. Era china su una delle tante aiuole di fiori che circondavano la sua dimora, situata nel centro del bosco.

«Nonna!» esclamai, richiamando l'attenzione su di noi dopo aver lasciato la mano di Azrael.

«Non vieni quasi mai da me e quando vieni ti porti dietro l'Angelo della Morte, cara?» ridacchiò.

«Diane» sussurrò il diretto interessato accanto a me.

«Azrael» replicò mia nonna, alzando gli occhi azzurri verso di lui e posando gli attrezzi che aveva in mano.

«Vi conoscete?» domandai con fare curioso e stranito.

«Sono stato io a raccogliere l'anima del tuo defunto nonno, mia regina» mi informò l'angelo.

«Volete un po' di tè?» domandò mia nonna, per poi entrare in casa.

Noi la seguimmo e ci sedemmo sul divano verde davanti alla televisione; le nostre gambe si sfiorarono. Mia nonna sparì in cucina lasciandoci da soli.

«Perché mi hai portato qui?» chiese Azrael.

«Mia nonna è una potentissima strega, o almeno, lo era ai suoi tempi. Mi aiuterà ad aprire il sigillo.»

«Ti avrei aiutato io» rispose di rimando, assottigliando lo sguardo con evidente fastidio.

«Quella che utilizzerò sarà la magia nera delle streghe. Non vorrei contraddirti, ma non è il tuo campo.»

«Anch'io ho la magia nera che mi scorre nelle vene» ribatté.

«E non vedo l'ora che arrivi il momento in cui mi spiegherai come mai un angelo utilizza la magia nera.»

«Non è una questione che ti riguarda» rispose con tanta freddezza che quasi ci rimasi male.

Quasi. In fondo, perché avrebbe dovuto ferirmi?

«Ma comunque sia, questa è magia delle streghe, non degli angeli.»

Appena finii di pronunciare quelle parole, mia nonna ritornò dalla cucina con in mano un vassoio d'argento: conteneva tre tazze fumanti. Lo posò sul tavolino davanti a noi e, dopo averci porto una tazza a ciascuno, prese la sua e si sedette sul sofà vicino a noi.

«La tua anima ha una crepa, cara» mormorò la dolce voce di mia nonna, dopo aver sorseggiato un po' del suo tè. Diane De Maris era così potente che poteva addirittura leggere l'anima delle persone.

«Ho ucciso, nonna» dichiarai, sussurrando e cercando di mandar giù il groppo che avevo in gola con un po' di quella bevanda calda. Tè nero, come sempre.

«Odette?» indovinò, rifilandomi un'occhiata confortante.

«Non guardarmi così, nonna, non me lo merito.» Abbassai gli occhi, dopo aver annuito con la testa. Così facendo, confermai la sua ipotesi.

«Non siamo qui per questo» affermò con tono deciso Azrael.

«Lo immaginavo...»

«Volevo chiederti aiuto per rimuovere un sigillo.»

«Non hai ancora mollato, non è così?»

«No.»

«Speravo che lo facessi. Speravo che Azrael avrebbe avuto successo dove Nathan e Iria avevano fallito.»

In quel momento un'orribile sensazione mi travolse in pieno, lasciandomi quasi senza fiato. Qualcosa di brutto stava per succedere.

«Sto facendo questo per noi» dichiarai irritata, poggiando la tazza sul tavolino davanti a me.

«No! Tu stai facendo questo per te. Io ho accettato la morte di mio figlio. Ho pianto e ho urlato dal dolore, ma l'ho lasciato andare. Sei tu che non vuoi lasciarlo. Soltanto tu, Edith» mi accusò, additandomi e urlandomi contro quelle parole sanguinose. Rimasi sconvolta dalla sua rabbia, quasi paralizzata. «Non lo capisci? Stai torturando la povera anima di tuo padre, di mio figlio. Lascialo andare, fagli trovare la beatitudine. Non so perché l'Angelo della Morte ti stia aiutando in tutto ciò e non lo voglio nemmeno sapere.»

«Quindi... tu mi hai dato le pietre lunari sperando che una volta trovata la Morte mi dicesse di no?» E nell'affermarlo, una parte di me si incrinò.

«Naturalmente. Te l'avevo già detto la volta scorsa e te lo ripeto anche adesso. Quello che stai facendo è crudele e Hayat non ti aiuterà mai» ribadì mia nonna in tono duro, poggiando la tazza di tè ormai vuota sul tavolino.

«Come conosci il suo nome?» chiese, incredulo, Azrael.

«Non sei l'unico a sapere tutto, angelo.»

Forse mia nonna aveva ragione. Forse quello che stavo facendo era da egoisti. Stavo torturando l'anima di mio padre. Stavo violando tutte le leggi morali di quel mondo e stavo chiedendo l'impossibile. Chiunque mi stava dicendo di fermarmi, persino la mia coscienza, ma un'altra parte di me stava alimentando un fuoco ormai troppo imponente.

Avrei riportato da me mio padre, almeno per un ultimo addio. Non per sempre, come avevo programmato fino a quel momento, ma solo per un addio.

Juste un adieu.

«Troverò Hayat e mi aiuterà a dire addio a mio padre. Solo questo. Dirò addio alla sua anima e poi farò in modo che raggiunga la pace. Non lo tratterrò su questa terra, te lo prometto. Ti prego, nonna, voglio solo dire addio all'uomo che mi ha amata per tutta la mia vita. Ti scongiuro

Io non supplicavo mai nessuno, non ero abituata ad abbassarmi a un tale livello. Tutto ciò che chiedevo o che desideravo lo avevo sempre ottenuto. Ma quella volta stavo giocando con il fuoco, e molto probabilmente avrei finito per bruciarmi.

«Un addio, Edith» mi concesse mia nonna con un sospiro.

«Un addio» ripetei annuendo.

«Ci incontreremo domani per sbloccare quel sigillo. Adesso, fuori da casa mia. Ho dei fiori da curare» rispose abbozzando un sorriso.

«Fa freddo fuori e non è la stagione adatta ai fiori» le ricordai, guardando fuori dalla piccola finestra che dava sul bosco.

«Non ti ho insegnato niente? È il periodo perfetto per far crescere i bucaneve. Erano i tuoi preferiti, ti ricordi?»

«Già...» A quelle parole, anch'io sorrisi.

I bucaneve erano bellissimi. Erano candidi fiori luminosi che crescevano tra la neve, per niente timorosi delle rigide temperature. Fiori timidi che si vergognavano e guardavano verso il basso, quasi spaventati di incontrare il cielo. Mantenevano la loro attenzione sul terreno freddo e delicato, piuttosto che sul sole arrogante e caldo. Mi piacevano per quello.

«Ci vediamo domani, nonna, e stai attenta alla schiena» mi raccomandai, per poi uscire fuori di casa seguita dall'Angelo della Morte.

«Stai bene?» domandò la voce di Azrael dietro di me.

«Sto bene. Comunque, adesso che ci penso, il tuo nome, così come quello di tua sorella, sono molto particolari. Cosa significano?» gli chiesi, cercando di cambiare discorso, e mi voltai verso di lui.

«Il mio nome significa "angelo della morte" nella lingua araba. Hayat, invece, significa "vita".»

«Originale, devo dire.»

«Anche il tuo nome ha un significato.»

«E quale sarebbe?»

«Edith: colei che lotta per la felicità. Direi che ti rispecchia, mia regina» rispose sorridendo, per poi scomparire nel nulla. Come sempre.

Rimasi lì, immobile, mentre riflettevo su ciò che mi aveva appena detto.

Colei che lotta per la felicità.

Ed era vero. Stavo lottando per essere felice e per accontentare più persone possibili. Non esisteva nome più azzeccato per me. Era come se mia madre avesse letto il mio destino nei miei occhi eterocromi e avesse scelto quel nome apposta.

Ero Edith De Maris, regina del Regno del Nord, una delle streghe più potenti mai esistite.

Ero Edith De Maris e combattevo per trovare la mia felicità.


Nota dell'autrice

Ciao a tutti, come state?

Ecco qui il capitolo 20. Innanzitutto volevo scusarmi di non aver aggiornato prima ma ho letteralmente appena finito di scrivere il capitolo. 

Spero vivamente che vi piaccia.

Alla prossima<33

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